998 resultados para doenças do sistema nervoso autônomo
Resumo:
Ogni anno si registra un crescente aumento delle persone affette da patologie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, la malattia di Parkinson e persone soggette a gravi disabilità motorie dovute ad ictus, paralisi cerebrale o lesioni al midollo spinale. Spesso tali condizioni comportano menomazioni molto invalidanti e permanenti delle vie nervose, deputate al controllo dei muscoli coinvolti nell’esecuzione volontaria delle azioni. Negli ultimi anni, molti gruppi di ricerca si sono interessati allo sviluppo di sistemi in grado di soddisfare le volontà dell’utente. Tali sistemi sono generalmente definiti interfacce neurali e non sono pensati per funzionare autonomamente ma per interagire con il soggetto. Tali tecnologie, note anche come Brain Computer Interface (BCI), consentono una comunicazione diretta tra il cervello ed un’apparecchiatura esterna, basata generalmente sull’elettroencefalografia (EEG), in grado di far comunicare il sistema nervoso centrale con una periferica esterna. Tali strumenti non impiegano le usuali vie efferenti coinvolte nella produzione di azioni quali nervi e muscoli, ma collegano l'attività cerebrale ad un computer che ne registra ed interpreta le variazioni, permettendo quindi di ripristinare in modo alternativo i collegamenti danneggiati e recuperare, almeno in parte, le funzioni perse. I risultati di numerosi studi dimostrano che i sistemi BCI possono consentire alle persone con gravi disabilità motorie di condividere le loro intenzioni con il mondo circostante e provano perciò il ruolo importante che esse sono in grado di svolgere in alcune fasi della loro vita.
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L’estrema importanza degli aspetti neurologici che riguardano la vita dell’uomo, unitamente all’elevato grado di invalidità che le malattie del sistema nervoso sono in grado di provocare, ha portato nel corso del tempo gli studiosi a sviluppare metodologie di intervento sempre più accurate e specifiche nel tentativo di far fronte a queste complesse situazioni. Il sempre più frequente ricorso alle cure farmacologiche e alla psicoterapia ha saputo ben presto però sollevare numerose perplessità in merito all’efficacia di tali approcci. È a partire da questi presupposti che è stato possibile portare avanti nuovi studi sulla tDCS, un particolare tipo di apparecchiatura biomedicale basata sul concetto di elettrostimolazione cerebrale. Questo lavoro si propone di descrivere la capacità della tDCS di intervenire direttamente sui meccanismi che comunemente si verificano all’interno del cervello umano tramite il rilascio di corrente, nonché i numerosi miglioramenti che sono stati rilevati in seguito al suo utilizzo su soggetti umani. Si propone inoltre di mettere in evidenza le grandi potenzialità che essa è in grado di manifestare relativamente ai processi cognitivi, partendo dagli aspetti che riguardano il linguaggio, passando attraverso quelli propri della memoria e della conoscenza, fino ad arrivare a rivestire un ruolo di primo piano anche all’interno delle sfaccettature tipiche degli stati umorali.
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Questo elaborato concerne la revisione della letteratura scientifica relativa alla teorizzazione e realizzazione tecnologica del memristor, un nuovo componente elettronico teorizzato nel 1971 e realizzato solo nel 2008 nei laboratori della HP (Hewlett Packard, Palo Alto, California). Dopo una descrizione in termini matematici della teoria fisica alla base del dispositivo e del suo funzionamento, viene descritta la sua realizzazione tecnologica e il corrispettivo modello teorico. Succesivamente il lavoro discute la possibile analogia tra il funzionamento del memristor ed il funzionamento di neuroni e sinapsi biologiche all'interno del Sistema Nervoso Centrale. Infine, vengono descritte le architetture recentemente proposte per l'implementazione di reti neurali artificiali fondate su un sistema computazionale parallelo e realizzate mediante sistemi ibridi transistors/memristors.
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Le basi neurali della memoria semantica e lessicale sono oggetto di indagine da anni nelle neuroscienze cognitive. In tale ambito, un ruolo crescente è svolto dall’uso di modelli matematici basati su reti di neuroni. Scopo del presente lavoro è di utilizzare e migliorare un modello sviluppato in anni recenti, per spiegare come la conoscenza del significato di parole e concetti sia immagazzinata nel sistema nervoso e successivamente utilizzata. Il principio alla base del modello è che la semantica di un concetto è descritta attraverso una collezione di proprietà, che sintetizzano la percezione del concetto stesso nelle diverse regioni corticali. Gli aspetti semantici e lessicali sono memorizzati in regioni separate, ma reciprocamente connesse sulla base dell’esperienza passata, secondo un meccanismo di apprendimento Hebbiano. L’obiettivo del lavoro è stato quello di indagare i meccanismi che portano alla formazione di categorie. Una importante modifica effettuata è consistita nell’utilizzare un meccanismo di apprendimento Hebbiano a soglia variabile, in grado di adattarsi automaticamente alla statistica delle proprietà date in input. Ciò ha portato ad un miglioramento significativo dei risultati. In particolare, è stato possibile evitare che un proprietà comune a molti (ma non a tutti) i membri di una categoria (come la proprietà “vola” per la categoria “uccelli”) sia erroneamente attribuita all’intera categoria. Nel lavoro viene presentato lo stesso modello con quattro differenti tassonomie, relative ad animali e a oggetti artificiali. La rete, una volta addestrata con una delle 4 tassonomie, è in grado di risolvere compiti di riconoscimento e denominazione di concetti, mantenendo una distinzione tra le categorie e i suoi membri, e attribuendo un diverso ruolo alle proprietà salienti rispetto alle proprietà marginali. Le tassonomie presentano un numero di concetti e features crescente, per avvicinarsi al reale funzionamento della memoria semantica, in cui ai diversi concetti è associato un numero diverso di caratteristiche.
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La tesi descrive la stimolazione magnetica transcranica, un metodo di indagine non invasivo. Nel primo capitolo ci si è soffermati sull’ anatomia e funzionalità del sistema nervoso sia centrale che periferico e sulle caratteristiche principali delle cellule neuronali. Nel secondo capitolo vengono descritte inizialmente le basi fisico-tecnologiche della strumentazione stessa, dando particolare attenzione ai circuiti che costituiscono gli stimolatori magnetici ed alle tipologie di bobine più utilizzate. Successivamente si sono definiti i principali protocolli di stimolazione evidenziandone le caratteristiche principali come, ampiezza, durata e frequenza dell’impulso. Nel terzo capitolo vengono descritti i possibili impieghi della stimolazione in ambito sperimentale e terapeutico. Nel quarto ed ultimo capitolo si evidenziano i limiti, della strumentazione e dell’analisi che la stessa permette, andando a definire i parametri di sicurezza, i possibili effetti indesiderati, il costo dell’apparecchiatura e l’uso combinato con altre tecniche specifiche
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Poiché i processi propri del sistema nervoso assumono una funzione fondamentale nello svolgimento della vita stessa, nel corso del tempo si è cercato di indagare e spiegare questi fenomeni. Non solo infatti il suo ruolo è di primaria importanza, ma le malattie che lo colpiscono sono altamente invalidanti. Nell’ultimo decennio, al fine di far luce su questi aspetti profondamente caratterizzanti la vita dell’uomo, hanno avuto luogo diversi studi aventi come strumento d’esame la stimolazione transcranica a corrente continua. In particolare questo lavoro si propone di analizzare gli ambiti di interesse dell’applicazione della tDCS, soffermandosi sulla capacità che ha questa metodica di indagare i meccanismi propri del cervello e di proporre terapie adeguate qualora questi meccanismi fossero malfunzionanti. L’utilizzo di questa stimolazione transcranica unitamente ai più moderni metodi di neuroimaging permette di costruire, o quanto meno cercare di delineare, un modello delle strutture di base dei processi cognitivi, quali ad esempio il linguaggio, la memoria e gli stati di vigilanza. A partire da questi primi promettenti studi, la tDCS è in grado di spostare le proprie ricerche nell’ambito clinico, proponendo interessanti e innovative terapie per le malattie che colpiscono il cervello. Nonostante patologie quali il morbo di Parkinson, l’Alzheimer, la dislessia ed l’afasia colpiscano una grande percentuale della popolazione non si è ancora oggi in grado di garantire ai pazienti dei trattamenti validi. E’ in questo frangente che la tDCS assume un ruolo di primaria importanza: essa si presenta infatti come una tecnica alternativa alle classiche cure farmacologie e allo stesso tempo non invasiva, sicura e competitiva sui costi.
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Il funzionamento del cervello umano, organo responsabile di ogni nostra azione e pensiero, è sempre stato di grande interesse per la ricerca scientifica. Dopo aver compreso lo sviluppo dei potenziali elettrici da parte di nuclei neuronali in risposta a stimoli, si è riusciti a graficare il loro andamento con l'avvento dell'ElettroEncefaloGrafia (EEG). Tale tecnologia è entrata a far parte degli esami di routine per la ricerca di neuropsicologia e di interesse clinico, poiché permette di diagnosticare e discriminare i vari tipi di epilessia, la presenza di traumi cranici e altre patologie del sistema nervoso centrale. Purtroppo presenta svariati difetti: il segnale è affetto da disturbi e richiede un'adeguata elaborazione tramite filtraggio e amplificazione, rimanendo comunque sensibile a disomogeneità dei tessuti biologici e rendendo difficoltoso il riconoscimento delle sorgenti del segnale che si sono attivate durante l'esame (il cosiddetto problema inverso). Negli ultimi decenni la ricerca ha portato allo sviluppo di nuove tecniche d'indagine, di particolare interesse sono la ElettroEncefaloGrafia ad Alta Risoluzione (HREEG) e la MagnetoEncefaloGrafia (MEG). L'HREEG impiega un maggior numero di elettrodi (fino a 256) e l'appoggio di accurati modelli matematici per approssimare la distribuzione di potenziale elettrico sulla cute del soggetto, garantendo una migliore risoluzione spaziale e maggior sicurezza nel riscontro delle sorgenti neuronali. Il progresso nel campo dei superconduttori ha reso possibile lo sviluppo della MEG, che è in grado di registrare i deboli campi magnetici prodotti dai segnali elettrici corticali, dando informazioni immuni dalle disomogeneità dei tessuti e andando ad affiancare l'EEG nella ricerca scientifica. Queste nuove tecnologie hanno aperto nuovi campi di sviluppo, più importante la possibilità di comandare protesi e dispositivi tramite sforzo mentale (Brain Computer Interface). Il futuro lascia ben sperare per ulteriori innovazioni.
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Este trabajo se enmarca en la temática principal acerca de los conceptos clásicos de racionalidad, emociones y felicidad así como de una revisión actual de ellos. El objetivo central es, pues, analizar las tres nociones. Para ello, la metodología será el análisis conceptual de los textos pertinentes referidos en la bibliografía. La conclusión se centrará en que hay un doble vínculo científico, psicológico-neurológico y económico viable entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad.La relación entre la racionalidad, las emociones y la felicidad constituye un problema de larga data. Básicamente, se pueden distinguir tres grupos de cuestiones. En primer lugar, podemos intentar determinar el 'impacto de las emociones en la racionalidad de la toma de decisiones'. (Elster 2002, IV) En segundo lugar, podemos preguntarnos si 'las propias emociones pueden ser valoradas como más o menos racionales, independientemente de su influencia en las elecciones que hacemos o en las creencias que nos formamos'. (Ibid. 2) Y, en tercer lugar, podemos preguntarnos si las emociones pueden ser objeto de una elección racional, es decir, 'si las personas pueden entrar en una deliberación racional acerca de cuáles son las emociones que han de inducirse en sí mismas o en los demás y si realmente lo hacen'. (Ibid. IV, 3, 300) Tradicionalmente, se ha aceptado que las emociones suponen una especie de 'traba' para la elección racional. Sin embargo, esta posición ha sido revisada, proponiéndose, en cambio, que las emociones no sólo no interfieren en la toma racional de decisiones sino que la favorecen. De este modo, se puede decir que las emociones nos ayudan a tomar decisiones funcionando como factores que deshacen el 'empate en los casos de indeterminación' y que, de manera más general, mejoran la calidad de la toma de decisiones al hacer posible que nos centremos en los rasgos mas destacados de la situación (Elster 2002, Apéndice) análogamente al análisis situacional de Popper. Contra la propuesta tradicional y la revisionista, se enuncia la tesis de que las emociones no afectan 'en lo más mínimo' la racionalidad de la elección misma. Si bien las emociones intervienen en las decisiones como costos y beneficios asociados a las diversas opciones no lo hacen en tanto fuerzas psíquicas 'distorsionantes' de los mecanismos de la elección. Se trata, en este contexto, de la capacidad (¿estado de ánimo?) de abordar una tarea llevándola al término propuesto. El resultado final complace -hace feliz- a la persona que la lleva a cabo. A partir de 1987, Ekman estableció las pruebas en relación con que la emoción tiene diferentes patrones en el sistema nervioso autónomo. 'Los actores representaban expresiones faciales mientras eran registrados con una serie de variables autónomas (ritmo cardiaco, conductancia de la piel)" (p. 49) Ekman y colaboradores propusieron patrones de la emoción diferentes para seis emociones biológicamente básicas: 1. Sorpresa. 2. Disgusto. 3. Tristeza. 4. Ira. 5. Miedo. 6. Alegría/Felicidad. Especialmente después del año 2004 las The Big Six de Prinz se convirtieron en la lista de emociones básicas ampliamente aceptadas. Se estableció así un primer vínculo de carácter psicológico y neurocientífico entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad. El segundo vínculo que propondremos en este trabajo se refiere al de la economía, más precisamente, la rama de la economía de la felicidad. Este vínculo manifiesta una relación donde las variables económico-sociológicas deben ser incluidas en el nexo entre la racionalidad, las emociones y la felicidad. La llamada 'paradoja de Easterlin' es un concepto clave en la economía de la felicidad: dentro de un país dado, la gente con mayores ingresos tiene una mayor tendencia a afirmar que es más feliz. Sin embargo, cuando se comparan los resultados de varios países, el nivel medio de felicidad que los sujetos dicen poseer no varía prácticamente. (Maceri, S., García P. 2010). A través de Easterlin (2001), se advierte que aunque el resultado de sus estudios es paradojal, los contextos sociales deben ser contemplados en este segundo tipo de nexo. En síntesis, hay un doble vínculo viable entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad: el de la psicología y neurociencia, por una parte, y el de la ciencia económica, por otra, ambos interconectados con sus consabidas dificultades
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Este trabajo se enmarca en la temática principal acerca de los conceptos clásicos de racionalidad, emociones y felicidad así como de una revisión actual de ellos. El objetivo central es, pues, analizar las tres nociones. Para ello, la metodología será el análisis conceptual de los textos pertinentes referidos en la bibliografía. La conclusión se centrará en que hay un doble vínculo científico, psicológico-neurológico y económico viable entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad.La relación entre la racionalidad, las emociones y la felicidad constituye un problema de larga data. Básicamente, se pueden distinguir tres grupos de cuestiones. En primer lugar, podemos intentar determinar el 'impacto de las emociones en la racionalidad de la toma de decisiones'. (Elster 2002, IV) En segundo lugar, podemos preguntarnos si 'las propias emociones pueden ser valoradas como más o menos racionales, independientemente de su influencia en las elecciones que hacemos o en las creencias que nos formamos'. (Ibid. 2) Y, en tercer lugar, podemos preguntarnos si las emociones pueden ser objeto de una elección racional, es decir, 'si las personas pueden entrar en una deliberación racional acerca de cuáles son las emociones que han de inducirse en sí mismas o en los demás y si realmente lo hacen'. (Ibid. IV, 3, 300) Tradicionalmente, se ha aceptado que las emociones suponen una especie de 'traba' para la elección racional. Sin embargo, esta posición ha sido revisada, proponiéndose, en cambio, que las emociones no sólo no interfieren en la toma racional de decisiones sino que la favorecen. De este modo, se puede decir que las emociones nos ayudan a tomar decisiones funcionando como factores que deshacen el 'empate en los casos de indeterminación' y que, de manera más general, mejoran la calidad de la toma de decisiones al hacer posible que nos centremos en los rasgos mas destacados de la situación (Elster 2002, Apéndice) análogamente al análisis situacional de Popper. Contra la propuesta tradicional y la revisionista, se enuncia la tesis de que las emociones no afectan 'en lo más mínimo' la racionalidad de la elección misma. Si bien las emociones intervienen en las decisiones como costos y beneficios asociados a las diversas opciones no lo hacen en tanto fuerzas psíquicas 'distorsionantes' de los mecanismos de la elección. Se trata, en este contexto, de la capacidad (¿estado de ánimo?) de abordar una tarea llevándola al término propuesto. El resultado final complace -hace feliz- a la persona que la lleva a cabo. A partir de 1987, Ekman estableció las pruebas en relación con que la emoción tiene diferentes patrones en el sistema nervioso autónomo. 'Los actores representaban expresiones faciales mientras eran registrados con una serie de variables autónomas (ritmo cardiaco, conductancia de la piel)" (p. 49) Ekman y colaboradores propusieron patrones de la emoción diferentes para seis emociones biológicamente básicas: 1. Sorpresa. 2. Disgusto. 3. Tristeza. 4. Ira. 5. Miedo. 6. Alegría/Felicidad. Especialmente después del año 2004 las The Big Six de Prinz se convirtieron en la lista de emociones básicas ampliamente aceptadas. Se estableció así un primer vínculo de carácter psicológico y neurocientífico entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad. El segundo vínculo que propondremos en este trabajo se refiere al de la economía, más precisamente, la rama de la economía de la felicidad. Este vínculo manifiesta una relación donde las variables económico-sociológicas deben ser incluidas en el nexo entre la racionalidad, las emociones y la felicidad. La llamada 'paradoja de Easterlin' es un concepto clave en la economía de la felicidad: dentro de un país dado, la gente con mayores ingresos tiene una mayor tendencia a afirmar que es más feliz. Sin embargo, cuando se comparan los resultados de varios países, el nivel medio de felicidad que los sujetos dicen poseer no varía prácticamente. (Maceri, S., García P. 2010). A través de Easterlin (2001), se advierte que aunque el resultado de sus estudios es paradojal, los contextos sociales deben ser contemplados en este segundo tipo de nexo. En síntesis, hay un doble vínculo viable entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad: el de la psicología y neurociencia, por una parte, y el de la ciencia económica, por otra, ambos interconectados con sus consabidas dificultades
Resumo:
Este trabajo se enmarca en la temática principal acerca de los conceptos clásicos de racionalidad, emociones y felicidad así como de una revisión actual de ellos. El objetivo central es, pues, analizar las tres nociones. Para ello, la metodología será el análisis conceptual de los textos pertinentes referidos en la bibliografía. La conclusión se centrará en que hay un doble vínculo científico, psicológico-neurológico y económico viable entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad.La relación entre la racionalidad, las emociones y la felicidad constituye un problema de larga data. Básicamente, se pueden distinguir tres grupos de cuestiones. En primer lugar, podemos intentar determinar el 'impacto de las emociones en la racionalidad de la toma de decisiones'. (Elster 2002, IV) En segundo lugar, podemos preguntarnos si 'las propias emociones pueden ser valoradas como más o menos racionales, independientemente de su influencia en las elecciones que hacemos o en las creencias que nos formamos'. (Ibid. 2) Y, en tercer lugar, podemos preguntarnos si las emociones pueden ser objeto de una elección racional, es decir, 'si las personas pueden entrar en una deliberación racional acerca de cuáles son las emociones que han de inducirse en sí mismas o en los demás y si realmente lo hacen'. (Ibid. IV, 3, 300) Tradicionalmente, se ha aceptado que las emociones suponen una especie de 'traba' para la elección racional. Sin embargo, esta posición ha sido revisada, proponiéndose, en cambio, que las emociones no sólo no interfieren en la toma racional de decisiones sino que la favorecen. De este modo, se puede decir que las emociones nos ayudan a tomar decisiones funcionando como factores que deshacen el 'empate en los casos de indeterminación' y que, de manera más general, mejoran la calidad de la toma de decisiones al hacer posible que nos centremos en los rasgos mas destacados de la situación (Elster 2002, Apéndice) análogamente al análisis situacional de Popper. Contra la propuesta tradicional y la revisionista, se enuncia la tesis de que las emociones no afectan 'en lo más mínimo' la racionalidad de la elección misma. Si bien las emociones intervienen en las decisiones como costos y beneficios asociados a las diversas opciones no lo hacen en tanto fuerzas psíquicas 'distorsionantes' de los mecanismos de la elección. Se trata, en este contexto, de la capacidad (¿estado de ánimo?) de abordar una tarea llevándola al término propuesto. El resultado final complace -hace feliz- a la persona que la lleva a cabo. A partir de 1987, Ekman estableció las pruebas en relación con que la emoción tiene diferentes patrones en el sistema nervioso autónomo. 'Los actores representaban expresiones faciales mientras eran registrados con una serie de variables autónomas (ritmo cardiaco, conductancia de la piel)" (p. 49) Ekman y colaboradores propusieron patrones de la emoción diferentes para seis emociones biológicamente básicas: 1. Sorpresa. 2. Disgusto. 3. Tristeza. 4. Ira. 5. Miedo. 6. Alegría/Felicidad. Especialmente después del año 2004 las The Big Six de Prinz se convirtieron en la lista de emociones básicas ampliamente aceptadas. Se estableció así un primer vínculo de carácter psicológico y neurocientífico entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad. El segundo vínculo que propondremos en este trabajo se refiere al de la economía, más precisamente, la rama de la economía de la felicidad. Este vínculo manifiesta una relación donde las variables económico-sociológicas deben ser incluidas en el nexo entre la racionalidad, las emociones y la felicidad. La llamada 'paradoja de Easterlin' es un concepto clave en la economía de la felicidad: dentro de un país dado, la gente con mayores ingresos tiene una mayor tendencia a afirmar que es más feliz. Sin embargo, cuando se comparan los resultados de varios países, el nivel medio de felicidad que los sujetos dicen poseer no varía prácticamente. (Maceri, S., García P. 2010). A través de Easterlin (2001), se advierte que aunque el resultado de sus estudios es paradojal, los contextos sociales deben ser contemplados en este segundo tipo de nexo. En síntesis, hay un doble vínculo viable entre las nociones de racionalidad, las emociones y la felicidad: el de la psicología y neurociencia, por una parte, y el de la ciencia económica, por otra, ambos interconectados con sus consabidas dificultades
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INTRODUCCIÓN: El riesgo de padecer enfermedades cardiovasculares y los índices de obesidad infantil han ido en aumento durante los últimos años empobreciendo la salud de la población. La Teoría de Barker relaciona el estado de salud de la madre con el desarrollo fetal, asociando a un deficiente estado físico y hábitos de vida negativos de la mujer embarazada con el aumento del riesgo de padecer cardiopatías en la infancia y adolescencia, así como predisponer al recién nacido a padecer sobrepeso y/u obesidad en su vida posterior. Por otro lado los estudios efectuados sobre ejercicio físico durante el embarazo reportan beneficios para salud materna y fetal. Uno de los parámetros más utilizados para comprobar la salud fetal es su frecuencia cardiaca, mediante la que se comprueba el buen desarrollo del sistema nervioso autónomo. Si se observa este parámetro en presencia de ejercicio materno podría encontrarse una respuesta crónica del corazón fetal al ejercicio materno como consecuencia de una adaptación y mejora en el funcionamiento del sistema nervioso autónomo del feto. De esta forma podría mejorar su salud cardiovascular intrauterina, lo que podría mantenerse en su vida posterior descendiendo el riesgo de padecer enfermedades cardiovasculares en la edad adulta. OBJETIVOS: Conocer la influencia de un programa de ejercicio físico supervisado en la frecuencia cardiaca fetal (FCF) en reposo y después del ejercicio materno en relación con gestantes sedentarias mediante la realización de un protocolo específico. Conocer la influencia de un programa de ejercicio físico en el desarrollo del sistema nervioso autónomo fetal, relacionado con el tiempo de recuperación de la FCF. MATERIAL Y MÉTODO: Se diseñó un ensayo clínico aleatorizado multicéntrico en el que participaron 81 gestantes (GC=38, GE=43). El estudio fue aprobado por el comité ético de los hospitales que participaron en el estudio. Todas las gestantes fueron informadas y firmaron un consentimiento para su participación en el estudio. Las participantes del GE recibieron una intervención basada en un programa de ejercicio físico desarrollado durante la gestación (12-36 semanas de gestación) con una frecuencia de tres veces por semana. Todas las gestantes realizaron un protocolo de medida de la FCF entre las semanas 34-36 de gestación. Dicho protocolo consistía en dos test llevados a cabo caminando a diferentes intensidades (40% y 60% de la frecuencia cardiaca de reserva). De este protocolo se obtuvieron las principales variables de estudio: FCF en reposo, FCF posejercicio al 40 y al 60% de intensidad, tiempo de recuperación de la frecuencia cardiaca fetal en ambos esfuerzos. El material utilizado para la realización del protocolo fue un monitor de frecuencia cardiaca para controlar la frecuencia cardiaca de la gestante y un monitor fetal inalámbrico (telemetría fetal) para registrar el latido fetal durante todo el protocolo. RESULTADOS: No se encontraron diferencias estadísticamente significativas en la FCF en reposo entre grupos (GE=140,88 lat/min vs GC= 141,95 lat/min; p>,05). Se encontraron diferencias estadísticamente significativas en el tiempo de recuperación de la FCF entre los fetos de ambos grupos (GE=135,65 s vs GC=426,11 s esfuerzo al 40%; p<,001); (GE=180,26 s vs GC=565,61 s esfuerzo al 60%; p<,001). Se encontraron diferencias estadísticamente significativas en la FCF posejercicio al 40% (GE=139,93 lat/min vs GC=147,87 lat/min; p<,01). No se encontraron diferencias estadísticamente significativas en la FCF posejercicio al 60% (GE=143,74 lat/min vs GC=148,08 lat/min; p>,05). CONLUSIÓN: El programa de ejercicio físico desarrollado durante la gestación influyó sobre el corazón fetal de los fetos de las gestantes del GE en relación con el tiempo de recuperación de la FCF. Los resultados muestran un posible mejor funcionamiento del sistema nervioso autónomo en fetos de gestantes activas durante el embarazo. ABSTRACT INTRODUCTION: The risk to suffer cardiovascular diseases and childhood obesity index has grown in the last years worsening the health around the population. Barker´s Theory related maternal health with fetal development establishing an association between a poorly physical state and an unhealthy lifestyle in the pregnant woman with the risk to suffer heart disease during childhood and adolescence, childhood overweight and/or obese is related to maternal lifestyle. By the other way researches carried out about physical exercise and pregnancy show benefits in maternal and fetal health. One of the most studied parameters to check fetal health is its heart rate, correct fetal autonomic nervous system development and work is also corroborated by fetal heart rate. Looking at this parameter during maternal exercise a chronic response of fetal heart could be found due to an adaptation and improvement in the working of the autonomic nervous system. Therefore its cardiovascular health could be enhanced during its intrauterine life and maybe it could be maintained in its posterior life descending the risk to suffer cardiovascular diseases in adult life. OBJECTIVES: To know the influence of a supervised physical activity program in the fetal heart rate (FHR) at rest, FHR after maternal exercise related to sedentary pregnant women by a FHR assessment protocol. To know the influence of a physical activity program in the development of the autonomic nervous system related to FHR recovery time. MATERIAL AND METHOD: A multicentric randomized clinical trial was design in which 81 pregnant women participated (CG=38, EG=43). The study was approved by the ethics committee of all of the hospitals participating in the study. All of the participants signed an informed consent for their participation in the study. EG participants received an intervention based on a physical activity program carried out during gestation (12-36 gestation weeks) with a three days a week frequency. All of the participants were tested between 34-36 weeks of gestation by a specific FHR assessment protocol. The mentioned protocol consisted in two test performed walking and at a two different intensities (40% and 60% of the reserve heart rate). From this protocol we obtained the main research variables: FHR at rest, FHR post-exercise at 40% and 60% intensity, and FHR recovery time at both walking test. The material used to perform the protocol were a FH monitor to check maternal HR and a wireless fetal monitor (Telemetry) to register fetal beats during the whole protocol. RESULTS: There were no statistical differences in FHR at rest between groups (EG=140,88 beats/min vs CG= 141,95 beats/min; p>,05). There were statistical differences in FHR recovery time in both walking tests between groups (EG=135,65 s vs CG=426,11 s test at 40% intensity; p<,001); (EG=180,26 s vs CG=565,61 s test at 60% intensity; p<,001). Statistical differences were found in FHR post-exercise at 40% intensity between groups (EG=139,93 beats/min vs CG=147,87 beats/min; p<,01). No statistical differences were found in FHR at rest post-exercise at 60% intensity between groups (EG=143,74 beats/min vs CG=148,08 beats/min; p>,05). CONCLUSIONS: The physical activity program performed during gestation had an influence in fetal heart of the fetus from mother in the EG related to FHR recovery time. These results show a possible enhancement on autonomic nervous system working in fetus from active mothers during gestation.
Resumo:
La marcha humana es el mecanismo de locomoción por el cual el cuerpo humano se traslada en línea recta gracias a una serie de movimientos coordinados de la pelvis y de las articulaciones del miembro inferior. Frecuentemente se encuentra influenciada por factores biomecánicos, anatómicos o patologías del sistema neuromusculoesquelético que modifican la forma de caminar de cada individuo. La lesión de médula espinal es una de las patologías que afectan el desarrollo normal de los patrones de la marcha por alteración de la movilidad, de la sensibilidad o del sistema nervioso autónomo. Aunque la lesión medular afecta otras funciones, además de la pérdida de función motora y sensorial, la recuperación de la capacidad de caminar es la mayor prioridad identificada por los pacientes durante la rehabilitación. Por ello, el desarrollo de dispositivos que faciliten la rehabilitación o compensación de la marcha es uno de los principales objetivos de diferentes grupos de investigación y empresas. En el contexto del proyecto Hybrid Technological Platform for Rehabilitation, Functional Compensation and Training of Gait in Spinal Cord Injury Patients se ha desarrollado un dispositivo que combina una órtesis activa (exoesqueleto) y un andador motorizado. Este sistema, como otros dispositivos, tiene el movimiento humano como estándar de referencia, no obstante no se evalúa de manera habitual, cómo es el patrón de la marcha reproducido y su similitud o diferencias con la marcha humana, o las modificaciones o adaptaciones en la interacción con el cuerpo del paciente. El presente estudio trata de examinar las características de la marcha normal en diversos grupos de población, y las diferencias con el patrón de marcha lenta. Finalmente, se pretende evaluar qué modificaciones y adaptaciones sufre el patrón de marcha lenta teórico al ser reproducido por el exoesqueleto. La presente investigación consiste en un estudio cuantitativo transversal desarrollado en dos etapas: estudio 1 y estudio 2. En el estudio 1 se analizó el patrón de la marcha a velocidad libremente seleccionada (normal) y el patrón de la marcha a velocidad lenta (0.25m/s) en 62 sujetos distribuidos en grupos considerando el sexo y los percentiles 25, 50 y 75 de estatura de la población española. Durante el estudio 2 se analizó el patrón de la marcha lenta reproducido por el dispositivo Hybrid a diferentes porcentajes de peso corporal (30%, 50% y 70%) en diez sujetos seleccionados aleatoriamente de la muestra del estudio 1. En ambos estudios se obtuvieron variables espacio-temporales y cinemáticas mediante un sistema de captura de movimiento con 6 cámaras distribuidas a lo largo de un pasillo de marcha. Se calcularon las medias, las desviaciones estándar y el 95% de intervalo de confianza, y el nivel alfa de significación se estableció en α=0.05 para todas las pruebas estadísticas. Las principales diferencias en el patrón normal de la marcha se encontraron en los parámetros cinemáticos de hombres y mujeres, aunque también se presentaron diferencias entre los grupos en función de la estatura. Las mujeres mostraron mayor flexión de cadera y rodilla, y mayor extensión de tobillo que los hombres durante el ciclo normal, aunque la basculación lateral de la pelvis, mayor en las mujeres, y el desplazamiento lateral del centro de gravedad, mayor en los hombres, fueron los parámetros identificados como principales discriminantes entre sexos. La disminución de la velocidad de la marcha mostró similares adaptaciones y modificaciones en hombres y en mujeres, presentándose un aumento de la fase de apoyo y una disminución de la fase de oscilación, un retraso de los máximos y mínimos de flexoextensión de cadera, rodilla y tobillo, y una disminución del rango articular en las tres articulaciones. Asimismo, la basculación lateral de la pelvis y el movimiento vertical del centro de gravedad disminuyeron, mientras que el movimiento lateral del centro de gravedad y el ancho de paso aumentaron. Durante la evaluación del patrón de la marcha reproducido por el exoesqueleto se observó que las tres articulaciones del miembro inferior disminuían el rango de movimiento por la falta de fuerza de los motores para contrarrestar el peso corporal, incluso con un 70% de descarga de peso. Además, la transferencia de peso se encontró limitada por la falta de movimiento de la pelvis en el plano frontal y se sustituyó por un aumento de la inclinación del tronco y, por tanto, del movimiento lateral del centro de gravedad. Este hecho, junto al aumento del desplazamiento vertical del centro de gravedad, hizo del patrón de la marcha reproducido por el exoesqueleto un movimiento poco eficiente. En conclusión, se establecen patrones de marcha normal diferenciados por sexos, siendo la basculación lateral de la pelvis y el movimiento lateral del centro de gravedad los parámetros discriminantes más característicos entre sexos. Comparando la marcha a velocidad libremente seleccionada y la velocidad lenta, se concluye que ambos sexos utilizan estrategias similares para adaptar el patrón de la marcha a una velocidad lenta y se mantienen las características diferenciadoras entre hombres y mujeres. En relación a la evaluación del dispositivo Hybrid, se deduce que la falta de movimiento lateral de la pelvis condiciona la transferencia de peso y el aumento del rango de movimiento del centro de gravedad y, en consecuencia, tiene como resultado un patrón de la marcha poco eficiente. Este patrón no resultaría indicado para los procesos de rehabilitación o recuperación de la marcha, aunque podría considerarse adecuado para la compensación funcional de la bipedestación y la locomoción. ABSTRACT The human walking is a means of moving body forward using a repetitious and coordinated sequence of pelvis and lower limb motions. It is frequently influenced by biomechanical and anatomical factors or by musculoskeletal pathologies which modify the way of walking. The spinal injury is one of those pathologies which affect the normal pattern of walking, due to the alteration of the mobility, the sensory or the autonomic nervous system. Although the spinal injury affects many other body functions, apart from the motor and sensory ones, the main priority for patients is to recover the ability of walking. Consequently, the main objective of many research groups and private companies is the development of rehabilitation and compensation devices for walking. In this context, the Hybrid Technological Platform for Rehabilitation, Functional Compensation and Training of Gait in Spinal Cord Injury Patients project has developed a device which integrates an exoskeleton and a motorized smart walker. This system, as other similar devices, has the human movement as standard reference. Nevertheless, these devices are not usually evaluated on the way they reproduce the normal human pattern or on the modifications and in the interactions with the patient’s body. The aim of the present study is to examine the normal walking characteristics, to analyze the differences between self-selected and low speed walking patterns, and to evaluate the modifications and adaptations of walking pattern when it is reproduced by the exoskeleton. The present research is a quantitative cross-sectional study carried out in two phases: study 1 and study 2. During the study 1, the self-selected and the low speed (0.25m/s) walking patterns were analyzed in sixty-two people distributed in groups, according to sex and 25th, 50th and 75th percentiles of height for Spanish population. The study 2 analyzed the low speed walking pattern reproduced by the Hybrid system in three conditions: 30%, 50% and 70% of body weight support. To do this, ten subjects were randomly selected and analyzed from the people of study 1. An optoelectronic system with six cameras was used to obtain spatial, temporal and kinematic parameters in both studies. Means, standard deviations and 95% confidence intervals of the study were calculated. The alpha level of significance was set at α=0.05 for all statistical tests. The main differences in normal gait pattern were found in kinematic parameters between men and women. The hip and the knee were more flexed and the ankle plantar flexion was higher in women than in men during normal gait cycle. Although the greater pelvic obliquity of women and the higher lateral movement of center of gravity of men were the most relevant discriminators between male and female gait patterns. Comparing self-selected and low speed walking patterns, both sexes showed similar adaptations and modifications. At low speed walking, men and women increased the stance phase ratio and decreased the swing phase ratio. The maximum and minimum peak flexion of hip, knee and ankle appeared after and the range of motion of them decreased during low speed walking. Furthermore, the pelvic obliquity and the vertical movement of the center of gravity decreased, whereas the lateral movement of center of gravity and step width increased. Evaluating the gait pattern reproduced by the exoskeleton, a decrease of lower limb range of motion was observed. This was probably due to the lack of strength of the engines, which were not able to control the body weight, even with the 70% supported. Moreover, the weight transfer from one limb to the contralateral side was restricted due to the lack of pelvis obliquity. This movement deficiency was replaced by the lateral torso sway and, consequently, the increase of lateral movement of the center of gravity. This fact, as well as the increase of the vertical displacement of the center of gravity, made inefficient the gait pattern reproduced by the exoskeleton. In conclusion, different gait patterns of both sexes have been determined, being pelvis obliquity and lateral movement of center of gravity the most relevant discriminators between male and female gait patterns. Comparing self-selected and low speed walking patterns, it was concluded that both sexes use similar strategies for adapting the gait pattern to a low speed, and therefore, the differentiating characteristics of normal gait are maintained. Regarding the Hybrid system evaluation, it was determined that the gait pattern reproduced by the exoskeleton is inefficient. This was due to the lack of pelvis obliquity and the increase of the center of gravity displacement. Consequently, whereas the walking pattern reproduced by the exoskeleton would not be appropriated for the rehabilitation process, it could be considered suitable for functional compensation of walking and standing.
Resumo:
Parkinson’s disease (PD) is frequently associated with gastrointestinal (GI) symptoms, mostly represented by abdominal distension, constipation and defecatory dysfunctions. Despite GI dysfunctions have a major impact on the clinical picture of PD, there is currently a lack of information on the neurochemical, pathological and functional correlates of GI dysmotility associated with PD. Moreover, there is a need of effective and safe pharmacological therapies for managing GI disturbances in PD patients. The present research project has been undertaken to investigate the relationships between PD and related GI dysfunctions by means of investigations in an animal model of PD induced by intranigral injection of 6-hydroxydopamine (6-OHDA). The use of the 6-OHDA experimental model of PD in the present program has allowed to pursue the following goals: 1) to examine the impact of central dopaminergic denervation on colonic excitatory cholinergic and tachykininergic neuromotility by means of molecular, histomorphologic and functional approaches; 2) to elucidate the role of gut inflammation in the onset and progression of colonic dysmotility associated with PD, characterizing the degree of inflammation and oxidative damage in colonic tissues, as well as identifying the immune cells involved in the production of pro-inflammatory cytokines in the gut; 3) to evaluate the impact of chronic treatment with L-DOPA plus benserazide on colonic neuromuscular activity both in control and PD animals. The results suggest that central nigrostriatal dopaminergic denervation is associated with an impaired excitatory cholinergic neurotransmission and an enhanced tachykininergic control, resulting in a dysregulated smooth muscle motor activity, which likely contributes to the concomitant decrease in colonic transit rate. These motor alterations might result from the occurrence of a condition of gut inflammation associated with central intranigral denervation. The treatment with L-DOPA/BE following central dopaminergic neurodegeneration can restore colonic motility, likely through a normalization of the cholinergic enteric neurotransmission, and it can also improve the colonic inflammation associated with central dopaminergic denervation.
Resumo:
Il tatto assume un'importanza fondamentale nella vita quotidiana, in quanto ci permette di discriminare le caratteristiche fisiche di un oggetto specifico, di identificarlo e di eventualmente integrare le suddette informazioni tattili con informazioni provenienti da altri canali sensoriali. Questa è la componente sensoriale-discriminativa del tatto. Tuttavia quotidianamente il tatto assume un ruolo fondamentale durante le diverse interazioni sociali, positive, come quando abbracciamo o accarezziamo una persona con cui abbiamo un rapporto affettivo e negative, per esempio quando allontaniamo una persona estranea dal nostro spazio peri-personale. Questa componente è la cosiddetta dimensione affettiva-motivazionale, la quale determina la codifica della valenza emotiva che l'interazione assume. Questa componente ci permette di creare, mantenere o distruggere i legami sociali in relazione al significato che il tocco assume durante l'interazione. Se per esempio riceviamo una carezza da un familiare, questa verrà percepita come piacevole e assumerà un significato affiliativo. Questo tipo di tocco è comunente definito come Tocco Sociale (Social Touch). Gli aspetti discriminativi del tatto sono stati ben caratterizzati, in quanto storicamente, il ruolo del tatto è stato considerato quello di discriminare le caratteristiche di ciò che viene toccato, mentre gli aspetti affettivi sono stati solo recentemente indagati considerando la loro importanza nelle interazioni sociali. Il tocco statico responsabile dell'aspetto discriminante attiva a livello della pelle le grandi fibre mieliniche (Aβ), modulando a livello del sistema nervoso centrale le cortecce sensoriali, sia primarie che secondarie. Questo permette la codifica a livello del sistema nervoso centrale delle caratteristiche fisiche oggettive degli oggetti toccati. Studi riguardanti le caratteristiche del tocco affiliativo sociale hanno messo in evidenza che suddetta stimolazione tattile 1) è un particolare tocco dinamico che avviene sul lato peloso delle pelle con una velocità di 1-10 cm/sec; 2) attiva le fibre amieliniche (fibre CT o C-LTMRs); 3) induce positivi effetti autonomici, ad esempio la diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca; e 4) determina la modulazione di regioni cerebrali coinvolte nella codifica del significato affiliativo dello stimolo sensoriale periferico, in particolare la corteccia insulare. Il senso del tatto, con le sue due dimensioni discriminativa e affiliativa, è quotidianamente usato non solo negli esseri umani, ma anche tra i primati non umani. Infatti, tutti i primati non umani utilizzano la componente discriminativa del tatto per identificare gli oggetti e il cibo e l'aspetto emotivo durante le interazioni sociali, sia negative come durante un combattimento, che positive, come durante i comportamenti affiliativi tra cui il grooming. I meccanismi di codifica della componente discriminativa dei primati non umani sono simili a quelli umani. Tuttavia, si conosce ben poco dei meccanismi alla base della codifica del tocco piacevole affiliativo. Pur essendo ben noto che i meccanorecettori amilienici C-LTMRs sono presenti anche sul lato peloso della pelle dei primati non umani, attualmente non ci sono studi riguardanti la correlazione tra il tocco piacevole e la loro modulazione, come invece è stato ampiamente dimostrato nell'uomo. Recentemente è stato ipotizzato (Dunbar, 2010) il ruolo delle fibre C-LTMRs durante il grooming, in particolare durante il cosiddetto swepping. Il grooming è costituito da due azioni motorie, lo sweeping e il picking che vengono eseguite in modo ritmico. Durante lo sweeping la scimmia agente muove il pelo della scimmia ricevente con un movimento a mano aperta, per poter vedere il preciso punto della pelle dove eseguire il picking, ovvero dove prendere la pelle a livello della radice del pelo con le unghie dell'indice e del pollice e tirare per rimuovere parassiti o uova di parassiti e ciò che è rimasto incastrato nel pelo. Oltre il noto ruolo igenico, il grooming sembra avere anche una importante funzione sociale affiliativa. Come la carezza nella società umana, cosi il grooming tra i primati non umani è considerato un comportamento. Secondo l'ipotesi di Dunbar l'attivazione delle C-LTMRs avverrebbe durante lo sweeping e questo porta a supporre che lo sweeping, come la carezza umana, costituisca una componente affiliativa del grooming, determinando quindi a contribuire alla sua codifica come comportamento sociale. Fino ad ora non vi è però alcuna prova diretta a sostegno di questa ipotesi. In particolare, 1) la velocità cui viene eseguito lo sweeping è compatibile con la velocità di attivazione delle fibre CT nell'uomo e quindi con la velocità tipica della carezza piacevole di carattere sociale affiliativo (1-10 cm/sec)?; 2) lo sweeping induce la stessa modulazione del sistema nervoso autonomo in direzione della modulazione del sistema vagale, come il tocco piacevole nell'uomo, attraverso l'attivazione delle fibre CT?; 3) lo sweeping modula la corteccia insulare, cosi come il tocco piacevole viene codificato come affiliativo nell'uomo mediante le proiezioni delle fibre CT a livello dell'insula posteriore? Lo scopo del presente lavoro è quella di testare l'ipotesi di Dunbar sopra citata, cercando quindi di rispondere alle suddette domande. Le risposte potrebbero consentire di ipotizzare la somiglianza tra lo sweeping, caratteristico del comportamento affiliativo di grooming tra i primati non umani e la carezza. In particolare, abbiamo eseguito 4 studi pilota. Nello Studio 1 abbiamo valutato la velocità con cui viene eseguito lo sweeping tra scimmie Rhesus, mediante una analisi cinematica di video registrati tra un gruppo di scimmie Rhesus. Negli Studi 2 e 3 abbiamo valutato gli effetti sul sistema nervoso autonomo dello sweeping eseguito dallo sperimentatore su una scimmia Rhesus di sesso maschile in una tipica situazione sperimentale. La stimolazione tattile è stata eseguita a diverse velocità, in accordo con i risultati dello Studio 1 e degli studi umani che hanno dimostrato la velocità ottimale e non ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs. In particolare, nello Studio 2 abbiamo misurato la frequenza cardiaca e la variabilità di questa, come indice della modulatione vagale, mentre nello Studio 3 abbiamo valutato gli effetti dello sweeping sul sistema nervoso autonomo in termini di variazioni di temperatura del corpo, nello specifico a livello del muso della scimmia. Infine, nello Studio 4 abbiamo studiato il ruolo della corteccia somatosensoriale secondaria e insulare nella codifica dello sweeping. A questo scopo abbiamo eseguito registrazioni di singoli neuroni mentre la medesima scimmia soggetto sperimentale dello Studio 2 e 3, riceveva lo sweeping a due velocità, una ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs secondo gli studi umani e i risultati dei tre studi sopra citati, ed una non ottimale. I dati preliminari ottenuti, dimostrano che 1) (Studio 1) lo sweeping tra scimmie Rhesus viene eseguito con una velocità media di 9.31 cm/sec, all'interno dell'intervallo di attivazione delle fibre CT nell'uomo; 2) (Studio 2) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina una diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca se eseguito alla velocità di 5 e 10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 1 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina l'aumento della frequenza cardiaca e la diminuzione della variabilità di questa, quindi il decremento dell'attivazione del sistema nervoso parasimpatico; 3) (Studio 3) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina l'aumento della temperatura corporea a livello del muso della scimmia se eseguito alla velocità di 5-10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 5 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina la diminuzione della temperatura del muso; 4) (Studio 4) la corteccia somatosensoriale secondaria e la corteccia insulare posteriore presentano neuroni selettivamente modulati durante lo sweeping eseguito ad una velocità di 5-13 cm/sec ma non neuroni selettivi per la codifica della velocità dello sweeping minore di 5 cm/sec. Questi risultati supportano l'ipotesi di Dunbar relativa al coinvolgimento delle fibre CT durante lo sweeping. Infatti i dati mettono in luce che lo sweeping viene eseguito con una velocità (9.31 cm/sec), simile a quella di attivazione delle fibre CT nell'uomo (1-10 cm/sec), determina gli stessi effetti fisiologici positivi in termini di frequenza cardiaca (diminuzione) e variabilità della frequenza cardiaca (incremento) e la modulazione delle medesime aree a livello del sistema nervoso centrale (in particolare la corteccia insulare). Inoltre, abbiamo dimostrato per la prima volta che suddetta stimolazione tattile determina l'aumento della temperatura del muso della scimmia. Il presente studio rappresenta la prima prova indiretta dell'ipotesi relativa alla modulazione del sistema delle fibre C-LTMRs durante lo sweeping e quindi della codifica della stimolazione tattile piacevole affiliativa a livello del sistema nervoso centrale ed autonomo, nei primati non umani. I dati preliminari qui presentati evidenziano la somiglianza tra il sistema delle fibre CT dell'uomo e del sistema C-LTMRs nei primati non umano, riguardanti il Social Touch. Nonostante ciò abbiamo riscontrato alcune discrepanze tra i risultati da noi ottenuti e quelli invece ottenuti dagli studi umani. La velocità media dello sweeping è di 9.31 cm / sec, rasente il limite superiore dell’intervallo di velocità che attiva le fibre CT nell'uomo. Inoltre, gli effetti autonomici positivi, in termini di battito cardiaco, variabilità della frequenza cardiaca e temperatura a livello del muso, sono stati evidenziati durante lo sweeping eseguito con una velocità di 5 e 10 cm/sec, quindi al limite superiore dell’intervallo ottimale che attiva le fibre CT nell’uomo. Al contrario, lo sweeping eseguito con una velocità inferiore a 5 cm/sec e superiore a 10 cm/sec determina effetti fisiologici negativo. Infine, la corteccia insula sembra essere selettivamente modulata dallo stimolazione eseguita alla velocità di 5-13 cm/sec, ma non 1-5 cm/sec. Quindi, gli studi sul sistema delle fibre CT nell’uomo hanno dimostrato che la velocità ottimale è 1-10 cm/sec, mentre dai nostri risultati la velocità ottimale sembra essere 5-13 cm / sec. Quindi, nonostante l'omologia tra il sistema delle fibre CT nell'umano deputato alla codifica del tocco piacevole affiliativo ed il sistema delle fibre C-LTMRs nei primati non umani, ulteriori studi saranno necessari per definire con maggiore precisione la velocità ottimale di attivazione delle fibre C-LTMR e per dimostrare direttamente la loro attivazione durante lo sweeping, mediante la misurazione diretta della loro modulazione. Studi in questa direzione potranno confermare l'omologia tra lo sweeping in qualità di tocco affiliativo piacevole tra i primati non umani e la carezza tra gli uomini. Infine, il presente studio potrebbe essere un importante punto di partenza per esplorare il meccanismo evolutivo dietro la trasformazione dello sweeping tra primati non umani, azione utilitaria eseguita durante il grooming, a carezza, gesto puramente affiliativo tra gli uomini.
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L’utilizzo di nanomateriali, ovvero una nuova classe di sostanze composte da particelle ultrafini con dimensioni comprese fra 1 e 100 nm (American Society for Testing Materials - ASTM), è in costante aumento a livello globale. La particolarità di tali sostanze è rappresentata da un alto rapporto tra la superficie e il volume delle particelle, che determina caratteristiche chimico-fisiche completamente differenti rispetto alle omologhe macrosostanze di riferimento. Tali caratteristiche sono tali da imporre una loro classificazione come nuovi agenti chimici (Royal Society & Royal Academy of Engineering report 2004). Gli impieghi attuali dei nanomateriali risultano in continua evoluzione, spaziando in diversi ambiti, dall’industria farmaceutica e cosmetica, all’industria tessile, elettronica, aerospaziale ed informatica. Diversi sono anche gli impieghi in campo biomedico; tra questi la diagnostica e la farmacoterapia. È quindi prevedibile che in futuro una quota sempre maggiore di lavoratori e consumatori risulteranno esposti a tali sostanze. Allo stato attuale non vi è una completa conoscenza degli effetti tossicologici ed ambientali di queste sostanze, pertanto, al fine di un loro utilizzo in totale sicurezza, risulta necessario capirne meglio l’impatto sulla salute, le vie di penetrazione nel corpo umano e il rischio per i lavoratori conseguente al loro utilizzo o lavorazione. La cute rappresenta la prima barriera nei confronti delle sostanze tossiche che possono entrare in contatto con l’organismo umano. Successivamente agli anni ‘60, quando si riteneva che la cute rappresentasse una barriera totalmente impermeabile, è stato dimostrato come essa presenti differenti gradi di permeabilità nei confronti di alcuni xenobiotici, dipendente dalle caratteristiche delle sostanze in esame, dal sito anatomico di penetrazione, dal grado di integrità della barriera stessa e dall’eventuale presenza di patologie della cute. La mucosa del cavo orale funge da primo filtro nei confronti delle sostanze che entrano in contatto con il tratto digestivo e può venir coinvolta in contaminazioni di superficie determinate da esposizioni occupazionali e/o ambientali. È noto che, rispetto alla cute, presenti una permeabilità all’acqua quattro volte maggiore, e, per tale motivo, è stata studiata come via di somministrazione di farmaci, ma, ad oggi, pochi sono gli studi che ne hanno valutato le caratteristiche di permeazione nei confronti delle nanoparticelle (NPs). Una terza importante barriera biologica è quella che ricopre il sistema nervoso centrale, essa è rappresentata da tre foglietti di tessuto connettivo, che assieme costituiscono le meningi. Questi tre foglietti rivestono completamente l’encefalo permettendone un isolamento, tradizionalmente ritenuto completo, nei confronti degli xenobiotici. L’unica via di assorbimento diretto, in questo contesto, è rappresentata dalla via intranasale. Essa permette un passaggio diretto di sostanze dall’epitelio olfattivo all’encefalo, eludendo la selettiva barriera emato-encefalica. Negli ultimi anni la letteratura scientifica si è arricchita di studi che hanno indagato le caratteristiche di assorbimento di farmaci attraverso questa via, ma pochissimi sono gli studi che hanno indagato la possibile penetrazione di nanoparticelle attraverso questa via, e nessuno, in particolar modo, ha indagato le caratteristiche di permeazione delle meningi. L’attività di ricerca svolta nell’ambito del presente dottorato ha avuto per finalità l’indagine delle caratteristiche di permeabilità e di assorbimento della cute, della mucosa del cavo orale e delle meningi nei confronti di alcune nanoparticelle, scelte fra quelle più rappresentative in relazione alla diffusione d’utilizzo a livello globale. I risultati degli esperimenti condotti hanno dimostrato, in vitro, che l’esposizione cutanea a Pt, Rh, Co3O4 e Ni NPs determinano permeazione in tracce dei medesimi metalli attraverso la cute, mentre per le TiO2 NPs tale permeazione non è stata dimostrata. È stato riscontrato, inoltre, che la mucosa del cavo orale e le meningi sono permeabili nei confronti dell’Ag in forma nanoparticellare.