968 resultados para Second century BC


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Pós-graduação em História - FCLAS

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Gli scavi effettuati a Classe, a sud di Ravenna, presso i siti archeologici dell'area portuale e della Basilica di San Severo, hanno portato alla luce un numero abbondante di moneta, 2564 dall'area portuale e 224 dalla basilica, un totale di 2788 reperti monetali, di cui solo 863 sono leggibili e databili. La datazione dei materiali dell’area portuale, fondata agli inizi del V secolo, parte dal II secolo a.C. fino all’VIII secolo d.C.. La maggior parte dei reperti è relativa al periodo tra il IV e il VII secolo, il momento di massima importanza del porto commerciale, con testimonianza di scambi con altri porti del bacino mediterraneo, in particolare con l’Africa del Nord e il Vicino Oriente. La documentazione proveniente dalla Basilica di San Severo, fondata alla fine del VI secolo per la custodia delle reliquie del santo, mostra un trend diverso dal precedente, con monetazione che copre un arco cronologico dal I secolo a.C. fino al XIV secolo d.C.. La continuità dell’insediamento è dimostrato dall’evidenza numismatica, seppur scarsa, fino alla costruzione del monastero a sud della basilica, l’area dalla quale provengono la maggior parte delle monete. I quantitativi importanti di monetazione tardoantica, ostrogota e bizantina, in particolare di tipi specifici come il Felix Ravenna, ipoteticamente coniato a Roma, oppure il ½ e il 1/4 di follis di produzione saloniana emesso da Giustiniano I, hanno concesso uno studio dettagliato per quello che riguarda il peso, le dimensioni e lo stile di produzione di queste emissioni. Questi dati e la loro distribuizione sul territorio ha suggerito nuove ipotesi per quello che riguarda la produzione di questi due tipi presso la zecca di Ravenna. Un altro dato importante è il rinvenimento di emissioni di Costantino VIII, alcune rare e altre sconosciute, rinvenute solo nel territorio limitrofo a Classe e Ravenna.

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La tesi riguarda la concessione di spazi di proprietà pubblica a privati, intesi come singole persone o enti, quali ad esempio i collegi, da parte delle autorità cittadine. Le fonti a disposizione per indagare tale pratica burocratica sono quasi totalmente di natura epigrafica, per lo più attestanti l’espressione locus datus decreto decurionum, variamente abbreviata, o formule similari. Questo aspetto della vita civica è stata cursoriamente oggetto di studio in diversi contributi, ma si tratta di articoli che circoscrivono il tema, analizzandolo in relazione a ristrette aree geografiche, oppure considerandone determinati aspetti (ad esempio l’ambito sacro o quello funerario). Si è perciò ritenuto utile proseguire questa linea di ricerca affrontando uno studio di più ampio raggio, che comprenda la documentazione epigrafica dell’intero territorio italico (costituito dalle undici regioni augustee ad esclusione di Roma), per tutte le tipologie testuali (iscrizioni sacre, funerarie, onorarie, su opera pubblica, exempla decreti), allo scopo di formulare osservazioni più precise e puntuali sulla procedura burocratica in esame, pur con tutti i limiti noti a chi affronti questo genere di indagine. Tra le conclusioni raggiunte, è emerso come durante il I-II sec. d.C. vi fosse la tendenza a concedere, sporadicamente, dei loca sepulturae extraurbani a membri delle famiglie delle élites cittadine, anche donne e fanciulli, mentre il foro e le altre aree pubbliche interne alla città erano soprattutto utilizzate direttamente dai decurioni per l’elevazione di dediche e statue. Nel corso del II sec. d.C., con massima diffusione nell’età antonina e poi in quella severiana, prese invece piede l’uso privato a scopo onorario degli spazi pubblici siti all’interno delle città, ovvero in aree prima pressoché precluse all’intervento di singoli cittadini: familiari e liberti, collegi e altri organismi commissionavano statue dedicate prevalentemente agli amministratori locali, magistrati cittadini spesso divenuti anche cavalieri.

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Il ritrovamento della Casa dei due peristili a Phoinike ha aperto la strada a un’intensa opera di revisione di tutti i dati relativi all’edilizia domestica nella regione, con studi comparativi verso nord (Illiria meridionale) e verso sud (il resto dell’Epiro, ovvero Tesprozia e Molossia). Tutta quest’area della Grecia nord-occidentale è stata caratterizzata nell’antichità da un’urbanizzazione scarsa numericamente e tardiva cronologicamente (non prima del IV sec. a.C.), a parte ovviamente le colonie corinzio-corciresi di area Adriatico- Ionica d’età arcaica (come Ambracia, Apollonia, Epidamnos). A un’urbanistica di tipo razionale e programmato (ad es. Cassope, Orraon, Gitani in Tesprozia, Antigonea in Caonia) si associano numerosi casi di abitati cresciuti soprattutto in rapporto alla natura del suolo, spesso diseguale e montagnoso (ad es. Dymokastro/Elina in Tesprozia, Çuka e Aitoit nella Kestrine), talora semplici villaggi fortificati, privi di una vera fisionomia urbana. D’altro canto il concetto classico di polis così come lo impieghiamo normalmente per la Grecia centro-meridionale non ha valore qui, in uno stato di tipo federale e dominato dall’economia del pascolo e della selva. In questo contesto l’edilizia domestica assume caratteri differenti fra IV e I sec. a.C.: da un lato le città ortogonali ripetono schemi egualitari con poche eccezioni, soprattutto alle origini (IV sec. a.C., come a Cassope e forse a Gitani), dall’altro si delinea una spiccata differenziazione a partire dal III sec., quando si adottano modelli architettonici differenti, come i peristili, indizio di una più forte differenziazione sociale (esemplari i casi di Antigonea e anche di Byllis in Illiria meridionale). I centri minori e fortificati d’altura impiegano formule abitative più semplici, che sfruttano l’articolazione del terreno roccioso per realizzare abitazioni a quote differenti, utilizzando la roccia naturale anche come pareti o pavimenti dei vani.

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Since historical times, coastal areas throughout the eastern Mediterranean are exposed to tsunami hazard. For many decades the knowledge about palaeotsunamis was solely based on historical accounts. However, results from timeline analyses reveal different characteristics affecting the quality of the dataset (i.e. distribution of data, temporal thinning backward of events, local periodization phenomena) that emphasize the fragmentary character of the historical data. As an increasing number of geo-scientific studies give convincing examples of well dated tsunami signatures not reported in catalogues, the non-existing record is a major problem to palaeotsunami research. While the compilation of historical data allows a first approach in the identification of areas vulnerable to tsunamis, it must not be regarded as reliable for hazard assessment. Considering the increasing economic significance of coastal regions (e.g. for mass tourism) and the constantly growing coastal population, our knowledge on the local, regional and supraregional tsunami hazard along Mediterranean coasts has to be improved. For setting up a reliable tsunami risk assessment and developing risk mitigation strategies, it is of major importance (i) to identify areas under risk and (ii) to estimate the intensity and frequency of potential events. This approach is most promising when based on the analysis of palaeotsunami research seeking to detect areas of high palaeotsunami hazard, to calculate recurrence intervals and to document palaeotsunami destructiveness in terms of wave run-up, inundation and long-term coastal change. Within the past few years, geo-scientific studies on palaeotsunami events provided convincing evidence that throughout the Mediterranean ancient harbours were subject to strong tsunami-related disturbance or destruction. Constructed to protect ships from storm and wave activity, harbours provide especially sheltered and quiescent environments and thus turned out to be valuable geo-archives for tsunamigenic high-energy impacts on coastal areas. Directly exposed to the Hellenic Trench and extensive local fault systems, coastal areas in the Ionian Sea and the Gulf of Corinth hold a considerably high risk for tsunami events, respectively.Geo-scientific and geoarcheaological studies carried out in the environs of the ancient harbours of Krane (Cefalonia Island), Lechaion (Corinth, Gulf of Corinth) and Kyllini (western Peloponnese) comprised on-shore and near-shore vibracoring and subsequent sedimentological, geochemical and microfossil analyses of the recovered sediments. Geophysical methods like electrical resistivity tomography and ground penetrating radar were applied in order to detect subsurface structures and to verify stratigraphical patterns derived from vibracores over long distances. The overall geochronological framework of each study area is based on radiocarbon dating of biogenic material and age determination of diagnostic ceramic fragments. Results presented within this study provide distinct evidence of multiple palaeotsunami landfalls for the investigated areas. Tsunami signatures encountered in the environs of Krane, Lechaion and Kyllini include (i) coarse-grained allochthonous marine sediments intersecting silt-dominated quiescent harbour deposits and/or shallow marine environments, (ii) disturbed microfaunal assemblages and/or (iii) distinct geochemical fingerprints as well as (iv) geo-archaeological destruction layers and (v) extensive units of beachrock-type calcarenitic tsunamites. For Krane, geochronological data yielded termini ad or post quem (maximum ages) for tsunami event generations dated to 4150 ± 60 cal BC, ~ 3200 ± 110 cal BC, ~ 650 ± 110 cal BC, and ~ 930 ± 40 cal AD, respectively. Results for Lechaion suggest that the harbour was hit by strong tsunami impacts in the 8th-6th century BC, the 1st-2nd century AD and in the 6th century AD. At Kyllini, the harbour site was affected by tsunami impact in between the late 7th and early 4th cent. BC and between the 4th and 6th cent. AD. In case of Lechaion and Kyllini, the final destruction of the harbour facilities also seems to be related to the tsunami impact. Comparing the tsunami signals obtained for each study areas with geo-scientific data from palaeotsunami events from other sites indicates that the investigated harbour sites represent excellent geo-archives for supra-regional mega-tsunamis.

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Vorliegende Dissertation beschäftigt sich mit der Populationsgenetik eisenzeitlicher Bevölkerungen der Eurasischen Steppe, die mit der skythischen Kultur assoziiert werden. Für die Analysen wurden 30 Fragmente der kodierenden Region und die HVR1 (16040–16400) des mitochondrialen Genoms, sowie 20 phänotypische Marker untersucht. Die Marker wurden durch Multiplex-PCRs angereichert, mit einem probenspezifischen barcode versehen und einer parallelen Sequenzanalyse mit dem 454 GS FLX Sequenzierer unterzogen. 97 Individuen wurden erfolgreich analysiert, von denen 19 aus dem Westen der Eurasischen Steppe und 78 aus dem Bereich des Altai-Gebirges stammen. Die populationsgenetischen Analysen ergaben geringe genetische Distanzen zwischen den skythischen Populationen aus dem Bereich des Altai-Gebirges, die sich vom 9. bis zum 3. Jahrhundert vor Christus erstrecken, was für eine kontinuierliche Bevölkerungsentwicklung sprechen könnte. Weiterhin finden sich geringe genetische Distanzen zwischen den Gruppen im Osten und Westen der Eurasischen Steppe, was auf eine gemeinsame Ursprungspopulation, oder zumindest Genfluss hinweisen kann. Die Ergebnisse aus dem Vergleich mit neolithischen und bronzezeitlichen Referenzpopulationen aus Zentralasien und den angrenzenden Gebieten weisen auf die Möglichkeit eines gemeinsamen zentral-asiatischen Ursprungs hin, zeigen aber auch, dass die östlichen und westlichen Gruppen der Eisenzeit jeweils zusätzlich lokalem Genfluss ausgesetzt waren. Die Allelfrequenzen der phänotypischen Marker deuten auf einen größeren europäischen Einfluss auf das östliche Zentralasien in der Eisenzeit hin, oder ansteigenden Genfluss aus Ostasien nach der Eisenzeit.

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Gegenstand meiner Arbeit ist das Bettpaneel von Ugarit und seine komplexe Ikonographie, die Motive unterschiedlicher künstlerischer Traditionen des Alten Orients vereint. Das Bettpaneel bietet die einmalige Gelegenheit, das gesamte Bildprogramm eines Möbels zu untersuchen und die Entwicklung des levantinischen Kunsthandwerks der Späten Bronzezeit (2. Hälfte des 2. Jt.s v. Chr.) besser zu verstehen, besonders in Bezug auf Prestigegüter. Bereits 1952 ist das Bettpaneel im Königspalast von Ugarit entdeckt, jedoch bisher noch nicht monographisch abhandelt worden.rnEs wird gezeigt, dass das Bettpaneel von Ugarit ein hervorragendes Erzeugnis des lokalen Kunsthandwerks ist, gleichzeitig aber die kontinuierliche Übernahme fremder Motive bezeugt.rnWelche Vorbilder haben diese Rezeption begünstigt? Handelte es sich dabei um bewusste Anpassung an heimische Vorstellungen oder vielmehr um getreue Wiedergabe? Warum ließen sich die ugaritischen Handwerker von fremden Kunsttraditionen inspirieren? rnDank der detaillierten Untersuchung des Bettpaneels von Ugarit lassen sich diese wesentlichen Fragen über die Mechanismen der sozialen und kulturellen Interaktionen zwischen den Zivilisationen des Ostmittelmeergebiets im 2 Jt.s v. Chr. endgültig antworten.

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Die Doktorarbeit “Dein Gott ist ein Esel. Griechische und römische Tierkarikaturen als Spiegel antiker Wertvorstellungen” hat sowohl die lange und intensive Beziehung zwischen Mensch und Tier als auch das antike Humorverständnis zum Thema. Trotz seiner verschiedenen Rollen als Helfer und Freund blieb (und bleibt) das Tier der Stereotyp des ‚Anderen’, das Gegenbild, das alle Menschen teilen. Das Lachen und damit die Karikatur wiederum helfen uns, zu reflektieren und Distanz zu den Dingen und vielleicht zu uns selbst zu gewinnen. Tierkarikaturen sind deshalb besonders geeignet, ein Spiegel menschlicher Fehler und Schwächen zu sein. In der Regel handelt es sich bei den antiken Tierkarikaturen um Bilder von Menschen, die tiergestaltig ‚verzerrt’ sind, zum Beispiel ein Lehrer mit dem Äusseren eines Esels. Solche Darstellungen sind ab dem 6. Jh. v. Chr. zu finden und werden in hellenistischer und römischer Zeit häufiger, wo der Fokus der Arbeit liegt. Meist sind es Terrakotta- oder Bronzefiguren, die verschiedenen gesellschaftlichen Bereichen zugeordnet werden können wie Religion, Politik, Freizeit usw. Unter Berücksichtigung des spezifischen kulturellen und funktionalen Kontextes jedes Stückes sowie zeitgenössischen schriftlichen Quellen wird die Bedeutung dieser Karikaturen erarbeitet.

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El drama satírico más completo que llegó a nosotros es el Cíclope, del siglo V. C., escrito por Eurípides. Como su nombre lo indica, la pieza se basa en la Odisea (IX, 105-505), cuando Odiseo, junto con sus compañeros, se ven amenazados por el cíclope Polifemo. En el drama satírico, Sileno y el coro de sátiros son parte de esta confrontación, lo que hace a este agon aún más dionisíaco. Por lo tanto, en este trabajo, la intención es describir el agon entre el héroe griego y el monstruo de un solo ojo, de acuerdo con el drama de Eurípides. Se analizarán los diversos componentes de la escena, como la negociación con el vino, la astucia de Odiseo y los vicios monstruosos de los sátiros y Polifemo

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El rasgo distintivo de las sociedades precapitaslistas está dado por el hecho de que en ellas las relaciones de explotación se vehiculizan a partir de mecanismos coactivos (extraeconómicos) que aseguran la transferencia de los excedentes desde las clases productoras hacia las dominantes. Tales mecanismos suelen sostenerse por escisiones jurídicas, políticas, religiosas, etc. que delimitan y oponen claramente a los productores de los apropiadores del plusproducto. Teniendo esto en mente, en el presente trabajo se analizan las diferentes formas que adquirieron las relaciones de dependencia rural en Atenas a principios del siglo VI a.C. (hectemorazgo, endeudamiento, esclavización por deudas, etc.) y su evolución a partir las reformas encaradas por Solón. Desde nuestra perspectiva, este abordaje resulta fundamental para entender un aspecto singular de la democracia ateniense del siglo V a.C.: la igualación que se dio -en virtud de la extensión de los derechos de ciudadanía- en el plano jurídico y político entre los productores agrícolas directos y la aristocracia terrateniente y los límites que ello impuso a la posibilidad de desarrollo de relaciones de explotación entre los miembros del cuerpo cívico

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El Didaskalikós de Alcinoo es una exposición didáctica de las principales doctrinas de Platón escrita en el siglo II d.C. La interpretación del pensamiento platónico que expone el 'manual', sin embargo, contiene una amalgama de elementos de los diálogos del ateniense junto con otros de procedencia aristotélica e incluso estoica. En nuestro escrito analizamos, pues, la concepción de ousía propia del tratado y examinamos la transformación que el autor produce de nociones platónicas y de Aristóteles para arribar a una exégesis de Platón medianamente sistemática e innovadora para su tiempo

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A mediados del siglo II, cuando se supone que se encontraba en la mitad de su producción literaria y ya dominaba los muy variados recursos de su crítica cultural, Luciano de Samósata escribe su propia versión de El Banquete, que significativamente lleva por título completo El Banquete o los Lapitas. La finalidad del artículo es analizar la estética luciánica para desarrollar un pastiche de los clichés de banquete, a través de la cual critica a todas las formas de la intelectualidad de su tiempo: a filósofos de todos los linajes, rétores, gramáticos, poetas. Los resultados deparan algunas sorpresas: como todo texto luciánico, su Banquete también interpela a su futuro, es decir, a nuestro presente.

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El Yambo XIII de Calímaco (fr. 203 Pf.) es conocido, junto con el Yambo I, por su naturaleza programática y por su tono polémico: el poeta disputa con sus detractores, quienes lo acusan por la "variedad formal" (polieídeia) de sus obras. Entre las críticas que recibe, se cuenta la de "no haber viajado a Efeso", patria de Hiponacte, yambógrafo de fines del VI siglo a. C., a quien se atribuye la invención del metro coliámbico que Calímaco adopta en la composición de su poema. Esa imagen, la de una travesía no emprendida, habrá de ser vinculada con el mencionado concepto de polieídeia y con los alcances que la metáfora del viaje adquiere, tanto en la tradición de los poetas precedentes como en otras obras del propio alejandrino