947 resultados para Non-tagged protein purification
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L’attività di ricerca contenuta in questa tesi si è concentrata nello sviluppo e nell’implementazione di tecniche per la co-simulazione e il co-progetto non lineare/elettromagnetico di sistemi wireless non convenzionali. Questo lavoro presenta un metodo rigoroso per considerare le interazioni tra due sistemi posti sia in condizioni di campo vicino che in condizioni di campo lontano. In sostanza, gli effetti del sistema trasmittente sono rappresentati da un generatore equivalente di Norton posto in parallelo all’antenna del sistema ricevente, calcolato per mezzo del teorema di reciprocità e del teorema di equivalenza. La correttezza del metodo è stata verificata per mezzo di simulazioni e misure, concordi tra loro. La stessa teoria, ampliata con l’introduzione degli effetti di scattering, è stata usata per valutare una condizione analoga, dove l’elemento trasmittente coincide con quello ricevente (DIE) contenuto all’interno di una struttura metallica (package). I risultati sono stati confrontati con i medesimi ottenibili tramite tecniche FEM e FDTD/FIT, che richiedono tempi di simulazione maggiori di un ordine di grandezza. Grazie ai metodi di co-simulazione non lineari/EM sopra esposti, è stato progettato e verificato un sistema di localizzazione e identificazione di oggetti taggati posti in ambiente indoor. Questo è stato ottenuto dotando il sistema di lettura, denominato RID (Remotely Identify and Detect), di funzioni di scansione angolare e della tecnica di RADAR mono-pulse. Il sistema sperimentale, creato con dispositivi low cost, opera a 2.5 GHz ed ha le dimensioni paragonabili ad un normale PDA. E’ stato sperimentata la capacità del RID di localizzare, in scenari indoor, oggetti statici e in movimento.
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Das Amyloid-Vorläufer-Protein (APP) spielt eine zentrale Rolle in der Entstehung und Entwicklung von Morbus Alzheimer. Hierbei ist die proteolytische Prozessierung von APP von entscheidender Bedeutung. Das Verhältnis von neurotoxischen und neuroprotektiven Spaltprodukten, die über den amyloidogenen und nicht-amyloidogenen Weg der APP-Prozessierung gebildeten werden, ist für das Überleben von Neuronen und deren Resistenz gegen zytotoxische Stress-Stimuli von hoher Relevanz. Störungen der Calcium-Homöostase sind ein bekanntes Phänomen bei Morbus Alzheimer. Im ersten Teil der vorliegenden Arbeit wurde die Rolle von überexprimiertem APP in der Regulation des neuronalen Zelltods nach Calcium Freisetzung untersucht. Die Calcium Freisetzung aus dem endoplasmatischen Retikulum wurde durch die Inhibition der sarko- und endoplasmatischen Calcium-ATPasen (SERCA) ausgelöst. Dies führt zur Induktion der sogenannten „unfolded protein response“ (UPR) und zu einer Aktivierung von Effektor-Caspasen. Für APP-überexprimierende PC12 Zellen konnte bereits zuvor eine im Vergleich zur Kontrolle nach der durch Calcium Freisetzung-induzierten Apoptose eine erhöhte intrazelluläre Calcium Konzentration nachgewiesen werden. Über die Messung der Aktivierung von Effektor-Caspasen konnte zudem ein gesteigerter Zelltod in den APP-überexprimierenden Zellen gemessen werden. Zudem konnte gezeigt werden, dass der pro-apoptotische Transkriptionsfaktor CHOP, nicht aber die klassischen UPR-Zielgene spezifisch hochreguliert wurden. Die APP-modulierte gesteigerte Induktion von Apoptose nach Calcium Freisezung konnte durch Komplexierung der intrazellulären Calcium Ionen und durch Knockdown von CHOP im Vergleich zur Kontrolle gänzlich unterdrückt werden. Ferner bewirkte die Inhibition der Speicher-aktivierten Calcium-Kanälen (SOCC) eine signifikante Unterdrückung der beobachteten erhöhten intrazellulären Calcium Konzentration und der gesteigerten Apoptose in den APP-überexprimierenden PC12 Zellen. In diesem Teil der Arbeit konnte eindeutig gezeigt werden, dass APP in der Lage ist den durch Calcium-Freisetzung-induzierten Zelltod zu potenzieren. Diese Modulation durch APP verläuft in einer UPR-unabhängigen Reaktion über die Aktivierung von SOCC’s, einer erhöhten Aufnahme von extrazellulärem Calcium und durch erhöhte Induktion des pro-apoptotischen Transkriptionsfaktors CHOP. Im zweiten Teil dieser Arbeit wurde die sAPPα-vermittelte Neuroprotektion untersucht. Dabei handelt es sich um die N-terminale Ektodomäne von APP, die über die Aktivität der α-Sekretase prozessiert wird und anschließend extrazellulär abgegeben wird. Ziel dieser Versuchsreihe war die neuroprotektive physiologische Funktion von APP im Hinblick auf den Schutz von neuronalen Zellen vor diversen für Morbus Alzheimer relevanten Stress-Stimuli bzw. Apoptose-Stimuli zu untersuchen. Durch die Analyse der Effektor-Caspasen konnte gezeigt werden, dass sAPPα in der Lage ist PC12 Zellen potent vor oxidativem Stress, DNA-Schäden, Hypoxie, proteasomalem Stress und Calcium-Freisetzung zu schützen. Außerdem konnte gezeigt werden, dass sAPPα in der Lage ist den pro-apoptotischen Stress-induzierten JNK/Akt-Signalweg zu inhibieren. Eine Beteiligung des anti-apoptotischen PI3K/Akt-Signalwegs bei der sAPPα-vermittelten Protektion konnte über die Inhibition der PI3-Kinase ebenfalls demonstriert werden, die eine Aufhebung der sAPPα-vermittelten Neuroprotektion bewirkte. Diese Daten zeigen neue molekulare Mechanismen auf, die dem sAPPα-vermittelten Schutz vor pathophysiologisch relevanten Stress-Stimuli in neuronalen Zellen zugrunde liegen. Im letzten Teil der Arbeit wurden verschieden Gruppen von pharmakologischen Substanzen im Hinblick auf ihre neuroprotektive Wirkung untersucht und mit ihren Effekten auf den APP-Metabolismus korreliert. Die Untersuchungen ergaben, dass Galantamin, ein schwacher Acetycholinesterase Inhibitor und allosterisch potenzierender Ligand von nikotinischen Acetylcholin-Rezeptoren in der Lage war, naive, und mit noch höherer Effizienz APP-überexprimierende Zelllinien vor dem Stress-induzierten Zelltod zu schützen. Zudem bewirkte Galantamin in APP-überexprimierenden HEK293 Zellen eine rasche Erhöhung der sAPPα Sekretion, so dass hier von einer Rezeptor-vermittelten Modulation des APP Metabolismus ausgegangen werden kann. Omega-3 Fettsäuren wirken sich positiv auf die Membranfluidität von Zellen aus und es konnte bereits gezeigt werden, dass die Bildung des toxischen Aβ Peptids hierdurch vermindert wird. In Analogie zu Galantamin schützte die Omega-3 Fettsäure Docosahexaensäure (DHA) neuronale Zellen vor dem Stress-induzierten Zelltod, wobei der Schutz in APP-überexprimierenden Zellen besonders effizient war. Diese Daten legen nahe, dass die Aktivierung des antiamyloidogenen Wegs der APP-Prozessierung ein viel versprechender Ansatz für die Entwicklung neuer Therapien gegen Morbus Alzheimer sein könnte.
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Recenti analisi sull’intero trascrittoma hanno rivelato una estensiva trascrizione di RNA non codificanti (ncRNA), le quali funzioni sono tuttavia in gran parte sconosciute. In questo lavoro è stato dimostrato che alte dosi di camptotecina (CPT), un farmaco antitumorale inibitore della Top1, aumentano la trascrizione di due ncRNA antisenso in 5’ e 3’ (5'aHIF-1α e 3'aHIF-1α rispettivamente) al locus genico di HIF-1α e diminuiscono i livelli dell’mRNA di HIF-1α stesso. Gli effetti del trattamento sono Top1-dipendenti, mentre non dipendono dal danno al DNA alla forca di replicazione o dai checkpoint attivati dal danno al DNA. I ncRNA vengono attivati in risposta a diversi tipi di stress, il 5'aHIF-1α è lungo circa 10 kb e possiede sia il CAP in 5’ sia poliadenilazione in 3’ (in letteratura è noto che il 3'aHIF-1α è un trascritto di 1,7 kb, senza 5’CAP né poliadenilazione). Analisi di localizzazione intracellulare hanno dimostrato che entrambi sono trascritti nucleari. In particolare 5'aHIF-1α co-localizza con proteine del complesso del poro nucleare, suggerendo un suo possibile ruolo come mediatore degli scambi della membrana nucleare. È stata dimostrata inoltre la trascrizione dei due ncRNA in tessuti di tumore umano del rene, evidenziandone possibili ruoli nello sviluppo del cancro. È anche noto in letteratura che basse dosi di CPT in condizioni di ipossia diminuiscono i livelli di proteina di HIF-1α. Dopo aver dimostrato su diverse linee cellulari che i due ncRNA sopracitati non potessero essere implicati in tale effetto, abbiamo studiato le variazioni dell’intero miRnoma alle nuove condizioni sperimentali. In tal modo abbiamo scoperto che il miR-X sembra essere il mediatore molecolare dell’abbattimento di HIF-1α dopo trattamento con basse dosi di CPT in ipossia. Complessivamente, questi risultati suggeriscono che il fattore di trascrizione HIF-1α venga finemente regolato da RNA non-codificanti indotti da danno al DNA.
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Le cellule staminali/stromali mesenchimali umane (hMSC) sono attualmente applicate in diversi studi clinici e la loro efficacia è spesso legata alla loro capacità di raggiungere il sito d’interesse. Poco si sa sul loro comportamento migratorio e i meccanismi che ne sono alla base. Perciò, questo studio è stato progettato per comprendere il comportamento migratorio delle hMSC e il coinvolgimento di Akt, nota anche come proteina chinasi B. L’espressione e la fosforilazione della proteinchinasi Akt è stata studiata mediante Western blotting. Oltre al time-lapse in vivo imaging, il movimento cellulare è stato monitorato sia mediante saggi tridimensionali, con l’uso di transwell, che mediante saggi bidimensionali, attraverso la tecnica del wound healing. Le prove effettuate hanno rivelato che le hMSC hanno una buona capacità migratoria. E’ stato osservato che la proteinchinasi B/Akt ha elevati livelli basali di fosforilazione in queste cellule. Inoltre, la caratterizzazione delle principali proteine di regolazione ed effettrici, a monte e a valle di Akt, ha permesso di concludere che la cascata di reazioni della via di segnale anche nelle hMSC segue un andamento canonico. Specifici inibitori farmacologici sono stati utilizzati per determinare il potenziale meccanismo coinvolto nella migrazione cellulare e nell'invasione. L’inibizione della via PI3K/Akt determina una significativa riduzione della migrazione. L’utilizzo di inibitori farmacologici specifici per le singole isoforme di Akt ha permesso di discriminare il ruolo diverso di Akt1 e Akt2 nella migrazione delle hMSC. E’ stato infatti dimostrato che l'inattivazione di Akt2, ma non quella di Akt1, diminuisce significativamente la migrazione cellulare. Nel complesso i risultati ottenuti indicano che l'attivazione di Akt2 svolge un ruolo critico nella migrazione della hMSC; ulteriori studi sono necessari per approfondire la comprensione del fenomeno. La dimostrazione che l’isoforma Akt2 è necessaria per la chemiotassi diretta delle hMSC, rende questa chinasi un potenziale bersaglio farmacologico per modulare la loro migrazione.
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DcuS is a membrane-integral sensory histidine kinase involved in the DcuSR two-component regulatory system in Escherichia coli by regulating the gene expression of C4-dicarboxylate metabolism in response to external stimuli. How DcuS mediates the signal transduction across the membrane remains little understood. This study focused on the oligomerization and protein-protein interactions of DcuS by using quantitative Fluorescence Resonance Energy Transfer (FRET) spectroscopy. A quantitative FRET analysis for fluorescence spectroscopy has been developed in this study, consisting of three steps: (1) flexible background subtraction to yield background-free spectra, (2) a FRET quantification method to determine FRET efficiency (E) and donor fraction (fD = [donor] / ([donor]+[acceptor])) from the spectra, and (3) a model to determine the degree of oligomerization (interaction stoichiometry) in the protein complexes based on E vs. fD. The accuracy and applicability of this analysis was validated by theoretical simulations and experimental systems. These three steps were integrated into a computer procedure as an automatic quantitative FRET analysis which is easy, fast, and allows high-throughout to quantify FRET accurately and robustly, even in living cells. This method was subsequently applied to investigate oligomerization and protein-protein interactions, in particular in living cells. Cyan (CFP) and yellow fluorescent protein (YFP), two spectral variants of green fluorescent protein, were used as a donor-acceptor pair for in vivo measurements. Based on CFP- and YFP-fusions of non-interacting membrane proteins in the cell membrane, a minor FRET signal (E = 0.06 ± 0.01) can be regarded as an estimate of direct interaction between CFP and YFP moieties of fusion proteins co-localized in the cell membrane (false-positive). To confirm if the FRET occurrence is specific to the interaction of the investigated proteins, their FRET efficiency should be clearly above E = 0.06. The oligomeric state of DcuS was examined both in vivo (CFP/YFP) and in vitro (two different donor-acceptor pairs of organic dyes) by three independent experimental systems. The consistent occurrence of FRET in vitro and in vivo provides the evidence for the homo-dimerization of DcuS as full-length protein for the first time. Moreover, novel interactions (hetero-complexes) between DcuS and its functionally related proteins, citrate-specific sensor kinase CitA and aerobic dicarboxylate transporter DctA respectively, have been identified for the first time by intermolecular FRET in vivo. This analysis can be widely applied as a robust method to determine the interaction stoichiometry of protein complexes for other proteins of interest labeled with adequate fluorophores in vitro or in vivo.
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Scopo: L’obiettivo del presente programma di studio è stato quello di identificare e validare nuovi possibili bersagli terapeutici per l’osteosarcoma (OS) partendo dall’analisi del chinoma umano. Risultati: L’analisi del profilo di espressione genica ottenuta su 21 campioni clinici di OS ad alto grado di malignità ha permesso di selezionare le seguenti chinasi di possibile rilevanza biologica per l’OS: AURK-A, AURK-B, CDK2, PIK3CA, PLK-1. Le chinasi selezionate sono state validate tramite RNA interference. Successivamente è stata valutata l’efficacia dei relativi inibitori specifici: VX-680 e ZM-447439 inibitori delle Aurora-chinasi, Roscovitina di CDK2 e NMS1 di PLK-1, già inclusi in studi clinici. In termini d’inibizione della crescita cellulare le linee sono risultate maggiomente sensibili ai farmaci VX-680 e NMS1. E’ stata osservata una minor sensibilità ai farmaci VX-680, ZM447439 e NMS1 nelle linee doxorubicina(DX)-resistenti (caratterizzate da elevati livelli di espressione di ABCB1), indicando questi farmaci come potenziali substrati di ABCB1. La Roscovitina, nonostante i valori di IC50 elevati, non sembrerebbe substrato di ABCB1. La validazione preclinica di VX-680 e ZM447439 è stata completata. La forte inibizione della crescita è causata da endoreduplicazione per mancata citodieresi con conseguente formazione di una popolazione iperploide e apoptosi. Inoltre, VX-680 inibisce la motilità e la capacità di formare colonie. Esperimenti di associazione farmacologica mostrano che VX-680 interagisce positivamente con tutti i chemioterapici convenzionali impiegati nel trattamento dell’OS. NMS-1 produce interazioni positive con la DX in linee cellulari DX-resistenti, probabilmente grazie all’effetto revertante esercitato su ABCB1. La Roscovitina produce interazioni positive con CDDP e DX nelle varianti resistenti, effetto probbilmente dovuto al ruolo di CDK2 nei meccanismi di riparo del DNA. Conclusioni: L’analisi in vitro dell’attività degli inibitori ha permesso di identificare VX-680 come nuovo farmaco di potenziale interesse clinico, soprattutto in virtù delle sue interazioni sinergiche con i chemioterapici di uso convenzionale nel trattamento dell’osteosarcoma.
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Welche genetische Unterschiede machen uns verschieden von unseren nächsten Verwandten, den Schimpansen, und andererseits so ähnlich zu den Schimpansen? Was wir untersuchen und auch verstehen wollen, ist die komplexe Beziehung zwischen den multiplen genetischen und epigenetischen Unterschieden, deren Interaktion mit diversen Umwelt- und Kulturfaktoren in den beobachteten phänotypischen Unterschieden resultieren. Um aufzuklären, ob chromosomale Rearrangements zur Divergenz zwischen Mensch und Schimpanse beigetragen haben und welche selektiven Kräfte ihre Evolution geprägt haben, habe ich die kodierenden Sequenzen von 2 Mb umfassenden, die perizentrischen Inversionsbruchpunkte flankierenden Regionen auf den Chromosomen 1, 4, 5, 9, 12, 17 und 18 untersucht. Als Kontrolle dienten dabei 4 Mb umfassende kollineare Regionen auf den rearrangierten Chromosomen, welche mindestens 10 Mb von den Bruchpunktregionen entfernt lagen. Dabei konnte ich in den Bruchpunkten flankierenden Regionen im Vergleich zu den Kontrollregionen keine höhere Proteinevolutionsrate feststellen. Meine Ergebnisse unterstützen nicht die chromosomale Speziationshypothese für Mensch und Schimpanse, da der Anteil der positiv selektierten Gene (5,1% in den Bruchpunkten flankierenden Regionen und 7% in den Kontrollregionen) in beiden Regionen ähnlich war. Durch den Vergleich der Anzahl der positiv und negativ selektierten Gene per Chromosom konnte ich feststellen, dass Chromosom 9 die meisten und Chromosom 5 die wenigsten positiv selektierten Gene in den Bruchpunkt flankierenden Regionen und Kontrollregionen enthalten. Die Anzahl der negativ selektierten Gene (68) war dabei viel höher als die Anzahl der positiv selektierten Gene (17). Eine bioinformatische Analyse von publizierten Microarray-Expressionsdaten (Affymetrix Chip U95 und U133v2) ergab 31 Gene, die zwischen Mensch und Schimpanse differentiell exprimiert sind. Durch Untersuchung des dN/dS-Verhältnisses dieser 31 Gene konnte ich 7 Gene als negativ selektiert und nur 1 Gen als positiv selektiert identifizieren. Dieser Befund steht im Einklang mit dem Konzept, dass Genexpressionslevel unter stabilisierender Selektion evolvieren. Die meisten positiv selektierten Gene spielen überdies eine Rolle bei der Fortpflanzung. Viele dieser Speziesunterschiede resultieren eher aus Änderungen in der Genregulation als aus strukturellen Änderungen der Genprodukte. Man nimmt an, dass die meisten Unterschiede in der Genregulation sich auf transkriptioneller Ebene manifestieren. Im Rahmen dieser Arbeit wurden die Unterschiede in der DNA-Methylierung zwischen Mensch und Schimpanse untersucht. Dazu wurden die Methylierungsmuster der Promotor-CpG-Inseln von 12 Genen im Cortex von Menschen und Schimpansen mittels klassischer Bisulfit-Sequenzierung und Bisulfit-Pyrosequenzierung analysiert. Die Kandidatengene wurden wegen ihrer differentiellen Expressionsmuster zwischen Mensch und Schimpanse sowie wegen Ihrer Assoziation mit menschlichen Krankheiten oder dem genomischen Imprinting ausgewählt. Mit Ausnahme einiger individueller Positionen zeigte die Mehrzahl der analysierten Gene keine hohe intra- oder interspezifische Variation der DNA-Methylierung zwischen den beiden Spezies. Nur bei einem Gen, CCRK, waren deutliche intraspezifische und interspezifische Unterschiede im Grad der DNA-Methylierung festzustellen. Die differentiell methylierten CpG-Positionen lagen innerhalb eines repetitiven Alu-Sg1-Elements. Die Untersuchung des CCRK-Gens liefert eine umfassende Analyse der intra- und interspezifischen Variabilität der DNA-Methylierung einer Alu-Insertion in eine regulatorische Region. Die beobachteten Speziesunterschiede deuten darauf hin, dass die Methylierungsmuster des CCRK-Gens wahrscheinlich in Adaption an spezifische Anforderungen zur Feinabstimmung der CCRK-Regulation unter positiver Selektion evolvieren. Der Promotor des CCRK-Gens ist anfällig für epigenetische Modifikationen durch DNA-Methylierung, welche zu komplexen Transkriptionsmustern führen können. Durch ihre genomische Mobilität, ihren hohen CpG-Anteil und ihren Einfluss auf die Genexpression sind Alu-Insertionen exzellente Kandidaten für die Förderung von Veränderungen während der Entwicklungsregulation von Primatengenen. Der Vergleich der intra- und interspezifischen Methylierung von spezifischen Alu-Insertionen in anderen Genen und Geweben stellt eine erfolgversprechende Strategie dar.
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Bioinformatics, in the last few decades, has played a fundamental role to give sense to the huge amount of data produced. Obtained the complete sequence of a genome, the major problem of knowing as much as possible of its coding regions, is crucial. Protein sequence annotation is challenging and, due to the size of the problem, only computational approaches can provide a feasible solution. As it has been recently pointed out by the Critical Assessment of Function Annotations (CAFA), most accurate methods are those based on the transfer-by-homology approach and the most incisive contribution is given by cross-genome comparisons. In the present thesis it is described a non-hierarchical sequence clustering method for protein automatic large-scale annotation, called “The Bologna Annotation Resource Plus” (BAR+). The method is based on an all-against-all alignment of more than 13 millions protein sequences characterized by a very stringent metric. BAR+ can safely transfer functional features (Gene Ontology and Pfam terms) inside clusters by means of a statistical validation, even in the case of multi-domain proteins. Within BAR+ clusters it is also possible to transfer the three dimensional structure (when a template is available). This is possible by the way of cluster-specific HMM profiles that can be used to calculate reliable template-to-target alignments even in the case of distantly related proteins (sequence identity < 30%). Other BAR+ based applications have been developed during my doctorate including the prediction of Magnesium binding sites in human proteins, the ABC transporters superfamily classification and the functional prediction (GO terms) of the CAFA targets. Remarkably, in the CAFA assessment, BAR+ placed among the ten most accurate methods. At present, as a web server for the functional and structural protein sequence annotation, BAR+ is freely available at http://bar.biocomp.unibo.it/bar2.0.
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In an attempt to develop a Staphylococcus aureus vaccine, we have applied reverse vaccinology approach, mainly based on in silico screening and proteomics. By using this approach SdrE, a protein belonging to serine-aspartate repeat protein family was identified as potential vaccine antigen against S. aureus. We have investigated the biochemical properties as well as the vaccine potential of SdrE and its highly conserved CnaBE3 domain. We found the protein SdrE to be resistant to trypsin. Further analysis of the resistant fragment revealed that it comprises a CnaBE3 domain, which also showed partial trypsin resistant behavior. Furthermore, intact mass spectrometry of rCnaBE3 suggested the possible presence of isopeptide bond or some other post-translational modification in the protein.However, this observation needs further investigation. Differential Scanning Fluorimetry study reveals that calcium play role in protein folding and provides stability to SdrE. At the end we have demonstrated that SdrE is immunogenic against clinical strain of S. aureus in murine abscess model. In the second part, I characterized a protein, annotated as epidermin leader peptide processing serine protease (EpiP), as a novel S. aureus vaccine candidate. The crystal structure of the rEpiP was solved at 2.05 Å resolution by x-ray crystallography . The structure showed that rEpiP was cleaved somewhere between residues 95 and 100 and cleavage occurs through an autocatalytic intra-molecular mechanism. In addition, the protein expressed by S. aureus cells also appeared to undergo a similar processing event. To determine if the protein acts as a serine protease, we mutated the catalytic serine 393 residue to alanine, generating rEpiP-S393A and solved its crystal structure at a resolution of 1.95 Å. rEpiP-S393A was impaired in its protease activity, as expected. Protective efficacy of rEpiP and the non-cleaving mutant protein was comparable, implying that the two forms are interchangeable for vaccination purposes.
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Background: Chronic kidney disease (CKD) is one of the strongest risk factor for myocardial infarction (MI) and mortality. The aim of this study was to assess the association between renal dysfunction severity, short-term outcomes and the use of in-hospital evidence-based therapies among patients with non–ST-segment elevation myocardial infarction (NSTEMI). Methods: We examined data on 320 patients presenting with NSTEMI to Maggiore’s Emergency Department from 1st Jan 2010 to 31st December 2011. The study patients were classified into two groups according to their baseline glomerular filtration rate (GFR): renal dysfunction (RD) (GFR<60) and non-RD (GFR≥60 ml/min). Patients were then classified into four groups according to their CKD stage (GFR≥60, GFR 59-30, GFR 29-15, GFR <15). Results: Of the 320 patients, 155 (48,4%) had a GFR<60 ml/min at baseline. Compared with patients with a GFR≥60 ml/min, this group was, more likely to be female, to have hypertension, a previous myocardial infarction, stroke or TIA, had higher levels of uric acid and C-reactive protein. They were less likely to receive immediate (first 24 hours) evidence-based therapies. The GFR of RD patients treated appropriately increases on average by 5.5 ml/min/1.73 m2. The length of stay (mean, SD) increased with increasing CKD stage, respectively 5,3 (4,1), 7.0 (6.1), 7.8 (7.0), 9.2 (5.8) (global p <.0001). Females had on average a longer hospitalization than males, regardless of RD. In hospital mortality was higher in RD group (3,25%). Conclusions: The in-hospital mortality not was statically difference among the patients with a GFR value ≥60 ml/min, and patients with a GFR value <60 ml/min. The length of stay increased with increasing CKD stages. Despite patients with RD have more comorbidities then without RD less frequently receive guideline –recommended therapy. The GFR of RD patients treated appropriately improves during hospitalization, but not a level as we expected.
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The t(8;21) (q22;q22) translocation fusing the ETO (also known as MTG8) gene on human chromosome 8 with the AML1 (also called Runx1 or CBFα) gene on chromosome 21 is one of the most common genetic aberrations found in acute myeloid leukemia (AML). This chromosomal translocation occurs in 12 % of de novo AML cases and in up to 40 % of the AML-M2 subtype of the French-American-British classification. To date, the in vivo function of aberrant AML1-ETO fusion protein expression has been investigated by several groups. However, in these studies, controversial results were reported and some key issues remain unknown. Importantly, the consequences of aberrant AML1-ETO expression for self-renewing hematopoietic stem cells (HSCs), multipotent hematopoietic progenitors (MPPs) and lineage-restricted precursors are not known. rn The aim of this thesis was to develop a novel experimental AML1-ETO in vivo model that (i) overcomes the current lack of insight into the pre-leukemic condition of t(8;21)-associated AML, (ii) clarifies the in vivo consequences of AML1-ETO for HSCs, MPPs, progenitors and more mature blood cells and (iii) generates an improved mouse model suitable for mirroring the human condition. For this purpose, a conditional tet on/off mouse model expressing the AML1-ETO fusion protein from the ROSA26 (R26) locus was generated. rn Aberrant AML1-ETO activation in compound ROSA26/tetOAML1-ETO (R26/AE) mice caused high rates of mortality, an overall disruption of hematopoietic organs and a profound alteration of hematopoiesis. However, since the generalized activity of the R26 locus did not recapitulate the leukemic condition found in human patients, it was important to restrict AML1-ETO expression to blood cell lineages. Therefore, bone marrow cells from non-induced R26/AE mice were adoptively transplanted into sublethal irradiated RAG2-/- recipient mice. First signs of phenotypical differences between AML1-ETO-expressing and control mice were observed after eight to nine months of transgene induction. AML1-ETO-expressing mice showed profound changes in hematopoietic organs accompanied by manifest extramedullary hematopoiesis. In addition, a block in early erythropoiesis, B- and T-cell maturation was observed and granulopoiesis was significantly enhanced. Most interestingly, conditional activation of AML1-ETO in chimeric mice did not increase HSCs, MPPs, common lymphoid precursors (CLPs), common myeloid progenitors (CMPs) and megakaryocyte-erythrocyte progenitors (MEPs) but promoted the selective amplification of granulocyte-macrophage progenitors (GMPs). rn The results of this thesis provide clear experimental evidence how aberrant AML1-ETO modulates the developmental properties of normal hematopoiesis and establishes for the first time that AML1-ETO does not increase HSCs, MPPs and common lineage-restricted progenitor pools but specifically amplifies GMPs. The here presented mouse model not only clarifies the role of aberrant AML1-ETO for shaping hematopoietic development but in addition has strong implications for future therapeutic strategies and will be an excellent pre-clinical tool for developing and testing new approaches to treat and eventually cure AML.rn
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Die vorliegende Dissertation beinhaltet Untersuchungen zur Expression und Funktion der respiratorischen Proteine Neuroglobin (Nbg) und Cytoglobin (Cygb) in Vertebraten. rnrnUm die Expression der Globine während der Entwicklung des Säugerhirns zu untersuchen, wurden die Hirne von Maus-Embryonen ab dem Fötalstadium MF10 bis zum Tag eins nach der Geburt (T1) mit Adulttieren verglichen. Quantifiziert wurde sowohl die mRNA- als auch die Protein-Expression. Beide Globine zeigten im Verlauf der Entwicklung einen stetigen Anstieg der mRNA-Expression, wobei Ngb zu Beginn in zehnfach höherer Konzentration vorlag und im zeitlichen Verlauf einen 130-fachen Anstieg zeigte. Cygb zeigte lediglich einen 16-fachen Anstieg bis zum Adultstadium. Auf Proteinebene konnte die Expressionszunahme beider Globine im Laufe der Entwicklung bestätigt werden. Weder in den hypoxieresistenten Frühembryonalstadien noch während der mit Sauerstoff-Stress verbundenen Geburt zeigte sich ein Expressionsmaximum. Dies spricht gegen eine Globin-Funktion in der Oxidanz-Abwehr. Eher ist zumindest Ngb mit der Reifung der Neurone und dem damit einhergehenden, gesteigerten oxidativen Stoffwechsel assoziiert.rnrnDes Weiteren sollte die zelluläre und intrazelluläre Lokalisation beider Globine anhand einer primären Zellkultur aus dem Hippocampus pränataler Ratten und in immortalen Zelllinien untersucht werden. Neuroglobin wurde dabei nur in Neuronen, nicht jedoch in Gliazellen nachgewiesen. Das Färbemuster war in allen Ngb-exprimierenden Zellen zytoplasmatisch. Cytoglobin wurde in der Primärkultur in den Neuronen jedoch ebenso in den mit anti-GFAP markierten Gliazellen beobachtet. In beiden Zellpopulationen war auch der Kern durch das CyGB-Antiserum markiert. rnEine genauere Untersuchung der intrazellulären Lokalisation sollte durch die Transfektion von Globin-pEGFP-Fusionsproteinen erfolgen. Nach Transfektion der Fusionskonstrukte wurde die GFP-Färbung bei beiden Globinen sowohl im Zytoplasma als auch im Kern beobachtet. Eine rein nukleäre Lokalisation, die insbesondere für Cygb von anderen Autoren postuliert wurde, konnte somit ausgeschlossen werden. rnrnIn primären Zellkulturen aus Cerebellum und Kortex, die mit Hilfe von Paraquat oxidativem Stress ausgesetzt wurden, wurde der Verlauf der Globin-mRNA-Expression mit dem unregulierten 18s rRNA-Referenzgen und mit den Antioxidanz-Enzymen Cu-Zn-SOD und Gpx verglichen. Neuroglobin zeigte einen Expressionsverlauf ähnlich dem der beiden Antioxidanz-Enzyme, jedoch liegt seine mRNA im Hirngewebe in hundertfach niedrigerer Menge als Cu-Zn-SOD und Gpx vor. Cytoglobin zeigte keine Veränderung der Expression. Eine Funktion der Globine im Sinne einer ROS-Abwehr kann aus den Befunden nicht abgeleitet werden. rnrnUntersuchungen von Tumor und Normalgewebe mittels eines cDNA-Cancer-Arrays zeigten, dass NGB in Tumoren verschiedenen Ursprungs nicht exprimiert wird, CyGB dagegen keine Änderung seiner Expression in Tumor versus Normalgewebe erfährt. Eine Induktion der beiden Globine z.B. durch Hypoxie in soliden Tumoren kann daher ausgeschlossen werden.rn
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Die Zinkendopeptidasen Meprin α und β sind Schlüsselkomponenten in patho(physiologischen) Prozessen wie Entzündung, Kollagenassemblierung und Angiogenese. Nach ihrer Entdeckung in murinen Bürstensaummembranen und humanen Darmepithelien, wurden weitere Expressionsorte identifiziert, z.B. Leukozyten, Krebszellen und die humane Haut. Tiermodelle, Zellkulturen und biochemische Analysen weisen auf Funktionen der Meprine in der Epithelialdifferenzierung, Zellmigration, Matrixmodellierung, Angiogenese, Bindegewebsausbildung und immunologische Prozesse hin. Dennoch sind ihre physiologischen Substrate weitgehend noch unbekannt. Massenspektrometrisch basierte Proteomics-Analysen enthüllten eine einzigartige Spaltspezifität für saure Aminosäurereste in der P1´ Position und identifizierten neue biologische Substratkandidaten. Unter den 269 extrazellulären Proteinen, die in einem Substratscreen identifiziert wurden, stellten sich das amyloid precursor protein (APP) and ADAM10 (a disintegrin and metalloprotease 10) als sehr vielversprechende Kandidaten heraus. Mehrere Schnittstellen innerhalb des APP Proteins, hervorgerufen durch verschiedenen Proteasen, haben unterschiedlichen Auswirkungen zur Folge. Die β-Sekretase BACE (β-site APP cleaving enzyme) prozessiert APP an einer Schnittstelle, welche als initialer Schritt in der Entwicklung der Alzheimer Erkrankung gilt. Toxische Aβ (Amyloid β)-Peptide werden in den extrazellulären Raum freigesetzt und aggregieren dort zu senilen Plaques. Membran verankertes Meprin β hat eine β-Sekretase Aktivität, die in einem Zellkultur-basierten System bestätigt werden konnte. Die proteolytische Effizienz von Meprin β wurde in FRET (Fluorescence Resonance Energy Transfer)-Analysen bestimmt und war um den Faktor 104 höher als die von BACE1. Weiterhin konnte gezeigt werden, dass Meprin β die ersten zwei Aminosäuren prozessiert und somit aminoterminal einen Glutamatrest freisetzt, welcher nachfolgend durch die Glutaminylzyklase in ein Pyroglutamat zykliert werden kann. Trunkierte Aβ-Peptide werden nur in Alzheimer Patienten generiert. Aufgrund einer erhöhten Hydrophobie weisen diese Peptide eine höhere Tendenz zur Aggregation auf und somit eine erhöhte Toxizität. Bis heute wurde keine Protease identifiziert, welche diese Schnittstelle prozessiert. Die Bildung der Meprin vermittelten N-terminalen APP Fragmenten wurde in vitro und in vivo detektiert. Diese N-APP Peptide hatten keine cytotoxischen Auswirkungen auf murine und humane Gehirnzellen, obwohl zuvor N-APP als Ligand für den death receptor (DR) 6 identifiziert wurde, der für axonale Degenerationsprozesse verantwortlich ist. rnIm nicht-amyloidogenen Weg prozessiert ADAM10 APP und entlässt die Ektodomäne von der Zellmembran. Wir konnten das ADAM10 Propeptid als Substrat von Meprin β identifizieren und in FRET Analysen, in vitro und in vivo zeigen, dass die Meprin vermittelte Prozessierung zu einer erhöhten ADAM10 Aktivität führt. Darüber hinaus wurde ADAM10 als Sheddase für Meprin β identifiziert. Shedding konnte durch Phorbol 12-myristate 13-acetate (PMA) oder durch das Ionophor A23187 hervorgerufen werden, sowie durch ADAM10 Inhibitoren blockiert werden. rnDiese Arbeit konnte somit ein komplexes proteolytisches Netwerk innerhalb der Neurophysiologie aufdecken, welches für die Entwicklung der Alzheimer Demenz wichtig sein kann.rn
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Die Lunge stellt einen Hauptort der CMV-Latenz dar. Die akute CMV-Infektion wird durch infiltrierende antivirale CD8 T-Zellen terminiert. Das virale Genom verbleibt jedoch im Lungengewebe in einem nicht replikativen Zustand, der Latenz, erhalten. Es konnte bereits gezeigt werden, dass während der Latenz die Major Immediate Early- (MIE) Gene ie1- und ie2 sporadisch transkribiert werden. Bisher konnte diese beginnende Reaktivierung latenter CMV-Genome nur in einer Momentaufnahme gezeigt werden (Kurz et al., 1999; Grzimek et al., 2001; Simon et al., 2005; zur Übersicht: Reddehase et al., 2008). Die sporadische Expression der MIE-Gene führt jedoch zur Präsentation eines antigenen IE1-Peptids und somit zur Stimulation antiviraler IE1-Peptid-spezifischer CD8 T-Zellen, die durch ihre Effektorfunktion die beginnende Reaktivierung wieder beenden. Dies führte uns zu der Hypothese, dass MIE-Genexpression über einen Zeitraum betrachtet (period prevalence) häufiger stattfindet als es in einer Momentaufnahme (point prevalence) beobachtet werden kann.rnrnUm die Häufigkeit der MIE-Genexpression in der Dynamik in einem definierten Zeitraum zu erfassen, sollte eine Methode entwickelt werden, welche es erstmals ermöglicht, selektiv und konditional transkriptionell aktive Zellen sowohl während der akuten Infektion als auch während der Latenz auszulöschen. Dazu wurde mit Hilfe der Zwei-Schritt BAC-Mutagenese ein rekombinantes death-tagged Virus hergestellt, welches das Gen für den Diphtherie Toxin Rezeptor (DTR) unter Kontrolle des ie2-Promotors (P2) enthält. Ist der P2 transkriptionell aktiv, wird der DTR an der Zelloberfläche präsentiert und die Zelle wird suszeptibel für den Liganden Diphtherie Toxin (DT). Durch Gabe von DT werden somit alle Zellen ausgelöscht, in denen virale Genome transkriptionell aktiv sind. Mit zunehmender Dauer der DT-Behandlung sollte also die Menge an latenten viralen Genomen abnehmen.rnrnIn Western Blot-Analysen konnte das DTR-Protein bereits 2h nach der Infektion nachgewiesen werden. Die Präsentation des DTR an der Zelloberfläche wurde indirekt durch dessen Funktionalität bewiesen. Das rekombinante Virus konnte in Fibroblasten in Gegenwart von DT nicht mehr replizieren. In akut infizierten Tieren konnte die virale DNA-Menge durch eine einmalige intravenöse (i.v.) DT-Gabe signifikant reduziert werden. Verstärkt wurde dieser Effekt durch eine repetitive i.v. DT-Gabe. Auch während der Latenz gelang es, die Zahl der latenten viralen Genome durch repetitive i.v. und anschließende intraperitoneale (i.p.) DT-Gabe zu reduzieren, wobei wir abhängig von der Dauer der DT-Gabe eine Reduktion um 60\% erreichen konnten. Korrespondierend zu der Reduktion der DNA-Menge sank auch die Reaktivierungshäufigkeit des rekombinanten Virus in Lungenexplantatkulturen. rnrnrnUm die Reaktivierungshäufigkeit während der Latenz berechnen zu können, wurde durch eine Grenzverdünnungsanalyse die Anzahl an latenten viralen Genomen pro Zelle bestimmt. Dabei ergab sich eine Kopienzahl von 9 (6 bis 13). Ausgehend von diesen Ergebnissen lässt sich berechnen, dass, bezogen auf die gesamte Lunge, in dem getesteten Zeitraum von 184h durch die DT-Behandlung 1.000 bis 2.500 Genome pro Stunde ausgelöscht wurden. Dies entspricht einer Auslöschung von 110 bis 280 MIE-Gen-exprimierenden Lungenzellen pro Stunde. Damit konnte in dieser Arbeit erstmals die Latenz-assoziierte Genexpression in ihrer Dynamik dargestellt werden.rn
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The amyloid precursor protein (APP) is a type I transmembrane glycoprotein, which resembles a cell surface receptor, comprising a large ectodomain, a single spanning transmembrane part and a short C-terminal, cytoplasmic domain. It belongs to a conserved gene family, with over 17 members, including also the two mammalian APP homologues proteins APLP1 and APLP2 („amyloid precursor like proteins“). APP is encoded by 19 exons, of which exons 7, 8, and 15 can be alternatively spliced to produce three major protein isoforms APP770, APP751 and APP695, reflecting the number of amino acids. The neuronal APP695 is the only isoform that lacks a Kunitz Protease Inhibitor (KPI) domain in its extracellular portion whereas the two larger, peripheral APP isoforms, contain the 57-amino-acid KPI insert. rnRecently, research effort has suggested that APP metabolism and function is thought to be influenced by homodimerization and that the oligomerization state of APP could also play a role in the pathology of Alzheimer's disease (AD), by regulating its processing and amyloid beta production. Several independent studies have shown that APP can form homodimers within the cell, driven by motifs present in the extracellular domain, as well as in the juxtamembrane (JM) and transmembrane (TM) regions of the molecule, whereby the exact molecular mechanism and the origin of dimer formation remains elusive. Therefore, we focused in our study on the actual subcellular origin of APP homodimerization within the cell, an underlying mechanism, and a possible impact on dimerization properties of its homologue APLP1. Furthermore, we analyzed homodimerization of various APP isoforms, in particular APP695, APP751 and APP770, which differ in the presence of a Kunitz-type protease inhibitor domain (KPI) in the extracellular region. In order to assess the cellular origin of dimerization under different cellular conditions, we established a mammalian cell culture model-system in CHO-K1 (chinese hamster ovary) cells, stably overexpressing human APP, harboring dilysine based organelle sorting motifs at the very C-terminus [KKAA-Endoplasmic Reticulum (ER); KKFF-Golgi]. In this study we show that APP exists as disulfide-bound, SDS-stable dimers, when it was retained in the ER, unlike when it progressed further to the cis-Golgi, due to the KKFF ER exit determinant. These stable APP complexes were isolated from cells, and analyzed by SDS–polyacrylamide gel electrophoresis under non-reducing conditions, whereas strong denaturing and reducing conditions completely converted those dimers to monomers. Our findings suggested that APP homodimer formation starts early in the secretory pathway and that the unique oxidizing environment of the ER likely promotes intermolecular disulfide bond formation between APP molecules. We particularly visualized APP dimerization employing a variety of biochemical experiments and investigated the origin of its generation by using a Bimolecular Fluorescence Complementation (BiFC) approach with split GFP-APP chimeras. Moreover, using N-terminal deletion constructs, we demonstrate that intermolecular disulfide linkage between cysteine residues, exclusively located in the extracellular E1 domain, represents another mechanism of how an APP sub-fraction can dimerize within the cell. Additionally, mutational studies revealed that cysteines at positions 98 and 105, embedded in the conserved loop region within the E1 domain, are critical for interchain disulfide bond formation. Using a pharmacological treatment approach, we show that once generated in the oxidative environment of the ER, APP dimers remain stably associated during transport, reaching the plasma membrane. In addition, we demonstrate that APP isoforms, encompassing the KPI domain, exhibit a strongly reduced ability to form cis-directed dimers in the ER, whereas trans-directed cell aggregation of Drosophila Schneider (S2)-cells was isoform independent, mediating cell-cell contacts. Thus, suggesting that steric properties of KPI-APP might be the cause for weaker cis-interaction in the ER, compared to APP695. Finally, we provide evidence that APP/APLP1 heterointeractions are likewise initiated in the ER, suggesting a similar mechanism for heterodimerization. Therefore, dynamic alterations of APP between monomeric, homodimeric, and possibly heterodimeric status could at least partially explain some of the variety in the physiological functions of APP.rn