898 resultados para product ignition and inhibit
Resumo:
Il pomodoro è una delle colture principali del panorama agro-alimentare italiano e rappresenta un ingrediente base della tradizione culinaria nazionale. Il pomodoro lavorato dall’industria conserviera può essere trasformato in diverse tipologie merceologiche, che si differenziano in base alla tecniche di lavorazione impiegate ed alle caratteristiche del prodotto finito. la percentuale di spesa totale destinata all’acquisto di cibo fuori casa è in aumento a livello globale e l’interesse dell’industria alimentare nei confronti di questo canale di vendita è quindi crescente. Mentre sono numerose le indagine in letteratura che studiano i processi di acquisto dei consumatori finali, non ci sono evidenze di studi simili condotti sugli operatori del Food Service. Obiettivo principale della ricerca è quello di valutare le preferenze dei responsabili acquisti del settore Food Service per diverse tipologie di pomodoro trasformato, in relazione ad una gamma di attributi rilevanti del prodotto e di caratteristiche del cliente. La raccolta dei dati è avvenuta attraverso un esperimento di scelta ipotetico realizzato in Italia e alcuni mercati esteri. Dai risultati ottenuti dall’indagine emerge che i Pelati sono la categoria di pomodoro trasformato preferita dai responsabili degli acquisti del settore Food Service intervistati, con il 35% delle preferenze dichiarate nell'insieme dei contesti di scelta proposti, seguita dalla Polpa (25%), dalla Passata (20%) e dal Concentrato (15%). Dai risultati ottenuti dalla stima del modello econometrico Logit a parametri randomizzati è emerso che alcuni attributi qualitativi di fiducia (credence), spesso impiegati nelle strategie di differenziazione e posizionamento da parte dell’industria alimentare nel mercato Retail, possono rivestire un ruolo importante anche nell’influenzare le preferenze degli operatori del Food Service. Questo potrebbe quindi essere un interessante filone di ricerca da sviluppare nel futuro, possibilmente con l'impiego congiunto di metodologie di analisi basate su esperimenti di scelta ipotetici e non ipotetici.
Resumo:
Sulfate aerosol plays an important but uncertain role in cloud formation and radiative forcing of the climate, and is also important for acid deposition and human health. The oxidation of SO2 to sulfate is a key reaction in determining the impact of sulfate in the environment through its effect on aerosol size distribution and composition. This thesis presents a laboratory investigation of sulfur isotope fractionation during SO2 oxidation by the most important gas-phase and heterogeneous pathways occurring in the atmosphere. The fractionation factors are then used to examine the role of sulfate formation in cloud processing of aerosol particles during the HCCT campaign in Thuringia, central Germany. The fractionation factor for the oxidation of SO2 by ·OH radicals was measured by reacting SO2 gas, with a known initial isotopic composition, with ·OH radicals generated from the photolysis of water at -25, 0, 19 and 40°C (Chapter 2). The product sulfate and the residual SO2 were collected as BaSO4 and the sulfur isotopic compositions measured with the Cameca NanoSIMS 50. The measured fractionation factor for 34S/32S during gas phase oxidation is αOH = (1.0089 ± 0.0007) − ((4 ± 5) × 10−5 )T (°C). Fractionation during oxidation by major aqueous pathways was measured by bubbling the SO2 gas through a solution of H2 O2
Resumo:
Regulatorische T-Zellen sind essentiell für die Aufrechterhaltung der peripheren Toleranz. Hierbei sorgen diese hocheffektiven Suppressorzellen für ein immunologisches Gleichgewicht, indem sie Immunantworten gegen Autoantigene sowie harmlose Nahrungs- und Umweltantigene verhindern. Andererseits können diese bei chronischen Infekten Immunantworten reduzieren sowie effektive Antitumor-Immunantworten hemmen. Aufgrund ethischer Erwägungen ist die Erforschung regulatorischer T-Zellen und deren Rolle bei der Tumorentwicklung weitestgehend auf Mausmodelle oder humane in vitro oder ex vivo Analysen beschränkt. Um diese Limitationen zu überwinden und translationale immunologische Experimente zu ermöglichen, wurde hier ein humanisiertes Mausmodell verwendet. T- und B-Zell-defiziente NOD-scid IL2Rgammanull (NSG) Mäuse wurden mit humanen CD34+ hämatopoetischen Stammzellen aus Nabelschnurblut rekonstituiert. Aus diesen Stammzellen entstanden in den Tieren vielfältige humane Immunzellen. Im murinen Thymus der NSG Tiere entwickelten sich CD4+ und CD8+ einzelpositive T-Zellen, welche als funktionelle Effektorpopulationen in die Peripherie auswanderten. Humane regulatorische T-Zellen (CD4+ CD25+ Foxp3+ CD127-) entwickelten sich ebenfalls im murinen Thymus der Tiere und machten ca. 10% der humanen peripheren CD4+ T-Zellen in den Mäusen aus. Diese humanen regulatorischen T-Zellen zeigten vorwiegend einen HLA-DR+ Phänotyp, welcher mit höchster Suppressivität assoziiert ist. Weiter verhielten sich die regualtorischen T-Zellen anergisch und bewiesen ihre Funktionalität unter anderem durch die Inhibition der Proliferation von Effektor-T-Zellen in vitro. rnSubkutan injizierte Tumorzellen eines humanen undifferenzierten pleomorphen Sarkoms wurden in den humanisierten Mäusen nicht abgestoßen und der Tumor konnte, trotz Infiltration humaner Immunzellen, ungehindert wachsen. Als mögliche Ursache hierfür zeigte sich die selektive Akkumulation regulatorischer T-Zellen im Tumor. Zusammen mit dem erhöhten Anteil humaner regulatorischer T-Zellen in der Peripherie, weisen diese Beobachtungen deutliche Parallelen mit Befunden aus humanen Patienten auf. Dies bietet somit erstmalig die Option in vivo die Rolle humaner regulatorischer T-Zellen im undifferenzierten pleomorphen Sarkom zu analysieren. Die hier gezeigten Daten machen deutlich, dass es das humanisierte Mausmodell ermöglicht, die Entstehung und Funktion humaner regulatorischer T-Zellen in vivo zu analysieren, deren Bedeutung in klinisch relevanten Modellen zu charakterisieren und somit innovative Therapien zu etablieren.
Resumo:
Scegliere di consumare in modo sostenibile significa passare ad un nuovo modello di consumo. Tale modello richiede una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte dei consumatori, unite all'adozione di nuovi stili di vita e di scelte d’acquisto, che permettano il raggiungimento di elevati livelli di benessere nel rispetto dell'ambiente. Un notevole sforzo è stato compiuto recentemente dai policy maker per incoraggiare il consumo sostenibile quali implementazioni dello sviluppo sostenibile. Ancora lunga, tuttavia, è la strada da percorrere per raggiungere pienamente questo obiettivo. Tra i prodotti sostenibili, il biologico si è rivelato di gran lunga il più rappresentativo: le statistiche di questo mercato mostrano, infatti, tendenze positive, sebbene il consumo risulti ancora eterogeneo e contenuto rispetto al consumo di alimenti convenzionali. Ciò mostra che il comportamento dei consumatori non è ancora abbastanza reattivo alle suddette politiche. Il presente studio si propone di contribuire alla ricerca sul consumo sostenibile approfondendo i fattori che incoraggiano o impediscono il consumo di prodotti alimentari biologici in Italia. Adottando un nuovo approccio si cerca di capire come i diversi segmenti di diete alimentari affrontino gli alimenti biologici in termini di consumi e di atteggiamenti. Un'analisi multivariata a più fasi è stata condotta su un campione di 3.004 consumatori. Un’analisi delle componenti principali non lineare è stata applicata alle variabili ordinali che misurano il consumo di ventuno categorie di alimenti. Successivamente è stata applicata la cluster analysis che ha dato luogo a quattro segmenti di abitudini alimentari. I prodotti biologici sono diventati parte delle abitudini alimentari in Italia in quasi un terzo della popolazione. Il consumo sembra essersi affermato soprattutto nel segmento con abitudini alimentari sane. Una scarsa attenzione ad una dieta sana, gli stili di vita, il reddito, l'accessibilità, la mancanza di consapevolezza condizionano le abitudini alimentari a scapito di un consumo più sostenibile.
Resumo:
KurzfassungrnrnZiel der vorliegenden Arbeit war es eine gezielte, hochspezifische Inhibierung der Proteinbiosynthese zu erreichen. Dies kann durch eine Blockierung des mRNA-Strangs durch komplementäre DNA/RNA-Stränge (ähnlich zur Antisense-Methode) oder durch die Hydrolyse des mRNA-Strangs mit Hilfe spezieller Enzyme (RNasen) realisiert werden. Da jedoch beide Methoden nicht zu zufriedenstellenden Ergebnissen führen, wäre deshalb eine Kombination aus beiden Methoden ideal, welche in einer spezifischen, gezielten und permanenten Ausschaltung der Proteinbiosynthese resultieren würde. Um dieses Ziel zu verwirklichen, ist es nötig, ein Molekül zu synthetisieren, welches in der Lage ist selektiv an einer spezifischen Position an den RNA-Strang zu hybridisieren und anschließend den RNA-Strang an dieser zu hydrolysieren. Der große Vorteil dieses Konzepts liegt darin, dass die DNA-Sequenz für die Hybridisierung an die entsprechende RNA maßgeschneidert hergestellt werden kann und somit jede RNA gezielt angesteuert werden kann, was letztendlich zu einer spezifischen Inhibierung der korrespondierenden Proteinbiosynthese führen soll.rnDurch die Verwendung und Optimierung der Nativen Chemischen Ligation (NCL) als Konjugationsmethode konnten zwei Biomakromoleküle in Form einer 46-basenlangen DNA (komplementär zum RNA-Strang) und einer 31-aminosäurelangen RNase kovalent verknüpft werden. Durch unterschiedliche chemische und molekularbiologische Analysemethoden, wie PAGE, GPC, CE, MALDI-ToF-MS etc., war es zudem möglich, die erfolgreiche Synthese dieses biologischen Hybridpolymers als monodisperses, reines Produkt zu bestätigen. rnDie Synthese des ca. 800-basenlangen RNA-Strangs, der als Modell-Matrize für die selektive und spezifische Degradierung durch das DNA-RNase-Konjugat dienen sollte, konnte unter Zuhilfenahme gentechnologischer Standard-Methoden erfolgreich bewerkstelligt werden. Weiterhin konnte durch die Verwendung der radioaktiven cDNA-Synthese gezeigt werden, dass das DNA-RNase-Konjugat an die gewünschte Stelle des RNA-Strangs hybridisiert. Die Identifizierung einer anschließenden spezifischen Hydrolyse des RNA-Strangs durch die an den DNA-Strang angeknüpfte RNase war aufgrund der geringen katalytischen Aktivität des Enzyms bisher allerdings nicht möglich.rn
Resumo:
Das DNA-Reparaturprotein O6-Methylguanin-DNA-Methyltransferase [MGMT] ist der Hauptresistenzfaktor gegenüber der zytotoxischen Wirkung von SN1-alkylierenden Zytostatika in der Tumortherapie. Die Verwendung der MGMT-Hemmstoffe O6-Benzylguanin [O6BG] und O6-(4-Bromothenyl)guanin [O6BTG] führte zu einer Sensibilisierung des Normalgewebes, was eine Dosis-Reduktion der Zytostatika erforderlich machte und die erhoffte Therapieverbesserung verhinderte. Aus diesem Grund ist eine Strategie der selektiven Hemmung des MGMT-Proteins (Targeting-Strategie) erforderlich, um die systemische Toxizität in der Kombinationsbehandlung zu reduzieren. In dieser Arbeit wurde die Anwendbarkeit der Glukose-Konjugation als Targeting-Strategie untersucht, da Tumorzellen einen erhöhten Glukoseverbrauch aufweisen und demzufolge Glukosetransporter überexprimieren. Die Glukose-Konjugate O6BG-Glu und O6BTG-Glu inhibierten MGMT in Tumorzellen und sensibilisierten die Zellen gegenüber den alkylierenden Agenzien Temozolomid [TMZ] und Lomustin [CCNU]. Des Weiteren inaktivierten die Glukose-Konjugate die MGMT-Aktivität im Tumor eines Xenograft-Mausmodells und reduzierten das Tumorwachstum nach einer TMZ-Behandlung im gleichen Ausmass wie die Inhibitoren O6BG und O6BTG. Trotzdem war auch mit den Glukose-Konjugaten keine Steigerung der Zytostatika-Dosis im Mausmodell möglich. Die Untersuchungen der Aufnahme von O6BG-Glu und O6BTG-Glu wiederlegten eine Involvierung der Glukosetransporter. Der Einsatz von spezifischen Glukosetransporter-Inhibitoren und Kompetitions-Experimenten führte zu keiner Verminderung der MGMT-Hemmung oder Aufnahme vom radioaktiven H3-O6BTG-Glu in die Zelle. Dies legt nahe, dass die Glukose-Konjugate über einen unspezifischen Mechanismus (aktiv) in die Zellen gelangen. Der Grund für eine mögliche unselektive Aufnahme könnte im hydrophoben Alkyllinker, der für die Konjugation des Glukosemoleküls verwendet wurde, begründet sein. Dies führt zur Generierung von amphipathischen Konjugaten, die eine initiale Bindung an die Plasmamembran aufweisen und eine Aufnahme über den Flip-Flop-Mechanismus (transbilayer transport) wahrscheinlich machen. Die amphipathische Molekülstruktur der Glukose-Konjugate führte zu einer Partikelbildung in wässrigen Lösungen, die eine Reduktion der Menge an aktiven Monomeren von O6BG-Glu und O6BTG-Glu bewirken, die zur Hemmung von MGMT zur Verfügung stehen. Der zweite Teil der Arbeit befasste sich mit der Rolle von ABC-Transportern hinsichtlich einer Targeting-Strategie von MGMT-Hemmstoffen. Obwohl eine hohe Expression dieser ABC-Transporter in Tumoren zur Resistenzentwicklung gegenüber Zytostatika führt, wurde ihr Einfluss auf MGMT-Hemmstoffe oder einer MGMT-Targeting-Strategie niemals untersucht. In dieser Arbeit wurde zum ersten Mal ein aktiver Efflux von MGMT-Hemmstoffen durch ABC-Transporter nachgewiesen. Die Inhibition von ABC-Transportern bewirkte eine schnellere Inaktivierung von MGMT durch die Glukose-Konjugate. Des Weiteren zeigten Kompetitions-Experimente mit den MGMT-Hemmstoffen eine verminderte Efflux-Rate von Fluoreszenzfarbstoffen, die spezifisch von ABC-Transportern exportiert werden. ABC-Transporter reduzieren die wirksame Konzentration des Hemmstoffes in der Zelle und beeinträchtigen somit die Effektivität der MGMT-Inhibition. Eine simultane Hemmung der ABC-Transporter P-glycoprotein (P-gp), multi resistance protein 1 (MRP1) and breast cancer resistance protein (BCRP) erhöhte die Effektivität der MGMT-Hemmstoffe (O6BG, O6BTG, O6BG-Glu, O6BTG-Glu) und verstärkte auf diese Weise die TMZ-induzierte Toxizität in Tumorzelllinien. Die Involvierung von ABC-Transportern in der intrazellulären Speicherung von MGMT-Hemmstoffen ist wahrscheinlich die Ursache für die beobachteten Unterschiede in der Sensibilisierung verschiedener Tumorzelllinien gegenüber Zytostatika durch das Glukose-Konjugat O6BG-Glu. Eine Strategie, den Einfluss von ABC-Transportern zu reduzieren und zukünftliche MGMT-Targeting-Strategien effizienter umzusetzen, ist die Verwendung von O6BTG als Ausgangssubstanz. Die höhere Inhibitionsfähigkeit der Bromthiophenmoleküle vermindert die erforderliche intrazelluläre Konzentration für eine vollständige MGMT-Hemmung und reduziert auf diese Weise den Einfluss von ABC-Transportern.
Resumo:
Die vorliegende Arbeit wurde im Rahmen des Verbundprojektes „Rückhaltung endlagerrelevanter Radionuklide im natürlichen Tongestein und salinaren Systemen“ (Förderkennzeichen: 02E10981), welches durch das Bundesministerium für Wirtschaft und Energie (BMWi) gefördert wurde, angefertigt. Ziel war es, erstmals Erkenntnisse zur Wechselwirkung zwischen dem Spaltprodukt Technetium und einem natürlichen Tongestein im Hinblick auf ein Endlager für wärmeentwickelnde radioaktive Abfälle zu erlangen. Hierfür wurde der in der Nordschweiz vorkommende Opalinuston aus Mont Terri als Referenzmaterial verwendet. Das Nuklid Technetium-99 liefert auf Grund seiner langen Halbwertszeit einen signifikanten Beitrag zur Radiotoxizität abgebrannter Brennelemente für mehr als tausend Jahre. Im Falle einer Freisetzung aus den Lagerbehältern wird die Geochemie des Technetiums von seiner Oxidationsstufe bestimmt, wobei lediglich die Oxidationsstufen +IV und +VII von Relevanz sind. Auf Grund seiner hohen Löslichkeit und geringen Affinität zur Sorption an Oberflächen von Mineralien ist Tc(VII) die mobilste und somit auch gefährlichste Spezies. Entsprechend lag der Fokus dieser Arbeit auf Diffusionsexperimenten dieser mobilen Spezies sowie auf dem Einfluss von Eisen(II) auf die Mobilität und die Speziation des Technetiums.rnDie Wechselwirkung zwischen Technetium und Opalinuston wurde in Sorptions- und Diffusionsexperimenten unter Variation verschiedener Parameter (pH-Wert, Zusatz verschiedener Reduktionsmittel, Einfluss von Sauerstoff, Diffusionsweg) untersucht. Im Zuge dieser Arbeit wurden erstmals ortsaufgelöste Untersuchungen zur Speziation des Technetiums an Dünnschliffen und Bohrkernen durchgeführt. Dabei konnten ergänzend zur Speziation auch Informationen über die Elementverteilung und die kristallinen Mineralphasen nahe lokaler Anreicherungen des Radionuklides gewonnen werden. Zusätzlich erlaubten Untersuchungen an Pulverproben die Bestimmung der molekularen Struktur des Technetiums an der Tonoberfläche.rnSowohl die Kombination der oben aufgeführten Sorptionsexperimente mit spektroskopischen Untersuchungen als auch die Diffusionsexperimente zeigten unter Sauerstoffausschluss eine Reduktion von Tc(VII) zu immobilen Tc(IV)-Spezies. Weiterhin konnte die Bildung eines Tc(IV)-Sorptionskomplexes an der Tonoberfläche gezeigt werden. Im Hinblick auf ein Endlager in Tongestein sind diese Ergebnisse positiv zu bewerten.
Resumo:
Akute Leukämien treten in allen Altersstufen auf. Akute lymphatische Leukämie (ALL) ist die häufigste Leukämie bei Kindern, während akute myeloischen Leukämien (AML) mit verschiedenen Untergruppen etwa 80% aller akuten Leukämien bei Erwachsenen ausmachen. Die Translokation t(8;21) resultiert in der Entstehung des Fusionsgens AML1-ETO und zählt zu den häufigen Translokationen bei der AML. Dabei fusioniert die DNA-bindende Domäne des AML1 mit dem fast kompletten ETO-Protein. AML1-ETO wirkt als dominanter Repressor der AML1-vermittelten transkriptionellen Regula-tion wichtiger hämatopoetischer Zielgene. Klinische Daten legen nahe, dass trotz der klarer Assoziation zwischen AML und der t(8;21) Translokation bei AML Patienten zusätzliche genetische Veränderungen – so genannte ‚second hits‘ – notwendig sind, um eine Leukämie effizient zu induzieren. Klinisch relevanten Komplimentationsonkogene sind unter anderen die aktivierte Rezeptortyrosinkinase FLT3, JAK2, NRAS, KRAS, c- KIT.rnZiel der vorliegenden Arbeit war es, ein Mausmodell zu etablieren, welches humane akute myeloische Leukämie rekapituliert und bei dem die Expression der entsprechen-den Onkogene reguliert werden kann. Als erstes wurde untersucht, ob eine gemeinsame Expression von AML1-ETO mit kRASG12D zur Induktion von Leukämie führen kann. Hierfür wurden Tiere generiert die gemeinsam AML1-ETO und kRASG12D unter der regulatorischen Sequenz des Tetrazyklin-Operators exprimierten. Der große Vorteil dieser Technologie ist die regulierbare Reversibilität der Genexpression. Um die Ex-pression der Zielgene auf blutbildende Zellen zu beschränken, wurden Knochenmark-chimären hergestellt. Im Beobachtungszeitraum von 12 Monaten führte die Expression von AML1-ETO und AML1-ETO/kRASG12D nicht zur Induktion einer akuten Leukä-mie. Die normale hämatopoetische Entwicklung war jedoch in diesen Tieren gestört. Der beobachtete Phänotyp entsprach einem myelodysplastischen Syndrome (MDS).rnIm zweiten Ansatz, wurden Tiere generiert die gemeinsam AML1-ETO und FLT3-ITD exprimierten. Hierfür wurden hämatopoetische Stammzellen aus ROSA26-iM2/tetO-AML1-ETO isoliert und mit Hilfe des retroviralen Vektors mit FLT3-ITD transduziert. In diesem Modell war es möglich, in kurzer Zeit eine akute Leukämie mit zu induzieren. Einige wenige Tiere hatten zum Zeitpunkt des Todes Anzeichen einer biphänotypischen Leukämie mit lymphatischen und myeloischen Blastenpopulationen. In drei Tieren in-duzierte die alleinige Expression von FLT3-ITD eine Leukämie. Alle Leukämien wurden durch FACS, Zytologie und Histopathologie bestätigt. Knochenmark- bzw. Milzzellen aus den erkrankten Tieren waren in der Lage nach Transfer in sekundäre Rezipienten eine Leukämie auszulösen. Somit besaßen sie ein uneingeschränktes Selbsterneue-rungspotential.rnEin erster Versuch, in dem AML1-ETO Expression in leukämischen Zellen abgeschaltet und FLT3-ITD mit Tyrosinkinase-Inhibitor inhibiert wurde, zeigte keine wesentliche Veränderung in der Leukämieprogression.rnDieses Leukämiemodell erlaubt die Rolle der beteiligten Onkogene während verschie-dener Stadien der Leukämie zu erforschen und damit möglicherweise neue Ansätze für Therapiestrategien zu entwickeln.
Resumo:
BACKGROUND: Starches are the major source of dietary glucose in weaned children and adults. However, small intestine alpha-glucogenesis by starch digestion is poorly understood due to substrate structural and chemical complexity, as well as the multiplicity of participating enzymes. Our objective was dissection of luminal and mucosal alpha-glucosidase activities participating in digestion of the soluble starch product maltodextrin (MDx). PATIENTS AND METHODS: Immunoprecipitated assays were performed on biopsy specimens and isolated enterocytes with MDx substrate. RESULTS: Mucosal sucrase-isomaltase (SI) and maltase-glucoamylase (MGAM) contributed 85% of total in vitro alpha-glucogenesis. Recombinant human pancreatic alpha-amylase alone contributed <15% of in vitro alpha-glucogenesis; however, alpha-amylase strongly amplified the mucosal alpha-glucogenic activities by preprocessing of starch to short glucose oligomer substrates. At low glucose oligomer concentrations, MGAM was 10 times more active than SI, but at higher concentrations it experienced substrate inhibition whereas SI was not affected. The in vitro results indicated that MGAM activity is inhibited by alpha-amylase digested starch product "brake" and contributes only 20% of mucosal alpha-glucogenic activity. SI contributes most of the alpha-glucogenic activity at higher oligomer substrate concentrations. CONCLUSIONS: MGAM primes and SI activity sustains and constrains prandial alpha-glucogenesis from starch oligomers at approximately 5% of the uninhibited rate. This coupled mucosal mechanism may contribute to highly efficient glucogenesis from low-starch diets and play a role in meeting the high requirement for glucose during children's brain maturation. The brake could play a constraining role on rates of glucose production from higher-starch diets consumed by an older population at risk for degenerative metabolic disorders.
Resumo:
New vessel formation and tumor infiltrating lymphocytes (TIL) influence host responses to malignant tissues. Extracellular adenosine-mediated pathways promote both vascular endothelial cell proliferation and inhibit cytotoxic T cells, thereby potentiating cancer growth. CD39 is the dominant ectonucleotidase of vascular and T regulatory cells and has the potential to generate high levels of adenosine locally. We have previously shown that deletion of Cd39 results in angiogenic failure and T regulatory cell dysfunction with loss of immune suppressive functions. Aim: Investigate impact of CD39 upon development of hepatic metastases. Methods and Results: We studied the development of metastatic liver deposits following portal vein infusion of 1.5x105 melanoma B16/F10 cells, with luciferase expression, in wild type and Cd39-null C57BL/6 mice (n=24). Tumor formation in liver was directly examined and animals imaged at days 7-17 after tumor cell implantation. As predicted, the formation of hepatic malignant foci was markedly suppressed in Cd39-null mice, at all time points examined. To test whether the major impact of Cd39-deletion was upon neovasculature formation or immune responsiveness, adoptive transfer experiments were conducted. Bone marrow transplants (BMT) from Cd39-null or wild type BL/6 mice were placed in lethally irradiated control and/or null mice, in a crossover manner (total n=24 for each group, respectively). Eight weeks postadoptive transfer, melanoma cells were infused via portal vein as before and tumor growth studied. The Cd39-null mice that received wild type BMT mirrored the wild type phenotype with progressive tumor growth observed (n=8 per time point; p=0.015). In contrast, metastases were significantly inhibited in both number and size and ultimately became necrotic in the wild type mice that had received Cd39-null BMT. Conclusions: Bone marrow derived cells mediate the major inhibitory effects of CD39 deletion on tumor growth. Pharmacological inhibition of CD39 may find utility as an adjunct therapy in the management of hepatic malignancy.
Resumo:
As the demand for miniature products and components continues to increase, the need for manufacturing processes to provide these products and components has also increased. To meet this need, successful macroscale processes are being scaled down and applied at the microscale. Unfortunately, many challenges have been experienced when directly scaling down macro processes. Initially, frictional effects were believed to be the largest challenge encountered. However, in recent studies it has been found that the greatest challenge encountered has been with size effects. Size effect is a broad term that largely refers to the thickness of the material being formed and how this thickness directly affects the product dimensions and manufacturability. At the microscale, the thickness becomes critical due to the reduced number of grains. When surface contact between the forming tools and the material blanks occur at the macroscale, there is enough material (hundreds of layers of material grains) across the blank thickness to compensate for material flow and the effect of grain orientation. At the microscale, there may be under 10 grains across the blank thickness. With a decreased amount of grains across the thickness, the influence of the grain size, shape and orientation is significant. Any material defects (either natural occurring or ones that occur as a result of the material preparation) have a significant role in altering the forming potential. To date, various micro metal forming and micro materials testing equipment setups have been constructed at the Michigan Tech lab. Initially, the research focus was to create a micro deep drawing setup to potentially build micro sensor encapsulation housings. The research focus shifted to micro metal materials testing equipment setups. These include the construction and testing of the following setups: a micro mechanical bulge test, a micro sheet tension test (testing micro tensile bars), a micro strain analysis (with the use of optical lithography and chemical etching) and a micro sheet hydroforming bulge test. Recently, the focus has shifted to study a micro tube hydroforming process. The intent is to target fuel cells, medical, and sensor encapsulation applications. While the tube hydroforming process is widely understood at the macroscale, the microscale process also offers some significant challenges in terms of size effects. Current work is being conducted in applying direct current to enhance micro tube hydroforming formability. Initially, adding direct current to various metal forming operations has shown some phenomenal results. The focus of current research is to determine the validity of this process.
Resumo:
Lymphedema is a disease characterized by swelling resulting from the accumulation of fluid in the extracellular matrix (ECM) of the skin. In order to alleviate this swelling, the authors sought to selectively degrade certain hydrophilic molecules in the ECM called glycosaminoglycans (GAGs). GAGs are long unbranched sugar molecules present in the ECM that attract water to their numerous negative charges. The authors hypothesized that the density of GAGs would increase in lymphedema and inhibit fluid from leaving the tissue. An existing mouse tail model of experimental lymphedema that reproduced important features of the human condition was used to evaluate GAG content in swollen tissue. In this model, a surgical excision of tissue was made circumferentially around the tail that caused swelling distal to the wound site. Tissue distal to the wound site was analyzed via two assays; one that measured hyaluronan (an unsulfated GAG) and another that measured sulfated GAGs (including Dermatan Sulfate and Chondroitin Sulfate), at various timepoints post surgical intervention. Hyaluronan (HA) levels were significantly higher than control (tissues with no surgical intervention) by day 5 (p
Resumo:
The convergent total synthesis of hypermodified epothilone analogs 1 and 2 has been achieved with the stereoselective cyclopropanation of allylic alcohol 17 and ring-closing olefin metathesis with diene 22 as the key steps. In spite of significant structural differences between these analogs and the natural epothilone scaffold, 1 and 2 are potent inducers of tubulin polymerization and inhibit the growth of human cancer cells in vitro with sub-nM IC50 values.