903 resultados para Matrice, matrice elementare, operazioni elementari, anello non commutativo delle matrici quadrate su un campo,trasvezioni, matrici invertibili, gruppo generale lineare.


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Lo sviluppo di tecnologie informatiche e telematiche comporta di pari passo l’aumento di dispositivi informatici e di conseguenza la commissione di illeciti che richiedono l’uso di tecniche dell’informatica forense. Infatti, l'evoluzione della tecnologia ha permesso la diffusione di sistemi informatici connessi alla rete Internet sia negli uffici che nelle case di molte famiglie: il miglioramento notevole della velocità di connessione e della potenza dei dispositivi comporta l’uso di un numero sempre maggiore di applicazioni basate sul web 2.0, modificando lo schema classico d’uso del mezzo e passando da utente “lettore” a utente “produttore”: si potrebbe quasi porre la domanda “Chi non ha mai scritto un commento su un social network? Chi non ha mai caricato un video su una piattaforma di video sharing? Chi non ha mai condiviso un file su un sito?”. Il presente lavoro si propone di illustrare le problematiche dell’acquisizione del traffico di rete con particolare focus sui dati che transitano attraverso protocolli cifrati: infatti, l’acquisizione di traffico di rete si rende necessaria al fine di verificare il contenuto della comunicazione, con la conseguenza che diventa impossibile leggere il contenuto transitato in rete in caso di traffico cifrato e in assenza della chiave di decifratura. Per cui, operazioni banali nei casi di traffico in chiaro (come la ricostruzione di pagine html o fotografie) possono diventare estremamente impegnative, se non addirittura impossibile, quando non si sono previsti appositi accorgimenti e in assenza di idonei strumenti. Alla luce di tali osservazioni, il presente lavoro intende proporre una metodologia completa di acquisizione e uno strumento software che agevoli il lavoro di ricostruzione, e quindi verifica, dei dati contenuti nel traffico catturato, anche cifrato. Infine, verranno mostrati dei casi esemplificativi nei quali tale metodologia si rende opportuna (o meglio, necessaria) con test di ricostruzione dei dati eseguiti con il tool SSLTrafficReader.

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Questo elaborato ha come obiettivo l'analisi petrografica di rocce ultramafiche facenti parte del basamento metamorfico cristallino affiorante in Alta Val di Non (Provincia autonoma di Trento). Tali rocce appartengono all'Unità di Ultimo (Falda del Tonale, Austroalpino superiore), caratterizzata da corpi ultramafici che affiorano al contatto tra i sottostanti paragneiss a granato e cianite e le soprastanti migmatiti. Il metamorfismo e l'anatessi registrati dalle rocce dell'Unità di Ultimo hanno età Ercinica (Carbonifero Sup.). Lo studio si è concentrato su un corpo ultramafico situato in Alta Val di Bresimo, in località Passo Val Clapa, costituito da una lente di harzburgite a granato attraversato da livelli di olivin-websterite a granato e anfibolo. L'harzburgite è costituita al 65% da olivina, al 20% da serpentino (cresciuto a spese dell'olivina) e al 15% da ortopirosseno; sono presenti spinelli e clinopirosseni accessori. Nel campione analizzato, il granato è sostituito da aggregati policristallini costituiti da kelifite e da anfibolo secondario. La websterite è costituita al 40% da pirosseni (orto e clinopirosseni in uguale quantità), al 25% da anfibolo primario, al 25% da granato, al 5% da olivina e al 5% da minerali opachi. Sono presenti strutture coronitiche attorno ai granati (costituite da kelifite e anfibolo); si nota clorite cresciuta a spese di anfibolo e pirosseni e hyddingsite cresciuta a spese dell'olivina. L'olivin-websterite mostra gli stessi minerali indice riscontrati nell'harzburgite ospitante, segno che entrambi i corpi hanno seguito la medesima evoluzione P-T. In una prima fase la pirossenite si trovava, come la peridotite, in facies a spinello: ciò è confermato dalla presenza di spinelli relitti al nucleo dei granati. Questi ultimi si sono formati a spese dello spinello durante l'aumento di P, una volta superata la soglia di transizione tra le due facies. Le corone kelifitiche, presenti sia nella harzburgite che nella olivin-websterite, rappresentano un'evidenza di metamorfismo retrogrado.

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Negli ultimi quindici anni il traffico aereo passeggeri in Italia è stato interessato da un cospicuo incremento: si è passati dai 91 milioni di passeggeri nel 2000 ai 150 milioni nel 2014. Le previsioni di crescita per il Paese indicano il possibile raddoppio del traffico entro il 2030, quando si dovrebbe raggiungere la soglia dei 300 milioni di passeggeri, con un aumento soprattutto della quota parte internazionale. Non vi può essere sviluppo economico di uno Stato senza crescita del traffico aereo, la quale si può realizzare solo con un adeguamento e un potenziamento delle capacità delle infrastrutture aeroportuali compatibile con le condizioni ambientali e un’efficace interconnessione degli scali con gli altri modi di trasporto. Infatti la pianificazione e la progettazione degli aeroporti non può prescindere da un’analisi approfondita sugli impatti ambientali prodotti dalle attività svolte all’interno degli scali. Inoltre l’incremento del numero medio di passeggeri per movimento (dal 75 pax/mov nel 2000 a 106 pax/mov nel 2011, dato riferito al traffico nazionale) rappresenta un dato positivo dal punto di vista ambientale: nei cieli vola un minor numero di aeromobili, ma in grado di trasportare un maggior numero di passeggeri, con conseguente diminuzione del numero dei movimenti, quindi del rumore, delle emissioni e dell’inquinamento ambientale provocato dalle operazioni necessarie a garantire l’operatività di ciascun volo. La salvaguardia dell’ambiente per un aeroporto è un compito difficile e oneroso, poiché può creare problemi ambientali come inquinamento acustico, dell’aria, delle acque fondiarie e trattamento dei rifiuti. In particolare, scopo di questo elaborato è studiare l’impatto che le operazioni svolte in air-side provocano sulla qualità delle acque di dilavamento, osservando e analizzando le attività che avvengono presso l’Aeroporto G. Marconi di Bologna. Si intende svolgere un censimento delle operazioni che influenzano la qualità delle acque (sia direttamente sia a seguito del dilavamento delle pavimentazioni aeroportuali), indagando quali siano i soggetti coinvolti, le procedure da eseguire, la frequenza e gli eventuali mezzi impiegati. Poi si vogliono eseguire analisi chimiche e granulometriche con un duplice obiettivo: conoscere la qualità delle acque raccolte dalle caditoie presenti nel piazzale e a bordo pista e verificare l’efficacia delle operazioni eseguite anche per ridurre il build up, cioè il tasso di accumulo in tempo secco e, di conseguenza, l’apporto di inquinanti riversato nelle acque di dilavamento. Infine si propongono interventi volti a incrementare la sostenibilità ambientale dell’infrastruttura aeroportuale, con particolare attenzione alla riduzione dell’inquinamento idrico.

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La portata media cardiaca, (cardiac output “CO”) è un parametro essenziale per una buona gestione dei pazienti o per il monitoraggio degli stessi durante la loro permanenza nell’unità di terapia intensiva. La stesura di questo elaborato prende spunto sull’articolo di Theodore G. Papaioannou, Orestis Vardoulis, and Nikos Stergiopulos dal titolo “ The “systolic volume balance” method for the non invasive estimation of cardiac output based on pressure wave analysis” pubblicato sulla rivista American Journal of Physiology-Heart and Circulatory Physiology nel Marzo 2012. Nel sopracitato articolo si propone un metodo per il monitoraggio potenzialmente non invasivo della portata media cardiaca, basato su principi fisici ed emodinamici, che usa l’analisi della forma d’onda di pressione e un metodo non invasivo di calibrazione e trova la sua espressione ultima nell’equazione Qsvb=(C*PPao)/(T-(Psm,aorta*ts)/Pm). Questa formula è stata validata dagli autori, con buoni risultati, solo su un modello distribuito della circolazione sistemica e non è ancora stato validato in vivo. Questo elaborato si pone come obiettivo quello di un’analisi critica di questa formula per la stima della portata media cardiaca Qsvb. La formula proposta nell'articolo verrà verificata nel caso in cui la circolazione sistemica sia approssimata con modelli di tipo windkessel. Dallo studio svolto emerge il fatto che la formula porta risultati con errori trascurabili solo se si approssima la circolazione sistemica con il modello windkessel classico a due elementi (WK2) e la portata aortica con un’onda rettangolare. Approssimando la circolazione sistemica con il modello windkessel a tre elementi (WK3), o descrivendo la portata aortica con un’onda triangolare si ottengono risultati con errori non più trascurabili che variano dal 7%-9% nel caso del WK2 con portata aortica approssimata con onda triangolare ad errori più ampi del 20% nei i casi del WK3 per entrambe le approssimazioni della portata aortica.

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1944/1945 wurde in Cham-Hagendorn eine Wassermühle ausgegraben, die dank ihrer aussergewöhnlich guten Holzerhaltung seit langem einen prominenten Platz in der Forschung einnimmt. 2003 und 2004 konnte die Kantonsarchäologie Zug den Platz erneut archäologisch untersuchen. Dabei wurden nicht nur weitere Reste der Wassermühle, sondern auch Spuren älterer und jüngerer Anlagen geborgen: eine ältere und eine jüngere Schmiedewerkstatt (Horizont 1a/Horizont 3) sowie ein zweiphasiges Heiligtum (Horizonte 1a/1b). All diese Anlagen lassen sich nun in das in den neuen Grabungen erkannte stratigraphische Gerüst einhängen (s. Beil. 2). Dank der Holzerhaltung können die meisten Phasen dendrochronologisch datiert werden (s. Abb. 4.1/1a): Horizont 1a mit Schlagdaten zwischen 162(?)/173 und 200 n. Chr., Horizont 1b um 215/218 n. Chr. und Horizont 2 um 231 n. Chr. Ferner konnten in den neuen Grabungen Proben für mikromorphologische und archäobotanische Untersuchungen entnommen werden (Kap. 2.2; 3.11). In der vorliegenden Publikation werden der Befund und die Baustrukturen vorgelegt, (Kap. 2), desgleichen sämtliche stratifizierten Funde und eine umfassende Auswahl der 1944/1945 geborgenen Funde (Kap. 3). Dank anpassender Fragmente, sog. Passscherben, lassen sich diese zum Teil nachträglich in die Schichtenabfolge einbinden. Die mikromorphologischen und die archäobotanischen Untersuchungen (Kap. 2.2; 3.11) zeigen, dass der Fundplatz in römischer Zeit inmitten einer stark vom Wald und dem Fluss Lorze geprägten Landschaft lag. In unmittelbarer Nähe können weder eine Siedlung noch einzelne Wohnbauten gelegen haben. Die demnach nur gewerblich und sakral genutzten Anlagen standen an einem Bach, der vermutlich mit jenem Bach identisch ist, der noch heute das Groppenmoos entwässert und bei Cham-Hagendorn in die Lorze mündet (s. Abb. 2.4/1). Der antike Bach führte wiederholt Hochwasser ─ insgesamt sind fünf grössere Überschwemmungsphasen auszumachen (Kap. 2.2; 2.4). Wohl anlässlich eines Seehochstandes durch ein Überschwappen der Lorze in den Bach ausgelöst, müssen diese Überschwemmungen eine enorme Gewalt entwickelt haben, der die einzelnen Anlagen zum Opfer fielen. Wie die Untersuchung der Siedlungslandschaft römischer Zeit rund um den Zugersee wahrscheinlich macht (Kap. 6 mit Abb. 6.2/2), dürften die Anlagen von Cham-Hagendorn zu einer in Cham-Heiligkreuz vermuteten Villa gehören, einem von fünf grösseren Landgütern in diesem Gebiet. Hinweise auf Vorgängeranlagen fehlen, mit denen die vereinzelten Funde des 1. Jh. n. Chr. (Kap. 4.5) in Verbindung gebracht werden könnten. Diese dürften eher von einer der Überschwemmungen bachaufwärts weggerissen und nach Cham-Hagendorn eingeschwemmt worden sein. Die Nutzung des Fundplatzes (Horizont 1a; s. Beil. 6) setzte um 170 n. Chr. mit einer Schmiedewerkstatt ein (Kap. 2.5.1). Der Fundanfall, insbesondere die Schmiedeschlacken (Kap. 3.9) belegen, dass hier nur hin und wieder Geräte hergestellt und repariert wurden (Kap. 5.2). Diese Werkstatt war vermutlich schon aufgelassen und dem Verfall preisgegeben, als man 200 n. Chr. (Kap. 4.2.4) auf einer Insel zwischen dem Bach und einem Lorzearm ein Heiligtum errichtete (Kap. 5.3). Beleg für den sakralen Status dieser Insel ist in erster Linie mindestens ein eigens gepflanzter Pfirsichbaum, nachgewiesen mit Pollen, einem Holz und über 400 Pfirsichsteinen (Kap. 3.11). Die im Bach verlaufende Grenze zwischen dem sakralen Platz und der profanen Umgebung markierte man zusätzlich mit einer Pfahlreihe (Kap. 2.5.3). In diese war ein schmaler Langbau integriert (Kap. 2.5.2), der an die oft an Temenosmauern antiker Heiligtümer angebauten Portiken erinnert und wohl auch die gleiche Funktion wie diese gehabt hatte, nämlich das Aufbewahren von Weihegaben und Kultgerät (Kap. 5.3). Das reiche Fundmaterial, das sich in den Schichten der ersten Überschwemmung fand (s. Abb. 5./5), die um 205/210 n. Chr. dieses Heiligtum zerstört hatte, insbesondere die zahlreiche Keramik (Kap. 3.2.4), und die zum Teil auffallend wertvollen Kleinfunde (Kap. 3.3.3), dürften zum grössten Teil einst in diesem Langbau untergebracht gewesen sein. Ein als Glockenklöppel interpretiertes, stratifiziertes Objekt spricht dafür, dass die fünf grossen, 1944/1945 als Stapel aufgefundenen Eisenglocken vielleicht auch dem Heiligtum zuzuweisen sind (Kap. 3.4). In diesen Kontext passen zudem die überdurchschnittlich häufig kalzinierten Tierknochen (Kap. 3.10). Nach der Überschwemmung befestigte man für 215 n. Chr. (Kap. 4.2.4) das unterspülte Bachufer mit einer Uferverbauung (Kap. 2.6.1). Mit dem Bau eines weiteren, im Bach stehenden Langbaus (Kap. 2.6.2) stellte man 218 n. Chr. das Heiligtum auf der Insel in ähnlicher Form wieder her (Horizont 1b; s. Beil. 7). Von der Pfahlreihe, die wiederum die sakrale Insel von der profanen Umgebung abgrenzte, blieben indes nur wenige Pfähle erhalten. Dennoch ist der sakrale Charakter der Anlage gesichert. Ausser dem immer noch blühenden Pfirsichbaum ist es ein vor dem Langbau aufgestelltes Ensemble von mindestens 23 Terrakottafigurinen (s. Abb. 3.6/1), elf Veneres, zehn Matres, einem Jugendlichen in Kapuzenmantel und einem kindlichen Risus (Kap. 3.6; s. auch Kap. 2.6.3). In den Sedimenten der zweiten Überschwemmung, der diese Anlage um 225/230 n. Chr. zum Opfer gefallen war, fanden sich wiederum zahlreiche Keramikgefässe (Kap. 3.2.4) und zum Teil wertvolle Kleinfunde wie eine Glasperle mit Goldfolie (Kap. 3.8.2) und eine Fibel aus Silber (Kap. 3.3.3), die wohl ursprünglich im Langbau untergebracht waren (Kap. 5.3.2 mit Abb. 5/7). Weitere Funde mit sicherem oder möglichem sakralem Charakter finden sich unter den 1944/1945 geborgenen Funden (s. Abb. 5/8), etwa ein silberner Fingerring mit Merkurinschrift, ein silberner Lunula-Anhänger, eine silberne Kasserolle (Kap. 3.3.3), eine Glasflasche mit Schlangenfadenauflage (Kap. 3.8.2) und einige Bergkristalle (Kap. 3.8.4). Im Bereich der Terrakotten kamen ferner mehrere Münzen (Kap. 3.7) zum Vorschein, die vielleicht dort niedergelegt worden waren. Nach der zweiten Überschwemmung errichtete man um 231 n. Chr. am Bach eine Wassermühle (Horizont 2; Kap. 2.7; Beil. 8; Abb. 2.7/49). Ob das Heiligtum auf der Insel wieder aufgebaut oder aufgelassen wurde, muss mangels Hinweisen offen bleiben. Für den abgehobenen Zuflusskanal der Wassermühle verwendete man mehrere stehen gebliebene Pfähle der vorangegangenen Anlagen der Horizonte 1a und 1b. Obwohl die Wassermühle den 28 jährlichen Überschwemmungshorizonten (Kap. 2.2) und den Funden (Kap. 4.3.2; 4.4.4; 45) zufolge nur bis um 260 n. Chr., während gut einer Generation, bestand, musste sie mindestens zweimal erneuert werden – nachgewiesen sind drei Wasserräder, drei Mühlsteinpaare und vermutlich drei Podeste, auf denen jeweils das Mahlwerk ruhte. Grund für diese Umbauten war wohl der weiche, instabile Untergrund, der zu Verschiebungen geführt hatte, so dass das Zusammenspiel von Wellbaum bzw. Sternnabe und Übersetzungsrad nicht mehr funktionierte und das ganze System zerbrach. Die Analyse von Pollen aus dem Gehhorizont hat als Mahlgut Getreide vom Weizentyp nachgewiesen (Kap. 3.11.4). Das Abzeichen eines Benefiziariers (Kap. 3.3.2 mit Abb. 3.3/23,B71) könnte dafür sprechen, dass das verarbeitete Getreide zumindest zum Teil für das römische Militär bestimmt war (s. auch Kap. 6.2.3). Ein im Horizont 2 gefundener Schreibgriffel und weitere stili sowie eine Waage für das Wägen bis zu 35-40 kg schweren Waren aus dem Fundbestand von 1944/1945 könnten davon zeugen, dass das Getreide zu wägen und zu registrieren war (Kap. 3.4.2). Kurz nach 260 n. Chr. fiel die Wassermühle einem weiteren Hochwasser zum Opfer. Für den folgenden Horizont 3 (Beil. 9) brachte man einen Kiesboden ein und errichtete ein kleines Gebäude (Kap. 2.8). Hier war wohl wiederum eine Schmiede untergebracht, wie die zahlreichen Kalottenschlacken belegen (Kap. 3.9), die im Umfeld der kleinen Baus zum Vorschein kamen. Aufgrund der Funde (Kap. 4.4.4; 4.5) kann diese Werkstatt nur kurze Zeit bestanden haben, höchstens bis um 270 n. Chr., bevor sie einem weiteren Hochwasser zum Opfer fiel. Von der jüngsten Anlage, die wohl noch in römische Zeit datiert (Horizont 4; Beil. 10), war lediglich eine Konstruktion aus grossen Steinplatten zu fassen (Kap. 2.9.1). Wozu sie diente, muss offen bleiben. Auch der geringe Fundanfall spricht dafür, dass die Nutzung des Platzes, zumindest für die römische Zeit, allmählich ein Ende fand (Kap. 4.5). Zu den jüngsten Strukturen gehören mehrere Gruben (Kap. 2.9.2), die vielleicht der Lehmentnahme dienten. Mangels Funden bleibt ihre Datierung indes ungewiss. Insbesondere wissen wir nicht, ob sie noch in römische Zeit datieren oder jünger sind. Spätestens mit der fünften Überschwemmung, die zur endgültigen Verlandung führte und wohl schon in die frühe Neuzeit zu setzen ist, wurde der Platz aufgelassen und erst mit dem Bau der bestehenden Fensterfabrik Baumgartner wieder besetzt.

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En este estudio se desarrolla, en clave filológico-didáctica, un análisis concienzudo sobre la gestación y la recepción de Non chores, Sabeliña, la primera obra escrita y publicada en gallego tras la Guerra Civil española. Nunca antes se había estudiado esta pieza, por lo que constituye una aproximación muy novedosa tanto el el Área de Filologías Gallega y Portuguesa como en el de Didáctica de la Lengua y la Literatura.

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L’obiettivo di questa tesi è illustrare quali siano stati i metodi di studio e le soluzioni adottate per ottimizzare gli impianti di raffreddamento e lubrificazione della monoposto da competizione sviluppata dal team Unibo Motorsport, in preparazione alla stagione di gara 2016 della Formula SAE®. Inizialmente saranno analizzate le principali problematiche di entrambi gli impianti attraverso simulazioni CFD (Computational Fluid Dynamics) e dati telemetrici degli anni passati. In seguito, saranno mostrati i diversi procedimenti di progettazione e il completamento degli impianti unitamente ad una loro valutazione economica. Infine, per verificare l’effettivo successo delle operazioni svolte a bordo vettura, verranno mostrate acquisizioni telemetriche relative alle gare ed altre simulazioni relative alle nuove geometrie sviluppate. Un altro obiettivo della trattazione è mettere a disposizione dei futuri membri del reparto motore un documento che contenga tutte le considerazioni fatte a riguardo degli impianti studiati. Questo è fondamentale all’interno di un ambiente come un team di Formula SAE®, dove ogni anno si ha il ricambio di una buona parte dei membri. Se gli studi svolti sugli impianti venissero persi, i nuovi arrivati si troverebbero a mettere le mani su un qualcosa di sconosciuto e lo sviluppo della vettura negli anni si troverebbe enormemente rallentato. Il “learning by doing” che ha sempre caratterizzato questo progetto viene infatti affiancato con armonia dalla possibilità di consultare esperienze pregresse relative al caso di studio considerato.

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Con lo sviluppo di sorgenti capaci di sostenere scariche di non equilibrio a pressione atmosferica è nato un notevole interesse per le applicazioni biomediche del plasma, data la generazione nella scarica di una varietà di agenti efficaci in più ambiti. I plasmi di questo tipo, caratterizzati principalmente da una temperatura macroscopica vicina a quella ambiente, sono infatti già utilizzati, ad esempio, per la sterilizzazione, per il trattamento di polimeri per migliorarne la biocompatibilità, e per l’accelerazione del processo di coagulazione del sangue. In questo lavoro verrà presentata un’altra possibilità applicativa, sempre nel settore della plasma medicine, ovvero l’utilizzo dei plasmi per il trattamento di cellule cancerose, che sta avendo un particolare successo a causa dei risultati ottenuti dai vari gruppi di ricerca che sottintendono un suo possibile futuro nel trattamento di neoplasie. Verrà presentata una breve introduzione alla fisica del plasma, mostrando alcuni parametri che caratterizzano questo stato della materia, concentrandosi in particolare sui plasmi non termici o di non equilibrio, per poi passare al processo di ionizzazione del gas. Nel secondo capitolo sono approfondite due sorgenti per la generazione di plasmi non termici, la scarica a barriera dielettrica e il plasma jet. Il terzo capitolo fornisce una preliminare spiegazione degli agenti generati nella scarica e il rapporto che hanno con la materia con cui interagiscono. L’ultimo capitolo è il fulcro della ricerca, e comprende risultati ottenuti negli ultimi anni da vari gruppi di ricerca di molte nazionalità, e una breve parte riguardante la sperimentazione originale svolta anche in mia presenza dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”, rappresentato principalmente dal professor Carlo Angelo Borghi e dal professor Gabriele Neretti.

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La Blockchain è un deposito di dati distribuito costituito da una lista di record (in continua crescita) resistente a modifiche e revisioni, anche da parte degli operatori dei nodi (computer) su cui risiede. I dati sono sicuri anche in presenza di partecipanti non affidabili o disonesti alla rete. Una copia totale o parziale della blockchain è memorizzata su tutti i nodi. I record contenuti sono di due tipi: le transazioni, che sono i dati veri e propri, e i blocchi, che sono la registrazione di quanto ed in quale ordine le transazioni sono state inserite in modo indelebile nel database. Le transazioni sono create dai partecipanti alla rete nelle loro operazioni (per esempio, trasferimento di valuta ad un altro utente), mentre i blocchi sono generati da partecipanti speciali, i cosiddetti “miners”, che utilizzano software e a volte hardware specializzato per creare i blocchi. L’attività dei miners viene ricompensata con l’assegnazione di “qualcosa”, nel caso della rete Bitcoin di un certo numero di unità di valuta. Spesso negli esempi si fa riferimento alla Blockchain di Bitcoin perché è la catena di blocchi implementata per prima, e l'unica ad avere una dimensione consistente. Le transazioni, una volta create, vengono distribuite sui nodi con un protocollo del tipo “best effort”. La validità di una transazione viene verificata attraverso il consenso dei nodi della rete sulla base di una serie di parametri, che variano secondo l’implementazione specifica dell’architettura. Una volta verificata come valida, la transazione viene inserita nel primo blocco libero disponibile. Per evitare che ci sia una duplicazione delle informazioni l’architettura prevede un sistema di time stamping, che non richiede un server centralizzato.

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La réserve générale interdite de partage entre les membres est un avoir obligatoire, impartageable tout au long de l’existence de la coopérative et sujet à la «dévolution désintéressée en cas de liquidation ou de dissolution». Cette réserve fonctionne comme un levier de soutien au développement de la coopérative et du mouvement coopératif dans son ensemble. Le principe de l’impartageabilité de la réserve est l’interdiction faite à toutes les coopératives du Québec de partager la réserve générale entre tous les membres et l’interdiction de la diminuer, notamment par l’attribution d’une ristourne tout au long de l’existence de la coopérative. En effet, l’impartageabilité de la réserve se fonde sur l’idée que la coopérative n’a pas pour but l’accumulation des capitaux afin de les répartir entre les membres, mais il s’agit de la création d’un capital collectif qui bénéficie à tous les adhérents présents et futurs. Si le concept de l’impartageabilité de la réserve interdit donc le partage de la réserve tout au long de l’existence de la coopérative, cette même interdiction prend le nom de la dévolution désintéressée de l’actif net au moment de la disparition de la coopérative. Cette dévolution désintéressée signifie l’interdiction faite à toutes les coopératives non financières de partager le solde de l’actif lors de la disparition (dissolution ou liquidation) de la coopérative à l’exception des coopératives agricoles qui peuvent décider dans ce cas, de distribuer le solde de l’actif aux membres sans qu’on sache les raisons de cette exception. Par ailleurs, l’impartageabilité de la réserve est considérée comme un simple inconvénient juridique pour les membres et a connu quelques réécritures dans les législations sur les coopératives sans qu’on connaisse vraiment les raisons de ces modifications. L’objectif de notre thèse est d’engager une discussion critique autour du questionnement central suivant : au regard du cadre juridique actuel sur les coopératives, le principe de l’impartageabilité de la réserve doit être maintenu comme tel dans la Loi sur les coopératives, ou être tout simplement supprimé, comme dans la société par actions, où il est inexistant sans que cette suppression ne porte atteinte à la notion juridique de la coopérative? Plus précisément, quel est ce cadre juridique et quels sont les motifs qui peuvent plaider en faveur du maintien ou de la suppression du principe de l’impartageabilité de la réserve? Pour répondre à cette question, cette thèse se divise en deux parties. La première partie explore le cadre juridique des coopératives non financières au Québec en comparaison avec certains concepts juridiques issus d’autres législations. Elle étudie les fondements juridiques sous-jacents à l’impartageabilité de la réserve en droit québécois des coopératives non financières. La deuxième partie réalise une discussion critique autour de l’histoire du principe de l’impartageabilité de la réserve (ch. 3), des différents arguments juridiques disponibles (ch. 4) et d’hypothèses articulées autour des effets concrets disponibles (ch. 5). Elle explore ces dimensions au soutien du maintien ou non de l’impartageabilité de la réserve de la législation actuelle sur les coopératives non financières. Bien que la recherche effectuée conduise à une réponse nuancée, l'ensemble des résultats milite plutôt en faveur du maintien du principe de l'impartageabilité de la réserve. Au préalable, l’observation des fondements juridiques des concepts sous-jacents à l’impartageabilité de la réserve en droit québécois des coopératives non financières a permis de comprendre les concepts sous-jacents à ce principe avant de répondre à la question autour de son maintien ou de sa suppression de la législation actuelle sur les coopératives. La discussion réalisée a permis de souligner l’importance d’une réalité de base assez évidente : ce principe permet de préserver la réserve, utile au développement de la coopérative et du mouvement coopératif dans son ensemble. De plus, ce principe de l’impartageabilité de la réserve s’inscrit dans le cadre de la vocation sociale de la coopérative, qui n’a pas pour but la maximisation du profit pécuniaire. L’impartageabilité de la réserve s’inscrit également dans le cadre de la cohérence du droit québécois des coopératives avec la notion de coopérative telle que définie par le mouvement coopératif québécois et l’ACI tout en répondant aux finalités historiques d’équité entre les générations et de solidarité. Enfin, même si la discussion des arguments tirés des illustrations de données comptables et de quelques entretiens réalisés avec certains membres actifs du mouvement coopératif ne permet pas de mener à toute conclusion ferme, il ressort que l’impartageabilité de la réserve ne freinerait pas la tendance à la hausse des investissements et du chiffre d’affaires des coopératives non financières. Cette interdiction constituerait même un mécanisme d’autofinancement de la coopérative et un symbole de solidarité.

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La réserve générale interdite de partage entre les membres est un avoir obligatoire, impartageable tout au long de l’existence de la coopérative et sujet à la «dévolution désintéressée en cas de liquidation ou de dissolution». Cette réserve fonctionne comme un levier de soutien au développement de la coopérative et du mouvement coopératif dans son ensemble. Le principe de l’impartageabilité de la réserve est l’interdiction faite à toutes les coopératives du Québec de partager la réserve générale entre tous les membres et l’interdiction de la diminuer, notamment par l’attribution d’une ristourne tout au long de l’existence de la coopérative. En effet, l’impartageabilité de la réserve se fonde sur l’idée que la coopérative n’a pas pour but l’accumulation des capitaux afin de les répartir entre les membres, mais il s’agit de la création d’un capital collectif qui bénéficie à tous les adhérents présents et futurs. Si le concept de l’impartageabilité de la réserve interdit donc le partage de la réserve tout au long de l’existence de la coopérative, cette même interdiction prend le nom de la dévolution désintéressée de l’actif net au moment de la disparition de la coopérative. Cette dévolution désintéressée signifie l’interdiction faite à toutes les coopératives non financières de partager le solde de l’actif lors de la disparition (dissolution ou liquidation) de la coopérative à l’exception des coopératives agricoles qui peuvent décider dans ce cas, de distribuer le solde de l’actif aux membres sans qu’on sache les raisons de cette exception. Par ailleurs, l’impartageabilité de la réserve est considérée comme un simple inconvénient juridique pour les membres et a connu quelques réécritures dans les législations sur les coopératives sans qu’on connaisse vraiment les raisons de ces modifications. L’objectif de notre thèse est d’engager une discussion critique autour du questionnement central suivant : au regard du cadre juridique actuel sur les coopératives, le principe de l’impartageabilité de la réserve doit être maintenu comme tel dans la Loi sur les coopératives, ou être tout simplement supprimé, comme dans la société par actions, où il est inexistant sans que cette suppression ne porte atteinte à la notion juridique de la coopérative? Plus précisément, quel est ce cadre juridique et quels sont les motifs qui peuvent plaider en faveur du maintien ou de la suppression du principe de l’impartageabilité de la réserve? Pour répondre à cette question, cette thèse se divise en deux parties. La première partie explore le cadre juridique des coopératives non financières au Québec en comparaison avec certains concepts juridiques issus d’autres législations. Elle étudie les fondements juridiques sous-jacents à l’impartageabilité de la réserve en droit québécois des coopératives non financières. La deuxième partie réalise une discussion critique autour de l’histoire du principe de l’impartageabilité de la réserve (ch. 3), des différents arguments juridiques disponibles (ch. 4) et d’hypothèses articulées autour des effets concrets disponibles (ch. 5). Elle explore ces dimensions au soutien du maintien ou non de l’impartageabilité de la réserve de la législation actuelle sur les coopératives non financières. Bien que la recherche effectuée conduise à une réponse nuancée, l'ensemble des résultats milite plutôt en faveur du maintien du principe de l'impartageabilité de la réserve. Au préalable, l’observation des fondements juridiques des concepts sous-jacents à l’impartageabilité de la réserve en droit québécois des coopératives non financières a permis de comprendre les concepts sous-jacents à ce principe avant de répondre à la question autour de son maintien ou de sa suppression de la législation actuelle sur les coopératives. La discussion réalisée a permis de souligner l’importance d’une réalité de base assez évidente : ce principe permet de préserver la réserve, utile au développement de la coopérative et du mouvement coopératif dans son ensemble. De plus, ce principe de l’impartageabilité de la réserve s’inscrit dans le cadre de la vocation sociale de la coopérative, qui n’a pas pour but la maximisation du profit pécuniaire. L’impartageabilité de la réserve s’inscrit également dans le cadre de la cohérence du droit québécois des coopératives avec la notion de coopérative telle que définie par le mouvement coopératif québécois et l’ACI tout en répondant aux finalités historiques d’équité entre les générations et de solidarité. Enfin, même si la discussion des arguments tirés des illustrations de données comptables et de quelques entretiens réalisés avec certains membres actifs du mouvement coopératif ne permet pas de mener à toute conclusion ferme, il ressort que l’impartageabilité de la réserve ne freinerait pas la tendance à la hausse des investissements et du chiffre d’affaires des coopératives non financières. Cette interdiction constituerait même un mécanisme d’autofinancement de la coopérative et un symbole de solidarité.

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Il Consiglio di Amministrazione (CdA) è il principale organo di governo delle aziende. La letteratura gli attribuisce tre ruoli: controllo, indirizzo strategico e collegamento con l’ambiente (networking). Precedenti studi empirici hanno analizzato se un Consiglio di Amministrazione è attivo o meno in tutti e tre i ruoli in un dato momento. Nel presente lavoro, invece, si propone un approccio «contingente» e si analizzano i ruoli svolti dal CdA al variare delle condizioni interne (aziende in crisi o di successo) ed esterne (aziende in settori competitivi o regolamentati).. L’indagine empirica è stata condotta su un campione di 301 imprese italiane di grandi dimensioni. I risultati supportano la tesi iniziale secondo cui le condizioni interne ed esterne incidono sul ruolo svolto dal CdA. In particolare i risultati evidenziano che il CdA non svolge sempre tutti e tre i ruoli nello stesso momento, ma esso si concentra sul ruolo o sui ruoli che assumono grande importanza nella situazione in cui si trova l’azienda. Con riferimento alle condizioni interne, nelle imprese in crisi il CdA è attivo in tutti e tre i ruoli, mentre in quelle di successo prevale un orientamento verso la funzione strategica. Nelle aziende che operano in settori competitivi il ruolo di controllo è più pressante mentre nei settori regolamentati prevale una funzione di networking.

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[ES]Existe un elevado número de métodos para cálculos de fatiga en piezas sometidas a estados de tensiones multiaxiales. Cada método tiene un campo óptimo de aplicación: para materiales dúctiles, frágiles, estados con y sin tensiones medias, etc. En este Trabajo de Fin de Grado se trata de estudiar la precisión que proporcionan diferentes métodos de enfoque global (no de plano crítico) y comparar sus resultados a fin de decidir cuáles son los idóneos para los casos de carga más frecuentes en los ejes de transmisiones en automóviles.

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169 p.