941 resultados para anidride maleica pirofosfato di vanadile n-butano 1-butanolo niobio
Resumo:
Il lavoro è incentrato sull’applicazione ed integrazione di differenti tecniche di indagine geofisica in campo ambientale e ingegneristico/archeologico. Alcuni esempi sono stati descritti al fine di dimostrare l’utilità delle metodologie geofisiche nella risoluzione di svariate problematiche. Nello specifico l’attenzione è stata rivolta all’utilizzo delle tecniche del Ground Penetrating Radar e del Time Domain Reflectometry in misure condotte su un corpo sabbioso simulante una Zona Insatura. L’esperimento è stato realizzato all’interno di un’area test costruita presso l’azienda agricola dell’Università La Tuscia di Viterbo. Hanno partecipato al progetto le Università di Roma Tre, Roma La Sapienza, La Tuscia, con il supporto tecnico della Sensore&Software. Nello studio è stato condotto un approccio definito idrogeofisico al fine di ottenere informazioni da misure dei parametri fisici relativi alla Zona Insatura simulata nell’area test. Il confronto e l’integrazione delle due differenti tecniche di indagine ha offerto la possibilità di estendere la profondità di indagine all’interno del corpo sabbioso e di verificare l’utilità della tecnica GPR nello studio degli effetti legati alle variazioni del contenuto d’acqua nel suolo, oltre a determinare la posizione della superficie piezometrica per i differenti scenari di saturazione. Uno specifico studio è stato realizzato sul segnale radar al fine di stabilire i fattori di influenza sulla sua propagazione all’interno del suolo. Il comportamento dei parametri dielettrici nelle condizioni di drenaggio e di imbibizione del corpo sabbioso è stato riprodotto attraverso una modellizzazione delle proprietà dielettriche ed idrologiche sulla base della dimensione, forma e distribuzione dei granuli di roccia e pori, nonché sulla base della storia relativa alla distribuzione dei fluidi di saturazione all’interno del mezzo. La modellizzazione è stata operata sulle basi concettuali del Differential Effective Medium Approximation.
Resumo:
L’obiettivo della tesi riguarda l’utilizzo di immagini aerofotogrammetriche e telerilevate per la caratterizzazione qualitativa e quantitativa di ecosistemi forestali e della loro evoluzione. Le tematiche affrontate hanno riguardato, da una parte, l’aspetto fotogrammetrico, mediante recupero, digitalizzazione ed elaborazione di immagini aeree storiche di varie epoche, e, dall’altra, l’aspetto legato all’uso del telerilevamento per la classificazione delle coperture al suolo. Nel capitolo 1 viene fatta una breve introduzione sullo sviluppo delle nuove tecnologie di rilievo con un approfondimento delle applicazioni forestali; nel secondo capitolo è affrontata la tematica legata all’acquisizione dei dati telerilevati e fotogrammetrici con una breve descrizione delle caratteristiche e grandezze principali; il terzo capitolo tratta i processi di elaborazione e classificazione delle immagini per l’estrazione delle informazioni significative. Nei tre capitoli seguenti vengono mostrati tre casi di applicazioni di fotogrammetria e telerilevamento nello studio di ecosistemi forestali. Il primo caso (capitolo 4) riguarda l’area del gruppo montuoso del Prado- Cusna, sui cui è stata compiuta un’analisi multitemporale dell’evoluzione del limite altitudinale degli alberi nell’arco degli ultimi cinquant’anni. E’ stata affrontata ed analizzata la procedura per il recupero delle prese aeree storiche, definibile mediante una serie di successive operazioni, a partire dalla digitalizzazione dei fotogrammi, continuando con la determinazione di punti di controllo noti a terra per l’orientamento delle immagini, per finire con l’ortorettifica e mosaicatura delle stesse, con l’ausilio di un Modello Digitale del Terreno (DTM). Tutto ciò ha permesso il confronto di tali dati con immagini digitali più recenti al fine di individuare eventuali cambiamenti avvenuti nell’arco di tempo intercorso. Nel secondo caso (capitolo 5) si è definita per lo studio della zona del gruppo del monte Giovo una procedura di classificazione per l’estrazione delle coperture vegetative e per l’aggiornamento della cartografia esistente – in questo caso la carta della vegetazione. In particolare si è cercato di classificare la vegetazione soprasilvatica, dominata da brughiere a mirtilli e praterie con prevalenza di quelle secondarie a nardo e brachipodio. In alcune aree sono inoltre presenti comunità che colonizzano accumuli detritici stabilizzati e le rupi arenacee. A questo scopo, oltre alle immagini aeree (Volo IT2000) sono state usate anche immagini satellitari ASTER e altri dati ancillari (DTM e derivati), ed è stato applicato un sistema di classificazione delle coperture di tipo objectbased. Si è cercato di definire i migliori parametri per la segmentazione e il numero migliore di sample per la classificazione. Da una parte, è stata fatta una classificazione supervisionata della vegetazione a partire da pochi sample di riferimento, dall’altra si è voluto testare tale metodo per la definizione di una procedura di aggiornamento automatico della cartografia esistente. Nel terzo caso (capitolo 6), sempre nella zona del gruppo del monte Giovo, è stato fatto un confronto fra la timberline estratta mediante segmentazione ad oggetti ed il risultato di rilievi GPS a terra appositamente effettuati. L’obiettivo è la definizione del limite altitudinale del bosco e l’individuazione di gruppi di alberi isolati al di sopra di esso mediante procedure di segmentazione e classificazione object-based di ortofoto aeree in formato digitale e la verifica sul campo in alcune zone campione dei risultati, mediante creazione di profili GPS del limite del bosco e determinazione delle coordinate dei gruppi di alberi isolati. I risultati finali del lavoro hanno messo in luce come le moderne tecniche di analisi di immagini sono ormai mature per consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissi nelle tre applicazioni considerate, pur essendo in ogni caso necessaria una attenta validazione dei dati ed un intervento dell’operatore in diversi momenti del processo. In particolare, le operazioni di segmentazione delle immagini per l’estrazione di feature significative hanno dimostrato grandi potenzialità in tutti e tre i casi. Un software ad “oggetti” semplifica l’implementazione dei risultati della classificazione in un ambiente GIS, offrendo la possibilità, ad esempio, di esportare in formato vettoriale gli oggetti classificati. Inoltre dà la possibilità di utilizzare contemporaneamente, in un unico ambiente, più sorgenti di informazione quali foto aeree, immagini satellitari, DTM e derivati. Le procedure automatiche per l’estrazione della timberline e dei gruppi di alberi isolati e per la classificazione delle coperture sono oggetto di un continuo sviluppo al fine di migliorarne le prestazioni; allo stato attuale esse non devono essere considerate una soluzione ottimale autonoma ma uno strumento per impostare e semplificare l’intervento da parte dello specialista in fotointerpretazione.
Resumo:
Quasars and AGN play an important role in many aspects of the modern cosmology. Of particular interest is the issue of the interplay between AGN activity and formation and evolution of galaxies and structures. Studies on nearby galaxies revealed that most (and possibly all) galaxy nuclei contain a super-massive black hole (SMBH) and that between a third and half of them are showing some evidence of activity (Kormendy and Richstone, 1995). The discovery of a tight relation between black holes mass and velocity dispersion of their host galaxy suggests that the evolution of the growth of SMBH and their host galaxy are linked together. In this context, studying the evolution of AGN, through the luminosity function (LF), is fundamental to constrain the theories of galaxy and SMBH formation and evolution. Recently, many theories have been developed to describe physical processes possibly responsible of a common formation scenario for galaxies and their central black hole (Volonteri et al., 2003; Springel et al., 2005a; Vittorini et al., 2005; Hopkins et al., 2006a) and an increasing number of observations in different bands are focused on collecting larger and larger quasar samples. Many issues remain however not yet fully understood. In the context of the VVDS (VIMOS-VLT Deep Survey), we collected and studied an unbiased sample of spectroscopically selected faint type-1 AGN with a unique and straightforward selection function. Indeed, the VVDS is a large, purely magnitude limited spectroscopic survey of faint objects, free of any morphological and/or color preselection. We studied the statistical properties of this sample and its evolution up to redshift z 4. Because of the contamination of the AGN light by their host galaxies at the faint magnitudes explored by our sample, we observed that a significant fraction of AGN in our sample would be missed by the UV excess and morphological criteria usually adopted for the pre-selection of optical QSO candidates. If not properly taken into account, this failure in selecting particular sub-classes of AGN could, in principle, affect some of the conclusions drawn from samples of AGN based on these selection criteria. The absence of any pre-selection in the VVDS leads us to have a very complete sample of AGN, including also objects with unusual colors and continuum shape. The VVDS AGN sample shows in fact redder colors than those expected by comparing it, for example, with the color track derived from the SDSS composite spectrum. In particular, the faintest objects have on average redder colors than the brightest ones. This can be attributed to both a large fraction of dust-reddened objects and a significant contamination from the host galaxy. We have tested these possibilities by examining the global spectral energy distribution of each object using, in addition to the U, B, V, R and I-band magnitudes, also the UV-Galex and the IR-Spitzer bands, and fitting it with a combination of AGN and galaxy emission, allowing also for the possibility of extinction of the AGN flux. We found that for 44% of our objects the contamination from the host galaxy is not negligible and this fraction decreases to 21% if we restrict the analysis to a bright subsample (M1450 <-22.15). Our estimated integral surface density at IAB < 24.0 is 500 AGN per square degree, which represents the highest surface density of a spectroscopically confirmed sample of optically selected AGN. We derived the luminosity function in B-band for 1.0 < z < 3.6 using the 1/Vmax estimator. Our data, more than one magnitude fainter than previous optical surveys, allow us to constrain the faint part of the luminosity function up to high redshift. A comparison of our data with the 2dF sample at low redshift (1 < z < 2.1) shows that the VDDS data can not be well fitted with the pure luminosity evolution (PLE) models derived by previous optically selected samples. Qualitatively, this appears to be due to the fact that our data suggest the presence of an excess of faint objects at low redshift (1.0 < z < 1.5) with respect to these models. By combining our faint VVDS sample with the large sample of bright AGN extracted from the SDSS DR3 (Richards et al., 2006b) and testing a number of different evolutionary models, we find that the model which better represents the combined luminosity functions, over a wide range of redshift and luminosity, is a luminosity dependent density evolution (LDDE) model, similar to those derived from the major Xsurveys. Such a parameterization allows the redshift of the AGN density peak to change as a function of luminosity, thus fitting the excess of faint AGN that we find at 1.0 < z < 1.5. On the basis of this model we find, for the first time from the analysis of optically selected samples, that the peak of the AGN space density shifts significantly towards lower redshift going to lower luminosity objects. The position of this peak moves from z 2.0 for MB <-26.0 to z 0.65 for -22< MB <-20. This result, already found in a number of X-ray selected samples of AGN, is consistent with a scenario of “AGN cosmic downsizing”, in which the density of more luminous AGN, possibly associated to more massive black holes, peaks earlier in the history of the Universe (i.e. at higher redshift), than that of low luminosity ones, which reaches its maximum later (i.e. at lower redshift). This behavior has since long been claimed to be present in elliptical galaxies and it is not easy to reproduce it in the hierarchical cosmogonic scenario, where more massive Dark Matter Halos (DMH) form on average later by merging of less massive halos.