998 resultados para Sistema nervoso - Doenças
Resumo:
Le basi neurali della memoria semantica e lessicale sono oggetto di indagine da anni nelle neuroscienze cognitive. In tale ambito, un ruolo crescente è svolto dall’uso di modelli matematici basati su reti di neuroni. Scopo del presente lavoro è di utilizzare e migliorare un modello sviluppato in anni recenti, per spiegare come la conoscenza del significato di parole e concetti sia immagazzinata nel sistema nervoso e successivamente utilizzata. Il principio alla base del modello è che la semantica di un concetto è descritta attraverso una collezione di proprietà, che sintetizzano la percezione del concetto stesso nelle diverse regioni corticali. Gli aspetti semantici e lessicali sono memorizzati in regioni separate, ma reciprocamente connesse sulla base dell’esperienza passata, secondo un meccanismo di apprendimento Hebbiano. L’obiettivo del lavoro è stato quello di indagare i meccanismi che portano alla formazione di categorie. Una importante modifica effettuata è consistita nell’utilizzare un meccanismo di apprendimento Hebbiano a soglia variabile, in grado di adattarsi automaticamente alla statistica delle proprietà date in input. Ciò ha portato ad un miglioramento significativo dei risultati. In particolare, è stato possibile evitare che un proprietà comune a molti (ma non a tutti) i membri di una categoria (come la proprietà “vola” per la categoria “uccelli”) sia erroneamente attribuita all’intera categoria. Nel lavoro viene presentato lo stesso modello con quattro differenti tassonomie, relative ad animali e a oggetti artificiali. La rete, una volta addestrata con una delle 4 tassonomie, è in grado di risolvere compiti di riconoscimento e denominazione di concetti, mantenendo una distinzione tra le categorie e i suoi membri, e attribuendo un diverso ruolo alle proprietà salienti rispetto alle proprietà marginali. Le tassonomie presentano un numero di concetti e features crescente, per avvicinarsi al reale funzionamento della memoria semantica, in cui ai diversi concetti è associato un numero diverso di caratteristiche.
Resumo:
La tesi descrive la stimolazione magnetica transcranica, un metodo di indagine non invasivo. Nel primo capitolo ci si è soffermati sull’ anatomia e funzionalità del sistema nervoso sia centrale che periferico e sulle caratteristiche principali delle cellule neuronali. Nel secondo capitolo vengono descritte inizialmente le basi fisico-tecnologiche della strumentazione stessa, dando particolare attenzione ai circuiti che costituiscono gli stimolatori magnetici ed alle tipologie di bobine più utilizzate. Successivamente si sono definiti i principali protocolli di stimolazione evidenziandone le caratteristiche principali come, ampiezza, durata e frequenza dell’impulso. Nel terzo capitolo vengono descritti i possibili impieghi della stimolazione in ambito sperimentale e terapeutico. Nel quarto ed ultimo capitolo si evidenziano i limiti, della strumentazione e dell’analisi che la stessa permette, andando a definire i parametri di sicurezza, i possibili effetti indesiderati, il costo dell’apparecchiatura e l’uso combinato con altre tecniche specifiche
Resumo:
Poiché i processi propri del sistema nervoso assumono una funzione fondamentale nello svolgimento della vita stessa, nel corso del tempo si è cercato di indagare e spiegare questi fenomeni. Non solo infatti il suo ruolo è di primaria importanza, ma le malattie che lo colpiscono sono altamente invalidanti. Nell’ultimo decennio, al fine di far luce su questi aspetti profondamente caratterizzanti la vita dell’uomo, hanno avuto luogo diversi studi aventi come strumento d’esame la stimolazione transcranica a corrente continua. In particolare questo lavoro si propone di analizzare gli ambiti di interesse dell’applicazione della tDCS, soffermandosi sulla capacità che ha questa metodica di indagare i meccanismi propri del cervello e di proporre terapie adeguate qualora questi meccanismi fossero malfunzionanti. L’utilizzo di questa stimolazione transcranica unitamente ai più moderni metodi di neuroimaging permette di costruire, o quanto meno cercare di delineare, un modello delle strutture di base dei processi cognitivi, quali ad esempio il linguaggio, la memoria e gli stati di vigilanza. A partire da questi primi promettenti studi, la tDCS è in grado di spostare le proprie ricerche nell’ambito clinico, proponendo interessanti e innovative terapie per le malattie che colpiscono il cervello. Nonostante patologie quali il morbo di Parkinson, l’Alzheimer, la dislessia ed l’afasia colpiscano una grande percentuale della popolazione non si è ancora oggi in grado di garantire ai pazienti dei trattamenti validi. E’ in questo frangente che la tDCS assume un ruolo di primaria importanza: essa si presenta infatti come una tecnica alternativa alle classiche cure farmacologie e allo stesso tempo non invasiva, sicura e competitiva sui costi.
Resumo:
Il funzionamento del cervello umano, organo responsabile di ogni nostra azione e pensiero, è sempre stato di grande interesse per la ricerca scientifica. Dopo aver compreso lo sviluppo dei potenziali elettrici da parte di nuclei neuronali in risposta a stimoli, si è riusciti a graficare il loro andamento con l'avvento dell'ElettroEncefaloGrafia (EEG). Tale tecnologia è entrata a far parte degli esami di routine per la ricerca di neuropsicologia e di interesse clinico, poiché permette di diagnosticare e discriminare i vari tipi di epilessia, la presenza di traumi cranici e altre patologie del sistema nervoso centrale. Purtroppo presenta svariati difetti: il segnale è affetto da disturbi e richiede un'adeguata elaborazione tramite filtraggio e amplificazione, rimanendo comunque sensibile a disomogeneità dei tessuti biologici e rendendo difficoltoso il riconoscimento delle sorgenti del segnale che si sono attivate durante l'esame (il cosiddetto problema inverso). Negli ultimi decenni la ricerca ha portato allo sviluppo di nuove tecniche d'indagine, di particolare interesse sono la ElettroEncefaloGrafia ad Alta Risoluzione (HREEG) e la MagnetoEncefaloGrafia (MEG). L'HREEG impiega un maggior numero di elettrodi (fino a 256) e l'appoggio di accurati modelli matematici per approssimare la distribuzione di potenziale elettrico sulla cute del soggetto, garantendo una migliore risoluzione spaziale e maggior sicurezza nel riscontro delle sorgenti neuronali. Il progresso nel campo dei superconduttori ha reso possibile lo sviluppo della MEG, che è in grado di registrare i deboli campi magnetici prodotti dai segnali elettrici corticali, dando informazioni immuni dalle disomogeneità dei tessuti e andando ad affiancare l'EEG nella ricerca scientifica. Queste nuove tecnologie hanno aperto nuovi campi di sviluppo, più importante la possibilità di comandare protesi e dispositivi tramite sforzo mentale (Brain Computer Interface). Il futuro lascia ben sperare per ulteriori innovazioni.
Resumo:
Parkinson’s disease (PD) is frequently associated with gastrointestinal (GI) symptoms, mostly represented by abdominal distension, constipation and defecatory dysfunctions. Despite GI dysfunctions have a major impact on the clinical picture of PD, there is currently a lack of information on the neurochemical, pathological and functional correlates of GI dysmotility associated with PD. Moreover, there is a need of effective and safe pharmacological therapies for managing GI disturbances in PD patients. The present research project has been undertaken to investigate the relationships between PD and related GI dysfunctions by means of investigations in an animal model of PD induced by intranigral injection of 6-hydroxydopamine (6-OHDA). The use of the 6-OHDA experimental model of PD in the present program has allowed to pursue the following goals: 1) to examine the impact of central dopaminergic denervation on colonic excitatory cholinergic and tachykininergic neuromotility by means of molecular, histomorphologic and functional approaches; 2) to elucidate the role of gut inflammation in the onset and progression of colonic dysmotility associated with PD, characterizing the degree of inflammation and oxidative damage in colonic tissues, as well as identifying the immune cells involved in the production of pro-inflammatory cytokines in the gut; 3) to evaluate the impact of chronic treatment with L-DOPA plus benserazide on colonic neuromuscular activity both in control and PD animals. The results suggest that central nigrostriatal dopaminergic denervation is associated with an impaired excitatory cholinergic neurotransmission and an enhanced tachykininergic control, resulting in a dysregulated smooth muscle motor activity, which likely contributes to the concomitant decrease in colonic transit rate. These motor alterations might result from the occurrence of a condition of gut inflammation associated with central intranigral denervation. The treatment with L-DOPA/BE following central dopaminergic neurodegeneration can restore colonic motility, likely through a normalization of the cholinergic enteric neurotransmission, and it can also improve the colonic inflammation associated with central dopaminergic denervation.
Resumo:
Il tatto assume un'importanza fondamentale nella vita quotidiana, in quanto ci permette di discriminare le caratteristiche fisiche di un oggetto specifico, di identificarlo e di eventualmente integrare le suddette informazioni tattili con informazioni provenienti da altri canali sensoriali. Questa è la componente sensoriale-discriminativa del tatto. Tuttavia quotidianamente il tatto assume un ruolo fondamentale durante le diverse interazioni sociali, positive, come quando abbracciamo o accarezziamo una persona con cui abbiamo un rapporto affettivo e negative, per esempio quando allontaniamo una persona estranea dal nostro spazio peri-personale. Questa componente è la cosiddetta dimensione affettiva-motivazionale, la quale determina la codifica della valenza emotiva che l'interazione assume. Questa componente ci permette di creare, mantenere o distruggere i legami sociali in relazione al significato che il tocco assume durante l'interazione. Se per esempio riceviamo una carezza da un familiare, questa verrà percepita come piacevole e assumerà un significato affiliativo. Questo tipo di tocco è comunente definito come Tocco Sociale (Social Touch). Gli aspetti discriminativi del tatto sono stati ben caratterizzati, in quanto storicamente, il ruolo del tatto è stato considerato quello di discriminare le caratteristiche di ciò che viene toccato, mentre gli aspetti affettivi sono stati solo recentemente indagati considerando la loro importanza nelle interazioni sociali. Il tocco statico responsabile dell'aspetto discriminante attiva a livello della pelle le grandi fibre mieliniche (Aβ), modulando a livello del sistema nervoso centrale le cortecce sensoriali, sia primarie che secondarie. Questo permette la codifica a livello del sistema nervoso centrale delle caratteristiche fisiche oggettive degli oggetti toccati. Studi riguardanti le caratteristiche del tocco affiliativo sociale hanno messo in evidenza che suddetta stimolazione tattile 1) è un particolare tocco dinamico che avviene sul lato peloso delle pelle con una velocità di 1-10 cm/sec; 2) attiva le fibre amieliniche (fibre CT o C-LTMRs); 3) induce positivi effetti autonomici, ad esempio la diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca; e 4) determina la modulazione di regioni cerebrali coinvolte nella codifica del significato affiliativo dello stimolo sensoriale periferico, in particolare la corteccia insulare. Il senso del tatto, con le sue due dimensioni discriminativa e affiliativa, è quotidianamente usato non solo negli esseri umani, ma anche tra i primati non umani. Infatti, tutti i primati non umani utilizzano la componente discriminativa del tatto per identificare gli oggetti e il cibo e l'aspetto emotivo durante le interazioni sociali, sia negative come durante un combattimento, che positive, come durante i comportamenti affiliativi tra cui il grooming. I meccanismi di codifica della componente discriminativa dei primati non umani sono simili a quelli umani. Tuttavia, si conosce ben poco dei meccanismi alla base della codifica del tocco piacevole affiliativo. Pur essendo ben noto che i meccanorecettori amilienici C-LTMRs sono presenti anche sul lato peloso della pelle dei primati non umani, attualmente non ci sono studi riguardanti la correlazione tra il tocco piacevole e la loro modulazione, come invece è stato ampiamente dimostrato nell'uomo. Recentemente è stato ipotizzato (Dunbar, 2010) il ruolo delle fibre C-LTMRs durante il grooming, in particolare durante il cosiddetto swepping. Il grooming è costituito da due azioni motorie, lo sweeping e il picking che vengono eseguite in modo ritmico. Durante lo sweeping la scimmia agente muove il pelo della scimmia ricevente con un movimento a mano aperta, per poter vedere il preciso punto della pelle dove eseguire il picking, ovvero dove prendere la pelle a livello della radice del pelo con le unghie dell'indice e del pollice e tirare per rimuovere parassiti o uova di parassiti e ciò che è rimasto incastrato nel pelo. Oltre il noto ruolo igenico, il grooming sembra avere anche una importante funzione sociale affiliativa. Come la carezza nella società umana, cosi il grooming tra i primati non umani è considerato un comportamento. Secondo l'ipotesi di Dunbar l'attivazione delle C-LTMRs avverrebbe durante lo sweeping e questo porta a supporre che lo sweeping, come la carezza umana, costituisca una componente affiliativa del grooming, determinando quindi a contribuire alla sua codifica come comportamento sociale. Fino ad ora non vi è però alcuna prova diretta a sostegno di questa ipotesi. In particolare, 1) la velocità cui viene eseguito lo sweeping è compatibile con la velocità di attivazione delle fibre CT nell'uomo e quindi con la velocità tipica della carezza piacevole di carattere sociale affiliativo (1-10 cm/sec)?; 2) lo sweeping induce la stessa modulazione del sistema nervoso autonomo in direzione della modulazione del sistema vagale, come il tocco piacevole nell'uomo, attraverso l'attivazione delle fibre CT?; 3) lo sweeping modula la corteccia insulare, cosi come il tocco piacevole viene codificato come affiliativo nell'uomo mediante le proiezioni delle fibre CT a livello dell'insula posteriore? Lo scopo del presente lavoro è quella di testare l'ipotesi di Dunbar sopra citata, cercando quindi di rispondere alle suddette domande. Le risposte potrebbero consentire di ipotizzare la somiglianza tra lo sweeping, caratteristico del comportamento affiliativo di grooming tra i primati non umani e la carezza. In particolare, abbiamo eseguito 4 studi pilota. Nello Studio 1 abbiamo valutato la velocità con cui viene eseguito lo sweeping tra scimmie Rhesus, mediante una analisi cinematica di video registrati tra un gruppo di scimmie Rhesus. Negli Studi 2 e 3 abbiamo valutato gli effetti sul sistema nervoso autonomo dello sweeping eseguito dallo sperimentatore su una scimmia Rhesus di sesso maschile in una tipica situazione sperimentale. La stimolazione tattile è stata eseguita a diverse velocità, in accordo con i risultati dello Studio 1 e degli studi umani che hanno dimostrato la velocità ottimale e non ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs. In particolare, nello Studio 2 abbiamo misurato la frequenza cardiaca e la variabilità di questa, come indice della modulatione vagale, mentre nello Studio 3 abbiamo valutato gli effetti dello sweeping sul sistema nervoso autonomo in termini di variazioni di temperatura del corpo, nello specifico a livello del muso della scimmia. Infine, nello Studio 4 abbiamo studiato il ruolo della corteccia somatosensoriale secondaria e insulare nella codifica dello sweeping. A questo scopo abbiamo eseguito registrazioni di singoli neuroni mentre la medesima scimmia soggetto sperimentale dello Studio 2 e 3, riceveva lo sweeping a due velocità, una ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs secondo gli studi umani e i risultati dei tre studi sopra citati, ed una non ottimale. I dati preliminari ottenuti, dimostrano che 1) (Studio 1) lo sweeping tra scimmie Rhesus viene eseguito con una velocità media di 9.31 cm/sec, all'interno dell'intervallo di attivazione delle fibre CT nell'uomo; 2) (Studio 2) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina una diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca se eseguito alla velocità di 5 e 10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 1 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina l'aumento della frequenza cardiaca e la diminuzione della variabilità di questa, quindi il decremento dell'attivazione del sistema nervoso parasimpatico; 3) (Studio 3) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina l'aumento della temperatura corporea a livello del muso della scimmia se eseguito alla velocità di 5-10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 5 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina la diminuzione della temperatura del muso; 4) (Studio 4) la corteccia somatosensoriale secondaria e la corteccia insulare posteriore presentano neuroni selettivamente modulati durante lo sweeping eseguito ad una velocità di 5-13 cm/sec ma non neuroni selettivi per la codifica della velocità dello sweeping minore di 5 cm/sec. Questi risultati supportano l'ipotesi di Dunbar relativa al coinvolgimento delle fibre CT durante lo sweeping. Infatti i dati mettono in luce che lo sweeping viene eseguito con una velocità (9.31 cm/sec), simile a quella di attivazione delle fibre CT nell'uomo (1-10 cm/sec), determina gli stessi effetti fisiologici positivi in termini di frequenza cardiaca (diminuzione) e variabilità della frequenza cardiaca (incremento) e la modulazione delle medesime aree a livello del sistema nervoso centrale (in particolare la corteccia insulare). Inoltre, abbiamo dimostrato per la prima volta che suddetta stimolazione tattile determina l'aumento della temperatura del muso della scimmia. Il presente studio rappresenta la prima prova indiretta dell'ipotesi relativa alla modulazione del sistema delle fibre C-LTMRs durante lo sweeping e quindi della codifica della stimolazione tattile piacevole affiliativa a livello del sistema nervoso centrale ed autonomo, nei primati non umani. I dati preliminari qui presentati evidenziano la somiglianza tra il sistema delle fibre CT dell'uomo e del sistema C-LTMRs nei primati non umano, riguardanti il Social Touch. Nonostante ciò abbiamo riscontrato alcune discrepanze tra i risultati da noi ottenuti e quelli invece ottenuti dagli studi umani. La velocità media dello sweeping è di 9.31 cm / sec, rasente il limite superiore dell’intervallo di velocità che attiva le fibre CT nell'uomo. Inoltre, gli effetti autonomici positivi, in termini di battito cardiaco, variabilità della frequenza cardiaca e temperatura a livello del muso, sono stati evidenziati durante lo sweeping eseguito con una velocità di 5 e 10 cm/sec, quindi al limite superiore dell’intervallo ottimale che attiva le fibre CT nell’uomo. Al contrario, lo sweeping eseguito con una velocità inferiore a 5 cm/sec e superiore a 10 cm/sec determina effetti fisiologici negativo. Infine, la corteccia insula sembra essere selettivamente modulata dallo stimolazione eseguita alla velocità di 5-13 cm/sec, ma non 1-5 cm/sec. Quindi, gli studi sul sistema delle fibre CT nell’uomo hanno dimostrato che la velocità ottimale è 1-10 cm/sec, mentre dai nostri risultati la velocità ottimale sembra essere 5-13 cm / sec. Quindi, nonostante l'omologia tra il sistema delle fibre CT nell'umano deputato alla codifica del tocco piacevole affiliativo ed il sistema delle fibre C-LTMRs nei primati non umani, ulteriori studi saranno necessari per definire con maggiore precisione la velocità ottimale di attivazione delle fibre C-LTMR e per dimostrare direttamente la loro attivazione durante lo sweeping, mediante la misurazione diretta della loro modulazione. Studi in questa direzione potranno confermare l'omologia tra lo sweeping in qualità di tocco affiliativo piacevole tra i primati non umani e la carezza tra gli uomini. Infine, il presente studio potrebbe essere un importante punto di partenza per esplorare il meccanismo evolutivo dietro la trasformazione dello sweeping tra primati non umani, azione utilitaria eseguita durante il grooming, a carezza, gesto puramente affiliativo tra gli uomini.
Resumo:
L’utilizzo di nanomateriali, ovvero una nuova classe di sostanze composte da particelle ultrafini con dimensioni comprese fra 1 e 100 nm (American Society for Testing Materials - ASTM), è in costante aumento a livello globale. La particolarità di tali sostanze è rappresentata da un alto rapporto tra la superficie e il volume delle particelle, che determina caratteristiche chimico-fisiche completamente differenti rispetto alle omologhe macrosostanze di riferimento. Tali caratteristiche sono tali da imporre una loro classificazione come nuovi agenti chimici (Royal Society & Royal Academy of Engineering report 2004). Gli impieghi attuali dei nanomateriali risultano in continua evoluzione, spaziando in diversi ambiti, dall’industria farmaceutica e cosmetica, all’industria tessile, elettronica, aerospaziale ed informatica. Diversi sono anche gli impieghi in campo biomedico; tra questi la diagnostica e la farmacoterapia. È quindi prevedibile che in futuro una quota sempre maggiore di lavoratori e consumatori risulteranno esposti a tali sostanze. Allo stato attuale non vi è una completa conoscenza degli effetti tossicologici ed ambientali di queste sostanze, pertanto, al fine di un loro utilizzo in totale sicurezza, risulta necessario capirne meglio l’impatto sulla salute, le vie di penetrazione nel corpo umano e il rischio per i lavoratori conseguente al loro utilizzo o lavorazione. La cute rappresenta la prima barriera nei confronti delle sostanze tossiche che possono entrare in contatto con l’organismo umano. Successivamente agli anni ‘60, quando si riteneva che la cute rappresentasse una barriera totalmente impermeabile, è stato dimostrato come essa presenti differenti gradi di permeabilità nei confronti di alcuni xenobiotici, dipendente dalle caratteristiche delle sostanze in esame, dal sito anatomico di penetrazione, dal grado di integrità della barriera stessa e dall’eventuale presenza di patologie della cute. La mucosa del cavo orale funge da primo filtro nei confronti delle sostanze che entrano in contatto con il tratto digestivo e può venir coinvolta in contaminazioni di superficie determinate da esposizioni occupazionali e/o ambientali. È noto che, rispetto alla cute, presenti una permeabilità all’acqua quattro volte maggiore, e, per tale motivo, è stata studiata come via di somministrazione di farmaci, ma, ad oggi, pochi sono gli studi che ne hanno valutato le caratteristiche di permeazione nei confronti delle nanoparticelle (NPs). Una terza importante barriera biologica è quella che ricopre il sistema nervoso centrale, essa è rappresentata da tre foglietti di tessuto connettivo, che assieme costituiscono le meningi. Questi tre foglietti rivestono completamente l’encefalo permettendone un isolamento, tradizionalmente ritenuto completo, nei confronti degli xenobiotici. L’unica via di assorbimento diretto, in questo contesto, è rappresentata dalla via intranasale. Essa permette un passaggio diretto di sostanze dall’epitelio olfattivo all’encefalo, eludendo la selettiva barriera emato-encefalica. Negli ultimi anni la letteratura scientifica si è arricchita di studi che hanno indagato le caratteristiche di assorbimento di farmaci attraverso questa via, ma pochissimi sono gli studi che hanno indagato la possibile penetrazione di nanoparticelle attraverso questa via, e nessuno, in particolar modo, ha indagato le caratteristiche di permeazione delle meningi. L’attività di ricerca svolta nell’ambito del presente dottorato ha avuto per finalità l’indagine delle caratteristiche di permeabilità e di assorbimento della cute, della mucosa del cavo orale e delle meningi nei confronti di alcune nanoparticelle, scelte fra quelle più rappresentative in relazione alla diffusione d’utilizzo a livello globale. I risultati degli esperimenti condotti hanno dimostrato, in vitro, che l’esposizione cutanea a Pt, Rh, Co3O4 e Ni NPs determinano permeazione in tracce dei medesimi metalli attraverso la cute, mentre per le TiO2 NPs tale permeazione non è stata dimostrata. È stato riscontrato, inoltre, che la mucosa del cavo orale e le meningi sono permeabili nei confronti dell’Ag in forma nanoparticellare.
Resumo:
Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.
Resumo:
O microambiente tumoral é composto por células, como fibroblastos, células do sistema imune, células endoteliais e pericitos, envoltas por uma matriz extracelular, além de possuir fatores solúveis que participam da comunicação celular. Nas últimas décadas, têm-se entendido cada vez melhor seu papel na iniciação e progressão dos tumores. É de fundamental importância, portanto, entender a biologia dos seus componentes e como podem agir em favor do desenvolvimento tumoral. Diversos trabalhos demonstram que há uma associação entre a presença dos pericitos nos vasos tumorais com a agressividade e prognóstico de alguns tipos de câncer. Uma vez ativadas, além do papel estrutural, essas células modulam as atividades das células endoteliais durante a formação de novos vasos, além de adquirirem propriedades como proliferação e migração. Neste contexto, os pericitos passam a secretar fatores importantes na comunicação célula-a-célula e liberam enzimas moduladoras na matriz extracelular. A lisil oxidase (LOX) é uma das principais enzimas que atuam sobre a matriz extracelular. Já está bem descrito que, quando superexpressa em células tumorais, a LOX pode alterar a migração e invasão dessas células, promovendo a geração de metástases. Entretanto, pouco se sabe a respeito da atuação dessa enzima sobre os demais componentes celulares do estroma tumoral, como os pericitos. Sendo assim, o presente trabalho teve como objetivo principal verificar se enzima LOX é relevante para a ativação de propriedades dos pericitos que possam contribuir para suas funções pró-tumorigênicas, como migração, proliferação e formação de vasos. Os resultados foram gerados avaliando essas atividades dos pericitos após pré-tratamento de 24 horas com β-aminopropionitrile (βAPN), um inibidor irreversível da LOX. Foram utilizadas duas linhagens de pericitos derivados de tecido normal (adiposo e muscular) e duas linhagens de pericitos provenientes de tecido tumores do sistema nervoso central (neuroblastoma e ependimoma). Este composto foi capaz de diminuir a capacidade de migração das células de todas as linhagens testadas e, de maneira geral, tornou o processo de formação de estruturas tubulares in vitro menos eficiente. Entretanto, não foram observadas alterações na proliferação celular. Os dados indicam, portanto, que a enzima LOX pode ser importante para a ativação dos pericitos e, possivelmente, influenciem no seu comportamento no microambiente tumoral
Resumo:
O trato gastrointestinal (TGI) é a principal rota de exposição ao fluoreto (F) e o seu mais importante sítio de absorção. Acredita-se que a toxicidade do F comprometa a fisiologia do intestino, devido à relevante sintomatologia gastrointestinal relatada em consequência da exposição excessiva ao F. A função intestinal é controlada por uma complexa rede neuronal interligada e incorporada à parede deste órgão, denominada Sistema Nervoso Entérico (SNE). Embora os efeitos tóxicos do F sobre o Sistema Nervoso Central sejam descritos na literatura, não há estudos relacionados à sua toxicidade sobre o SNE. Neste estudo realizado em ratos, foi avaliado o efeito da exposição aguda ou crônica ao F, sobre a população geral de neurônios entéricos e sobre as subpopulações que expressam os principais neurotransmissores entéricos: Acetilcolina (ACh), Óxido Nítrico (NO), Peptídeo Vasoativo Intestinal (VIP), Peptídeo Relacionado ao Gene da Calcitonina (CGRP) e Substância P (SP). Os animais foram divididos em 5 grupos: 3 destinados à exposição crônica (0 ppm, 10 ppm ou 50 ppm de F na água de beber) e 2 à exposição aguda (0 ou 25 mgF/Kg por gavagem gástrica). Foram coletados os 3 segmentos do intestino delgado (duodeno, jejuno e íleo) e processados para a detecção da HuC/D, ChAT, nNOS, VIP, CGRP e SP, através de técnicas de imunofluorescência, no plexo mioentérico. Foram obtidas imagens para a realização da análise quantitativa dos neurônios da população geral (HuC/D) e nitrérgicos (imunorreativos à nNOS); e morfométrica dos neurônios imunorreativos à HuC/D ou nNOS; e das varicosidades imunorreativas à ChAT, VIP, CGRP ou SP. Amostras dos 3 segmentos intestinais foram preparadas e coradas em Hematoxilina e Eosina para análise histológica da morfologia básica. O segmento intestinal considerado mais afetado na análise morfométrica da população geral de neurônios, o duodeno, foi selecionado para a realização da análise proteômica, com o objetivo de oferecer o seu perfil proteico e determinar diferenças na expressão proteica em decorrência da exposição crônica ou aguda ao F. A análise da concentração de F no plasma sanguíneo foi realizada para a confirmação da exposição. Na análise quantitativa, o grupo de 50 ppm F, apresentou uma diminuição significativa na densidade da população geral de neurônios do jejuno e do íleo e na densidade dos neurônios imunorreativos à nNOS no duodeno e no jejuno. Quanto à análise morfométrica, a população geral e as subpopulações neuronais entéricas avaliadas apresentaram alterações morfológicas significativas, tanto após a exposição crônica quanto a aguda. Para a análise proteômica do duodeno, verificou-se que da associação de seus genes a um termo, e assim classificadas de acordo com diferentes processos biológicos. No caso do grupo da dose aguda, o processo biológico com a maior porcentagem de genes associados foi a geração de metabólitos precursores e energia (27% das proteínas); enquanto para os grupos de 10 e 50 ppm F foram o processo metabólico da piridina (41%) e a polimerização proteica (33%), respectivamente.
Resumo:
A síndrome de ardência bucal (SAB) é uma condição caracterizada pelo sintoma de ardência na mucosa oral, na ausência de qualquer sinal clínico. Sua etiologia é desconhecida e, até o momento, não dispõe de tratamento efetivo. Há entretanto características de doença neuropática que justificam investigações nesse sentido. O objetivo desse estudo foi mensurar a expressão gênica dos receptores de canais de sódio, Nav 1.7, Nav 1.8 e Nav 1.9, nos pacientes portadores de SAB. A casuística foi composta por dois grupos sendo o grupo de estudo composto por 12 pacientes portadores de SAB, selecionados através do critério estabelecido pela International Headache Society, em 2013 e o grupo controle composto por 4 pacientes não portadores de SAB. As amostras analisadas foram coletadas do dorso lingual, por meio de biópsia realizada com punch de 3 mm e profundidade de 3 mm, estas foram submetidas ao método de análise RT-PCR em tempo real. A expressividade dos genes de canais de sódio foi avaliada nos indivíduos portadores de SAB em relação aos do grupo controle, sendo esta calculada a partir da normalização dos dados da quantificação destes com os da expressão do gene constitutivo (GAPDH), pelo método de Cicle Threshold comparativo e analisados estatisticamente por meio do teste estatístico Mann-Whitnney. Observou-se o aumento da expressão gênica do Nav 1.7 (fold-change = 38.70) e diminuição da expressão gênica do Nav 1.9 (fold-change = 0.89), porém sem diferenças estatisticamente significativas entre os grupos analisados. O gene Nav 1.8 não foi expresso em nenhuma das amostras analisadas. O Nav 1.7 expressa-se tanto em neurônios nociceptivos quanto no sistema nervoso autônomo e mutações no Nav 1.9 tem sido associada a perda de percepção dolorosa. Os resultados obtidos embora não estatisticamente significativos são compatíveis com as características da doença, justificando a extensão dos estudos na linha expressão de genes codificadores dos canais de sódio em pacientes com SAB.
Resumo:
Introdução: Pacientes com mielomeningocele apresentam elevada mortalidade e desenvolvem déficits neurológicos que ocorrem, primariamente, pelo desenvolvimento anormal da medula e de raízes nervosas e, secundariamente, por complicações adquiridas no período pós-natal. O desafio no cuidado desses pacientes é o reconhecimento precoce dos recém-nascidos de risco para evolução desfavorável a fim de estabelecer estratégias terapêuticas individualizadas. Objetivo: Este estudo tem como objetivo identificar marcadores prognósticos de curto prazo para recém-nascidos com mielomeningocele. As características anatômicas do defeito medular e da sua correção neurocirúrgica foram analisadas para esta finalidade. Métodos: Foi realizado um estudo de coorte retrospectiva com 70 pacientes com mielomeningocele em topografia torácica, lombar ou sacral nascidos entre janeiro de 2007 a dezembro de 2013 no Centro Neonatal do Instituto da Criança do Hospital das Clínicas da Faculdade de Medicina da Universidade de São Paulo. Pacientes com infecção congênita, anomalias cromossômicas e outras malformações maiores não relacionadas à mielomeningocele foram excluídos da análise. As características anatômicas da mielomeningocele e a sua correção neurocirúrgica foram analisadas quanto aos seguintes desfechos: reanimação neonatal, tempo de internação, necessidade de derivação ventricular, deiscência da ferida operatória, infecção da ferida operatória, infecção do sistema nervoso central e sepse. Para a análise bivariada dos desfechos qualitativos com os fatores de interesse foram empregados testes do qui-quadrado e exato de Fisher. Para a análise do desfecho quantitativo, tempo de internação hospitalar, foram empregados testes de Mann-Whitney. Foram estimados os riscos relativos e os respectivos intervalos com 95% de confiança. Foram desenvolvidos modelos de regressão linear múltipla para os desfechos quantitativos e regressão de Poisson para os desfechos qualitativos. Resultados: Durante o período do estudo 12.559 recém-nascidos foram admitidos no Centro Neonatal do Instituto da Criança do Hospital das Clínicas da Faculdade de Medicina da Universidade de São Paulo. Oitenta pacientes foram diagnosticados com mielomeningocele, com incidência de 6,4 casos para cada 1.000 nascidos vivos. Dez pacientes foram excluídos da análise devido à mielomeningocele em topografia cervical (n = 1), à cardiopatia congênita (n = 4), à trissomia do cromossomo 13 (n = 1), à onfalocele (n = 3) e à encefalocele (n = 1). Ocorreram três óbitos (4,28%). Mielomeningocele extensa foi associada a infecção do sistema nervoso central, a complicação de ferida operatória e a maior tempo de internação hospitalar. Os pacientes com mielomeningocele em topografia torácica apresentaram tempo de internação, em média, 39 dias maior que aqueles com defeito em topografia lombar ou sacral. Houve maior necessidade de reanimação em sala de parto entre os pacientes com macrocrania ao nascer. A correção cirúrgica realizada após 48 horas de vida aumentou em 5,7 vezes o risco de infecção do sistema nervoso central. Entre os pacientes operados nas primeiras 48 horas de vida não foi observado benefício adicional na correção cirúrgica realizada em \"tempo zero\". A ausência de hidrocefalia antenatal foi um marcador de bom prognóstico. Nestes pacientes, a combinação dos desfechos necessidade de derivação ventricular, complicações infecciosas, complicações de ferida operatória e reanimação em sala de parto foi 70% menos frequente. Conclusão: Este estudo permitiu identificar marcadores prognósticos de curto prazo em recém-nascidos com mielomeningocele. Os defeitos medulares extensos e a correção cirúrgica após 48 horas de vida influenciaram negativamente na evolução de curto prazo. As lesões extensas foram associadas a maiores taxas de infecção do sistema nervoso central, a complicações de ferida operatória e a internação hospitalar prolongada. A correção cirúrgica realizada após 48 horas de vida aumentou significativamente a ocorrência de infecção do sistema nervoso central. Ausência de hidrocefalia antenatal foi associada a menor número de complicações nos primeiros dias de vida
Resumo:
A hipótese de \"manipulação comportamental\" supõe que um parasito pode alterar o comportamento de seu hospedeiro visando aumentar a probabilidade de completar seu ciclo evolutivo. Tais alterações aumentariam a taxa de transmissão hospedeirohospedeiro, assegurando ao parasito ou a seus propágulos o encontro de novo hospedeiro. A possibilidade de infecções parasitárias provocarem mudanças comportamentais em seus hospedeiros e a elevada frequência com que o acometimento de seres humanos por larvas de Toxocara e cistos de Toxoplasma ocorre, têm chamado à atenção de pesquisadores interessados no estudo das relações hospedeiro-parasita. Na infecção por Toxoplasma gondii e Toxocara canis, cistos e larvas estão presentes em diversos locais anatômicos incluindo musculatura, coração, pulmões, olhos e cérebro. A presença de parasitos no cérebro dá oportunidade de manipulação do comportamento do hospedeiro. Entretanto, não se sabe qual ou quais mecanismos estão envolvidos no processo de manipulação do comportamento. Os objetivos do presente estudo foram verificar alterações na ansiedade, medo, memória e aprendizagem de Rattus norvegicus experimentalmente infectados por Toxocara canis e/ou Toxoplasma gondii em dois períodos após infecção, bem como a localização das larvas e cistos e presença de placas beta amiloide ( A) na região do hipocampo no tecido cerebral desses roedores corado pela técnica de Hematoxilina e Eosina (HE), e Vermelho de Congo, respectivamente. Foram utilizadas 40 exemplares fêmeas da espécie Rattus norvegicus, com seis a oito semanas. Os animais foram divididos em quatro grupos: Toxocara - 10 ratos infectados com 300 ovos de Toxocara canis, Toxoplasma -10 ratos infectados com 10 cistos de Toxoplasma gondii, Infecção dupla - 10 ratos infectados com 300 ovos de Toxocara canis e 10 cistos de Toxoplasma gondii, e controle - 10 ratos sem infecção. Nos dias 40, 41, 70 e 71 após a infecção, os animais dos grupos infectados e controle foram submetidos à avaliação no Labirinto em Cruz Elevado e Campo aberto. Aos 120 após infecção foi feita avaliação da memória, aprendizado e aversão a urina de gato dos animais no Labirinto de Barnes. No final das análises comportamentais os animais foram levados a eutanásia para retirada do cérebro e confecção dos cortes histológicos preparados em HE e Vermelho de Congo. Os resultados mostraram efeito ansiolítico para ambas as infecções, principalmente para Toxoplasma gondii. Não houve comprometimento da memória e aprendizado no LB, porém os animais infectados por Toxocara canis ou Toxoplasma gondii apresentaram menor tempo para encontrar a toca com urina e entrar nela. A leitura dos cortes histológicos corados com HE mostraram larvas de Toxocara canis e cistos de Toxoplasma gondii em regiões do sistema nervoso central dos animais relacionadas com memória e aprendizado. As lâminas coradas com Vermelho de Congo apresentaram placas beta amiloides ( A) em metade dos animais infectados por Toxoplasma gondii. Conclui-se que a infecção por ambos os parasitos apresenta efeito ansiolítico quando ocorre infecção única. Quando a Infecção ocorre concomitantemente há modulação no comportamento. Além disso, ratas infectadas com infecção única apresentam-se menos aversivas à urina de gatos.
Resumo:
Introdução: Crianças com transtorno fonológico (TF) apresentam dificuldade na percepção de fala, em processar estímulos acústicos quando apresentados de forma rápida e em sequência. A percepção dos sons complexos da fala, dependem da integridade no processo de codificação analisado pelo Sistema Nervoso Auditivo. Por meio do Potencial Evocado Auditivo de Tronco Encefálico com estímulo complexo (PEATEc) é possível investigar a representação neural dos sons em níveis corticais e obter informações diretas sobre como a estrutura do som da sílaba falada é codificada no sistema auditivo. Porém, acredita-se que esse potencial sofre interferências tanto de processos bottom-up quanto top-down, o que não se sabe é quanto e como cada um desses processos modifica as respostas do PEATEc. Uma das formas de investigar a real influência dos aspectos top-down e bottom-up nos resultados do PEATEc é estimulando separadamente esses dois processos por meio do treinamento auditivo e da terapia fonoaudiológica. Objetivo: Verificar o impacto da estimulação sensorial (processamento bottom-up) e cognitiva (processamento top-down), separadamente, nos diferentes domínios da resposta eletrofisiológica do PEATEc. Método: Participaram deste estudo 11 crianças diagnosticadas com TF, com idades entre 7 e 10:11, submetidas a avaliação comportamental e eletrofisiológica e então dividas nos grupos Bottom-up (B-U) (N=6) e Top-down T-D (N=5). A estimulação bottom-up foi voltada ao treinamento das habilidades sensoriais, através de softwares de computador. A estimulação top-down foi realizada por meio de tarefas para estimular as habilidades cognitiva por meio do Programa de Estimulação Fonoaudiológica (PEF). Ambas as estimulações foram aplicadas uma vez por semana, num período de aproximadamente 45 minutos por 12 semanas. Resultados: O grupo B-U apresentou melhoras em relação aos domínios onset e harmônicos e no valor da pontuação do escore após ser submetido à estimulação bottom-up. Por sua vez, após serem submetidos à estimulação top-down, o grupo T-D apresentou melhoras em relação aos domínios onset, espectro-temporal, fronteiras do envelope e harmônicos e para os valores da pontuação do escore. Conclusão: Diante dos resultados obtidos neste estudo, foi possível observar que a estimulação sensorial (processamento bottom-up) e a estimulação cognitiva (processamento top-down) mostraram impactar de forma diferente a resposta eletrofisiológica do PEATEc
Resumo:
Introdução: A Distrofia Muscular de Duchenne (DMD) é caracterizada como uma fraqueza muscular progressiva que leva à incapacidade. Devido às dificuldades funcionais enfrentadas pelos indivíduos com DMD, o uso da tecnologia assistiva é essencial para proporcionar ou promover habilidades funcionais. Na DMD, além do comprometimento musculoesquelético, uma disfunção autonômica cardíaca também tem sido relatada. Assim, visamos investigar as respostas autonômicas agudas de indivíduos com DMD durante a realização de uma tarefa no computador. Método: A variabilidade da frequência cardíaca foi avaliada através de métodos lineares e não lineares, utilizando uma cinta torácica com equipamento de monitoramento de eletrocardiograma (ECG). Assim, 45 indivíduos foram incluídos no grupo com DMD e 45 no grupo de desenvolvimento típico (controle), avaliados for 20 minutos em repouso sentado e 5 minutos com a realização de uma tarefa no computador. Resultados: Os indivíduos com DMD apresentaram menor modulação cardíaca parassimpática durante o repouso, que diminuiu ainda mais durante a tarefa no computador. Conclusão: Indivíduos com DMD exibiram respostas autonômicas cardíacas mais intensas durante a tarefa no computador