971 resultados para Ast-H7-991
Resumo:
INTRODUÇÃO: O fígado é uma estrutura de elevada complexidade e é fundamental entender como determinadas substâncias podem afetar sua estrutura e suas funções. OBJETIVO: Analisar a influência da tibolona no metabolismo hepático por meio da avaliação de enzimas e metabólitos comumente utilizados em provas de função hepática. MÉTODOS: Foram utilizadas dez ratas Wistar, divididas em dois grupos: controle (n = 4) e tibolona (n = 6), em status de menopausa cirúrgica. A tibolona (1 mg) foi administrada diariamente por gavagem durante 20 semanas, com avaliação periódica do peso corporal. Após sedação, efetuou-se coleta de sangue para avaliação bioquímica de albumina (Alb) sérica, fosfatase alcalina (FA), transaminases (aspartato aminotransferase e alanina aminotransferase [AST/ALT]), gama-glutamiltranspeptidase (GGT) e glicose, mediante espectrofotometria. O músculo esquelético da coxa foi avaliado por histomorfometria em cortes histológicos corados com hematoxilina e eosina (HE). RESULTADOS: Os animais do grupo tibolona mostraram menor peso corporal, alterações musculares esqueléticas e discretas alterações bioquímicas. Além disso, AST e FA estavam diminuídas e GGT estava mais elevada, porém sem significância estatística. A histomorfometria do músculo revelou uma tendência de menor volume celular nesse grupo. CONCLUSÃO: A tibolona, administrada em alta dose e por tempo prolongado, não interfere de forma significativa nas funções metabólicas e de síntese hepáticas, bem como na permeabilidade da membrana celular, entretanto parece modular a expressão genômica da GGT. A tibolona apresenta influência sistêmica associada a menor peso e diminuição da massa muscular e aumento significativo no peso relativo do fígado, além de alteração da glicogenólise hepática e muscular, da gliconeogênese hepática e dos níveis de glicose circulante.
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O objetivo foi estudar os efeitos do precondicionamento isquêmico e da N-acetilcisteína no clampeamento da tríade portal comparado com o clampeamento vascular excluindo a via biliar. Foram utilizados oitenta ratos EPM-1 Wistar distribuídos aleatoriamente em 2 grupos de 40 animais. Estes se distinguiram pela inclusão (CVB=1) ou não (SVB=2) do ducto biliar no clampeamento e foram redistribuídos em subgrupos de 10. IR1: 20 minutos após a celiotomia, o pedículo contendo os elementos vasculares e o ducto biliar para os lobos mediano e lateral esquerdo do fígado foi clampeado por 40 minutos, seguido de 30 minutos de reperfusão; PCI1: 10 minutos de isquemia e 10 minutos de reperfusão. Após o PCI, seguiu-se o mesmo procedimento usado para IR1; NAC1: (150mg.Kg-1 ), administrada 15 minutos antes do período isquêmico e 5 minutos antes da reperfusão; S1: dissecção e clampeamento exclusivo do ducto biliar durante o período de isquemia. Nos subgrupos IR2, PCI2 e NAC2, o clampeamento excluiu a via biliar; S2: dissecção e observação por 90min. Foram colhidas amostras de sangue para a dosagem dos níveis enzimáticos e fragmento do fígado isquêmico para coloração HE. Na análise estatística dos resultados foram utilizados testes não paramétricos e o nível de rejeição da hipótese de nulidade foi fixado em 5%. A lesão de IR hepática foi menos grave nos animais do grupo de clampeamento seletivo incluindo o ducto biliar, com AST (766 vs 1380) e ALT (840 vs 1576); PCI protegeu o fígado da IR nos animais com clampeamento seletivo da tríade portal com relação à AST (421 vs 1131) e ALT (315 vs 1085). Na avaliação morfológica, o PCI inibiu a ocorrência de esteatose microvesicular e núcleos picnóticos (0% de lesão moderada ou intensa) e a NAC protegeu parcialmente 17% e 50% de lesão moderada ou intensa para CVB e SVB, respectivamente. O clampeamento seletivo da tríade portal resulta em lesão de IR do fígado menos grave, quando comparado à exclusão do ducto biliar. O PCI protege o fígado da lesão de IR. A NAC mostra um efeito de proteção parcial, reduzindo as alterações parenquimatosas, mas não os níveis de aminotransferases.
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Nella tesi si analizzano le principali fonti del rumore aeronautico, lo stato dell'arte dal punto di vista normativo, tecnologico e procedurale. Si analizza lo stato dell'arte anche riguardo alla classificazione degli aeromobili, proponendo un nuovo indice prestazionale in alternativa a quello indicato dalla metodologia di certificazione (AC36-ICAO) Allo scopo di diminuire l'impatto acustico degli aeromobili in fase di atterraggio, si analizzano col programma INM i benefici di procedure CDA a 3° rispetto alle procedure tradizionali e, di seguito di procedure CDA ad angoli maggiori in termini di riduzione di lunghezza e di area delle isofoniche SEL85, SEL80 e SEL75.
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Il dibattito sullo sviluppo, che caratterizza da anni i principali tavoli di discussione politica a livello internazionale, ha via via richiamato l'attenzione sul “locale” come dimensione ottimale a partire dalla quale implementare politiche volte al miglioramento delle condizioni di vita di molte popolazioni del mondo. L'allargamento a livello globale del già esistente gap tra i “poveri” – vecchi e nuovi – ed i “ricchi” del mondo ha reso la lotta e l'alleviamento della povertà uno degli obiettivi più urgenti dei nostri giorni, ma anche più difficili da raggiungere a livello mondiale. Gran parte della povertà mondiale è povertà rurale, ovvero quella povertà che caratterizza i tanti agricoltori (campesinos) del mondo, che continuano a vivere ai margini della società e ad essere scalzati fuori da ogni possibilità di accesso al mercato per via della mancanza strutturale di risorse nella quale versano. La necessità di sopravvivere, unita all'esigenza di incorporare i veloci cambiamenti imposti dal mondo globalizzato, ha portato nel tempo queste popolazioni a perdere o a contaminare, talvolta irreparabilmente, l' “antico” rapporto con l'ambiente e la natura, fonte di vita e sostentamento, ed anche molti dei propri ancestrali aspetti culturali tradizionali che, paradossalmente, sono stati proprio gli unici elementi dimostratisi in grado di rinsaldare i legami già esistenti all'interno delle comunità e di tenere unite queste fragili realtà di fronte alle continue sfide imposte dal “cambiamento”. E' in questo contesto che si innesta l'esperienza di sviluppo proposta e presentata in questo lavoro; un'esperienza che nasce sulle Ande ecuadoriane, in un villaggio meticcio della Provincia di Bolívar, capoluogo parrocchiale di una più vasta comunità che raggruppa una trentina di villaggi, molti dei quali in toto o in prevalenza di etnia indigena quechua. Un'esperienza, quella di Salinas de Bolívar, che all'interno del panorama ecuadoriano si presenta come un esempio innovativo, coraggioso ed ambizioso di riconquista del protagonismo da parte della popolazione locale, divenendo “emblema” dello sviluppo e “immagine che guida”. Questo, in un paese come l'Ecuador, dove l'assenza di politiche efficaci a supporto del settore agricolo, da un lato, e di politiche sociali efficienti atte a risollevare le precarie condizioni di vita in cui versa la maggior parte della popolazione, soprattutto campesina, dall'altro, rende obbligatorio riflettere sull'importanza e sull'esigenza insieme di restituire spazio e vigore alle compagini della società civile che, come nell'esperienza raccontata, attraverso particolari forme organizzative di tipo socio-economico, come la Cooperazione, sono andate a colmare, seppur solo in parte, i vuoti lasciati dallo Stato dando vita a iniziative alternative rispetto al ventaglio di proposte offerte dai consueti meccanismi di mercato, fortemente escludenti, ma comunque vicine agli attori locali e più rappresentative delle loro istanze, giustificando ed avallando ancora di più la netta separazione oramai riconosciuta tra mera “crescita” e “sviluppo”, dove l'aspetto qualitativo, che va a misurare per l'appunto il benessere e la qualità di vita di una popolazione e del suo ambiente, non deve cioè cedere il passo a quello più strettamente quantitativo, a partire dal quale, se non vi è una equa redistribuzione delle risorse, quasi mai si potranno innescare processi di sviluppo duraturi e sostenibili nel tempo. L'accezione di “alternativo” sta quindi ad indicare, prima di ogni altra cosa, l'implementazione di processi di sviluppo che siano includenti e pertanto accessibili a tutti gli individui, indistintamente, e realmente concretizzabili partendo dalle risorse presenti in loco e nel rispetto di quell'insieme identitario – storico, sociale, culturale, politico, economico ed ambientale – che caratterizza ogni realtà ed ogni specifico contesto sociale ed economico del mondo. Di qui l'importanza di implementare alla base processi di governance che, attraverso la partecipazione di tutti gli attori del territorio si configurino come emanazione delle istanze degli stessi. Nel corso del lavoro si fornirà un breve ma incisivo identikit dell'Ecuador, come fondamentale cornice al caso di studio oggetto di indagine, supportata da una descrizione geografico-ambientale, sociale, culturale, politica ed economica della realtà nella quale esso si sviluppa, tanto a livello nazionale quanto più strettamente regionale. Questo esercizio sarà utile al fine di rendere più visibili e comprensibili i fattori che hanno determinato lo sviluppo e la continuità dell'esperienza dei Salineros nel lungo cammino, iniziato appena trent'anni fa, verso l'autodeterminazione e la riconquista di una libertà di scelta un tempo non lontano negata e successivamente ritrovata, che li ha resi di nuovo protagonisti del proprio presente e in grado di guardare ad un futuro diverso e possibile.
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The scale down of transistor technology allows microelectronics manufacturers such as Intel and IBM to build always more sophisticated systems on a single microchip. The classical interconnection solutions based on shared buses or direct connections between the modules of the chip are becoming obsolete as they struggle to sustain the increasing tight bandwidth and latency constraints that these systems demand. The most promising solution for the future chip interconnects are the Networks on Chip (NoC). NoCs are network composed by routers and channels used to inter- connect the different components installed on the single microchip. Examples of advanced processors based on NoC interconnects are the IBM Cell processor, composed by eight CPUs that is installed on the Sony Playstation III and the Intel Teraflops pro ject composed by 80 independent (simple) microprocessors. On chip integration is becoming popular not only in the Chip Multi Processor (CMP) research area but also in the wider and more heterogeneous world of Systems on Chip (SoC). SoC comprehend all the electronic devices that surround us such as cell-phones, smart-phones, house embedded systems, automotive systems, set-top boxes etc... SoC manufacturers such as ST Microelectronics , Samsung, Philips and also Universities such as Bologna University, M.I.T., Berkeley and more are all proposing proprietary frameworks based on NoC interconnects. These frameworks help engineers in the switch of design methodology and speed up the development of new NoC-based systems on chip. In this Thesis we propose an introduction of CMP and SoC interconnection networks. Then focusing on SoC systems we propose: • a detailed analysis based on simulation of the Spidergon NoC, a ST Microelectronics solution for SoC interconnects. The Spidergon NoC differs from many classical solutions inherited from the parallel computing world. Here we propose a detailed analysis of this NoC topology and routing algorithms. Furthermore we propose aEqualized a new routing algorithm designed to optimize the use of the resources of the network while also increasing its performance; • a methodology flow based on modified publicly available tools that combined can be used to design, model and analyze any kind of System on Chip; • a detailed analysis of a ST Microelectronics-proprietary transport-level protocol that the author of this Thesis helped developing; • a simulation-based comprehensive comparison of different network interface designs proposed by the author and the researchers at AST lab, in order to integrate shared-memory and message-passing based components on a single System on Chip; • a powerful and flexible solution to address the time closure exception issue in the design of synchronous Networks on Chip. Our solution is based on relay stations repeaters and allows to reduce the power and area demands of NoC interconnects while also reducing its buffer needs; • a solution to simplify the design of the NoC by also increasing their performance and reducing their power and area consumption. We propose to replace complex and slow virtual channel-based routers with multiple and flexible small Multi Plane ones. This solution allows us to reduce the area and power dissipation of any NoC while also increasing its performance especially when the resources are reduced. This Thesis has been written in collaboration with the Advanced System Technology laboratory in Grenoble France, and the Computer Science Department at Columbia University in the city of New York.
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Introduction: Transjugular intrahepatic porto-systemic shunt (TIPS) is an accepted indication for treating refractory ascites. Different models have been proposed for the prediction of survival after TIPS; aim of present study was to evaluate the factors associated with mortality after TIPS for refractory ascites. Methods: Seventy-three consecutive patients undergoing a TIPS for refractory ascites in our centre between 2003 and 2008, were prospectively recorded in a database ad were the subject of the study. Mean follow-up was 17±2 months. Forty patients were awaiting liver transplantation (LT) and 12 (16.4%) underwent LT during follow-up. Results: Mean MELD at the moment of TIPS was 15.7±5.3. Overall mortality was 23.3% (n=17) with a mean survival after TIPS of 17±14 months. MELD score (B=0.161, p=0.042), AST (B= 0.020, p=0.090) and pre-TIPS HVPG (B=0.016, p=0.093) were independent predictors of overall mortality. On multivariate analysis MELD (B=0.419, p=0.018) and pre-TIPS HVPG (B=0.223, p=0.060) independently predicted 1 year survival. Patients were stratified into categories of death risk, using ROC curves for the variables MELD and HVPG. Patients with MELD<10 had a low probability of death after TIPS (n=6, 16% mortality); patients with HVPG <16 mmHg (n=6) had no mortality. Maximum risk of death was found in patients with MELD score 19 (n=16, 31% mortality) and in those with HVPG 25 mmHg (n=27, 26% mortality). Conclusions: TIPS increases overall survival in patients with refractory ascites. Liver function (assessed by MELD), necroinflammation (AST) and portal hypertension (HVPG) are independent predictors of survival; patients with MELD>19 and HVPG>25 mmHg are at highest risk of death after TIPS
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Polystyrene latex particles modified at the surface with different hydrophilic functional groups were prepared by miniemulsion polymerization and applied to control the crystallization of zinc oxide in aqueous medium. The effects of both latex structure and concentration on the crystal growth, morphology, crystalline structure, and properties of the resulting zinc oxide were analyzed. Depending on the latex additive used, micro- and submicrosized crystals with a broad variety of morphologies were obtained. Among the studied latexes, the carboxyl-derived particles were shown to be a convenient system for further quantitative investigations. In this case, as the additive concentration increases, the aspect ratio of the crystals decreases systematically. Latex particles are assumed to adsorb preferentially onto the fast growing {001} faces of ZnO, interacting with the growth centers and reducing the growth rate in [001]. When zinc oxide is precipitated in the presence of latex, the polymer particles become incorporated into the growing crystals and polymer–inorganic hybrid materials are obtained. These materials are composed of an inorganic and largely undisturbed crystalline matrix in which organic latex particles are embedded. Increasing amounts of latex become incorporated into the growing crystals at increasing overall concentration in the crystallizing system. Photoluminescence (PL) spectra were measured to obtain information on defect centers. Emission spectra of all samples showed a narrow UV peak and a broad band in the green-yellow spectral region. The former emission is attributed to exciton recombination, whereas the latter seems to be related with deep-level donors. Latex appears to be a quencher of the visible emission of zinc oxide. Thus, compared to pure zincite, ZnO–latex hybrid materials show a significantly lower PL intensity in the visible range of the spectrum. Under continuous photoexcitation, a noticeable dynamic behavior of the PL is observed, which can be related to a photodesorption of adsorbed oxygen. These surface-adsorbed oxygen species seem to play a crucial role for the optical properties of the materials and may mediate the tunneling of electrons from the conduction band to preexisting deep-level traps, probably related to intrinsic defects (oxygen vacancies or interstitial zinc). The polymer particles can block the sites where oxygen adsorbs, and the disappearance of the “electron-shuttle” species leads to the observed quenching of the visible emission. Electron paramagnetic resonance (EPR) provided additional information about crystal defects with unpaired electrons. Spectra of all samples exhibit a single signal at g ≈ 1.96, typical for shallow donors. Contrary to the results of other authors, no correlation was possible between the EPR signal and the visible range of PL spectra, which suggests that centers responsible for the visible emission and the EPR signal are different.
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Die Marantaceae (550 Arten) sind eine weltweit verbreitete Familie von Stauden und Lianen aus dem Unterwuchs tropischer Tieflandregenwälder. Der morphologisch-ökologische Vergleich des basal abzweigenden Sarcophrynium-Astes mit dem in abgeleiteter Position stehenden Marantochloa-Ast, soll beispielhaft evolutionäre Muster in der Familie beleuchten. So wird in der Doktorarbeit zum ersten Mal ein Überblick über die Blütenbiologie und Phylogenie von rund 30 der 40 afrikanischen Marantaceae Arten präsentiert. Die Analysen basieren auf Daten von drei mehrmonatigen Feldaufenthalten in Gabun jeweils zwischen September und Januar. Vier Blütentypen werden beschrieben, die jeweils mit einer spezifischen Bestäubergilde verbunden sind (kleine, mittlere, große Bienen bzw. Vögel). Bestäubungsexperimente belegen, dass 18 Arten selbstkompatibel, aber nur zwei Arten autogam sind, also keine Bestäubungsvermittler benötigen. Der Fruchtansatz ist generell gering (10 -30 %). Die komplexe Synorganisation der Blüte ermöglicht in den Marantaceae einen explosiven Bestäubungsmechanismus. Um dessen ökologische Funktionalität zu verstehen, werden die Blüten von 66 Arten, alle wichtigen Äste der Marantaceae abdeckend, unter einem morphologisch-funktionalen Gesichtspunkt untersucht. Es gibt große Übereinstimmungen zwischen allen untersuchten Arten im Zusammenspiel (Synorganisation) der wichtigsten Bauelemente (Griffel, Kapuzenblatt, Schwielenblatt), die eine präzise Pollenübertragung ermöglichen. Basierend auf Daten von nrDNA (ITS, 5S) und cpDNA (trnL-F) wird für ein nahezu komplettes Artenspektrum die Phylogenie der zwei afrikanischen Äste erstellt. Hierauf werden morphologische und ökologische Merkmale sowie geographischer Verbreitungsmuster nach dem Parsimonieprinzip rekonstruiert, um so deren evolutionäre Bedeutung für die Marantaceae abschätzen zu können. Die Ergebnisse weisen auf die Beteiligung einer Vielzahl verschiedener Artbildungsfaktoren hin.
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Der Begriff "Bannerwolke" bezeichnet ein eindrucksvolles Phänomen aus dem Bereich der Gebirgsmeteorologie. Bannerwolken können gelegentlich im Hochgebirge im Bereich steiler Bergspitzen oder langgezogener Bergrücken, wie z.B. dem Matterhorn in den Schweizer Alpen oder dem Zugspitzgrat in den Bayrischen Alpen beobachtet werden. Der Begriff bezeichnet eine Banner- oder Fahnen-ähnliche Wolkenstruktur, welche an der windabgewandten Seite des Berges befestigt zu sein scheint, während die windzugewandte Seite vollkommen wolkenfrei ist. Bannerwolken fanden bislang, trotz ihres relativ häufigen Auftretens in der wissenschaftlichen Literatur kaum Beachtung. Entsprechend wenig ist über ihren Entstehungsmechanismus und insbesondere die relative Bedeutung dynamischer gegenüber thermodynamischer Prozesse bekannt. In der wissenschaftlichen Literatur wurden bislang 3 unterschiedliche Mechanismen postuliert, um die Entstehung von Bannerwolken zu erklären. Demnach entstehen Bannerwolken durch (a) den Bernoulli-Effekt, insbesondere durch die lokale adiabatische Kühlung hervorgerufen durch eine Druckabnahme entlang quasi-horizontal verlaufender, auf der windzugewandten Seite startender Trajektorien, (b) durch isobare Mischung bodennaher kälterer Luft mit wärmerer Luft aus höheren Schichten, oder (c) durch erzwungene Hebung im aufsteigenden Ast eines Leerotors. Ziel dieser Arbeit ist es, ein besseres physikalisches Verständnis für das Phänomen der Bannerwolke zu entwickeln. Das Hauptaugenmerk liegt auf dem dominierenden Entstehungsmechanismus, der relativen Bedeutung dynamischer und thermodynamischer Prozesse, sowie der Frage nach geeigneten meteorologischen Bedingungen. Zu diesem Zweck wurde ein neues Grobstruktursimulations (LES)-Modell entwickelt, welches geeignet ist turbulente, feuchte Strömungen in komplexem Terrain zu untersuchen. Das Modell baut auf einem bereits existierenden mesoskaligen (RANS) Modell auf. Im Rahmen dieser Arbeit wurde das neue Modell ausführlich gegen numerische Referenzlösungen und Windkanal-Daten verglichen. Die wesentlichen Ergebnisse werden diskutiert, um die Anwendbarkeit des Modells auf die vorliegende wissenschaftliche Fragestellung zu überprüfen und zu verdeutlichen. Die Strömung über eine idealisierte pyramidenförmige Bergspitze wurde für Froude-Zahlen Fr >> 1 sowohl auf Labor- als auch atmosphärischer Skala mit und ohne Berücksichtigung der Feuchtephysik untersucht. Die Simulationen zeigen, dass Bannerwolken ein primär dynamisches Phänomen darstellen. Sie entstehen im Lee steiler Bergspitzen durch dynamisch erzwungene Hebung. Die Simulationen bestätigen somit die Leerotor-Theorie. Aufgrund des stark asymmetrischen, Hindernis-induzierten Strömungsfeldes können Bannerwolken sogar im Falle horizontal homogener Anfangsbedingungen hinsichtlich Feuchte und Temperatur entstehen. Dies führte zu der neuen Erkenntnis, dass zusätzliche leeseitige Feuchtequellen, unterschiedliche Luftmassen in Luv und Lee, oder Strahlungseffekte keine notwendige Voraussetzung für die Entstehung einer Bannerwolke darstellen. Die Wahrscheinlichkeit der Bannerwolkenbildung steigt mit zunehmender Höhe und Steilheit des pyramidenförmigen Hindernisses und ist in erster Näherung unabhängig von dessen Orientierung zur Anströmung. Simulationen mit und ohne Berücksichtigung der Feuchtephysik machen deutlich, dass thermodynamische Prozesse (insbes. die Umsetzung latenter Wärme) für die Dynamik prototypischer (nicht-konvektiver) Bannerwolken zweitrangig ist. Die Verstärkung des aufsteigenden Astes im Lee und die resultierende Wolkenbildung, hervorgerufen durch die Freisetzung latenter Wärme, sind nahezu vernachlässigbar. Die Feuchtephysik induziert jedoch eine Dipol-ähnliche Struktur im Vertikalprofil der Brunt-Väisälä Frequenz, was zu einem moderaten Anstieg der leeseitigen Turbulenz führt. Es wird gezeigt, dass Gebirgswellen kein entscheidendes Ingredienz darstellen, um die Dynamik von Bannerwolken zu verstehen. Durch eine Verstärkung der Absinkbewegung im Lee, haben Gebirgswellen lediglich die Tendenz die horizontale Ausdehnung von Bannerwolken zu reduzieren. Bezüglich geeigneter meteorologischer Bedingungen zeigen die Simulationen, dass unter horizontal homogenen Anfangsbedingungen die äquivalentpotentielle Temperatur in der Anströmung mit der Höhe abnehmen muss. Es werden 3 notwendige und hinreichende Kriterien, basierend auf dynamischen und thermodynamischen Variablen vorgestellt, welche einen weiteren Einblick in geeignete meteorologische Bedingungen geben.