108 resultados para Vejiga urinaria hiperactiva


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La sindrome nefrosica (SN) è definita come la presenza concomitante di una proteinuria maggiore di 3.5g/24 h, ipoalbuminemia, ipercolesterolemia e presenza di edemi. I pazienti con SN sono più a rischio di quelli che presentano una nefropatia glomerulare non nefrosica (NNGD) per lo sviluppo di ipertensione, ipernatremia, complicazioni tromboemboliche e comparsa di insufficienza renale. In Medicina Veterinaria, la Letteratura riguardante l’argomento è molto limitata e non è ben nota la correlazione tra SN e gravità della proteinuria, ipoalbuminemia e sviluppo di tromboembolismo. L’obiettivo del presente studio retrospettivo è stato quello di descrivere e caratterizzare le alterazioni cliniche e clinicopatologiche che si verificano nei pazienti con rapporto proteine urinarie:creatinina urinaria (UPC) >2 con lo scopo di inquadrare con maggiore precisione lo stato clinico di questi pazienti e individuare le maggiori complicazioni a cui possono andare incontro. In un periodo di nove anni sono stati selezionati 338 cani e suddivisi in base ad un valore cut-off di UPC≥3.5. Valori mediani di creatinina, urea, fosforo, albumina urinaria, proteina C reattiva (CRP) e fibrinogeno sono risultati al di sopra del limite superiore dell’intervallo di riferimento, valori mediani di albumina sierica, ematocrito, antitrombina al disotto del limite inferiore di riferimento. Pazienti con UPC≥3.5 hanno mostrato concentrazioni di albumine, ematocrito, calcio, Total Iron Binding Capacity (TIBC), significativamente minori rispetto a quelli con UPC<3.5, concentrazioni di CRP, di urea e di fosforo significativamente maggiori. Nessuna differenza tra i gruppi nelle concentrazioni di creatinina colesterolo, trigliceridi, sodio, potassio, cloro, ferro totale e pressione sistolica. I pazienti con UPC≥3.5 si trovano verosimilmente in uno “stato infiammatorio” maggiore rispetto a quelli con UPC<3.5, questa ipotesi avvalorata dalle concentrazioni minori di albumina, di transferrina e da una concentrazione di CRP maggiore. I pazienti con UPC≥3.5 non presentano concentrazioni di creatinina più elevate ma sono maggiormente a rischio di anemia.

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Introduzione: la leishmaniosi canina (CanL) è una malattia infettiva, trasmessa da vettore e sostenuta da un protozoo, la Leishmania infantum. La CanL ha assunto sempre più importanza sia in medicina veterinaria che in medicina umana. La leishmaniosi è fortemente associata allo sviluppo di una nefropatia cronica. Disegno dello studio: studio di coorte retrospettivo. Obiettivo: individuare le alterazioni clinico-patologiche prevalenti al momento dell’ammissione e durante il follow-up del paziente, per identificare quelle con un valore prognostico maggiore. Materiali e metodi: 167 cani, per un totale di 187 casi trattati, con diagnosi sierologica e/o citologica di Leishmaniosi e dati ematobiochimici completi, elettroforesi sierica, analisi delle urine e biochimica urinaria comprensiva di proteinuria (UPC) ed albuminuria (UAC), profilo coagulativo (ATIII, d-Dimeri, Fibrinogeno) e marker d’infiammazione (CRP). Dei pazienti inclusi è stato seguito il follow-up clinico e clinicopatologico per un periodo di tempo di due anni e sono stati considerati. Risultati: Le alterazione clinicopatologiche principali sono state anemia (41%), iperprotidemia (42%), iperglobulinemia (75%), ipoalbuminemia (66%), aumento della CRP (57%), incremento dell’UAC (78%), aumento dell’UPC (70%), peso specifico inadeguato (54%) e riduzione dell’ATIII (52%). Il 37% dei pazienti non era proteinurico e di questi il 27% aveva già un’albuminuria patologica. Il 38% dei pazienti aveva una proteinuria nefrosica (UPC>2,5) e il 22% era iperazotemico. I parametri clinicopatologici hanno mostrato una tendenza a rientrare nella normalità dopo il 90° giorno di follow-up. La creatinina sierica, tramite un analisi multivariata, è risultata essere il parametro correlato maggiormente con l’outcome del paziente. Conclusione: i risultati ottenuti in funzione dell’outcome dei pazienti hanno mostrato che i soggetti deceduti durante il follow-up, al momento dell’ammissione avevano valori di creatinina, UPC e UAC più elevati e ingravescenti. Inoltre l’UAC può venire considerato un marker precoce di nefropatia e la presenza di iperazotemia all’ammissione, in questi pazienti, ha un valore prognostico negativo.

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Il trigono della vescica urinaria (UBT) è un'area limitata attraverso la quale penetrano nella vescica la maggior parte dei vasi e fibre e in cui le fibre nervose e neuroni intramurali sono più concentrati. Mediante l’utilizzo combinato di un tracciante retrogrado(FB) e dell’immunoistochimica sono stati valutati il fenotipo e l’area del soma dei neuroni dei gangli spinali (DRG), dei neuroni post-gangliari, il fenotipo dei gangli della catena simpatica (STG) e i gangli mesenterici caudali (CMG) innervanti l’UBT. - Caratterizzazione dei neuroni dei DRG con: peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP)(30±3%, 29±3%, rispettivamente), sostanza P(SP)(26±8%, 27±12%), ossido nitrico sintasi neuronale (nNOS)(21±4%; 26±7%), neurofilamento 200kDa (NF200)(75±14%, 81±7% ) , transient receptor potential vanilloid1 (TRPV1)(48±13%, 43±6%) e isolectina-B4-positivi (IB4) (56±6%;43±10%). I neuroni sensoriali, distribuiti da L2 a Ca1 (DRG), hanno presentato una localizzazione segmentale, mostrando maggior densità nei DRG L4-L5 e S2-S4. I neuroni sensoriali lombari sono risultati significativamente più grandi di quelle sacrali (1.112±624μm2 vs716±421μm2). Complessivamente, questi dati indicano che le vie lombari e sacrali probabilmente svolgono ruoli diversi nella trasmissione sensitiva del trigono della vescica urinaria. -I neuroni FB+ della STG e dei CMG sono risultati immunoreattivi per la tirosina idrossilasi (TH)(66±10,1%, 53±8,2%, rispettivamente), la dopamina beta-idrossilasi (DβH)(62±6,2%, 52±6,2%), neuropeptideY (NPY)(59±8%; 66±7%), CGRP(24±3%, 22±3%), SP(22±2%; 38±8%), polipeptide intestinale vasoattivo (VIP)(19±2%; 35±4%), nNOS(15±2%; 33±8%), trasportatore vescicolare dell'acetilcolina (VAChT)(15±2%; 35±5%), leu-encefalina (LENK)(14±7%; 26±9%), e somatostatina (SOM)(12±3%;32±7%).Il numero medio di neuroni FB+ (1845,1±259,3) era nella STG in L1-S3, con i pirenofori più piccoli (465,6±82.7μm2). Un gran numero (4287,5±1450,6) di neuroni FB+ di piccole dimensioni (476,1±103,9μm2) sono stati localizzati lungo il margine dei CMG. Il maggior numero (4793,3±1990,8) di neuroni FB + è stato osservato nel plesso pelvico, dove i neuroni marcati erano raggruppati in micro-gangli e con pirenoforo ancora più piccolo (374,9±85,4 μm2).

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CONTEXT The European Association of Urology (EAU) guidelines on urinary incontinence published in March 2012 have been rewritten based on an independent systematic review carried out by the EAU guidelines panel using a sustainable methodology. OBJECTIVE We present a short version here of the full guidelines on the surgical treatment of patients with urinary incontinence, with the aim of dissemination to a wider audience. EVIDENCE ACQUISITION Evidence appraisal included a pragmatic review of existing systematic reviews and independent new literature searches based on Population, Intervention, Comparator, Outcome (PICO) questions. The appraisal of papers was carried out by an international panel of experts, who also collaborated in a series of consensus discussions, to develop concise structured evidence summaries and action-based recommendations using a modified Oxford system. EVIDENCE SUMMARY The full version of the guidance is available online (www.uroweb.org/guidelines/online-guidelines/). The guidance includes algorithms that refer the reader back to the supporting evidence and have greater accessibility in daily clinical practice. Two original meta-analyses were carried out specifically for these guidelines and are included in this report. CONCLUSIONS These new guidelines present an up-to-date summary of the available evidence, together with clear clinical algorithms and action-based recommendations based on the best available evidence. Where high-level evidence is lacking, they present a consensus of expert panel opinion.

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Cerca de un tercio de las mujeres tienen incontinencia urinaria, y hasta la décima parte tiene incontinencia fecal después del parto. Cada vez con más frecuencia se recomienda el entrenamiento de la musculatura del suelo pélvico durante el embarazo y después del nacimiento para la prevención y el tratamiento de la incontinencia. En este artículo se repasa el estado de la cuestión sobre este tema, a partir de la bibliografía relacionada con el efecto del fortalecimiento del suelo pélvico sobre la continencia y el parto. A la vista de las revisiones sobre los ejercicios de foralecimiento del suelo pélvico en el transcurso el embarazo y su efecto sobre la incontinencia urinaria y fecal durante el mismo y en el posparto, se puede afirmar que el entrenamiento es efectivo. Sin embargo, este efecto beneficioso desaparece a largo plazo si se interrumpe el entrenamiento. No se han descrito efectos adversos de estos ejercicios, y además pueden facilitar el parto

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El cáncer de próstata es el tipo de cáncer con mayor prevalencia entre los hombres del mundo occidental y, pese a tener una alta tasa de supervivencia relativa, es la segunda mayor causa de muerte por cáncer en este sector de la población. El tratamiento de elección frente al cáncer de próstata es, en la mayoría de los casos, la radioterapia externa. Las técnicas más modernas de radioterapia externa, como la radioterapia modulada en intensidad, permiten incrementar la dosis en el tumor mientras se reduce la dosis en el tejido sano. Sin embargo, la localización del volumen objetivo varía con el día de tratamiento, y se requieren movimientos muy pequeños de los órganos para sacar partes del volumen objetivo fuera de la región terapéutica, o para introducir tejidos sanos críticos dentro. Para evitar esto se han desarrollado técnicas más avanzadas, como la radioterapia guiada por imagen, que se define por un manejo más preciso de los movimientos internos mediante una adaptación de la planificación del tratamiento basada en la información anatómica obtenida de imágenes de tomografía computarizada (TC) previas a la sesión terapéutica. Además, la radioterapia adaptativa añade la información dosimétrica de las fracciones previas a la información anatómica. Uno de los fundamentos de la radioterapia adaptativa es el registro deformable de imágenes, de gran utilidad a la hora de modelar los desplazamientos y deformaciones de los órganos internos. Sin embargo, su utilización conlleva nuevos retos científico-tecnológicos en el procesamiento de imágenes, principalmente asociados a la variabilidad de los órganos, tanto en localización como en apariencia. El objetivo de esta tesis doctoral es mejorar los procesos clínicos de delineación automática de contornos y de cálculo de dosis acumulada para la planificación y monitorización de tratamientos con radioterapia adaptativa, a partir de nuevos métodos de procesamiento de imágenes de TC (1) en presencia de contrastes variables, y (2) cambios de apariencia del recto. Además, se pretende (3) proveer de herramientas para la evaluación de la calidad de los contornos obtenidos en el caso del gross tumor volumen (GTV). Las principales contribuciones de esta tesis doctoral son las siguientes: _ 1. La adaptación, implementación y evaluación de un algoritmo de registro basado en el flujo óptico de la fase de la imagen como herramienta para el cálculo de transformaciones no-rígidas en presencia de cambios de intensidad, y su aplicabilidad a tratamientos de radioterapia adaptativa en cáncer de próstata con uso de agentes de contraste radiológico. Los resultados demuestran que el algoritmo seleccionado presenta mejores resultados cualitativos en presencia de contraste radiológico en la vejiga, y no distorsiona la imagen forzando deformaciones poco realistas. 2. La definición, desarrollo y validación de un nuevo método de enmascaramiento de los contenidos del recto (MER), y la evaluación de su influencia en el procedimiento de radioterapia adaptativa en cáncer de próstata. Las segmentaciones obtenidas mediante el MER para la creación de máscaras homogéneas en las imágenes de sesión permiten mejorar sensiblemente los resultados de los algoritmos de registro en la región rectal. Así, el uso de la metodología propuesta incrementa el índice de volumen solapado entre los contornos manuales y automáticos del recto hasta un valor del 89%, cercano a los resultados obtenidos usando máscaras manuales para el registro de las dos imágenes. De esta manera se pueden corregir tanto el cálculo de los nuevos contornos como el cálculo de la dosis acumulada. 3. La definición de una metodología de evaluación de la calidad de los contornos del GTV, que permite la representación de la distribución espacial del error, adaptándola a volúmenes no-convexos como el formado por la próstata y las vesículas seminales. Dicha metodología de evaluación, basada en un nuevo algoritmo de reconstrucción tridimensional y una nueva métrica de cuantificación, presenta resultados precisos con una gran resolución espacial en un tiempo despreciable frente al tiempo de registro. Esta nueva metodología puede ser una herramienta útil para la comparación de distintos algoritmos de registro deformable orientados a la radioterapia adaptativa en cáncer de próstata. En conclusión, el trabajo realizado en esta tesis doctoral corrobora las hipótesis de investigación postuladas, y pretende servir como cimiento de futuros avances en el procesamiento de imagen médica en los tratamientos de radioterapia adaptativa en cáncer de próstata. Asimismo, se siguen abriendo nuevas líneas de aplicación futura de métodos de procesamiento de imágenes médicas con el fin de mejorar los procesos de radioterapia adaptativa en presencia de cambios de apariencia de los órganos, e incrementar la seguridad del paciente. I.2 Inglés Prostate cancer is the most prevalent cancer amongst men in the Western world and, despite having a relatively high survival rate, is the second leading cause of cancer death in this sector of the population. The treatment of choice against prostate cancer is, in most cases, external beam radiation therapy. The most modern techniques of external radiotherapy, as intensity modulated radiotherapy, allow increasing the dose to the tumor whilst reducing the dose to healthy tissue. However, the location of the target volume varies with the day of treatment, and very small movements of the organs are required to pull out parts of the target volume outside the therapeutic region, or to introduce critical healthy tissues inside. Advanced techniques, such as the image-guided radiotherapy (IGRT), have been developed to avoid this. IGRT is defined by more precise handling of internal movements by adapting treatment planning based on the anatomical information obtained from computed tomography (CT) images prior to the therapy session. Moreover, the adaptive radiotherapy adds dosimetric information of previous fractions to the anatomical information. One of the fundamentals of adaptive radiotherapy is deformable image registration, very useful when modeling the displacements and deformations of the internal organs. However, its use brings new scientific and technological challenges in image processing, mainly associated to the variability of the organs, both in location and appearance. The aim of this thesis is to improve clinical processes of automatic contour delineation and cumulative dose calculation for planning and monitoring of adaptive radiotherapy treatments, based on new methods of CT image processing (1) in the presence of varying contrasts, and (2) rectum appearance changes. It also aims (3) to provide tools for assessing the quality of contours obtained in the case of gross tumor volume (GTV). The main contributions of this PhD thesis are as follows: 1. The adaptation, implementation and evaluation of a registration algorithm based on the optical flow of the image phase as a tool for the calculation of non-rigid transformations in the presence of intensity changes, and its applicability to adaptive radiotherapy treatment in prostate cancer with use of radiological contrast agents. The results demonstrate that the selected algorithm shows better qualitative results in the presence of radiological contrast agents in the urinary bladder, and does not distort the image forcing unrealistic deformations. 2. The definition, development and validation of a new method for masking the contents of the rectum (MER, Spanish acronym), and assessing their impact on the process of adaptive radiotherapy in prostate cancer. The segmentations obtained by the MER for the creation of homogenous masks in the session CT images can improve significantly the results of registration algorithms in the rectal region. Thus, the use of the proposed methodology increases the volume overlap index between manual and automatic contours of the rectum to a value of 89%, close to the results obtained using manual masks for both images. In this way, both the calculation of new contours and the calculation of the accumulated dose can be corrected. 3. The definition of a methodology for assessing the quality of the contours of the GTV, which allows the representation of the spatial distribution of the error, adapting it to non-convex volumes such as that formed by the prostate and seminal vesicles. Said evaluation methodology, based on a new three-dimensional reconstruction algorithm and a new quantification metric, presents accurate results with high spatial resolution in a time negligible compared to the registration time. This new approach may be a useful tool to compare different deformable registration algorithms oriented to adaptive radiotherapy in prostate cancer In conclusion, this PhD thesis corroborates the postulated research hypotheses, and is intended to serve as a foundation for future advances in medical image processing in adaptive radiotherapy treatment in prostate cancer. In addition, it opens new future applications for medical image processing methods aimed at improving the adaptive radiotherapy processes in the presence of organ’s appearance changes, and increase the patient safety.

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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione

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En la actualidad son muy pocos los usos vigentes. Aunque los dátiles son la materia utilizada con mayor frecuencia, también se han empleado la savia, el polen y el cogollo tierno o palmito. Los dátiles de Phoenix dactylifera se utilizaron como analgésico y para tratar la anemia y trastornos digestivos, o para fortalecer las encías, en el tratamiento de la disfunción eréctil y como afrodisiacos, para facilitar el parto y calmar los dolores postparto, y tratar el prolapso de la matriz o para el exceso de flujo menstrual. También se utilizaron como diuréticos, para la disuria y en trastornos de la vejiga. El uso que más claramente ha persistido es el tratamiento de diversos problemas respiratorios. En uso externo se utilizaron para tratar problemas de la piel, heridas, hemorragias y hemorroides. De la palmera de Canarias (Phoenix canariensis), especialmente en la isla de la Gomera, la savia cruda o guarapo, su concentrado o miel de palma y los resultantes de su fermentación (vino de palma) se consumen como alimento y también se utilizan como diurético, remedio de trastornos génitourinarios, digestivo, para infecciones de la cavidad bucal, expectorante, antitusígeno y para las irritaciones de garganta. En el Toledo de Al-Andalus las espatas de P. dactylifera se utilizaron, hace casi mil años, en el tratamiento de la debilidad, los dolores, nefritis, las enfermedades de la vejiga, trastornos hepáticos (también como preventivo), diarrea, trastornos digestivos, dolores en el abdomen y en el estómago, excesivo sangrado menstrual, úlceras en la piel y sarna, dolores articulares y trastornos cardiacos. La fitoterapia racional debería prestar atención a este recurso, considerar la evidencia científica disponible (farmacológica e incluso clínica) e incorporarlo a nuestro repertorio terapéutico.

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Introducción: Las esferas vaginales también son conocidas como bolas chinas, bolas vaginales, bolas del amor, bolas de geisha, Rin no tama, bolas Ben Wa. Ayudan a fortalecer el suelo pélvico. Estas producen una microvibración al moverse la bola del interior, favoreciendo la musculatura del suelo pélvico y aumentando el riego sanguíneo a nivel de la pelvis. Hay esferas de diferente peso, par su indicación el suelo pélvico debe estar tónico. Objetivo: Revisar la literatura sobre la efectividad de las esferas vaginales e incrementar los conocimientos de los profesionales sobre este tipo de tratamiento propioceptivo, que resulta eficaz para muchas mujeres por su fácil utilización. Metodología: Búsqueda bibliográfica en las bases de datos: Cochrane Plus, Medline, Gerion, Scielo, Cuiden, Biblioteca de Salud Reproductiva de la OMS y google académico. Resultados: Las esferas vaginales son eficaces en el tratamiento de la incontinencia urinaria y fecal y para el entrenamiento del suelo pélvico. La incontinencia urinaria es un problema frecuente y molesto, que puede llegar a interferir en el trabajo, en la vida social y sexual. Hay necesidad de más ensayos para evaluar los métodos y protocolos de entrenamiento adecuados para la prevención de la incontinencia, del prolapso y de la disfunción sexual. Conclusión: Se ha evidenciado que las esferas vaginales son eficaces en el tratamiento de mujeres con incontinencia urinaria de esfuerzo e igualmente efectivas, en el entrenamiento muscular del suelo pélvico.

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