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Objetivo: Estimar los niveles de actividad física (AF) de escolares de básica primaria durante el recreo, a través del uso del Sistema de Observación de Juego y Tiempo Libre en niños. Metodología: Estudio descriptivo transversal. Cinco instituciones educativas de la localidad de Engativá de Bogotá participaron en el presente estudio. Se contó con una muestra a conveniencia de 2.415 escolares (1.093 niñas y 1.322 niños), los cuales cursaban de 2º a 5º de primaria. Se realizaron 261 observaciones en 87 áreas determinadas. La muestra presentó una confiabilidad del 95%. Resultados: El tiempo de recreo fue de 30 minutos, los niños mostraron mayores porcentajes de AF con respecto a las niñas, sin embargo no se encontraron asociaciones estadísticamente significativas (p=0,506). Las áreas eran totalmente accesibles y utilizables, pero ausentes de actividades organizadas. Se encontró un bajo nivel de AF 9,5% en áreas supervisadas. De los escolares; el 22,5% para niñas, y el 20,6% para niños, tuvieron comportamientos sedentarios durante el recreo. Menos del 15% de los escolares realizaron AF vigorosa en el recreo y un mayor porcentaje 62,8% para niñas vs 64,6% para niños realizaron AF moderada. Conclusión: Los escolares acumularon una cantidad valiosa de AF moderada y vigorosa durante el recreo. Es probable que se aumente el nivel de AF, si el patio de la escuela está equipado y con actividades organizadas. Es esencial que las estrategias específicas se estudien y evalúen para determinar cómo y en qué medida se fomenta la AF entre los escolares.
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BACKGROUND: Severe acute respiratory syndrome coronavirus-2 (SARS-CoV-2) infection in pregnancy has been associated with multiple adverse pregnancy outcomes, including the risk of in utero mother-to-child transmission. Short- and long-term outcomes of SARS-CoV-2 exposed neonates and the extent to which maternal SARS-CoV-2 antibodies are transferred to neonates are still unclear. METHODS: Prospective observational study enrolling neonates born to mothers with SARS-CoV-2 infection in pregnancy, between April 2020-April 2021. Neonates were evaluated at birth and enrolled in a 12-month follow-up. SARS-CoV-2 IgG transplacental transfer ratio was assessed in mother-neonate dyads at birth. Maternal derived IgG were followed in infants until negativizing. RESULTS: Of 2745 neonates, 106 (3.9%) were delivered by mothers with SARS-CoV-2 infection in pregnancy. Seventy-six of 106 (71.7%) mothers were symptomatic. Median gestational age and mean birth weight were 39 weeks (range 25+5-41+4) and 3305 grams (SD 468). Six of 106 (6%) neonates were born preterm, without significant differences between asymptomatic and symptomatic mothers (P=0.67). No confirmed cases of in utero infection were detected. All infants had normal cerebral ultrasound and clinical evaluation at birth and during follow-up, until a median age of 7 months (range 5-12). All mothers and 96/106 (90.5%) neonates had detectable SARS-CoV-2 IgG at birth. Transplacental transfer ratio was higher following second trimester maternal infections (mean 0.940.46 versus 1.070.64 versus 0.750.44, P=0.039), but was not significantly different between asymptomatic and symptomatic women (P=0.20). IgG level in infants progressively decreased after birth: at 3 months 53% (51/96) and at four months 68% (63/96) had lost maternal antibodies respectively. The durability of maternal antibodies was positively correlated to the IgG level at birth (r=0.66; P<0.00001). CONCLUSIONS: Maternal SARS-CoV-2 infection was not associated with increased neonatal or long-term morbidity. No cases of confirmed in utero infection were detected. Efficient transplacental IgG transfer was found following second trimester maternal infections.
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Background I filtri dializzatori ad alto flusso potrebbero mitigare la “tempesta citochinica" nell'infezione da Sars-COV-2, ma il loro impatto nei pazienti in dialisi cronica non è accertato. Lo scopo delle studio è valutare l’effetto del filtro in triacetato asimmetrico di cellulosa (ATA) e in polimetilmetacrilato (PMMA) sui marcatori infiammatori in pazienti in dialisi cronica affetti da SARS-CoV-2. Metodi Si tratta di uno studio prospettico osservazionale su pazienti in trattamento emodialitico cronicp con COVID-19 arruolati da marzo 2020 a Maggio 2021.Le variabili cliniche, la conta leucocitaria, la IL-6, la proteina C-reattiva (PCR), la procalcitonina (PCT) e la ferritina sono state determinate al basale. I valori ematici di PCR, PCT, e IL-6 sono stati determinati pre e post-dialisi per ogni seduta effettuata (i valori ottenuti sono stati corretti per ’emoconcentrazione). I pazienti sono stati trattati con emodiafiltrazione online con un filtro ad alto flusso in PMMA o ATA. L’end-point primario è stato valutare l’effetto dei due filtri sulle molecole infiammatorie, in particolare sulla reduction ratio (RR) della IL-6. Risultati Dei 74 pazienti arruolati, 48 sono trati trattati con filtro ATA e 26 con filtro PMMA (420 vs 191 sedute dialitiche). La RR percentuale mediana della IL-6 è risultata maggiore nel gruppo ATA (17,08% IQR -9,0 - 40.0 vs 2,95% IQR -34,63 – 27,32. Anche le RR percentuale di PCR e PCT sono state maggiori nel gruppo ATA. La regressione logistica multipla avente come variabile dipendente una IL-6RR maggiore del 25%, ha mostrato che ATA determinava una maggiore probabilità di raggiungere l’outcome dopo correzione per i parametri infiammatori pre-dialisi (OR 1,721 95% CI 1,176 – 2,538 p=0,0056). Al contrario una PCR elevata riduceva la probabilità di ottenere una IL-6RR significativa (OR 0,9101 95% CI 0,868 – 0,949, p<0.0001). Conclusioni Nella nostra popolazione il filtro ATA ha mostrato un migliore profilo antiinfiammatorio.
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INTRODUZIONE: Un’inadeguata informazione in gravidanza può condurre ad una sovrastima della percezione del rischio materno-fetale da parte della paziente. OBIETTIVI: Dimostrare l’impatto di un colloquio medico con operatori esperti nel campo delle infezioni materno-fetali sull’ansia materna e sulla propensione della paziente a interrompere la gravidanza. DISEGNO DELLO STUDIO: Studio monocentrico osservazionale prospettico di coorte su una serie consecutiva di 185 pazienti con diagnosi confermata di malattia infettiva in gravidanza. Il livello di preoccupazione materna è stato investigato tramite tre questionari sottoposti alla paziente prima e dopo il colloquio medico con operatori esperti e in seguito alla diagnostica ecografica di approfondimento. RISULTATI: 171 pazienti (92.4%) hanno compilato la Scala Visuo-Analogica (VAS) sulla preoccupazione materna prima e in seguito al colloquio medico, e ciò ha mostrato decremento significativo nel livello di ansia (VAS, −25,8; CI 95%, da−29,9 a −21,7). Livelli più alti di preoccupazione hanno presentato meno margine di riduzione, e le infezioni ad alto rischio di danno fetale si sono mostrate correlate ad un minore decremento nello stato di ansia materna. Nel gruppo delle 82 pazienti (53,2%) che hanno eseguito una diagnostica ecografica di secondo livello, la preoccupazione materna è risultata significativamente minore rispetto a quella registrata dopo il consulto medico (VAS, −16,6; CI del 95%, da−22,9 a −10,3). Si è inoltre mostrata una diminuzione della propensione all’interruzione di gravidanza prima e dopo il colloquio medico (VAS, −19,4; intervallo di confidenza del 95%, da−23,6 a −15,2). Nelle 73 pazienti (45,1%) che hanno eseguito una ecografia morfologica di secondo livello, si è mostrata una riduzione nella tendenza all’interruzione di gravidanza (VAS, −13.4; CI 95%, da−19,1 a −7.7). CONCLUSIONI: Un colloquio medico esperto nel campo delle infezioni materno-fetali può diminuire l’ansia materna migliorando la qualità della vita durante la gestazione, e ridurre la propensione della paziente all’interruzione volontaria di gravidanza.
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INTRODUZIONE Pochi studi in Letteratura hanno indagato la correlazione tra la sintomatologia dolorosa associata all’interruzione farmacologica di gravidanza (IVG) e i livelli d’ansia pre-trattamento. L’obiettivo primario del nostro studio è stato di valutare la correlazione tra la sintomatologia dolorosa in corso di IVG farmacologica e i livelli d’ansia pre-trattamento. Inoltre, sono stati indagati i fattori predittivi di dolore e la correlazione con l’epoca gestazionale. MATERIALI E METODI È stato condotto uno studio osservazionale, prospettico, multicentrico presso l’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda USL e presso l’Unità Operativa di Ginecologia dell’IRCCS Sant’Orsola Malpighi di Bologna. Sono state incluse le pazienti sottoposte a IVG farmacologica tra giugno 2021 e novembre 2021, che rispettassero i criteri di inclusione ed esclusione. Sono stati somministrati 5 questionari (GHQ-12, GAD-7, STAI-6, VAS) e raccolti i dati anamnestici ed ecografici. I potenziali fattori di rischio sono stati, quindi, selezionati per l’inclusione nell'analisi di regressione multivariata. RISULTATI Delle 242 pazienti incluse, il 38,0% ha riferito una sintomatologia dolorosa severa (VAS >70). Dall’analisi di regressione multivariata, la dismenorrea intensa è risultata essere il fattore di rischio più forte per il dolore (OR = 6,30, IC 95% 2,66 – 14,91), seguita da alti livelli di ansia valutati mediante il punteggio del GHQ-12 > 9 (OR = 3,33, IC 95% 1,43 – 7,76). Al contrario, la nostra analisi ha confermato che un precedente parto vaginale rappresentava una caratteristica protettiva contro il dolore (OR 0,26, IC 95% 0,14 – 0,50). CONCLUSIONI Nel nostro studio alti livelli d’ansia pre-trattamento e la dismenorrea sono associati ad intensa sintomatologia dolorosa, mentre il parto vaginale è risultato protettivo. L’IVG farmacologica è una metodica efficace e sicura, ma spesso associata a sintomatologia dolorosa. È quindi fondamentale delineare fattori di predittivi di dolore ed individuare le pazienti a maggior rischio a cui somministrare un’idonea terapia antalgica.
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Introduzione: L'idrosadenite suppurativa (HS) è una malattia immuno-mediata che colpisce i follicoli piliferi situati principalmente nelle aree ricche di ghiandole apocrine. Materiali e metodi: È stato condotto uno studio osservazionale prospettico monocentrico finalizzato a correlare i parametri clinici ed ecografici con: l'evoluzione delle lesioni, la probabilità di riacutizzazione o di andare incontro ad un trattamento chirurgico/laser-CO2. Risultati: Sono stati reclutati sessantuno pazienti con un'età media pari a 29,5 ± 7,5 anni che presentavano un numero basale di 127 noduli infiammatori, 43 ascessi e 62 fistole. Dopo un tempo medio di 77,9 settimane, rispettivamente il 40%, 14%, 8% di noduli, ascessi e fistole erano guariti, il 5%, 30%, 29% persistevano privi di infiammazione, il 47%, 33%, 63 % presentava uno stato infiammatorio, e l'8% e il 23% dei noduli e degli ascessi erano evoluti in fistole. Sono stati registrati 137 episodi di flare nelle lesioni acute (noduli + ascessi) e 54 nelle lesioni croniche (fistole), mentre il numero di interventi procedurali è stato rispettivamente pari a 59 e 50. I fattori predittivi associati ad un'evoluzione sfavorevole (stato infiammatorio o cronicizzazione) per ascessi e noduli sono stati: evidenza ecografica di frammenti piliferi intralesionali, elevato segnale Power Doppler (PD) ed edema all'ecografia, profondità della localizzazione ed interessamento genitale; i predittori associati alle fistole sono stati: profondità della localizzazione, edema e dimensioni della lesione. La probabilità che una lesione acuta venisse sottoposta ad un intervento procedurale è stata correlata a: età, presenza di frammenti piliferi, segnale PD, edema e profondità della localizzazione; per le fistole l'unico predittore indipendente è stato la dimensione. I predittori di riacutizzazione della patologia per ascessi e noduli sono stati: giovane età all'esordio, segnale PD, evidenza ecografica di frammenti follicolari, profondità della localizzazione e dimensioni; per le fistole i predittori sono stati: localizzazione ascellare, profondità della localizzazione, edema e dimensione.
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I miomi uterini sono la neoplasia uterina più comune e colpiscono fino al 30% delle donne in età fertile. Nonostante l’elevata prevalenza, pochi studi in Letteratura hanno analizzato i fattori di rischio per la crescita dei miomi uterini, mostrando spesso dei risultati contrastanti. Nel nostro studio osservazionale prospettico sono state arruolate pazienti che rispettassero i criteri di inclusione e di esclusione, con diagnosi di miomi uterini evidenziati mediante ecografia eseguita presso i nostri ambulatori, a partire da giugno 2017. A partire da gennaio 2019, sono state ricercate mensilmente le pazienti precedentemente arruolate che erano tornate presso i nostri ambulatori per esecuzione di ulteriore ecografia, a distanza di 24 ± 5 mesi, fino a raggiungere il campione designato, cioè 450 pazienti totali. È stato, quindi, valutato il tasso di crescita annuo del mioma di maggiori dimensioni ed è stato utilizzato l'approccio polinomiale frazionario multivariabile per selezionare i fattori di rischio anamnestici ed ecografici legati all’incremento volumetrico. Circa la metà dei miomi uterini analizzati ha mostrato stabilità dimensionale nel corso del follow-up (crescita ≤10%), mentre la restante metà ha mostrato una crescita > 10%. Il solo fattore di rischio associato alla crescita volumetrica dei miomi uterini è risultato essere il volume del mioma durante l’ecografia di arruolamento (P = 0.001), quindi miomi di piccole dimensioni presentano un tasso di crescita maggiore rispetto ai miomi di grandi dimensioni. Lo studio ha raccolto la più ampia casistica in Letteratura nella valutazione del naturale andamento di modifica dimensionale dei miomi uterini. Sebbene siano necessari ulteriori studi con campione più ampio, questi dati possono fornire un utile supporto per eseguire un adeguato counselling con le pazienti nella pratica clinica quotidiana.
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The aim of the thesis is to assess the impact of depression in people with type 2 diabetes. Using Healthcare Utilization Databases, I estimated in a large population-based cohort with type 2 diabetes the incidence of depression over 10 year-period, identified the demographic and clinical predictors of depression, and determined the extent to which depression is a risk factor for acute and long-term complications and mortality. In the context of COVID-19 pandemic, I evaluated whether the presence of a history of depression in type 2 diabetes increased the Emergency Department (ED) access rate for diabetes-related complications, and I investigated changes in the incidence of depression during the first year of the pandemic. Findings from the first study indicated that developing depression was associated with being a woman, being over 65 years, living in rural areas, having insulin as initial diabetes medication and having comorbid conditions; the study also confirmed that depression was associated with an increased risk for acute and long-term diabetes complications and all-cause mortality. The second observational study showed a higher rate of ED access for diabetes-related complications during the pandemic in people with type 2 diabetes and a history of depression than in those without a history of depression, similar to what was observed in a pre-pandemic period. As shown in the third population-based study, the incidence of depression decreased in 2020 compared to 2019, mainly during the first and the second waves of the COVID-19 pandemic, when people probably had difficulty reaching healthcare services. This new real-world evidence will help healthcare professionals identify timely patients at high risk of developing depression. Lastly, policymakers and physicians will benefit from new evidence of the effects of the COVID-19 pandemic on depression in people with type 2 diabetes to ensure a high level of care during crisis periods.
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L'utilità clinica dell’uso routinario delle tecniche di sequenziamento di nuova generazione (NGS) nei pazienti con cancro colorettale metastatico andrebbe approfondita. In questo studio, è stato valutato l'impatto di un pannello NGS da 52 geni utilizzato nella pratica clinica di routine. Abbiamo analizzato i risultati dei test molecolari multigenici in pazienti con carcinoma colorettale metastatico (mCRC) in uno studio osservazionale, retrospettivo e monocentrico su pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico consecutivamente testati presso un centro oncologico italiano tra giugno 2019 e dicembre 2020. Le analisi di sopravvivenza sono state effettuate con il metodo Kaplan-Meier, test log-rank e modello di Cox. Complessivamente sono stati inclusi 179 pazienti con mCRC. Il follow-up mediano è stato di 33 mesi (IQR: 28,45–NR). I quattro geni più frequentemente mutati sono stati: KRAS (48,6%), PIK3CA (22,4%), BRAF (14,5%) e APC (8,4%). È stata trovata un'associazione positiva tra la sopravvivenza globale (OS) e le mutazioni KRAS con un'alta frequenza allelica variante (VAF) [HR: 0,60 (0.36 – 0.99), P=0.047]. La mutazione BRAF era associata a OS inferiore [HR: 2,62 (1,59-4,32), P <0,001]. Il panello NGS ha consentito a otto pazienti di accedere a terapie a bersaglio molecolare non ancora registrate per il cancro colorettale. In conclusione, i pannelli NGS in mCRC sono fattibili nella pratica clinica in laboratori di riferimento per consentire un impatto inferiore sui costi e un aggiornamento regolare. La mutazione di BRAF risulta associata a una prognosi peggiore. Le mutazioni di KRAS con un’elevata variazione di frequenza allelica erano associate a una sopravvivenza globale superiore rispetto ai pazienti KRAS non mutati. Sono necessari studi più approfonditi per analizzare meglio i fattori prognostici.
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Introduzione: La presentazione podalica complica il 3-4% delle gravidanze singole a termine. Sebbene il parto vaginale sia possibile, gli studi in letteratura hanno riportato un aumento del rischio di mortalità e morbilità fetale. Di conseguenza nel mondo il numero di tagli cesarei eseguiti per presentazione podalica è alto. Il rivolgimento per manovre esterne (RME) è una procedura ostetrica sicura che permette il passaggio del feto dalla presentazione podalica a quella cefalica, riducendo il numero dei tagli cesarei. L’angolo di progressione della parte presentata (AoP) è un parametro ecografico descritto in letteratura per la valutazione della progressione della parte presentata attraverso il canale del parto ed è stato recentemente studiato nelle gravidanze con presentazione podalica del feto. Obiettivi: L’obiettivo primario è valutare la correlazione tra l’AoP e il successo del RME. L’obiettivo secondario è verificare se esiste correlazione tra parametri anamnestici ed ecografici e la riuscita del RME. Materiali e metodi: È stato condotto uno studio osservazione prospettico monocentrico, sono state reclutate previo consenso informato 54 pazienti afferenti presso l’Ospedale Maggiore di Bologna con gravidanza singola dopo le 36 settimane e feto in presentazione podalica tra gennaio 2020 e giugno 2023. Risultati: La percentuale di RME riusciti è stata del 48,2%, il 53,7% delle donne ha partorito mediante taglio cesareo. Non abbiamo trovato una correlazione tra AoP e successo del rivolgimento. Tra le altre variabili analizzate l’unica correlata al successo del RME è la quantità di liquido amniotico Conclusioni: Non abbiamo trovato una correlazione tra AOP e successo del RME. Come descritto in letteratura l’unico parametro ecografico che è risultato associato al successo del RME è la quantità di liquido amniotico. Dato il disegno dello studio e la scarsa numerosità del campione sono necessari ulteriori studi per confermare i risultati.
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BACKGROUND: Surgical recurrence rates among patients with Crohn's disease with ileocolic resection (ICR) remain high, and factors predicting surgical recurrence remain controversial. We aimed to identify risk and protective factors for repetitive ICRs among patients with Crohn's disease in a large cohort of patients. METHODS: Data on 305 patients after first ICR were retrieved from our cross-sectional and prospective database (median follow-up: 15 yr [0-52 yr]). Data were compared between patients with 1 (ICR = 1, n = 225) or more than 1 (ICR >1, n = 80) resection. Clinical phenotypes were classified according to the Montreal Classification. Gender, family history of inflammatory bowel disease, smoking status, type of surgery, immunomodulator, and biological therapy before, parallel to and after first ICR were analyzed. RESULTS: The mean duration from diagnosis until first ICR did not differ significantly between the groups, being 5.93 ± 7.65 years in the ICR = 1 group and 5.36 ± 6.35 years in the ICR >1 group (P = 0.05). Mean time to second ICR was 6.7 ± 5.74 years. In the multivariate logistic regression analysis, ileal disease location (odds ratio [OR], 2.42; 95% confidence interval [CI], 1.02-5.78; P = 0.05) was a significant risk factor. A therapy with immunomodulators at time of or within 1 year after first ICR (OR, 0.23; 95% CI, 0.09-0.63; P < 0.01) was a protective factor. Neither smoking (OR, 1.16; 95% CI, 0.66-2.06) nor gender (male OR, 0.85; 95% CI, 0.51-1.42) or family history (OR, 1.68; 95% CI, 0.84-3.36) had a significant impact on surgical recurrence. CONCLUSIONS: Immunomodulators have a protective impact regarding surgical recurrence after ICR. In contrast, ileal disease location constitutes a significant risk factor for a second ICR.
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To obtain information on cardiovascular morbidity, hypertension control, anemia and mineral metabolism based on the analysis of the baseline characteristics of a large cohort of Spanish patients enrolled in an ongoing prospective, observational, multicenter study of patients with stages 3 and 4 chronic kidney diseases (CKD)
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BACKGROUND: Annual syphilis testing was reintroduced in the Swiss HIV Cohort Study (SHCS) in 2004. We prospectively studied occurrence, risk factors, clinical manifestations, diagnostic approaches and treatment of syphilis. METHODS: Over a period of 33 months, participants with positive test results for Treponema pallidum hemagglutination assay were studied using the SHCS database and an additional structured case report form. RESULTS: Of 7244 cohort participants, 909 (12.5%) had positive syphilis serology. Among these, 633 had previously been treated and had no current signs or symptoms of syphilis at time of testing. Of 218 patients with newly detected untreated syphilis, 20% reported genitooral contacts as only risk behavior and 60% were asymptomatic. Newly detected syphilis was more frequent among men who have sex with men (MSM) [adjusted odds ratio (OR) 2.8, P < 0.001], in persons reporting casual sexual partners (adjusted OR 2.8, P < 0.001) and in MSM of younger age (P = 0.05). Only 35% of recommended cerebrospinal fluid (CFS) examinations were performed. Neurosyphilis was diagnosed in four neurologically asymptomatic patients; all of them had a Venereal Disease Research Laboratory (VDRL) titer of 1:>or=32. Ninety-one percent of the patients responded to treatment with at least a four-fold decline in VDRL titer. CONCLUSION: Syphilis remains an important coinfection in the SHCS justifying reintroduction of routine screening. Genitooral contact is a significant way of transmission and young MSM are at high risk for syphilis. Current guidelines to rule out neurosyphilis by CSF analysis are inconsistently followed in clinical practice. Serologic treatment response is above 90% in the era of combination antiretroviral therapy.
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OBJECTIVE: To comprehensively assess pre-, intra-, and postoperative delirium risk factors as potential targets for intervention. BACKGROUND: Delirium after cardiac surgery is associated with longer intensive care unit (ICU) stay, and poorer functional and cognitive outcomes. Reports on delirium risk factors so far did not cover the full range of patients' presurgical conditions, intraoperative factors, and postoperative course. METHODS: After written informed consent, 221 consecutive patients ≥ 50 years scheduled for cardiac surgery were assessed for preoperative cognitive performance, and functional and physical status. Clinical and biochemical data were systematically recorded perioperatively. RESULTS: Of the 215 patients remaining for analysis, 31% developed delirium in the intensive care unit. Using logistic regression models, older age [73.3 (71.2-75.4) vs 68.5 (67.0-70.0); P = 0.016], higher Charlson's comorbidity index [3.0 (1.5-4.0) vs 2.0 (1.0-3.0) points; P = 0.009], lower Mini-Mental State Examination (MMSE) score (MMSE, [27 (23-29) vs 28 (27-30) points; P = 0.021], length of cardiopulmonary bypass (CPB) [CPB; 133 (112-163) vs 119 (99-143) min; P = 0.004], and systemic inflammatory response syndrome in the intensive care unit [25 (36.2%) vs 13 (8.9%); P = 0.001] were independently associated with delirium. Combining age, MMSE score, Charlson's comorbidity index, and length of CPB in a regression equation allowed for a prediction of postoperative delirium with a sensitivity of 71.19% and a specificity of 76.26% (receiver operating analysis, area under the curve: 0.791; 95% confidence interval: 0.727-0.845). CONCLUSIONS: Further research will evaluate if modification of these risk factors prevents delirium and improves outcomes.
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Le ROTEM est un test de coagulation réalisable au près du malade qui permet d'objectiver la coagulopathie, de distinguer la contribution des différents éléments du système de coagulation et de cibler les produits procoagulants comme le plasma frais congelé (PFC), les plaquettes, le fibrinogène et les facteurs de coagulation purifiés ou les antifibrinolytiques. 3 des tests disponibles pour le ROTEM sont: EXTEM, INTEM, HEPTEM. Le premier test est stable sous hautes doses d'héparine alors que le deuxième est très sensible à sa présence. Dans le dernier test on rajoute de l'héparinase pour mettre en évidence l'éventuel effet résiduel de l'héparine en le comparant à l'INTEM. Idéalement, le ROTEM devrait être effectué avant la fin du bypass cardiopulmonaire (CEC), donc sous anticoagulation maximale pas héparine, afin de pouvoir administrer des produits pro¬coagulants dans les délais les plus brefs et ainsi limiter au maximum les pertes sanguines. En effet la commande et la préparation de certains produits procoagulants peut prendre plus d'une heure. Le but de cette étude est de valider l'utilisation du ROTEM en présence de hautes concentrations d'héparine. Il s'agit d'une étude observationnelle prospective sur 20 patients opérés électivement de pontages aorto-coronariens sous CEC. Méthode : l'analyse ROTEM a été réalisée avant l'administration d'héparine (TO), 10 minutes après l'administration d'héparine (Tl), à la fin de la CEC (T2) et 10 minutes après la neutralisation de l'anticoagulation avec la protamine (T3). L'état.d'héparinisation a été évalué par l'activité anti-Xa à T1,T2,T3. Résultats : Comparé à TO, la phase de polymérisation de la cascade de coagulation et l'interaction fibrine-plaquettes sont significativement détériorées par rapport à Tl pour les canaux EXTEM et HEPTEM. A T2 l'analyse EXTEM et INTEM sont comparables à celles de EXTEM et HEPTEM à T3. Conclusion: les hautes doses d'héparine utilisées induisent une coagulopathie qui reste stable durant toute la durée de la CEC et qui persiste même après la neutralisation de l'anticoagulation. Les mesures EXTEM et HEPTEM sont donc valides en présence de hautes concentrations d'héparine et peuvent être réalisés pendant la CEC avant l'administration de protamine.