940 resultados para rogers, antico-nuovo


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The relevance of human joint models has been shown in the literature. They can help in diagnosis, in prostheses and ortheses design and in predicting the joints’ behavior. Recently a sequential approach for the modeling of the human diarthrodial joints composed of three steps has been proposed. At each step the role of some anatomical structures is considered. Starting from a limited number of structures, the model gets more and more sophisticated until all the components, both passive (articular surfaces, ligaments and tendons) and active (muscles), are incorporated in the final model. According to this procedure, the behavior of the human ankle during passive motion (no loads applied) has been previously modeled by a one degree of freedom 5-5 fully parallel mechanism. Starting from this model, the kinetostatic model of the human ankle joint that replicates its behavior when external loads are applied is developed. The anatomical and mechanical characteristics and the role of the passive structures are considered; a multifiber model is developed and an optimization criteria based on experimental data is proposed. Finally an application of the developed model to an amputated ankle is presented, together with the results obtained from the optimization of the geometrical and mechanical Parameters. Although some improvements can be achieved, the model is satisfactorily able to replicate the behavior of the human ankle subject to the anterior drawer and the inversion clinical tests applied in the neutral position.

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Total ankle arthroplasty (TAA) is still not as satisfactory as total hip and total knee arthroplasty. For the TAA to be considered a valuable alternative to ankle arthrodesis, an effective range of ankle mobility must be recovered. The disappointing clinical results of the current generation of TAA are mostly related to poor understanding of the structures guiding ankle joint mobility. A new design (BOX Ankle) has been developed, uniquely able to restore physiologic ankle mobility and a natural relationship between the implanted components and the retained ligaments. For the first time the shapes of the tibial and talar components in the sagittal plane were designed to be compatible with the demonstrated ligament isometric rotation. This resulted in an unique motion at the replaced ankle where natural sliding as well as rolling motion occurs while at the same time full conformity is maintained between the three components throughout the flexion arc. According to prior research, the design features a spherical convex tibial component, a talar component with radius of curvature in the sagittal plane longer than that of the natural talus, and a fully conforming meniscal component. After computer-based modelling and preliminary observations in several trial implantation in specimens, 126 patients were implanted in the period July 2003 – December 2008. 75 patients with at least 6 months follow-up are here reported. Mean age was 62,6 years (range 22 – 80), mean follow-up 20,2 months. The AOFAS clinical score systems were used to assess patient outcome. Radiographs at maximal dorsiflexion and maximal plantar flexion confirmed the meniscalbearing component moves anteriorly during dorsiflexion and posteriorly during plantarflexion. Frontal and lateral radiographs in the patients, show good alignment of the components, and no signs of radiolucency or loosening. The mean AOFAS score was observed to go from 41 pre-op to 74,6 at 6 month follow-up, with further improvement at the following follow-up. These early results reveal satisfactory clinical scores, with good recovery of range of motion and reduction of pain. Radiographic assessment reveals good osteointegration. All these preliminary results confirm biomechanical studies and the validity of this novel ligamentcompatible prosthesis design. Surely it will be important to re-evaluate these patients later.

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Il lavoro di tesi si è incentrato sull’analisi dei frammenti di manoscritti ebraici medievali rinvenuti in alcuni archivi e biblioteche dell’area emiliano-romagnola ossia, come è noto, la regione italiana che vanta il maggior numero di frammenti rinvenuti; ben 6.000 frammenti sui circa 10.000 censiti sino ad oggi in tutta l’Italia, vale a dire un numero pari al 60% del totale. Nello specifico è stato esaminato il materiale pergamenaceo ebraico conservato in Archivi e Biblioteche delle città di Cesena, Faenza ed Imola, per un totale di 230 frammenti ebraici. Ho, quindi, proceduto all’identificazione di tutti i frammenti che, se dal punto di vista testuale ci documentano parti delle principali opere ebraiche diffuse nel Medioevo, sotto l’aspetto paleografico ci attestano le tre principali tradizioni scrittorie ebraiche utilizzate in Occidente, ossia: quella italiana, la sefardita e quella ashkenazita, oltre che ad alcuni rari esempi di grafia sefardita di tipo provenzale, una tipologia rara, se si considera che fra i quasi 10.000 frammenti finora scoperti in Italia, il numero di quelli vergati in questa grafia è davvero piccolo. Successivamente ho preso in esame le caratteristiche codicologiche e paleografiche dei frammenti, in particolar modo quelle relative a rigatura, foratura, mise en page e alle varianti grafiche individuali dello scriba, fra cui abbreviazioni, segni grafici di riempimento e resa del tetragramma sacro del nome di Dio, elementi che mi hanno consentito di identificare i frammenti smembrati da uno stesso manoscritto. Ciò ha permesso di individuare ben 80 manoscritti dai quali furono smembrati i 230 frammenti ebraici rinvenuti. Infine, sulla base dei dati raccolti, è stato realizzato un catalogo di tutti i frammenti, all’interno del quale i frammenti sono stati ricomposti per manoscritto. A loro volta, i vari manoscritti, suddivisi per soggetto, sono stati ordinati per secolo, dal più antico al più recente, in base alla grafia in cui sono vergati, ossia: Italiana, Sefardita (Provenzale) o Ashkenazita e per stile: quadrata, semicorsiva e corsiva. A motivo, poi, di nuovi ritrovamenti in diverse località italiane, mi sono dedicata ad un aggiornamento della mia ricerca compiuta per la tesi di Laurea, pubblicata nel 2004, sui frammenti talmudici e midrashici scoperti negli archivi e nelle biblioteche italiani; un genere di letteratura i cui rinvenimenti, per vari motivi, sono estremamente rari. In quell’occasione furono catalogati 475 frammenti talmudici, appartenenti a 151 manoscritti diversi, databili su base paleografica tra i secc. X e XV, e 54 frammenti midrashici appartenenti ad 8 manoscritti databili tra i secc. XII e XV. Ad oggi, dopo 4 anni, sono stati scoperti 21 nuovi frammenti talmudici ed un nuovo frammento midrashico. Nello specifico di questi 21 frammenti: 17 contengono parti tratte dal Talmud babilonese e 4 dal Sefer ha-Halakot di Alfasi (un noto compendio talmudico); mentre il frammento midrashico, rinvenuto presso la Sezione di Archivio di Stato di Foligno, contiene una parte del Midrash haggadah a Deuteronomio, costituendo pertanto già di per se stesso un rinvenimento molto importante. Questo frammento, ad una prima analisi, sembrerebbe completare alcune lacune del Midrash Haggadah ai cinque libri della Torah pubblicato a Vienna nel 1894 da S. Buber sulla base del solo manoscritto esistente che, tuttavia, presentava delle lacune, come riferisce lo stesso autore nella prefazione all’opera.

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ACQUE E NAVIGAZIONE UN NUOVO MUSEO DELLE ACQUE E DELLA NAVIGAZIONE A RAVENNA L’immagine dell’acqua a Ravenna fa riscoprire una storia della città fatta di corsi e specchi d’acqua. Questi, a causa del tempo e dell’opera dell’uomo scomparvero o mutarono profondamente la loro conformazione. L’importanza quindi dello studio di come questa città abbia convissuto negli anni con l’acqua e come l’uomo si sia adattato a queste condizioni è notevole. Ora Ravenna è una citta di “terra”, collegata al mare solo tramite il canale Candiano, le attività e la vita dell’uomo si sono staccate dall’acqua e nel tempo il mare è diventato solo una “vicinanza” perdendo tutto quel fascino e quell’importanza che possedeva nei secoli precedenti. Tra i tanti aspetti del legame passato tra l’uomo e l’acqua, l’imbarcazione risulta il mezzo più tipico e caratterizzante. Grazie a tanti studi fino ad ora compiuti è possibile ricostruire una catalogazione delle imbarcazioni che hanno fatto parte della storia acquatica di Ravenna e che quindi hanno composto la sua storia. L’imbarcazione costituisce una memoria storica e tecnica, essa riflette i cambiamenti storici e tecnico-evolutivi della civiltà delle acque. L’evoluzione delle barche è delle navi è progredita di pari passo con i cambiamenti delle esigenze dell’uomo, fin dall’antichità. Una rappresentazione tra imbarcazione, storia dell'uomo e geomorfologia della acque a Ravenna fa sì che l’argomento ricopra ambiti generali sull’intera civiltà che ha popolato il ravennate. Il museo delle acque a Ravenna vuole essere perciò un percorso nel passato della città, alla scoperta dell’antico legame con l’acqua, legame che forse ormai è stato dimenticato e di cui a volte si ignora l’esistenza. Questo non comporta il forzare un legame ormai abbandonato, ma un rivivere i momenti che hanno caratterizzato la crescita della città fino allo stato attuale. Questo museo mira a integrare il cospicuo patrimonio storico museale di Ravenna andando a colmare una mancanza da me ritenuta importante, appunto una memoria storica delle vita acquatica della città e dei propri abitanti nel tempo. Il tema museale studiato e analizzato verterà su un percorso nella storia della navigazione e del legame che Ravenna ebbe con l’acqua fin dalle sue origini. Questo importante tema prevederà l’esposizione di importanti relitti navali e ritrovamenti storici per i quali sarà obbligatoria l’organizzazione di appositi spazi espositivi per un’ottima conservazione. L’edificio appare come un rigido corpo all’esterno, rivestito in pietra basaltica grigia con tonalità diverse, mentre dal lato del canale risulta notevolmente più aperto, con un lungo porticato in affaccio diretto sull’acqua che segue tutta la forma del l’edificio stesso e che si interrompe solo in prossimità della grande hall d’ingresso in vetro e acciaio. Queste caratteristiche permettono di creare due facce completamente diverse, una molto chiusa e una invece molto aperta, per enfatizzare il senso di scoperta del “mondo acqua” al momento dell’ingresso nell’edificio. Due realtà molto diverse tra loro. Il lato, che affaccia sulla nuova piazza creata all’interno dell’area, rivestito in pietra basaltica grigia, rende una sensazione di chiusura fisica, creata appositamente per stimolare la scoperta dell’acqua sul lato opposto. La facciata è rotta in maniera irregolare da feritoie, quasi come una enorme roccia sull’acqua, sul riferimento del MuMok, il Museo di Arte Moderna Fondazione Ludwig di Ortner & Ortner aVienna.

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The present study was performed to validate a spatial working memory task using pharmacological manipulations. The water escape T-maze, which combines the advantages of the Morris water maze and the T-maze while minimizes the disadvantages, was used. Scopolamine, a drug that affects cognitive function in spatial working memory tasks, significantly decreased the rat performance in the present delayed alternation task. Since glutamate neurotransmission plays an important role in the maintaining of working memory, we evaluated the effect of ionotropic and metabotropic glutamatergic receptors antagonists, administered alone or in combination, on rat behaviour. As the acquisition and performance of memory tasks has been linked to the expression of the immediately early gene cFos, a marker of neuronal activation, we also investigated the neurochemical correlates of the water escape T-maze after pharmacological treatment with glutamatergic antagonists, in various brain areas. Moreover, we focused our attention on the involvement of perirhinal cortex glutamatergic neurotransmission in the acquisition and/or consolidation of this particular task. The perirhinal cortex has strong and reciprocal connections with both specific cortical sensory areas and some memory-related structures, including the hippocampal formation and amygdala. For its peculiar position, perirhinal cortex has been recently regarded as a key region in working memory processes, in particular in providing temporary maintenance of information. The effect of perirhinal cortex lesions with ibotenic acid on the acquisition and consolidation of the water escape T-maze task was evaluated. In conclusion, our data suggest that the water escape T-maze could be considered a valid, simple and quite fast method to assess spatial working memory, sensible to pharmacological manipulations. Following execution of the task, we observed cFos expression in several brain regions. Furthermore, in accordance to literature, our results suggest that glutamatergic neurotransmission plays an important role in the acquisition and consolidation of working memory processes.

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Obiettivo del mio lavoro di tesi è stato quello di verificare la fattibilità di un nuovo processo per la produzione di acido adipico da cicloesene con due stadi di reazione. Il primo stadio di reazione prevede l’ossidazione del cicloesene con soluzione acquosa di acqua ossigenata a formare l’epossido, che idrata a 1,2-cicloesandiolo, mentre nel secondo stadio il glicole viene ossidato con ossigeno ad acido adipico. Il lavoro è stato focalizzato sullo studio del meccanismo di reazione per l’ossidazione del 1,2-cicloesandiolo ad acido adipico, utilizzando catalizzatori a base di Ru(OH)3/Al2O3, Ru(OH)3-Bi(OH)3/Al2O3, Cu/C e Cu/TiO2. Le prove condotte hanno dimostrato che i catalizzatori usati sono attivi nell’ossidazione di 1,2-cicloesandiolo, ma sono caratterizzati da scarsa selettività ad acido adipico. Dall’analisi dei risultati ottenuti si desume che la reazione richiede condizioni fortemente basiche per potere avvenire. In queste condizioni però si vengono a formare degli intermedi che reagiscono rapidamente con l’acqua e con l’ossigeno, dando luogo alla formazione di una serie di prodotti primari e secondari.

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Questa tesi di laurea nasce da una collaborazione con il Centro Studi Vitruviani di Fano, un’associazione nata il 30 Settembre 2010 nella mia città. Le note vicende riguardanti la Basilica vitruviana di Fano fanno della città adriatica il luogo più autorevole per accogliere un Centro Studi Internazionale dedicato all’opera di Vitruvio. Questa associazione è nata come contenitore di riferimento per eventi e iniziative legate al mondo della classicità intesa come momento storico, ma anche come più ampio fenomeno non solo artistico che interessa trasversalmente tutta la cultura occidentale. La creazione di un’istituzione culturale, di fondazione pubblico-privata, con l'obiettivo di porsi a riferimento internazionale per il proprio ambito di ricerca, è notizia comunque rilevante in un periodo in cui lo Stato vara l’articolo 7 comma 22 di una legge che ribadisce la fine dei finanziamenti agli enti, agli istituti, e alle fondazioni culturali. Il Centro Studi Vitruviani dovrà diventare presto sede di momenti scientifici alta, borse di studio, occasioni divulgative, mostre, iniziative didattiche. L’alto livello scientifico mi si è presentato subito chiaro durante questi mesi di collaborazione con il Centro, quando ho avuto l’occasione di incontrare e conoscere e contattare personalità quali i Professori Salvatore Settis, Pierre Gros, Howard Burns, Antonio Corso, Antonio Monterroso e Piernicola Pagliara. Attualmente nella mia città il Centro Studi ha una sede non adeguato, non è fruibile al pubblico (per problemi accessi in comune con altri Enti) e non è riconoscibile dall’esterno. L’attuale sede è all’interno del complesso conventuale del S.Agostino. Il Centro Studi mi ha proposto di valutare la possibilità di un ampliamento dell’associazione in questo edificio storico. Nel mio progetto è stato previsto un processo di acquisizione totale del complesso, con un ripensamento dell’accesso riconoscibile dall’esterno, e un progetto di rifunzionalizzazione degli spazi interni. È stata inserita un’aula per la presentazione di libri, incontri e congressi, mostre ed esposizioni, pubblicazioni culturali e specialistiche. Il fatto interessante di questa sede è che l’edificio vive sulle rovine di un tempio romano, già visitabile e inserite nelle visite della città sotterranea. Fano, infatti, è una città di mare, di luce e nello stesso tempo di architetture romane sotterranee. L’identità culturale e artistica della città è incisa nelle pieghe dei suoi resti archeologici. Le mura augustee fanesi costituiscono il tratto più lungo di mura romane conservate nelle città medio-adriatiche. Degli originari 1750 metri, ne rimangono circa 550. Di grande suggestione sono le imponenti strutture murarie rinvenute sotto il complesso del Sant’Agostino che hanno stimolato per secoli la fantasia e suscitato l'interesse di studiosi ed appassionati. Dopo la prima proposta il Centro Studi Vitruviani mi ha lanciato una sfida interessante: l’allargamento dell’area di progetto provando a ripensare ad una musealizzazione delle rovine del teatro romano dell’area adiacente. Nel 2001 l’importante rinvenimento archeologico dell’edificio teatrale ha donato ulteriori informazioni alle ricostruzione di una pianta archeologica della città romana. Questa rovine tutte da scoprire e da ripensare mi si sono presentate come un’occasione unica per il mio progetto di tesi ed, inoltre, estremamente attuali. Nonostante siano passati dieci anni dal rinvenimento del teatro, dell’area mancava un rilievo planimetrico aggiornato, un’ipotesi ricostruttiva delle strutture. Io con questo lavoro di Tesi provo a colmare queste mancanze. La cosa che ritengo più grave è la mancanca di un progetto di musealizzazione per inserire la rovina nelle visite della Fano romana sotteranea. Spero con questa tesi di aver donato materiale e suggestioni alla mia città, per far comprendere la potenzialità dell’area archeologica. Per affrontare questo progetto di Tesi sono risultate fondamentali tre esperienze maturate durante il mio percorso formativo: prima fra tutte la partecipazione nel 2009 al Seminario Internazionale di Museografia di Villa Adriana Premio di Archeologia e Architettura “Giambattista Piranesi” organizzato nella nostra facoltà dal Prof. Arch. Sandro Pittini. A noi studenti è stata data la possibilità di esercitarci in un progetto di installazioni rigorosamente temporanee all’interno del sedime archeologico di Villa Adriana, grande paradigma per l’architettura antica così come per l’architettura contemporanea. Nel corso del quarto anno della facoltà di Architettura ho avuto l’occasione di seguire il corso di Laboratorio di Restauro con i professori Emanuele Fidone e Bruno Messina. Il laboratorio aveva come obiettivo principale quello di sviluppare un approccio progettuale verso la preesistenza storica che vede l'inserimento del nuovo sull'antico non come un problema di opposizione o di imitazione, ma come fertile terreno di confronto creativo. Durante il quinto anno, ho scelto come percorso conclusivo universitario il Laboratorio di Sintesi Finale L’architettura del Museo, avendo già in mente un progetto di tesi che si rivolgesse ad un esercizio teorico di progettazione di un vero e proprio polo culturale. Il percorso intrapreso con il Professor Francesco Saverio Fera mi ha fatto comprendere come l’architettura dell'edificio collettivo, o più semplicemente dell’edificio pubblico si lega indissolubilmente alla vita civile e al suo sviluppo. È per questo che nei primi capitoli di questa Tesi ho cercato di restituire una seria e attenta analisi urbana della mia città. Nel progetto di Tesi prevedo uno spostamento dell’attuale Sezione Archeologica del Museo Civico di Fano nell’area di progetto. Attualmente la statuaria e le iscrizioni romane sono sistemate in sei piccole sale al piano terra del Palazzo Malatestiano: nel portico adiacente sono esposti mosaici e anfore sottoposte all’azione continua di volatili. Anche la Direttrice del Museo, la Dott.ssa Raffaella Pozzi è convinta del necessario e urgente spostamento. Non è possibile lasciare la sezione archeologica della città all’interno degli insufficienti spazi del Palazzo Malatestiano con centinaia di reperti e materiali vari (armi e uniformi, pesi e misure, ceramiche, staturia, marmi, anfore e arredi) chiusi e ammassati all’interno di inadeguati depositi. Il tutto è stato opportunamente motivato in un capitolo di questa Tesi. Credo fortemente che debbano essere le associazioni quali il CSV assieme al già attivissimo Archeclub di Fano e il Museo Archeologico, i veri punti di riferimento per questa rinascita culturale locale e territoriale, per promuovere studi ed iniziative per la memoria, la tutela e la conservazione delle fabbriche classiche e del locale patrimonio monumentale. Questo lavoro di Tesi vuole essere un esercizio teorico che possa segnare l’inizio di un nuovo periodo culturale per la mia città, già iniziato con l’istituzione del Centro Studi Vitruviani. L’evento folkloristico della Fano dei Cesari, una manifestazione sicuramente importante, non può essere l’unico progetto culturale della città! La “Fano dei Cesari” può continuare ad esistere, ma deve essere accompagnata da grandi idee, grandi mostre ed eventi accademici.

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Introduction Phospholipase Cb1 (PLC-β1) is a key player in the regulation of nuclear inositol lipid signaling and of a wide range of cellular functions, such as proliferation and differentiation (1,2,3). PLCb1 signaling depends on the cleavage of phosphatidylinositol 4,5-bisphosphate and the formation of the second messengers diacylglycerol and Inositol tris-phosphate which activate canonical protein kinase C (cPKC) isoforms. Here we describe a proteomic approach to find out a potential effector of nuclear PLC-b1 dependent signaling during insulin stimulated myogenic differentiation. Methods Nuclear lysates obtained from insulin induced C2C12 myoblasts were immunoprecipitated with anti-phospho-substrate cPKC antibody. Proteins, stained with Comassie blue, were excised, digested and subsequently analysed in LC-MS/MS. For peptide sequence searching, the mass spectra were processed and analyzed using the Mascot MS/MS ion search program with the NCBI database. Western blotting, GST-pull down and co-immunoprecipitation were performed to study the interaction between eEF1A2 and cPKCs. Site direct mutagenesis was performed to confirm the phosphorylated motif recognized by the antibody. Immunofluorescence analysis, GFP-tagged eEF1A2 vector and subcellular fractionation were performed to study nuclear localization and relative distribution of eEF1A2. Results We have previously shown that PLC-β1 is greatly increased at the nuclear level during insulin-induced myoblasts differentiation and that this nuclear localization is essential for induction of differentiation. Thus, nuclear proteins of insulin stimulated C2C12 myoblasts, were immunoprecipitated with an anti-phospho-substrate cPKC antibody. After Electrophoretic gel separation of proteins immunoprecipitated, several molecules were identified by LC-MS/MS. Among these most relevant and unexpected was eukaryotic elongation factor 1 alpha 2 (eEF1A2). We found that eEF1A2 is phosphorylated by PKCb1 and that these two molecules coimmunolocalized at the nucleolar level. eEF1A2 could be phosphorylated in many sites among which both threonine and serine residues. By site direct mutagenesis we demonstrated that it is the serine residue of the motif recognized by the antibody that is specifically phosphorylated by PKCb1. The silencing of PLCb1 gives rise to a reduction of expression and phosphorylation levels of eEF1A2 indicating this molecule as a target of nuclear PLCb1 regulatory network during myoblasts differentiation.

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La trasformazione di glicerolo ad acido acrilico può essere un fattore importante per la valorizzazione del processo di produzione di biodiesel, il quale prevede la coproduzione di enormi quantità di glicerolo. La sintesi di acido acrilico in un unico step è stata studiata attraverso vari catalizzatori solidi bifunzionali di diversa natura, contenenti proprietà acide e redox. I catalizzatori devono avere un’adeguata acidità di Brønsted per promuovere la trasformazione di glicerolo ad acroleina, mentre le proprietà ossidanti, necessarie per la sintesi di acido acrilico sono ottenute mediante l’inserimento di un metallo ossidante nella struttura. Si vuole quindi sintetizzare e testare una serie di catalizzatori che mostrino questa bifunzionalità in grado di soddisfare requisiti di attività e selettività nei confronti della reazioni . Per questo studio sono stati sintetizzati e caratterizzati ossidi misti di W/V, nella forma di aggregati dispersi sulla titania ed ossidi misti di Zr/Nb/V in struttura bulk. Sono stati quindi eseguiti dei test di reattività in fase gas ed in presenza di ossigeno utilizzando un reattore tubolare in quarzo a letto fisso.

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Questo progetto intende indagare il rapporto privilegiato che Derek Walcott intesse con gli scrittori che lo hanno preceduto, e in particolare con T.S.Eliot. Attraverso l ‘analisi di un percorso mitografico letterario emerge la rilevanza che per entrambi i poeti assumono sia il paesaggio che il mito. La ricerca svolta si focalizza prevalentemente su The Waste Land di T.S.Eliot e Mappa del Nuovo Mondo di Derek Walcott.

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La presente ricerca prende in esame le dinamiche archeologiche e storiche della regione egiziana del Fayyum durante il Nuovo Regno (1552 – 1069 a.C.). L’elaborato è suddiviso in quattro parti: la prima analizza tutti i contesti archeologici che hanno restituito materiale databile al Bronzo Tardo, la seconda riguarda, invece, la catalogazione di tutti i documenti iscritti provenienti dalla regione e databili al medesimo periodo. La terza parte rappresenta la sintesi dei dati acquisiti nelle due precedenti sezioni e descrive il divenire storico regionale tra XVIII, XIX e XX dinastia, mentre la quarta parte, un’appendice prosopografica, chiude l’intero studio. I contesti archeologici fayyumici che hanno restituito materiale databile al Bronzo Tardo sono solamente sette: Gurob, el-Lahun, Haraga, Hawara, Medinet Madi, Shedet e Tebtynis. La distribuzione della documentazione tende a concentrarsi, dal punto di vista territoriale nell’area d’ingresso della regione, mentre dal punto di vista cronologico sono molto ben attestate la seconda metà dell’epoca thutmoside, l’età amarniana e la prima parte dell’epoca ramesside. Per quanto la documentazione regionale pertinente al Nuovo Regno sia estremamente rarefatta, soprattutto se paragonata a quella contestualizzabile cronologicamente ad altri periodi storici, un’attenta analisi delle testimonianze porta a collocare il Fayyum in una fitta trama di rapporti politici, economici e militari non solo con il resto del Paese ma anche con altre aree geografiche, esterne all’Egitto.

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Il tema oggetto della tesi riguarda la riqualificazione del nuovo waterfront per la città di Pondicherry situata nell'India del sud. Dopo una attenta analisi sulla città, comprendente un'ampia analisi storica e cartografica, l'analisi del verde e dell'acqua, del tessuto edilizio e dell'emergenza abitativa che la città si trova ad affrontare, è stato scelto di progettare una nuova darsena come polo attrattivo al cui interno fossero previsti spazi per la comunità ed il turismo: un museo del mare, un hotel, un parco pubblico, un sistema di piazze e zone di sosta all'aperto, un complesso residenziale di espansione.