959 resultados para Art nouveau (Architecture)
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O desconhecimento, por parte da comunidade em geral, Portoalegrense e Rio Grandense sobre quem foi o Engenheiro-Arquiteto Manoel Itaqui e qual foi a sua contribuição para a arquitetura da Capital Gaúcha, devido à pouca informação existente, é o motivo principal deste trabalho que procura demonstrar sua trajetória, sem ser uma biografia, tomando como ponto de partida o surgimento do sobrenome “Itaqui”, passando por sua formação, até a produção de seus projetos e obras que encontram-se ligados à própria História da Capital e da formação da Universidade Federal do Rio Grande do Sul. A análise de sua arquitetura, feita prédio a prédio, evidencia a sua evolução que inicia, nos primeiros anos do século XX, com o estilo “Art Nouveau” e vai sendo alterada com o passar do tempo até culminar com uma obra de engenharia, seu último projeto, pelo qual é mais conhecido, do Viaduto Otávio Rocha. Busca-se assim, colocar em evidência o elenco de sua produção intelectual para a Capital, em sua suposta totalidade, dar-lhe o devido reconhecimento e torná-lo mais conhecido pela comunidade, não só acadêmica como em geral.
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Pós-graduação em Artes - IA
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This paper presents the work of the MutantVirus. A group which belongs to a subject extension called Public Art Projects in Bauru City from FaacUnesp. It exposes its designs, structures, approaches, procedures, results and reflections, as well as it discusses the point of a Public Art group being associated to the Public University.
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Il concetto di contaminazione fra architettura ed arti plastiche e figurative è molto antico. La dicotomia arte-architettura, sancita in via definitiva con il moderno museo di spoliazione napoleonica, non può che essere considerata una variazione neo-tecnicista sulla quale, non sempre giustamente, sono andati assestandosi gli insegnamenti delle scuole politecniche. Non così è sempre stato. Come il tempio greco può essere considerato un’opera plastica nel suo complesso, esempio tra i primi di fusione tra arte e architettura, moltissimi sono gli esempi che hanno guidato la direzione della ricerca che si è intesa perseguire. Molti sono gli esempi del passato che ci presentano figure di architetto-artista: un esempio fra tutti Michelangelo Buonarroti; come per altro non è nuovo, per l’artista puro, cimentarsi nella progettazione dello spazio architettonico o urbano, o per l'architetto essere coinvolto dalle indagini della ricerca artistica a lui contemporanea dalla quale trarre suggestioni culturali. Le rappresentazioni dei linguaggi visivi sono il frutto di contaminazioni che avvengono su diversi livelli e in più direzioni. Spesso le ricerche artistiche più significative hanno anticipato o influenzato il mondo del design, dell’architettura, della comunicazione. L’intenzione della ricerca è stata quindi approfondire, attraverso un viaggio nel Novecento, con particolare attenzione al Secondo Dopoguerra, i fenomeni culturali che hanno prodotto i più significativi sviluppi stilistici nell’ambito della ricerca e del rinnovo del linguaggio architettonico. Il compito, parafrasando Leonardo Benevolo, non è stato quello di elencare le singole battute della discussione ma di riconoscere gli interventi fruttuosi a lunga scadenza. Mutuando gli insegnamenti della scuola del Bauhaus, arte e architettura sono state affiancate perché considerate espressioni strettamente relazionate di coevi fenomeni culturali. L’obiettivo ha puntato all’individuazione dei meccanismi delle interazioni tra discipline, cercando di delineare il profilo della complessità dell’espressione del contemporaneo in architettura.
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Oggetto della ricerca è il museo Wilhelm Lehmbruck di Duisburg, un'opera dell'architetto Manfred Lehmbruck, progettata e realizzata tra il 1957 e il 1964. Questa architettura, che ospita la produzione artistica del noto scultore Wilhelm Lehmbruck, padre di Manfred, è tra i primi musei edificati ex novo nella Repubblica Federale Tedesca dopo la seconda guerra mondiale. Il mito di Wilhelm Lehmbruck, costruito negli anni per donare una identità culturale alla città industriale di Duisburg, si rinvigorì nel secondo dopoguerra in seno ad una più generale tendenza sorta nella Repubblica di Bonn verso la rivalutazione dell'arte moderna, dichiarata “degenerata” dal nazionalsocialismo. Ricollegarsi all'arte e all'architettura moderna degli anni venti era in quel momento funzionale al ridisegno di un volto nuovo e democratico del giovane stato tedesco, che cercava legittimazione proclamandosi erede della mitica e gloriosa Repubblica di Weimar. Dopo anni di dibattiti sulla ricostruzione, l'architettura del neues Bauen sembrava l'unico modo in cui la Repubblica Federale potesse presentarsi al mondo, anche se la realtà del paese era assai più complessa e svelava il “doppio volto” che connotò questo stato a partire dal 1945. Le numerose dicotomie che popolarono presto la tabula rasa nata dalle ceneri del conflitto (memoria/oblio, tradizione/modernità, continuità/discontinuità con il recente e infausto passato) trovano espressione nella storia e nella particolare architettura del museo di Duisburg, che può essere quindi interpretato come un'opera paradigmatica per comprendere la nuova identità della Repubblica Federale, un'identità che la rese capace di risorgere dopo l' “anno zero”, ricercando nel miracolo economico uno strumento di redenzione da un passato vergognoso, che doveva essere taciuto, dimenticato, lasciato alle spalle.
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Obiettivo principale della ricerca è quello di aggiungere un tassello mancante, attraverso una nuova chiave di lettura, alla complessa attività artistico-teorica dell’artista futurista Enrico Prampolini (1894-1956). Questa tesi, oltre a riordinare e raccogliere tutto ciò che riguarda l’architettura e il rapporto di quest’ultima con le arti nell'opera di Prampolini, coglie l’occasione per puntualizzarne aspetti ancora poco esplorati, grazie anche all'analisi inedita dei documenti originali dell'artista conservati presso il CRDAV del Museo d’arte contemporanea di Roma. Partendo dall'analisi dei rapporti dell’artista modenese con le avanguardie straniere, la ricerca prosegue con la presa in esame dei manifesti, degli scritti e degli articoli noti e inediti legati alla teoria architettonica nella produzione dell’artista modenese. Il nucleo centrale della ricerca è costituito dagli elementi inediti emersi presso l’Archivio Prampolini consistenti in relazioni di progetti architettonici per un Piano urbanistico del Centro Alberghiero di Castel Fusano (1938) e per due alberghi nel centro di Roma (1938-1939). La seconda parte della ricerca si concentra sull'analisi del rapporto tra arte e architettura nel Futurismo e sul fondamentale contributo dato in tal senso da Prampolini, in particolare attraverso la “plastica murale”, come completamento dell’architettura futurista e fascista e la concezione dell’Arte Polimaterica. Nell'ultima parte della ricerca si affronta infine l'analisi del rapporto tra arte e architettura gestito in ambito istituzionale in Italia tra le due guerre, con l’emanazione, nel 1942, della legge detta “del 2%”. Aspetto finora inedito delle vicende legate alla “legge del 2%” è l'emergere del ruolo centrale di Prampolini nel contribuire al dibattito che portò alla sua approvazione, e non secondariamente nella ricerca di migliori condizioni economiche e maggiori occasioni di lavoro per gli artisti. La figura di Enrico Prampolini emerge dunque, da questa ricerca, come un nodo fondamentale per comprendere alcuni degli aspetti ancora inesplorati della cultura artistico-architettonica italiana degli anni Venti-Quaranta.
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Marcel Breuer arquitecto húngaro y afamado diseñador de mobiliario procedente de la Bauhaus, emigra a Estados Unidos en 1937, invitado por Gropius como profesor en Harvard. Allí comienzan, Breuer y Gropius, una nueva etapa basada en la experimentación de la casa como revisión de los postulados de la arquitectura moderna: la casa como máquina de habitar, propuesta por Le Corbusier, procedente de la vieja Europa; versus la humanización de la máquina a través del efecto del material sobre la estructura y la forma extendidas y en contacto con el territorio, propuesta por Frank Lloyd Wright procedente de la nueva América. Sus experimentos domésticos sobre la casa-cabaña acercaron los métodos tradicionales de la construcción americana a una visión renovada abstracta y pura, donde los modos de vida, los requerimientos básicos, prácticos y funcionales se transformaron en la conexión del "Arte de Construir" a través del material y su puesta en obra. La búsqueda de una respuesta clara del habitar que satisfacía objetivos opuestos y necesidades humanas, llevó a su arquitectura de la abstracción a reconciliar al hombre con la naturaleza, dotarla de arte y vida, arquitectura y paisaje que pasaron a convertirse en los ideales modernos de la cabaña americana. ABSTRACT. Marcel Breuer, Hungarian architect and famed to furniture's designer of the Bauhaus emigrated to America in 1937, invited by Gropius as a professor at Harvard. Breuer and Gropius, there begin a new stage based on the experimentation of the house as a revision to the postulates of modern architecture: the house as a dwell machine proposed by Le Corbusier from old Europe; versus the humanization of the machine through the effect of material on the structure and form extended and in contact with the territory, proposed by Frank LI. Wright from the new America. His experiments on the house-cottage approached traditional methods of the American construction methods to a new vision, abstract and pure, where ways of life, and basic, practical and functional requirements became the connection to "Art of Building" trough the material and its placing. The search for a clear answer of dwelling that satisfied conflicting objectives and human needs, led to the architecture of abstraction to reconcile man with nature, endow it with life and art, an architecture and a landscape that became the modern ideals of American cottage.
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La tesis destaca la influencia que ejerció la teoría, las técnicas y la metodología de proyecto de los principales tratados de la época renacentista en la concepción, diseño y realización de algunos de los más importantes jardines de la época. Los tratados de Vitruvio, Alberti, Filarete, Di Giorgio, Serlio, Palladio, Colonna y Del Riccio establecen una nueva estética y una nueva visión del mundo, basadas en la geometría elemental y en los números simples. En la Grecia antigua, Platón y Pitágoras intuyeron la necesidad existencial del hombre de apoyarse en unas leyes seguras de orden superior. Sus teorías sobre las leyes del Universo son retomadas y aplicadas en el arte y en el jardín por Vitruvio y por los tratadistas del Renacimiento. Según los tratadistas, la estética es el núcleo generador del que se activan la información y las leyes hacia todos los campos del conocimiento y de la vida social y, por lo tanto, la finalidad de los tratados es buscar, a través de un procedimiento científico y racional, las reglas de la belleza. Las leyes estéticas formuladas por los tratadistas examinados se aplican con el mismo rigor y respeto ya sea al paisaje que al jardín, exaltando el elemento natural al igual que el construido (la ciudad y la arquitectura). De los tratados renacentistas se han extraídos términos y conceptos que ayudan a revalorizar, reinterpretar e integrar en el debate los temas del paisaje y del jardín. La tesis sostiene que: 1) una idea moderna de jardín se tiene que fundar en la historia; 2) que la historia es indispensable incluso para enfrentar el problema del mantenimiento y de la restauración de los jardines históricos; 3) que la teoría y las ideas que tienen valor, así como nos enseña Alberti, producen obras que también tienen valor; 4) la influencia de la estética de los tratadistas se encuentra incluso en algunos importantes jardines de época moderna y contemporánea. El capítulo 1 contiene la definición de tratado y la concepción estética del Renacimiento, analizada por medio de: a) la idea de ciencia y b) a través de las pinturas. Los capítulos 2 y 3 contienen respectivamente los principios teóricos de los tratados y el diseño, la metodología, las técnicas constructivas y los métodos de representación del proyecto según los tratadistas. Estos capítulos resultan propedéuticos de los capítulos siguientes por proporcionar el instrumento de lectura e interpretación de los jardines renacentistas y modernos. El capítulo 4 destaca la gran influencia de los tratados sobre las villas y jardines renacentistas y describe sus elementos. El último capítulo, el quinto, contiene un análisis de algunos jardines modernos. Entre ellos: Chiswick, la Villa “I Tatti”, Sutton Place, y la Villa “Il Roseto” que renuevan y prosiguen, en nuestra opinión, la lección de los tratadistas. El primer anexo contiene la propuesta de líneas de investigación que surgen a la luz de la tesis, y el segundo anexo contiene las noticias biográficas de los tratadistas examinados. ABSTRACT The thesis investigates the influence exercised by the theory, techniques and project methodology contained in the most relevant essays on art and architecture of the Renaissance on the concept, design and making of some of the most important gardens of that time. The essays of Vitruvius, Alberti, Filarete, Di Giorgio, Serlio, Palladio, Colonna y Del Riccio established a new concept of aesthetics and a vision of the world based on basic geometry and simple numbers. In ancient Greece, Plato and Pythagoras understood that humans needed “superior laws” to anchor their existences. Their theories on laws of the Universe were adopted and applied in art and gardening by Vitruvius and Renaissance essays authors. According to the authors of these essays, aesthetics represents the core generating information and laws that branch out toward all the fields of knowledge and social life. Therefore, the purpose of art and architecture essays consists in exploring, through a scientific and rational process, the rules of beauty. The laws of aesthetics proposed by the authors apply to landscaping and gardening with the same rigor and exalt the natural component as much as the artificial one (city and architecture). Several terms and concepts are also extracted that, despite their age, still help us to understand and enrich the contemporary debate revolving around landscaping and gardening. The thesis argues that: 1) the modern idea of gardening must be based on history; 2) history is fundamental even to address the topics of maintenance and restoration of historical gardens; 3) like Leon Battista Alberti maintains, valid theory and ideas produce valuable works; 4) the influence played by aesthetics on authors can be found in many important modern and contemporary gardens. Chapter 1 contains the definition of essay and of the Renaissance concept of aesthetics, analyzed by: a) the idea of science and 2) the analysis of some paintings of the period. Chapters 2 and 3 discuss respectively the theoretical principles of the essays and the design, methodology, construction techniques and the methods of representation of the project according to the authors. These chapters are preparatory toward the following chapters and provide us with the keys necessary to read and interpret Renaissance and modern gardens. Chapter 4 highlights the great influence exercised by those authors on the planning of important villas and gardens from the Renaissance while describing their elements. The 5th and final chapter analyzes some modern gardens among which Chiswick, Villa “I Tatti”, Sutton Place, Villa “Il Roseto”. These villas renew and in our opinion carry on the lesson of the essays written in the Renaissance. The first addendum suggests future lines of research derived from the thesis, while the second addendum contains biographical information regarding the authors examined.
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La arquitectura histórica constituye un ámbito de notable singularidad dentro del patrimonio cultural, ya que representa uno de los máximos exponentes de la cultura material de las sociedades precedentes. Su adecuada conservación y preservación debe ir necesariamente precedida de un riguroso y profundo conocimiento de sus valores culturales, de ahí la importancia de las investigaciones en este campo. Entre todos los elementos que configuran las edificaciones históricas, son probablemente las bóvedas los elementos más singulares, dada su relevancia desde un punto de vista tanto estético como estructural y constructivo. Hasta la fecha, los estudios centrados en los abovedamientos medievales góticos han aportado visiones generales del conjunto de obras, estableciendo las pertinentes clasificaciones y poniendo de manifiesto la notable variedad de tipos de bóvedas de crucería. La presente investigación tiene su origen en la necesidad de profundizar en el conocimiento de este sistema constructivo mediante el estudio específico y sistemático de un tipo concreto de abovedamiento: las bóvedas de crucería rebajadas que sustentan los coros altos de los templos. En concreto, el análisis se ha centrado en aquellos abovedamientos construidos en la Corona de Castilla durante los reinados de los Reyes Católicos y Carlos I, puesto que es en este momento de transición entre el mundo medieval y la Edad Moderna con una coexistencia de la tradición medieval y las nuevas ideas renacentistas cuando se crean las más singulares obras. Por lo tanto, el trabajo desarrollado se ha centrado en el estudio e interpretación de los procesos de diseño, trazado y construcción específicos de cada una de las bóvedas. Más allá de un enfoque descriptivo o basado en una visión actual, se ha tratado de profundizar en los métodos, sistemas y recursos que los maestros canteros emplearon, lo que ha obligado a adoptar en la medida de lo posible la mentalidad y conocimiento bajomedievales. Con estas premisas se ha desarrollado una investigación que necesariamente se ha apoyado en la contextualización histórica de cada una de las bóvedas, generándose un catálogo completo de las obras. Posteriormente, se ha desarrollado una toma de datos y un análisis individualizado de cada una de ellas, para poder obtener una interpretación de su proceso de diseño y construcción. Finalmente, se ha abordado un estudio comparativo del conjunto de las obras, poniendo en relación sus características históricas, geométricas, constructivas y estructurales. Ello ha permitido obtener unos resultados novedosos respecto a las principales cuestiones sobre el diseño y construcción de las bóvedas de crucería rebajadas, poniendo de relieve su singularidad y el profundo conocimiento de los maestros canteros que las crearon. De este modo, se ha pretendido avanzar en la investigación y sentar las bases para posteriores trabajos en el ámbito de los abovedamientos de crucería. Historical architecture is a quite singular field when considering cultural heritage, because it is one of the most important exponents of the material culture previous societies. Its proper conservation and restoration must be preceded of a rigorous and deep knowledge of the cultural values, and that is why researches in this fi eld are very important. The study of historical architecture has been developed traditionally from the viewpoint of History of Art and Architecture. Thanks to such discipline, it has been possible to establish and systematize several architectonical types and styles. However, there has been a lack in relationship with the analyses focused on the structural and constructive historical systems, which has been recently compensated by the gradual development of the discipline of Construction History. Among the several elements which form the historical buildings, the vaults are probably the most singular elements, thanks to their aesthetic, constructive and structural relevance. To date, the studies focused on the medieval gothic vaults have provided general visions of the whole group of works, which has allowed defi ning the proper classifi cations and underlining the great variety of kinds of ribbed vaults. The present research has its origin in the need of a deeper knowledge of this specific constructive system. For that reason, a specifi c and systematic analysis of a particular kind of vaults has been developed. It is focused on the surbased ribbed vaults which support the elevated choirs of some churches. In particular, it includes the works built in the Crown of Castille during the kingdoms of Catholic Kings and Carlos I, because at this precise moment of transition from the medieval world into de Modern Age with a coexistence of the medieval tradition and the new classicistic ideas the most singular and relevant surbased vaults were built. In this way, the analysis has been focused in the study and interpretation of the design, tracing and construction methods of each vault. More than a descriptive approach or an analysis based on our contemporary point of view and knowledge, this research has studied the methods, systems and resources of master masons in depth. Then, it has been necessary to adopt as much as possible their mentality, as well as the late medieval knowledge. With the above mentioned premises, the research has been developed including the historical contextualization of each vault, providing also a complete catalogue of such works. After obtaining the proper survey, measurements and other complementary data, each one has been analyzed in order to develop a hypothesis of the design and construction process. Finally, a comparative study has been carried out, which has allowed putting in relationship the historical, geometrical, constructive and structural features of the whole group of vaults. This research has provided novel results about de design and construction of surbased ribbed vaults, underlining their singularity as well as the deep knowledge of master masons who created them. In this way, we have tried to go further in this scientific field and to set the basis for latter researches focused on ribbed vaults.
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La materia se presenta ante nosotros en multiplicidad de formas o “apariencias”. A lo largo de la historia se ha reflexionado sobre la relación entre la materia y la forma en distintos campos desde la filosofía hasta la ciencia, pasando por el arte y la arquitectura, moviéndose entre disciplinas desde las más prácticas a las más artísticas, generando posicionamientos opuestos, como el materialismo-idealismo. El concepto de materia a su vez ha ido cambiando a medida que la conciencia humana y la ciencia han ido evolucionando, pasando de considerarse materia como un ente con “masa” a la materia vacía, donde la “masa” es una ilusión que se nos “aparece” dependiendo de la frecuencia con la que vibra su sistema energético. A partir del concepto de “matière” , Josef Albers desarrolla su metodología docente. La matière es más que el aspecto, la “apariencia” que va más allá de la forma cristalizada. Es la forma cambiante que puede adoptar la materia cuando es transformada por el ser humano, dejando su huella sobre ella. Las tres cualidades de la “matière” que el profesor Albers propone en sus ejercicios del Curso Preliminar para desarrollar la “visión” con la “matière” desde la Bauhaus hasta la Universidad de Yale son: Estructural, Factural y Textural. Al desarrollar la observación, teniendo en cuenta estas tres referencias, se descubriá la desvinculación entre lo material y su apariencia desde la honradez. “La discrepancia entre los hechos físicos y el efecto psíquico”. En un proceso constante de ensayo y error se desarrollará la sensibilización individual hacia el material y la evaluación y critica gracias a la dinámica del taller que permite por comparación, aprender y evolucionar como individuo dentro de una sociedad. Esa metodología inductiva regulada por la economía de recursos, promueve el pensamiento creativo, fundamental para producir a través de la articulación un nuevo lenguaje que por medio de la formulación visual exprese nuestra relación con el mundo, con la vida. La vida que constantemente fluye y oscila entre dos polos opuestos, generando interrelaciones que tejen el mundo. Esas interacciones son las que dan vida a la obra artísitica de Albers. PALABRAS CLAVE: materia y matière, estructural factural y textural, vision, hecho físico y efectos psiquico, pensamiento creativo, vida. The matter stands before us in multiple ways or "appearances". Throughout history the relationship between matter and form has been thought out from different fields, from philosophy to science, including art and architecture, moving between disciplines from the most practical to the most artistic generating positions opposites, as materialism-idealism . The concept of matter in turn has changed as the humna consciousness and science have evolved, from being considered as a matter of "mass" to the empty field where the "mass" is an illusion that we "appears" depending on the frequency with which vibrates its energy system. Using the concept of "matière", Josef Albers develops its teaching methodology. The matière is more than the look, the "appearance" that goes beyond the crystallized form. It is the changing form that may take the matter when it is transformed by humans, leaving their mark on it. The three qualities of "matière" that Professor Albers exercises proposed in the Preliminary Course to develop a "vision" with the "matière" from the Bauhaus to Yale are: Structural, Factural and Textural. To develop observation, taking into account these three references, the separation between the material and its appearance was discovered from honesty. "The discrepancy between physical fact and psychic effect." In an ongoing process by trial and error to develop individual sensitzing towards material and critical evaluation through dynamic workshop. The workshop allows for comparison, learn and evolve as an individual within a society. That inductive methodology regulated by the economy of resources, promotes creative thinking, essential to produce through articulation a new language through visual formulation expresses our relationship with the world, with life. Life constantly flowing, oscillates between two opposite poles, creating relationships that weave the world. These interactions are what give life to the artistic work of Albers. KEYWORDS:
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La tesis “1950 En torno al Museo Louisiana 1970” analiza varias obras relacionadas con el espacio doméstico, que se realizaron entre 1950 y 1970 en Dinamarca, un periodo de esplendor de la Arquitectura Moderna. Tras el aislamiento y restricciones del conflicto bélico que asoló Europa, los jóvenes arquitectos daneses, estaban deseosos por experimentar nuevas ideas de procedencia internacional, favorecidos por diferentes circunstancias, encuentran el mejor campo de ensayo en el espacio doméstico. La mejor arquitectura doméstica en Dinamarca, de aquel periodo, debe entenderse como un sistema compuesto por diferentes autores, que tienen en común muchas más similitudes que diferencias, se complementan unos a otros. Para la comprensión y el entendimiento de ello se hace necesario el estudio de varias figuras y edificios, que completen este sistema cuya investigación está escasamente desarrollada. La tesis propone un viaje para conocer los nombres de algunos de sus protagonistas, que mostraron con su trabajo, que tradición y vanguardia no estarán reñidas. El objetivo es desvelar las claves de la Modernidad Danesa, reconocer, descubrir y recuperar el legado de algunos de sus protagonistas en el ámbito doméstico, cuya lección se considera de total actualidad. Una arquitectura que asume las aportaciones extranjeras con moderación y crítica, cuya íntima relación con la tradición arquitectónica y la artesanía propias, será una de sus notas especiales. Del estudio contrastado de varios proyectos y versiones, se obtienen valores comunes entre sus autores, al igual que se descubren sus afinidades o diferencias respecto a los mismos asuntos; que permitirán comprender sus actuaciones según las referencias e influencias, y definir las variables que configuran sus espacios arquitectónicos. La línea de conexión entre los edificios elegidos será su particular relación con la naturaleza y el lugar en que se integran. La fachada, lugar donde se negociará la relación entre el interior y el paisaje, será un elemento entendido de un modo diferente en cada uno de ellos, una relación que se extenderá en todas ellas, más allá de su perímetro. La investigación se ha estructurado en seis capítulos, que van precedidos de una Introducción. En el capítulo primero, se estudian y se señalan los antecedentes, las figuras y edificios más relevantes de la Tradición Danesa, para la comprensión y el esclarecimiento de algunas de las claves de su Modernidad en el campo de la Arquitectura, que se produce con una clara intención de encontrar su propia identidad y expresión. Esta Modernidad floreciente se caracteriza por la asimilación de otras culturas extranjeras desde la moderación, con un punto de vista crítico, y encuentra sus raíces ancladas a la tradición arquitectónica y la artesanía propia, que fragua en la aparición de un ideal común con enorme personalidad y que hoy se valora como una auténtica aportación de una cultura considerada entonces periférica. Se mostrará el debate y el camino seguido por las generaciones anteriores, a las obras análizadas. Las sensibilidades por lo vernáculo y lo clásico, que aparentemente son contradictorias, dominaran el debate con la misma veracidad y respetabilidad. La llamada tercera generación por Sigfried Giedion reanudará la práctica entre lo clásico y lo vernáculo, apoyados en el espíritu del trabajo artesanal y de la tradición, con el objetivo de conocer del acto arquitectónico su “la verdad” y “la esencia original”. El capítulo segundo, analiza la casa Varming, de 1953, situada en un área residencial de Gentofte, por Eva y Nils Koppel, que reinterpreta la visión de Asplund de un paisaje interior continuación del exterior, donde rompen la caja de ladrillo macizo convencional propia de los años 30. Es el ejemplo más poderoso de la unión de tradición e innovación en su obra residencial. Sus formas sobrias entre el Funcionalismo Danés y la Modernidad se singularizarán por su abstracción y volúmenes limpios que acentúan el efecto de su geometría, prismática y brutalista. El desplazamiento de los cuerpos que lo componen, unos sobre otros, generan un ritmo, que se producirá a otras escalas, ello unido a las variaciones de sus formas y a la elección de sus materiales, ladrillo y madera, le confieren a la casa un carácter orgánico. El edificio se ancla a la tierra resolviéndose en diferentes niveles tras el estudio del lugar y su topografía. El resultado es una versión construida del paisaje, en la cual el edificio da forma al lugar y ensalza la experiencia del escenario natural. La unidad de las estructuras primitivas, parece estar presente. Constituye un ejemplo de la “La idea de Promenade de Asplund”, el proyecto ofrece diferentes recorridos, permitiendo su propia vivencia de la casa, que ofrece la posibilidad vital de decidir. El capítulo tercero trata sobre el pabellón de invitados de Niels Bohr de 1957, situado un área boscosa, en Tisvilde Hegn, fue el primer edificio del arquitecto danés Vilhelm Wohlert. Arraigado a la Tradición Danesa, representa una renovación basada en la absorción de influencias extranjeras: la Arquitectura Americana y la Tradición Japonesa. La caja de madera, posada sobre un terreno horizontal, tiene el carácter sensible de un organismo vivo, siempre cambiante según las variaciones de luz del día o temperatura. Cuando se abre, crea una prolongación del espacio interior, que se extiende a la naturaleza circundante, y se expande hacia el espacio exterior, permitiendo su movilización. Se establece una arquitectura de flujos. Hay un interés por la materia, su textura y el efecto emocional que emana. Las proporciones y dimensiones del edificio están reguladas por un módulo, que se ajusta a la medida del hombre, destacando la gran unidad del edificio. La llave se su efecto estético está en su armonía y equilibrio, que transmiten serenidad y belleza. El encuentro con la naturaleza es la lección más básica del proyecto, donde un mundo de relaciones es amable al ser humano. El capítulo cuarto, analiza el proyecto del Museo Louisiana de 1958, en Humlebæk, primer proyecto de la pareja de arquitectos daneses Jørgen Bo y Vilhelm Wohlert. La experiencia en California de Wohlert donde será visitado por Bo, será trascendental para el desarrollo de Louisiana, donde la identidad Danesa se fusiona con la asimilación de otras culturas, la arquitectura de Frank Lloyd Wright, la del área de la Bahía y la Tradición Japonesa principalmente. La idea del proyecto es la de una obra de arte integral: arquitectura, arte y paisaje, coexistirían en un mismo lugar. Diferentes recursos realzarán su carácter residencial, como el uso de los materiales propios de un entorno doméstico, la realización a la escala del hombre, el modo de usar la iluminación. Cubiertas planas que muestran su artificialidad, parecen flotar sobre galerías acristaladas, acentuarán la fuerza del plano horizontal y establecerán un recorrido en zig-zag de marcado ritmo acompasado. Ritmo que tiene que ver con la encarnación del pulso de la naturaleza, que se acompaña de juegos de luz, y de otras vibraciones materiales a diferentes escalas, imagen, que encuentra una analogía semejante en la cultura japonesa. Todo se coordina con la trama estructural, que conlleva a una construcción y proporción disciplinada. Louisiana atiende al principio de crecimiento de la naturaleza, con la que su conexión es profunda. Hay un dinamismo expresado por el despliegue del edificio, que evoca a algunos proyectos de la Tradición Japonesa. Los blancos muros tienen su propia identidad como formas en sí mismas, avanzan prolongándose fuera de la línea del vidrio, se mueven libremente siguiendo el orden estructural, acompañando al espacio que fluye, en contacto directo con la naturaleza que está en un continuo estado de flujos. Se da todo un mundo de relaciones, donde existe un dialogo entre el paisaje, arte y arquitectura. El capítulo quinto, se dedica a analizar la segunda casa del arquitecto danés Halldor Gunnløgsson, de 1959. Evoca a la Arquitectura Japonesa y Americana, pero es principalmente resultado de una fuerte voluntad y disciplina artística personal. La cubierta, plana, suspendida sobre una gran plataforma pavimentada, que continúa la sección del terreno construyendo de lugar, tiene una gran presencia y arroja una profunda sombra bajo ella. En el interior un espacio único, que se puede dividir eventualmente, discurre en torno a un cuerpo central. El espacio libre fluye, extendiéndose a través de la transparencia de sus ventanales a dos espacios contrapuestos: un patio ajardinado íntimo, que inspira calma y sosiego; y la naturaleza salvaje del mar que proyecta el color del cielo, ambos en constante estado de cambio. El proyecto se elabora de un modo rigurosamente formal, existiendo al mismo tiempo un perfecto equilibrio entre la abstracción de su estructura y su programa. La estructura de madera cuyo orden se extiende más allá de los límites de su perímetro, está formada por pórticos completos como elementos libres, queda expuesta, guardando una estrecha relación con el concepto de modernidad de Mies, equivalente a la arquitectura clásica. La preocupación por el efecto estético es máxima, nada es improvisado. Pero además la combinación de materiales y el juego de las texturas hay una cualidad táctil, cierto erotismo, que flota alrededor de ella. La precisión constructiva y su refinamiento se acercan a Mies. La experiencia del espacio arquitectónico es una vivencia global. La influencia de la arquitectura japonesa, es más conceptual que formal, revelada en un respeto por la naturaleza, la búsqueda del refinamiento a través de la moderación, la eliminación de los objetos innecesarios que distraen de la experiencia del lugar y la preocupación por la luz y la sombra, donde se establece cierto paralelismo con el oscuro mundo del invierno nórdico. Hay un entendimiento de que el espacio, en lugar de ser un objeto inmaterial definido por superficies materiales se entiende como interacciones dinámicas. El capítulo sexto. Propone un viaje para conocer algunas de las viviendas unifamiliares más interesantes que se construyeron en el periodo, que forman parte del sistema investigado. Del estudio comparado y orientado en varios temas, se obtienen diversa conclusiones propias del sistema estudiado. La maestría de la sustancia y la forma será una característica distintiva en Dinamarca, se demuestra que hay un acercamiento a la cultura de Oriente, conceptual y formal, y unos intereses comunes con cierta arquitectura Americana. Su lección nos sensibiliza hacia un sentido fortalecido de proporción, escala, materialidad, textura y peso, densidad del espacio, se valora lo táctil y lo visual, hay una sensibilidad hacia la naturaleza, hacia lo humano, hacia el paisaje, la integridad de la obra. ABSTRACT The thesis “1950 around the Louisiana Museum 1970” analyses several works related to domestic space, which were carried out between 1950 and 1970 in Denmark, a golden age of modern architecture. After the isolation and limitations brought about by the war that blighted Europe, young Danish architects were keen to experiment with ideas of an international origin, encouraged by different circumstances. They find the best field of rehearsal to be the domestic space. The best architecture of that period in Denmark should be understood as a system composed of different authors, who have in common with each other many more similarities than differences, thus complimenting each other. In the interests of understanding, the study of a range of figures and buildings is necessary so that this system, the research of which is still in its infancy, can be completed. The thesis proposes a journey of discovery through the names of some of those protagonists who were showcased through their work so that tradition and avant- garde could go hand in hand. The objective is to unveil the keys to Danish Modernity; to recognise, discover and revive the legacy of some of its protagonists in the domestic field whose lessons are seen as entirely of the present. For an architect, the taking on of modern contributions with both moderation and caution, with its intimate relationship with architectural tradition and its own craft, will be one of his hallmarks. With the study set against several projects and versions, one can derive common values among their authors. In the same way their affinities and differences in respect of the same issue emerge. This will allow an understanding of their measures in line with references and influences and enable the defining of the variables of their architectural spaces. The common line between the buildings selected will be their particular relationship with nature and the space with which they integrate. The façade, the place where the relationship between the interior and the landscape would be negotiated, wouldl be the discriminating element in a distinct way for each one of them. It is through each of these facades that this relationship would extend, and far beyond their physical perimeter. The investigation has been structured into six chapters, preceded by an introduction. The first chapter outlines and analyses the backgrounds, figures and buildings most relevant to the Danish Tradition. This is to facilitate the understanding and elucidation of some of the keys to its modernity in the field of architecture, which came about with the clear intention to discover its own identity and expression. This thriving modernity is characterized by its moderate assimilation with foreign cultures with a critical eye, and finds its roots anchored in architectural tradition and its own handcraft. It is forged in the emergence of a common ideal of enormous personality which today has come to be valued as an authentic contribution to the sphere from a culture that was formerly seen as on the peripheries. What will be demonstrated is the path taken by previous generations to these works and the debate that surrounds them. The sensibilities for both the vernacular and the classic, which at first glance may seem contradictory, will dominate the debate with the same veracity and respectability. The so-called third generation of Sigfried Giedion will revive the process between the classic and the vernacular, supported in spirit by the handcraft work and by tradition, with the objective of discovering the “truth” and the “original essence” of the architectural act. The second chapter analyzes the Varming house, built by Eva and Nils Koppel 1953, which is situated in a residential area of Gentofte. This reinterprets Asplund’s vision of an interior landscape extending to the exterior, where we see a break with the conventional sturdy brick shell of the 1930s. It is the most powerful example of the union of tradition and innovation in his their residential work. Their sober forms caught between Danish Functionalism and modernity are characterized by their abstraction and clean shapes which accentuate their prismatic and brutal geometry, The displacement of the parts of which they are composed, one over the other, generate a rhythm. This is produced to varying scales and is closely linked to its forms and the selection of materials – brick and wood – that confer an organic character to the house. The building is anchored to the earth, finding solution at different levels through the study of place and topography. The result is an adaption constructed out of the landscape, in which the building gives form to the place and celebrates the experience of the natural setting. The unity of primitive structures appears to be present. It constitutes an example of “Asplund’s Promenade Idea”. Different routes of exploration within are available to the visitor, allowing for one’s own personal experience of the house, allowing in turn for the vital chance to decide. The third chapter deals with Niels Bohr’s guest pavilion. Built in 1957, it is situated in a wooded area of Tisvilde Hegn and was the architect Vilhelm Wohlert’s first building. Rooted in the Danish Tradition, it represents a renewal based on the absorption of foreign influences: American architecture and the Japanese tradition. The wooden box, perched atop a horizontal terrain, possesses the sensitive character of the living organism, ever-changing in accordance with the variations in daylight and temperature. When opened up, it creates an elongation of the interior space which extends into the surrounding nature and it expands towards the exterior space, allowing for its mobilisation. It establishes an architecture of flux. There is interest in the material, its texture and the emotional effect it inspires. The building’s proportions and dimensions are regulated by a module, which is adjusted by hand, bringing out the great unity of the building. The key to its aesthetic effect is its harmony and equilibrium, which convey serenity and beauty. The meeting with nature is the most fundamental lesson of the project, where a world of relationships softens the personality of the human being. The fourth chapter analyzes the Louisiana Museum project of 1958 in 1958. It was the first project of the Danish architects Jørgen Bo and Vilhelm Wohlert. Wohlert’s experience in California where he was visited by Bo would be essential to the development of Louisiana, where the Danish identity is fused in assimilation with other cultures, the architecture of Frank Lloyd Wright, that of the Bahía area and principally the Japanese tradition. The idea of the project was for an integrated work of art: architecture, art and landscape, which would coexist in the same space. A range of different resources would realize the residential character, such as the use of materials taken from a domestic environment, the attainment of human scale and the manner in which light was used. Flat roof plans that show their artificiality and appear to float over glassed galleries. They accentuate the strength of the horizontal plan and establish a zigzag route of marked and measured rhythm. It is a rhythm that has to do with the incarnation of nature’s pulse, which is accompanied with plays of light, as well as material vibrations of different scales, imagery which uncovers a parallel analogy with Japanese culture. Everything is coordinated along a structural frame, which involves a disciplined construction and proportion. Louisiana cherishes nature’s principle of growth, to which its connection is profound. Here is a dynamism expressed through the disposition of the building, which evokes in some projects the Japanese tradition. The white walls possess their own identity as forms in their own right. They advance, extending beyond the line of glass, moving freely along the structural line, accompanying a space that flows and in direct contact with nature that is itself in a constant state of flux. It creates a world of relationships, where dialogue exists between the landscape, art and architecture. The fifth chapter is dedicated to analyzing the Danish architect Halldor Gunnløgsson’s second house, built in 1959. It evokes both Japanese and American architecture but is principally the result of a strong will and personal artistic discipline. The flat roof suspended above a large paved platform – itself continuing the constructed terrain of the place – has great presence and casts a heavy shadow beneath. In the interior, a single space, which can at length be divided and which flows around a central space. The space flows freely, extending through the transparency of its windows which give out onto two contrasting locations: an intimate garden patio, inspiring calm and tranquillity, and the wild nature of the sea which projects the colour of sky, both in a constant state of change. The project is realized in a rigorously formal manner. A perfect balance exists between the abstraction of his structure and his project. The wooden structure, whose order extends beyond the limits of its perimeter, is formed of complete porticos of free elements. It remains exposed, maintaining a close relationship with Mies’ concept of modernity, analogous to classical architecture. The preoccupation with the aesthetic effect is paramount and nothing is improvised. But in addition to this - the combination of materials and the play of textures - there is a tactile quality, a certain eroticism, which lingers all about. The constructive precision and its refinement are close to Mies. The experience of the architectural space is universal. The influence of Japanese architecture, more conceptual than formal, is revealed in a respect for nature. It can be seen in the search for refinement through moderation, the elimination of the superfluous object that distract from the experience of place and the preoccupation with light and shade, where a certain parallel with the dark world of the Nordic winter is established. There is an understanding that space, rather than being an immaterial object defined by material surfaces, extends instead as dynamic interactions. The sixth chapter. This proposes a journey to discover some of the unfamiliar residences of most interest which were constructed in the period, and which form part of the system being investigated. Through the study of comparison and one which is geared towards various themes, diverse conclusions are drawn regarding the system being researched. The expertise in substance and form will be a distinctive characteristic in Denmark, demonstrating an approach to the culture of the Orient, both conceptual and formal, and some common interests in certain American architecture. Its teachings sensitize us to a strengthened sense of proportion, scale, materiality, texture and weight and density of space. It values both the tactile and the visual. There is a sensitivity to nature, to the human, to the landscape and to the integrity of the work.
Resumo:
La tesis doctoral «La Institución Libre de Enseñanza y la arquitectura española de la Edad de Plata (1876-1936)» analiza las relaciones propiciadas por la ILE y la corriente cultural del institucionismo ―identificada desde los primeros años 70 del pasado siglo por el historiador Manuel Tuñón de Lara como crucial en la configuración de la cultura española contemporánea―, con la arquitectura de su tiempo en el marco histórico de la Restauración alfonsina y de la Segunda República. Lo hace desde los cuatro temas que configuran los grandes apartados en los que se estructura y articula el trabajo de investigación. El primero, el de la arquitectura de la escuela, a través del análisis de los escritos sobre la materia de los pedagogos Francisco Giner de los Ríos y Manuel Bartolomé Cossío y su papel en la materialización del edificio escolar. El segundo, el de la geografía madrileña de la ILE a través de un recorrido por las arquitecturas que acogieron su proyecto modernizador, confiado a la moral de la ciencia, a través de los centro por ella impulsados desde la Junta para Ampliación de Estudios e Investigaciones Científicas (JAE), como fueron la Residencia de Estudiantes y su grupo femenino de la Residencia de Señoritas, el Instituto Nacional de Física y Química, el Instituto-Escuela, el Centro de Estudios Históricos o el Instituto Cajal. El tercero, la renovación de la cultura arquitectónica española promovida a través de la política de pensiones de la JAE en el extranjero, de las actividades de extensión universitaria desarrolladas por la Residencia de Estudiantes en el ámbito de la arquitectura o por personas identificadas con su ideario. Y el cuarto, a través de la nueva valoración patrimonial de los monumentos arquitectónicos y de los paisajes españoles alentada por la práctica pedagógica del excursionismo y por los escritos de Francisco Giner de los Ríos y Manuel Bartolomé Cossío, que culmina con la promulgación de la Ley del Tesoro Artístico Nacional de 1933. El trabajo plantea una historia coral, donde tienen cabida arquitectos, pedagogos, políticos, historiadores del arte, críticos de arte y arquitectura de cuatro generaciones distintas: desde Ricardo Velázquez Bosco, coetáneo de Francisco Giner de los Ríos, a Arturo Sáenz de la Calzada, colegial de la Residencia de Estudiantes durante los años treinta y activo miembro de la Federación Universitaria Escolar, pasando por Carlos Velasco, Antonio Flórez Urdapilleta, Pablo Gutiérrez Moreno, Bernardo Giner de los Ríos, Leopoldo Torres Balbás, Carlos Arniches Moltó, Martín Domínguez Esteban, Fernando García Mercadal o Matilde Ucelay, en el caso de los arquitectos; Francisco Giner de los Ríos, Manuel Bartolomé Cossío, José Castillejo o Alberto Jiménez Fraud, entre los pedagogos; Segismundo Moret, Álvaro de Figueroa, Fernando de los Ríos o Marcelino Domingo, entre los políticos; Manuel Gómez-Moreno, Ricardo de Orueta o Emilio Camps Cazorla, entre los historiadores del arte; Javier de Winthuysen como jardinero o José Moreno Villa a través de su papel como crítico de arquitectura a favor del arte nuevo. Para ello, se ha partido del análisis y la interpretación de las arquitecturas de matriz institucionista a través de fuentes muy diversas, entre ellas un nutrido corpus de imágenes como complemento iconográfico fundamental en la articulación del discurso narrativo, que ha permitido situar a los temas analizados y sus protagonistas en su contexto histórico y disciplinar. Todo ello ha puesto de manifiesto el papel asumido por la Institución Libre de Enseñanza como un laboratorio de ideas y proyectos clave en la configuración de la cultura arquitectónica española del primer tercio del siglo XX. ABSTRACT The doctoral thesis «La Institución Libre de Enseñanza y la arquitectura española de la Edad de Plata (1876-1936)» analyzes the relationships fostered by the ILE and the cultural current «institucionismo» ―identified from the early '70s by the historian Manuel Tuñón de Lara as cardinal in shaping the contemporánea Spanish culture―, with the architecture of his time in the historical context of the Restoration and the Second Republic periods. This is done from the four themes that make up the major sections in which the research is structured and articulated. The first, the architecture of the school building, through the analysis of the writings on the subject of pedagogues Francisco Giner and Manuel Bartolomé Cossío and its role in the materialization of the school building. The second, the geography of the ILE in Madrid through a tour of the architectures that supported its modernizing project, entrusted to the moral of science, through the centers promoted by the Junta para Ampliación de Estudios e Investigaciones Científicas (JAE), as the Residencia de Estudiantes and its girls group Residencia de Señoritas, Instituto Nacional de Física y Química, Instituto-Escuela, Centro de Estudios Históricos or Instituto Cajal. The third, the renewal of the Spanish architectural culture promoted through JAE pension abroad, the university extension activities developed by the Residencia de Estudiantes in the field of architecture or people identified with its ideology. And the fourth, through new equity valuation of architectural monuments and the Spanish landscapes encouraged by the pedagogical practice of excursionism and by the writings of Francisco Giner de los Ríos and Manuel Bartolomé Cossío, culminating in the enactment of the Ley del Tesoro Artístico Nacional in 1933. The work raises a choral history, where have place architects, educators, politicians, art historians, art and architecture critics of four distinct generations: from Ricardo Velázquez Bosco, a contemporary of Francisco Giner, Arturo Sáenz de la Calzada, schoolboy student residence during the thirties and active member of the Federación Universitaria Escolar, through Carlos Velasco, Antonio Flórez Urdapilleta, Pablo Gutiérrez Moreno, Bernardo Giner, Leopoldo Torres Balbás, Carlos Arniches Moltó, Martín Domínguez Esteban, Fernando García Mercadal or Matilde Ucelay, in the case of architects; Francisco Giner, Manuel Bartolomé Cossío, José Castillejo and Alberto Jiménez Fraud, among teachers; Segismundo Moret, Álvaro de Figueroa, Fernando de los Ríos and Marcelino Domingo, among politicians; Manuel Gómez-Moreno, Ricardo de Orueta or Emilio Camps Cazorla, including art historians; Javier de Winthuysen as gardener and José Moreno Villa through his role as architecture critic for the new art. To do this, the origin point has been the analysis and interpretation of the «institucionista» architectures through a variety of sources, including a large corpus of iconographic images as a fundamental complement to the articulation of the narrative, which has allowed place the issues discussed and its protagonists in their historical context and discipline. This has highlighted the role played by the Institución Libre de Enseñanza as a laboratory of ideas and projects and key in shaping the Spanish architectural culture of the early twentieth century.
Resumo:
La tesis doctoral “La construcción de la transparencia. Museo de Arte Contemporáneo del Siglo 21 de Kanazawa / SANAA” estudia, desde diferentes perspectivas, esta obra de los arquitectos japoneses Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa / SANAA. El museo, proyectado y construido entre 1999 y 2004, supone un referente arquitectónico de gran relevancia en el cambio de siglo, y está considerado un manifiesto construido en el que resuenan ecos culturales y sociales de su época. La investigación toma como constante el Museo del Siglo 21 de Kanazawa y a través de él se realizan una serie de miradas transversales a modo de narrativas interconectadas. Estas visiones múltiples colaboran, a través de las relaciones que se producen entre ellas, a generar un entendimiento global de esta obra y sus efectos sobre la cultura arquitectónica contemporánea. La tesis se estructura en dos partes: la primera estudia de manera analítica la obra en su contexto cultural, el proceso de proyecto y el edificio construido. La segunda parte propone una triple lectura interpretativa del edificio en relación a temas de especial relevancia para el proyecto y al modelo de espacio que constituye, tomando de nuevo como constante la noción de transparencia. La tesis partirá de la interpretación que hace del museo su directora artística Yuko Hasegawa, cuya colaboración activa durante el proceso de diseño resultó de gran relevancia para el resultado final. Hasegawa define la obra como la materialización de una situación cultural característica del nuevo siglo basada en tres conceptos: La Coexistencia, la Consciencia y la Inteligencia Colectiva. A partir de dichas ideas entenderemos la transparencia no sólo desde el punto de vista de las cualidades físicas y materiales del espacio sino también, desde una perspectiva más amplia: como estrategia utilizada para clarificar la organización funcional del edificio y las relaciones entre sus partes como posición política, catalizadora del espacio público; la producción de consciencia a través de la experiencia del arte y la arquitectura; y como medio de representación y generación de una identidad colectiva basada en la visibilidad mediática. Las conclusiones de esta investigación, extraídas de las confluencias y puntos de intersección de las diferentes miradas transversales proyectadas sobre la obra, determinan una clara voluntad por parte de los arquitectos de construir un espacio donde lo público se entiende como el ensamblaje de diferentes individualidades. De manera similar al proceso de proyecto, la multiplicidad y las relaciones entre elementos autónomos generan un consciencia colectiva del espacio donde, a través de la organización programática, la construcción y el uso de los materiales y la luz, la arquitectura tiene la voluntad de desvanecerse para ofrecer protagonismo a sus usuarios y a las relaciones y encuentros que se producen entre ellos y con el espacio que habitan. ABSTRACT The PhD thesis “The construction of transparency. 21st Century Museum of Contemporary Art in Kanazawa / SANAA” studies, from different perspectives, this work, realized by Japanese architects Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa / SANAA. The museum, designed and built between 1999 and 2004, had a huge relevance as an architectural referent in the swift of the century, being considered a built manifesto that echoes the culture and society of its time. The research takes as a constant the 21st Century Museum in Kanazawa and it is studied throughout a series of transversal readings as interconnected narratives. These multiple approaches and the relations among them, help to generate a global understanding of the building and its effects on contemporary architectural culture. The dissertation is structured in two parts: the first one studies from an analytical perspective the project in its cultural context, the process of design and the built work. The second part proposes a triple interpretative reading of the building in relation to topics that are especially relevant for the project and the spatial model that it constitutes, taking again the notion of transparency as a constant concept. The thesis departs from the interpretation expressed by the artistic director of the museum, Yuko Hasegawa, whose active collaboration during the design process had special relevance for the final result. She defines the work as the materialization of the cultural context of the new century based in three concepts: Co-existence, Consciousness and Collective Intelligence. From these concepts we will understand transparency, not only from the point of view of the physical and material qualities of the space, but also from a broader perspective: as an strategy used to clarify the functional organization of the building and the relation of its parts as political stand that catalyzes the public space; the production of consciousness based on the experience of art and architecture; and as a method of representation and construction of a collective identity based in the media visibility. The conclusions of this research -extracted from the confluences and intersections of the different transversal readings projected on the work- determine a clear intention by the architects to build a space where the public is understood as an assembly of different individualities. In a similar way as it happens in the design process, the multiplicity of relations between autonomous elements generate a collective consciousness of the space. Throughout the programmatic organization, the construction and the use of light and materials, the architecture has the will of disappearance to yield protagonist the users and the relations and encounters that happen among them and the space they inhabit.