999 resultados para indirizzo :: 860 :: Curriculum: Costruzioni per il territorio
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Il presente lavoro di tesi ha affrontato le problematiche legate alla speciazione del cromo in particolare i rischi legati alla forma esavalente che risulta particolarmente tossica per gli organismi acquatici. Sono state svolte diverse prove per la messa appunto di una metodica standar dell’US EPA “Method 3060A” indicata per l’estrazione selettiva del Cr(VI) in campioni di sedimento e suolo. Un set di campioni provenienti da sedimenti della laguna costiera della Pialassa della Baiona sono stati analizzati per quantificare i livelli cromo environmentally available, previa dissoluzione in acqua regia, e livelli di cromo esavalente per valutare l’eventuale rischio per il biota acquatico. Sia i livelli di concentrazione di cromo environmentally available confrontati con le linee guida internazionali che i livelli di cromo e Cr(VI) paragonati ai livelli di effetto ritrovati in letteratura non mostrano un potenziale rischio per gli organismi bentonici. I bassi valori di cromo esavalente sono in accordo con le condizioni riducenti tipiche di ambienti di transizione come quello di studio dove la forma chimica del cromo predominante sembra essere quella trivalente. La metodica seguita per la determinazione del cromo esavalente ha diversi limiti rappresentati dall’azione di interferenti quali AVS, Fe(II) e materia organica naturalmente presenti nei sedimenti, per questo procede ancora la ricerca di analisi di speciazione più selettive.
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Il progetto di tesi ha analizzato i processi erosivi in atto in quattro aree della costa emilianoromagnola settentrionale, situate davanti a importanti foci fluviali: Volano, Reno, F. Uniti e Savio. Il lavoro di tesi si colloca all’interno di un progetto più ampio, che prevede la collaborazione tra la Regione Emilia Romagna, Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli e l’Istituto di Scienze Marine ISMAR-CNR, sede di Bologna. Quest’ultimo ha acquisito, durante la campagna ERO2010, 210 km di profili sismici ad alta risoluzione in un’area sotto-costa, posta tra i 2 e gli 8 metri di profondità. Il lavoro di tesi ha usufruito di una nuova strategia di analisi, la sismica ad alta risoluzione (Chirp sonar), che ha permesso di identificare ed esaminare l’architettura geologica riconoscibile nei profili ed approfondire la conoscenza dell’assetto sub-superficiale dei depositi, ampliando le conoscenze di base riguardanti la dinamica dei litorali. L’interpretazione dei dati disponibili è avvenuta seguendo differenti fasi di studio: la prima, più conoscitiva, ha previsto l’identificazione delle evidenze di erosione nelle aree in esame mediante l’analisi della variazione delle linee di riva, l’osservazione delle opere poste a difesa del litorale e lo studio dell’evoluzione delle principali foci. Nella fase successiva le facies identificate nei profili sismici sono state interpretate in base alle loro caratteristiche geometriche ed acustiche, identificando le principali strutture presenti e interpretando, sulla base delle informazioni storiche apprese e delle conoscenze geologiche a disposizione, i corpi sedimentari riconosciuti. I nuovi profili Chirp sonar hanno consentito la ricostruzione geologica mediante la correlazione dei dati a mare (database ISMAR-CNR, Bologna, Carta geologica dei mari italiani 1:250.000) con quelli disponibili a terra, quali Carta dell’evoluzione storica dei cordoni costieri (Servizio Geologico e Sismico dei Suoli, Bo) e Carta geologica 1:50.000 (Servizio Geologico d’Italia e Progetto CARG). La conoscenza dei termini naturali e antropici dello stato fisico dei sistemi costieri è il presupposto necessario per l'esecuzione di studi ambientali atti a una corretta gestione integrata della costa. L’analisi approfondita della geologia superficiale fornisce un’opportunità per migliorare il processo decisionale nella gestione dei litorali e nella scelta degli interventi da attuare sulla costa, che devono essere fatti consapevolmente considerando l’assetto geologico e prevedendo una strategia di manutenzione della costa a medio termine. Un singolo intervento di ripascimento produce effetti di breve durata e non sufficienti a sanare il problema e a mitigare il rischio costiero. Nei tratti costieri scarsamente alimentati, soggetti a persistenti fenomeni erosivi, occorre, pertanto, mettere in atto ripetuti interventi di ripascimento accompagnati da un idoneo piano di monitoraggio.
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L’obiettivo della tesi è la caratterizzazione termica e la definizione del potenziale geotermico dell’acquifero freatico costiero e quello semiconfinato della provincia di Ravenna. L'area di studio si estende dalla foce del fiume Reno sino alla foce del Fiume Savio, per una lunghezza complessiva pari a 30 km circa ed una larghezza di 10 km nel punto di massima distanza dal mare. Il lavoro svolto per il raggiungimento dello scopo suddetto si compone di diverse fasi. Innanzitutto è stato necessario misurare le temperature dell’acquifero. Per tale motivo sono state effettuate due campagne di monitoraggio (giugno e dicembre 2010) durante le quali, mediante apposite sonde, sono stati reperiti i dati di temperatura della falda freatica. Queste operazioni sono state possibili grazie a una rete di 56 piezometri omogeneamente distribuita sull’area di studio. In un secondo momento, si è organizzato un database in cui raccogliere tutti i valori registrati. Tale documento è stato il punto di partenza per la fase successiva, l’elaborazione dei dati. Mediante i software Excel ed EnviroInsite sono stati realizzati profili di temperatura, mappe e sezioni di temperatura dell’acquifero, le quali mostrano efficacemente le condizioni termiche dell’acquifero. Diverse le anomalie termiche riscontrate. Queste risultano giustificabili solo parzialmente dai consueti fattori proposti in letteratura quali: il clima, i corsi fluviali, la litologia, la copertura vegetale. Si è evidenziata, infatti, una particolare interazione tra il drenaggio superficiale (gestito dalle idrovore) e gli scambi di calore tra i diversi orizzonti dell’acquifero. Considerata la condizione di bassa entalpia in cui si trova l’acquifero ravennate, la valutazione del potenziale geotermico non è stata eseguita mediante il metodo proposto da Muffler & Cataldi (1977); si è determinato, invece, il rendimento potenziale di una pompa di calore geotermica. La pompa di calore risulta essere, infatti, l’unica tecnologia (attualmente in commercio) in grado di sfruttate il calore presente nell’acquifero. Possiamo concludere che nonostante i rendimenti calcolati risultino lievemente al di sotto delle soglie di rendimento consigliate in bibliografia, l’installazione della suddetta tecnologia può risultare economicamente vantaggiosa.
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Il lavoro valuta le prestazioni di 14 stati membri dell'Unione Europea, la quale attraverso la strategia Europa 2020 propone il raggiungimento di 8 target fondamentali per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva entro il 2020. I target riguardano l'occupazione, il tasso d'istruzione superiore, la percentuale di energia rinnovabile, il consumo energetico, le emissioni di gas serra, la spesa in ricerca e sviluppo, la povertà , il prematuro abbandono scolastico. A tali target corrispondono indicatori che sono annualmente censiti attraverso le autorità statistiche nazionali ed Eurostat. La misura della performance degli Stati è stata effettuata mediante il calcolo della distanza dal target di ciascun paese negli anni compresi tra il 2000 e il 2009. In particolare si è effettuato, adattandolo alle esigenze del lavoro, il calcolo della distanza euclidea e della distanza di Mahalanobis. Con le limitazioni dovute alla qualità dei dati disponibili e ad una difficoltà oggettiva di stabilire una linea di base, il lavoro ha permesso di dare un giudizio alla qualità dello sforzo compiuto da ciascun paese per raggiungere i target, fornendo un quadro analitico e articolato dei rapporti che intercorrono tra i diversi indicatori. In particolare è stato realizzato un modello relazionale basato su quattro indicatori che sono risultati essere correlati e legati da relazioni di tipo causale. I risultati possono essere sintetizzati come segue. La strategia Europa 2020 sembra partire da buone basi in quanto si è potuto osservare che in generale tutti gli stati membri osservati, Europa a 15, mostrano avere un miglioramento verso i loro rispettivi target dal 2005. Durante gli anni osservati si è notato che il range temporale 2005 e 2008 sembra essere stato il periodo dove gli stati hanno rallentato maggiormente la loro crescita di performance, con poi un buon miglioramento nell'anno finale. Questo miglioramento è stato indagato ed è risultato essere coincidente con l'anno di inizio della crisi economica. Inoltre si sono osservate buone relazioni tra il GDP e gli indicatori che hanno contribuito alla diminuzione delle performance, ma il range di riferimento non molto ampio, non ha permesso di definire la reale correlazione tra il GDP e il consumo energetico ed il GDP e l'investimento in ricerca e sviluppo.
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Il ponte oggetto di studio è costituito da un arco parabolico al quale è sospeso un impalcato metallico. Questo arco è costituito da due arcate che si generano da un'unica imposta in asse all'impalcato, divergono in corrispondenza della sua mezzeria, per confluire nuovamente in un unico punto, configurazione che risulta insolita rispetto alla norma, dove le due arcate solitamente hanno imposte distinte. Il sito dove si prevede di realizzare questo manufatto è una zona ad alta sismicità. Lo studio tratta dell'instabilità fuori dal piano dell'arco, e dei benefici derivanti da un isolamento dell'impalcato rispetto alla sottostruttura
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Il paesaggio, e così anche il paesaggio agrario, può essere considerato come segno del rapporto uomo/natura, come costrutto storico che testimonia il succedersi delle diverse civilizzazioni che l'hanno generato, ma anche come spazio per l'immaginazione territoriale, come progetto per il futuro del territorio. In questo lavoro si trattano le relazioni tra questa visione del paesaggio e le forme di produzione e consumo dei prodotti agricoli, nell'ambito delle trasformazioni che l'ambito rurale sta subendo a partire dagli ultimi decenni, tra pressione dell'urbano, da un lato, e abbandono e crisi dell'agricoltura, dall'altro. Particolare attenzione è riservata a quelle esperienze che, attraverso la produzione biologica e lo scambio locale, esprimono un nuovo progetto di territorio, che prende avvio dal contesto rurale ma che pervade anche le città, proponendo anche nuove relazioni tra città e campagna. Nelle reti della filiera corta e dell'economia solidale che si concretizzano soprattutto come esperienze “dal basso”, di autogestione e partecipazione, si diffondono insieme prodotti e valori. In quest'ottica la sostenibilità ambientale non appare più come una fonte di limitazioni e esternalità negative, per dirla con il linguaggio dell'economia, ma diventa un valore aggiunto di appartenenza collettiva (equilibri ecologici, paesaggio) e un'occasione per nuove relazioni sociali e territoriali.
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I viaggi e gli studi compiuti in Croazia, Montenegro e Bosnia Erzegovina in occasione della Tesi di Laurea hanno costituito l’occasione per comprendere quanto sia consistente il retaggio di Roma antica sulla sponda orientale dell’Adriatico. Nello stesso tempo si è potuto constatare che, per diversi motivi, dal punto di vista prettamente scientifico, la ricchezza di questo patrimonio archeologico aveva sino allora trovato soltanto poche occasioni di studio. Da qui la necessità di provvedere a un quadro completo e generale relativo alla presenza romana in un territorio come quello della provincia romana di Dalmatia che, pur considerando la sua molteplicità geografica, etnica, economica, culturale, sociale e politica, ha trovato, grazie all’intervento di Roma, una sua dimensione unitaria, un comune denominatore, tanto da farne una provincia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Impero. Il lavoro prende le mosse da una considerazione preliminare e generale, che ne costituisce quasi lo spunto metodologico più determinante: la trasmissione della cultura e dei modelli di vita da parte di Roma alle altre popolazioni ha creato un modello in virtù del quale l’imperialismo romano si è in certo modo adattato alle diverse culture incontrate ed assimilate, dando vita ad una rete di culture unite da elementi comuni, ma anche profondamente diversificate per sintesi originali. Quella che pare essere la chiave di lettura impiegata è la struttura di un impero a forma di “rete” con forti elementi di coesione, ma allo stesso tempo dotato di ampi margini di autonomia. E questo a cominciare dall’analisi dei fattori che aprirono il cammino dell’afflusso romano in Dalmatia e nello stesso tempo permisero i contatti con il territorio italico. La ricerca ne analizza quindi i fattori:il diretto controllo militare, la costruzione di una rete viaria, l’estensione della cittadinanza romana, lo sviluppo della vita locale attraverso la formazione di una rete di municipi, i contatti economici e l’immigrazione di genti romanizzate. L’analisi ha posto in evidenza una provincia caratterizzata da notevoli contraddizioni, che ne condizionarono – presso entrambi i versanti del Velebit e delle Alpi Dinariche – lo sviluppo economico, sociale, culturale e urbanistico. Le profonde differenze strutturali tra questi due territori rimasero sempre presenti: la zona costiera divenne, sotto tutti i punti di vista, una sorta di continuazione dell’Italia, mntre quella continentale non progredì di pari passo. Eppure l’influenza romana si diffuse anche in questa, così che essa si pote conformare, in una certa misura, alla zona litoranea. Come si può dedurre dal fatto che il severo controllo militare divenne superfluo e che anche questa regione fu dotata progressivamente di centri amministrati da un gruppo dirigente compiutamente integrato nella cultura romana. Oltre all’analisi di tutto ciò che rientra nel processo di acculturazione dei nuovi territori, l’obiettivo principale del lavoro è l’analisi di uno degli elementi più importanti che la dominazione romana apportò nei territori conquistati, ovvero la creazione di città. In questo ambito relativamente periferico dell’Impero, qual è il territorio della provincia romana della Dalmatia, è stato dunque possibile analizzare le modalità di creazione di nuovi centri e di adattamento, da parte di Roma, ai caratteri locali dell’insediamento, nonché ai condizionamenti ambientali, evidenziando analogie e differenze tra le città fondate. Prima dell’avvento di Roma, nessuna delle regioni entrate a far parte dei territori della Dalmatia romana, con la sola eccezione della Liburnia, diede origine a centri di vero e proprio potere politico-economico, come ad esempio le città greche del Mediterraneo orientale, tali da continuare un loro sviluppo all’interno della provincia romana. In altri termini: non si hanno testimonianze di insediamenti autoctoni importanti che si siano trasformati in città sul modello dei centri provinciali romani, senza aver subito cambiamenti radicali quali una nuova pianificazione urbana o una riorganizzazione del modello di vita locale. Questo non significa che la struttura politico-sociale delle diverse tribù sia stata cambiata in modo drastico: almeno nelle modeste “città” autoctone, nelle quali le famiglie appaiono con la cittadinanza romana, assieme agli ordinamenti del diritto municipale, esse semplicemente continuarono ad avere il ruolo che i loro antenati mantennero per generazioni all’interno della propria comunità, prima della conquista romana. Il lavoro mette compiutamente in luce come lo sviluppo delle città nella provincia abbia risentito fortemente dello scarso progresso politico, sociale ed economico che conobbero le tribù e le popolazioni durante la fase pre-romana. La colonizzazione greca, troppo modesta, non riuscì a far compiere quel salto qualitativo ai centri autoctoni, che rimasero sostanzialmente privi di concetti basilari di urbanistica, anche se è possibile notare, almeno nei centri costieri, l’adozione di tecniche evolute, ad esempio nella costruzione delle mura. In conclusione questo lavoro chiarisce analiticamente, con la raccolta di un’infinità di dati (archeologici e topografici, materiali ed epigrafici, e desunti dalle fonti storiche), come la formazione della città e l’urbanizzazione della sponda orientale dell’adriatico sia un fenomeno prettamente romano, pur differenziato, nelle sue dinamiche storiche, quasi caso per caso. I dati offerti dalla topografia delle città della Dalmatia, malgrado la scarsità di esempi ben documentati, sembrano confermare il principio della regolarità degli impianti urbani. Una griglia ortogonale severamente applicata la si individua innanzi tutto nelle città pianificate di Iader, Aequum e, probabilmente, anche a Salona. In primis nelle colonie, quindi, ma non esclusivamente. Anche numerosi municipi sviluppatisi da insediamenti di origine autoctona hanno espresso molto presto la tendenza allo sviluppo di un sistema ortogonale regolare, se non in tutta l’area urbana, almeno nei settori di più possibile applicazione. Ne sono un esempio Aenona, Arba, Argiruntum, Doclea, Narona ed altri. La mancanza di un’organizzazione spaziale regolare non ha tuttavia compromesso l’omogeneità di un’attrezzatura urbana tesa alla normalizzazione, in cui i componenti più importanti, forum e suoi annessi, complessi termali, templi dinastici e capitolia, si avviano a diventare canonici. Le differenze più sensibili, che pure non mancano, sembrano dipendere dalle abitudini delle diverse etnie, dai condizionamenti topografici e dalla disponibilità finanziaria dei notabili. Una città romana non può prendere corpo in tutta la sua pienezza solo per la volontà del potere centrale. Un progetto urbanistico resta un fatto teorico finché non si realizzano le condizioni per cui si fondano due fenomeni importantissimi: uno socio-culturale, che consiste nell’emergenza di una classe di notabili “fortunati” desiderosi di dare a Roma dimostrazioni di lealtà, pronti a rispondere a qualsiasi sollecitazione da parte del potere centrale e addirittura ad anticiparlo; l’altro politico-amministrativo, che riguarda il sistema instaurato da Roma, grazie al quale i suddetti notabili possono godere di un certo potere e muoversi in vista della promozione personale nell’ambito della propria città. Aiuti provenienti dagli imperatori o da governatori provinciali, per quanto consistenti, rimangono un fatto non sistematico se non imprevedibile, e rappresentano comunque un episodio circoscritto. Anche se qualche città risulta in grado di costruire pecunia publica alcuni importanti edifici del quadro monumentale, il ruolo del finanziamento pubblico resta relativamente modesto. Quando la documentazione epigrafica esiste, si rivela che sono i notabili locali i maggiori responsabili della costruzione delle opere pubbliche. Sebbene le testimonianze epigrafiche siano scarse e, per la Dalmatia non sia possibile formulare un quadro completo delle committenze che favorirono materialmente lo sviluppo architettonico ed artistico di molti complessi monumentali, tuttavia è possibile osservare e riconoscere alcuni aspetti significativi e peculiari della provincia.
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Il lavoro di tesi è incentrato sulla valutazione del degrado del suolo dovuto a fenomeni di inquinamento da metalli pesanti aerodispersi, ovvero apportati al suolo mediante deposizioni atmosferiche secche ed umide, in ambiente urbano. Lo scopo della ricerca è legato principalmente alla valutazione dell’efficienza del metodo di monitoraggio ideato che affianca al campionamento e all’analisi pedologica l’utilizzo di bioindicatori indigeni, quali il muschio, il cotico erboso, le foglie di piante arboree e il materiale pulverulento depositatosi su di esse. Una semplice analisi pedologica infatti non permette di discriminare la natura dei contaminanti in esso ritrovati. I metalli pesanti possono raggiungere il suolo attraverso diverse vie. In primo luogo questi elementi in traccia si trovano naturalmente nei suoi; ma numerose sono le fonti antropiche: attività industriali, traffico veicolare, incenerimento dei rifiuti, impianti di riscaldamento domestico, pratiche agricole, utilizzo di acque con bassi requisiti di qualità, ecc. Questo fa capire come una semplice analisi del contenuto totale o pseudo - totale di metalli pesanti nel suolo non riesca a rispondere alla domanda su quale si la fonte di provenienza di queste sostanze. Il metodo di monitoraggio integrato suolo- pianta è stato applicato a due diversi casi di studio. Il primo denominato “Progetto per il monitoraggio e valutazione delle concentrazioni in metalli pesanti e micro elementi sul sistema suolo - pianta in aree urbane adibite a verde pubblico dell’Emilia – Romagna” ha permesso di valutare l’insorgenza di una diminuzione della qualità dell’ecosistema parco urbano causata dalla ricaduta di metalli pesanti aerotrasportati, in tre differenti realtà urbane dell’Emilia Romagna: le città di Bologna, Ferrara e Cesena. Le città presentano caratteristiche pedologiche, ambientali ed economico-sociali molto diverse tra loro. Questo ha permesso di studiare l’efficienza del metodo su campioni di suolo e di vegetali molto diversi per quanto riguarda le aliquote di metalli pesanti riscontrate. Il secondo caso di studio il “Monitoraggio relativo al contenuto in metalli pesanti e microelementi nel sistema acqua-suolo-pianta delle aree circostanti l’impianto di termovalorizzazione e di incenerimento del Frullo (Granarolo dell’Emilia - BO)” è stato invece incentrato sulla valutazione della qualità ambientale delle aree circostanti l’inceneritore. Qui lo scenario si presentava più omogeneo dal punto di vista pedologico rispetto al caso di studio precedente, ma molto più complesso l’ecosistema di riferimento (urbano, extra-urbano ed agricolo). Seppure il metodo suolo-pianta abbia permesso di valutare gli apporti di metalli pesanti introdotti per via atmosferica, non è stato possibile imputarne l’origine alle sole emissioni prodotte dall’inceneritore.
Ripartire dall'esistente Riqualificazione di un quartiere di edilizia residenziale pubblica a Faenza
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L’intenzione che ha mosso la ricerca è stata quella di ridare valore alla casa pubblica, perché è un’opportunità per la popolazione, soprattutto per le fasce sociali più deboli e perché non può non essere espressione di qualità architettonica, urbanistica e sociale. A ciò si aggiunge la scelta di un modo di operare sostenibile, dove alle nuove costruzioni si predilige l’idea del recupero. Ecco da dove nasce l’idea di ripartire dall’esistente, scegliendo un’area del sistema urbano di proprietà pubblica, per definire, in una prospettiva di miglioramento, un sistema di strategie di intervento e un progetto di riqualificazione. Capire come agire su un’area di questo tipo, ha stimolato ad una lettura degli interventi statali sul tema dell’edilizia pubblica attraverso le azioni in campo legislativo. La ricerca ha preso poi avvio da una lettura dell’evoluzione del quadro normativo nazionale in materia, per poi concentrarsi sul contesto locale con il racconto dei fatti storici della città di Faenza fino ai giorni nostri attraverso le sue vicende urbanistiche. Una considerazione sulla legislazione passata dà la possibilità di vedere come lo Stato abbia nel tempo prestato attenzione e risposto in maniera diversa al problema della casa. In ogni periodo le iniziative dell’Amministrazione in merito alla programmazione, si mostrano come risultati di una risposta sociale e culturale, rilanciando poi, a seconda del momento, varie tematiche, ieri la carenza degli alloggi, oggi il tema della qualità urbana, del recupero e la necessità di contenere i costi e i consumi energetici. Lo studio si è quindi spostato e concentrato sulle tappe ed i risvolti della programmazione a livello locale, cercando di comprendere, anche sulle carte, il risultato di queste azioni amministrative, si legge come il susseguirsi delle diverse politiche urbanistiche abbia lasciato tracce e segni nel disegno della città. Nel loro esito formale gli interventi hanno assunto un valore nella vicenda della città poiché ne hanno determinato l’espansione in un certo modo. Dopo un lavoro di ricerca di documenti, consultando anche diversi archivi, gli interventi in materia di edilizia residenziale pubblica presenti a Faenza sono stati schedati al fine di creare un repertorio di informazioni riguardanti la localizzazione, la data di costruzione e informazioni riguardanti il tipo di intervento a livello normativo, in questo modo si è potuto inquadrare ciascun quartiere in una determinata stagione di politiche abitative. Queste informazioni sono state poi tradotte in schemi che comprendono tutto il territorio della città fino ad ottenere una visione d’insieme e cogliere le relazioni che i singoli interventi intrattengono con il resto della città. Si esplorano poi le relazioni in base alle stagioni delle politiche abitative e in base ai soggetti che ne hanno promosso la costruzione. La ricerca si propone quindi di riflettere sugli strumenti con cui agire nei casi di degrado, assecondando la logica del recupero e del riuso. Il processo per definire il "come" intervenire ha portato alla creazione di un abaco di possibili strategie di riqualificazione suddivise per grandi tematiche (connessione e mobilità, mixitè funzionale e verde, risparmio energetico, nuovi modi dell’abitare e relazioni e identità). Ogni tematica viene poi declinata in sottotemi che descrivono le operazioni possibili per la rigenerazione, correlati da una definizione e da piccoli progetti applicativi. Ciascun progetto schematizzato è pensato su un’area di edilizia residenziale pubblica di Faenza. Le strategie vengono poi effettivamente applicate ad un caso studio: il PEEP Orto Paganella. Il progetto di riqualificazione si struttura in due parti. Una riguarda l’impianto del quartiere, inserendo un nuovo volume destinato a servizi, l’altra si concentra su un edificio esistente per un progetto di recupero allo scopo di ridare valore al manufatto, riscattarne l’immagine e creare un’offerta abitativa adeguata, che assicuri abitazioni in affitto e tipi di alloggi destinati a nuovi soggetti della popolazione, con le loro specifiche esigenze. Il progetto di riqualificazione si sviluppa a partire dall’orientamento dell’edificio e dei suoi affacci. Viene sviluppato il tema dell’involucro, che circonda l’edificio e si declina sui diversi fronti in modo diverso. La proposta della facciata verso sud, trasparente e aperta sul parco pubblico ritrova la giusta considerazione per l’orientamento, sfruttandone le potenzialità e aprendosi alla vista del parco, mentre il fronte a nord rimane chiuso e protetto. Creando nuovi spazi e nuovi affacci e restituendo una nuova immagine dell’edificio si cerca di stimolare una riappropriazione del senso di appartenenza al quartiere.
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Questa tesi ha lo scopo di confrontare le valutazioni esterne che il nostro Paese e la Svizzera italiana (Canton Ticino) mettono in atto nell'arco del segmento secondario di primo grado dell'istruzione. Allo scopo sono state analizzate parallelamente le prove Invalsi e le Prove Cantonali svizzere. Dallo studio dei risultati degli allievi, italiani e svizzeri, ho cercato di capire a cosa sono dovutele differenze che si sono evidenziate. Si è condotta così una somministrazione incrociata: la Prova Cantonale è stata somministrata in alcune classi seconde e terze italiane e la Prova Nazionale Invalsi in alcune classi terze ticinesi. I dati sono poi stati raccolti ed elaborati in una semplice analisi statistica e didattica. Ho intervistato gli insegnanti italiani e ticinesi per capire come vengono viste e utilizzate le prove di valutazione esterna, quanto peso hanno nella vita scolastica e se vengono sfruttate come strumenti di indagine quali sono. Tutto questo affinchè i dati e le osservazioni raccolti possano orientare possibili miglioramenti futuri del processo di insegnamento-apprendimento della matematica nell'allievo.
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La tesi è l'esito di un lavoro di studio e ricerca nell'ambito della gestione delle sale operatorie, uno dei problemi principali su cui si sono focalizzati gli studi di Ricerca Operativa, applicati ai sistemi sanitari, sviluppati nell'ultimo decennio. Vengono presentati i due modelli di ottimizzazione creati al fine di migliorare l'efficienza organizzativa delle pianificazioni degli interventi chirurgici di un presidio ospedaliero. I due modelli, uno teorico e l'altro implementato con istanze reali, si distinguono dalle ricerche presenti in letteratura per l'innovativa proposta di pianificare attività preoperatorie che contribuiscano a raggiungere una miglior efficienza e la diminuzione dei costi delle pratiche chirurgiche.