996 resultados para bioreattore biogas PIV fluidodinamica biomasse miscelazione


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Questo lavoro si concentra sullo studio fluidodinamico del flusso multifase cavitante di un iniettore per applicazioni a motori ad iniezione diretta (GDI). L’analisi è stata svolta tramite l’uso del software CFD (Computational Fluid Dynamics) Star-CCM+^® sviluppato da CD-ADAPCO. L’obiettivo di questo studio è investigare i motivi che portano ad un diverso comportamento tra i rilievi della prova sperimentale di caratterizzazione dell’iniettore e quanto atteso dai valori nominali dettati dalla specifica dell’iniettore, con particolare riferimento alla distribuzione di portata fra i diversi ugelli. Il presente lavoro fa parte di una coppia di elaborati collegati tra loro e, pertanto, ha inoltre lo scopo di fornire dati utili allo sviluppo dell’altro tema di analisi mirato alla individuazione di parametri di qualità della miscela aria-combustibile non reagente utili alla previsione della formazione del particolato prodotto dalla combustione di un motore GDI. L’elaborato, costituito di 5 capitoli, è strutturato secondo lo schema sottostante. Nel capitolo 1 vengono presentate le motivazioni che lo hanno avviato e viene esposto lo stato dell’arte della tecnologia GDI. Il capitolo 2 è a sfondo teorico: in esso vengono riportati i fondamenti del processo di cavitazione nella prima parte e i modelli numerici utilizzati nell’analisi nella seconda. Il capitolo 3 descrive la modellazione e successiva validazione dei modelli tramite confronto con il test case ‘Comprensive hydraulic and flow field documentation in model throttle experiments under cavitation conditions’ (E. Winklhofer, 2001). Nella scelta dei modelli e dei parametri relativi, l’analisi si è basata su precedenti lavori trovati in letteratura. Successivamente è stato svolto uno studio di sensibilità per valutare la stabilità della soluzione a piccole variazioni nei valori dei parametri. La scelta dei parametri modellistici nel caso di interesse, l’iniettore multihole, si è basata inizialmente sui valori ‘ottimali’ ottenuti nel test case ed è l’argomento del capitolo 4. All’interno del capitolo si parla inoltre dell’analisi di sensibilità successiva, svolta con lo scopo di comprendere i motivi che portano allo sbilanciamento tra fori corrispondenti e al maggiore sviluppo del getto centrale rispetto agli altri. Nel capitolo 5 dopo un breve riepilogo dei punti fondamentali trattati nello svolgimento dell’elaborato, si tirano le conclusioni sull’analisi e si espongono gli sviluppi futuri.

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L’utilizzo delle biomasse rappresenta oggi una delle vie più interessanti da percorrere nell’ambito di una chimica industriale maggiormente sostenibile, alternativa alla chimica tradizionale basata sulle risorse fossili. I carboidrati sono i costituenti maggioritari della biomassa e potrebbero rappresentare un’alternativa ideale al petrolio per la produzione dei building-blocks, molecole di partenza per lo sviluppo della filiera produttiva della chimica. Fra i building-blocks ottenibili dagli zuccheri vi è l’acido glucarico. I suoi usi sono molteplici ma suscita grande interesse soprattutto per la possibilità di essere utilizzato nella sintesi di diverse tipologie di polimeri. Attualmente la maggior parte dei metodi di sintesi di questa molecola prevedono l’utilizzo di ossidanti tossici o dannosi per l’ambiente come l’acido nitrico. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato lo studio di catalizzatori eterogenei per la sintesi di acido glucarico da D-glucosio utilizzando ossigeno puro come ossidante. Sono stati sintetizzati sistemi monometallici a base di oro e sistemi multimetallici contenenti oro ed altri metalli in lega. Tutti i catalizzatori sono stati preparati depositando i metalli sotto forma di nanoparticelle su carbone attivo. Lo studio dei catalizzatori è stato focalizzato sull’individuazione dei metalli e delle condizioni di reazione ottimali che permettano di aumentare la selettività in acido glucarico. Gli studi condotti hanno portato alla conclusione che è possibile ottenere acido glucarico a partire da D-glucosio con rese fino al 35% utilizzando catalizzatori a base di oro in presenza di ossigeno. Attualmente l’acido glucarico viene prodotto solo su piccola scala ma ulteriori sviluppi in questa direzione potrebbero aprire la strada allo sviluppo di un nuovo processo industriale per la sintesi di acido glucarico sostenibile sia da un punto di vista economico che ambientale.

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I carboidrati, come il D-glucosio, sono i principali costituenti della biomasse e potrebbero rappresentare un’alternativa concreta alla chimica tradizionale del petrolio per la produzione dei building-blocks, utili quest’ultimi per lo sviluppo della filiera produttiva della chimica industriale. Dal D-glucosio è possibile ottenere epimeri importanti per la medicina o zuccheri largamente utilizzati in campo alimentare come il D-fruttosio tramite isomerizzazione strutturale del D-glucosio. Attualmente, la maggior parte dei metodi di sintesi di questa molecole prevedono l’utilizzo enzimi, o la catalisi omogenea con impiego di grandi quantità di basi e acidi minerali dannosi per l’ambiente. Lo scopo di questo lavoro è stato lo studio di innovativi catalizzatori eterogenei capaci operare in soluzione acquosa la conversione acido catalizzata del D-glucosio in prodotti di epimerizzazione e isomerizzazione strutturale. I catalizzatori dei nostri test sono stati caratterizzati tramite tecniche BET, ATR-IR, DRUv-Vis e XRD. Lo studio, quindi, è stato focalizzato sulle valutazioni delle prestazioni catalitiche di questi sistemi e sull’individuazione, tramite caratterizzazione strumentale, degli ioni costituenti questi solidi responsabili delle alte selettività nelle reazioni di riarrangiamento strutturale del D-glucosio. Gli studi condotti hanno portato alla conclusione che, grazie all’utilizzo di questi sistemi inorganici è possibile ottenere con alte selettività prodotti di riarrangiamento strutturale del D-glucosio, evitando al contempo la degradazione del substrato che in genere accompagna queste reazioni in condizioni di catalisi acida. Ulteriori studi riguardanti questi catalizzatori apriranno con buone probabilità la strada allo sviluppo di un nuovo processo industriale per la sintesi di questi zuccheri derivati, rendendo possibile una via produttiva sostenibile da un punto di vista economico che ambientale.

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L’elaborato affronta i temi dello sviluppo sostenibile, dell’affrancamento dalle risorse fossili e della produzione di energetica capillare. Nell’ambito di un progetto di ricerca mirato allo sviluppo di un gassificatore downdraft di tipo Imbert da 20kWe alimentato a legno cippato, viene qui presentato l’avviamento della campagna sperimentale su un impianto pilota. Particolare attenzione viene rivolta alla biomassa e ai prodotti di gassificazione (char, tar e syngas), le cui caratterizzazioni hanno contribuito all’evoluzione impiantistica e protocollare, interamente descritte nel testo.

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Studio di fattibilità della conversione del Vought V-173 per il volo ad alta quota. Per realizzare l'intero lavoro si è adoperato il software di fluidodinamica computazionale Flow Simulation di SolidWorks e si è scelto l'ambiente Matlab per la fase di elaborazione e presentazione dati. A partire dal modello tridimensionale in SolidWorks del V-173 si sono ricreate le curve CL e CD a partire dai punti ottenuti dalle simulazioni per diverse configurazioni del velivolo. Si è valutata l'aerodinamica del velivolo senza la presenza di eliche e di ipersostentatori e successivamente si sono seguite due strade diverse per valutare il comportamento del velivolo: nel primo caso si sono eseguiti studi dell'aerodinamica del Pancake in presenza degli ipersostentatori già presenti sul velivolo originario (i plain flap). In secondo luogo, tenendo in considerazione che il Pancake è un aeroplano bielica, si è voluta studiare l'influenza delle due eliche sulla sua aerodinamica: dopo aver riprodotto nel modo più verosimile entrambe le eliche utilizzando SolidWorks si è fatto uno studio di massima ricavando risultati che potessero indicare la compatibilità tra elica e velivolo a seguito dei risultati sperimentali ottenuti con Flow Simulation. Questa parte è stata realizzata per lo stesso tipo di elica tripala, ma prendendo in considerazione due diversi diametri, una di 4:9m e una da 2:5m.

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Il presente lavoro si prefigge come scopo la validazione e successiva taratura dei modelli di cavitazione di Merkle e Kunz, basati sulla modellazione del trasferimento di massa, implementati nel software OpenFOAM. Lo studio riguarda la fluidodinamica computazionale. L'operazione di taratura e condotta dall'utente variando i parametri liberi dei vari modelli, con lo scopo di avvicinare il risultato computazionale a quello sperimentale.

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Questa tesi si focalizza sullo studio dei modelli fisico-matematici attualmente in uso per la simulazione di fluidi al calcolatore con l’obiettivo di fornire nozioni di base e avanzate sull’utilizzo di tali metodi. La trattazione ha lo scopo di facilitare la comprensione dei principi su cui si fonda la simulazione di fluidi e rappresenta una base per la creazione di un proprio simulatore. E’ possibile studiare le caratteristiche di un fluido in movimento mediante due approcci diversi, l’approccio lagrangiano e l’approccio euleriano. Mentre l’approccio lagrangiano ha lo scopo di conoscere il valore, nel tempo, di una qualsiasi proprietà di ciascuna particella che compone il fluido, l’approccio euleriano, fissato uno o più punti del volume di spazio occupato da quest’ultimo, vuole studiare quello che accade, nel tempo, in quei punti. In particolare, questa tesi approfondisce lo studio delle equazioni di Navier-Stokes, approcciandosi al problema in maniera euleriana. La soluzione numerica del sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali derivante dalle equazioni sopracitate, approssima la velocità del fluido, a partire dalla quale è possibile risalire a tutte le grandezze che lo caratterizzano. Attenzione viene riservata anche ad un modello facente parte dell’approccio semi-lagrangiano, il Lattice Boltzmann, considerato una via di mezzo tra i metodi puramente euleriani e quelli lagrangiani, che si basa sulla soluzione dell’equazione di Boltzmann mediante modelli di collisione di particelle. Infine, analogamente al metodo di Lattice Boltzmann, viene trattato il metodo Smoothed Particles Hydrodynamics, tipicamente lagrangiano, secondo il quale solo le proprietà delle particelle comprese dentro il raggio di una funzione kernel, centrata nella particella di interesse, influenzano il valore della particella stessa. Un resoconto pratico della teoria trattata viene dato mediante delle simulazioni realizzate tramite il software Blender 2.76b.

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Gli odierni sviluppi delle reti stradali nel territorio italiano e l’aumento della propensione all’utilizzo del veicolo hanno portato ad una continua ricerca nello stesso ambito volta sì a mantenere alti i livelli prestazionali e di sicurezza sulla rete stradale ma anche ad aprirsi ad uno scenario ecosostenibile, dato il continuo scarseggiare di materie prime per proseguire con le usuali tecniche di produzione. In tutti i campi riguardanti l’ambito delle costruzioni civili, che siano esse strutturali o infrastrutturali, numerose sono state le tecnologie introdotte per la realizzazione di materiali sostenibili ma anche e soprattutto il recupero di materiale di scarto, andando così incontro oltre che a una costruzione sostenibile anche ad un recupero di ciò che sarebbe destinato a discariche, ufficiali o abusive che siano. Nell’ottica dell’introduzione di “nuovi” materiali una posizione di rispetto interessa gli Pneumatici Fuori Uso (PFU) il cui recupero sotto forma di granulato e di polverino in gomma costituiscono, nell’ambito delle pavimentazioni stradali, una notevole opportunità di riutilizzo all’interno dei conglomerati bituminosi. Il presente lavoro sperimentale è stato svolto nell’ottica di analizzare dapprima le caratteristiche delle pavimentazioni drenanti, del polverino di gomma da PFU e dell’interazione tra i due, a supporto delle sperimentazioni effettuate sulle miscele realizzate in laboratorio. In particolare, sfruttando la tecnologia dry, che permette l’inserimento del polverino nella fase di miscelazione degli aggregati, dopo un’attenta analisi preliminare della composizione delle miscele da realizzare e il successivo confezionamento dei provini e loro addensamento, si è proceduto all’esecuzione di diverse prove al termine delle quali sono state analizzate le differenze meccaniche e reologiche tra miscele ottenute con aggiunta di polverino e miscele prive di PFU.

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Das Kyoto-Protokoll zur Treibhausgasreduktion und steigende Ölpreise, aber auch Lobbyarbeit vom Landwirtschaftssektor und von der Automobilindustrie haben global zu einem Boom der Biotreibstoffe geführt. Aufgrund des durch die Agrarflächen beschränkten Mengen-Potenzials, der absehbaren Konkurrenz zur Nahrungsmittelproduktion und den oftmals hohen Umweltauswirkungen liegt das nachhaltige Marktpotenzial von Biotreibstoffen deutlich unter 10% des gesamten weltweiten Treibstoffkonsums. Trotz dieser Nachteile existieren gerade in Entwicklungsländern auch Nischen für die nachhaltige Produktion von Bioenergie. Oftmals ist es dabei sinnvoller, Biomasse für lokale Strom- und Wärmeproduktion zu nutzen, statt Biotreibstoffe für den Export zu produzieren.

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Anaerobic digestion of food scraps has the potential to accomplish waste minimization, energy production, and compost or humus production. At Bucknell University, removal of food scraps from the waste stream could reduce municipal solid waste transportation costs and landfill tipping fees, and provide methane and humus for use on campus. To determine the suitability of food waste produced at Bucknell for high-solids anaerobic digestion (HSAD), a year-long characterization study was conducted. Physical and chemical properties, waste biodegradability, and annual production of biodegradable waste were assessed. Bucknell University food and landscape waste was digested at pilot-scale for over a year to test performance at low and high loading rates, ease of operation at 20% solids, benefits of codigestion of food and landscape waste, and toprovide digestate for studies to assess the curing needs of HSAD digestate. A laboratory-scale curing study was conducted to assess the curing duration required to reduce microbial activity, phytotoxicity, and odors to acceptable levels for subsequent use ofhumus. The characteristics of Bucknell University food and landscape waste were tested approximately weekly for one year, to determine chemical oxygen demand (COD), total solids (TS), volatile solids (VS), and biodegradability (from batch digestion studies). Fats, oil, and grease and total Kjeldahl nitrogen were also tested for some food waste samples. Based on the characterization and biodegradability studies, Bucknell University dining hall food waste is a good candidate for HSAD. During batch digestion studies Bucknell University food waste produced a mean of 288 mL CH4/g COD with a 95%confidence interval of 0.06 mL CH4/g COD. The addition of landscape waste for digestion increased methane production from both food and landscape waste; however, because the landscape waste biodegradability was extremely low the increase was small.Based on an informal waste audit, Bucknell could collect up to 100 tons of food waste from dining facilities each year. The pilot-scale high-solids anaerobic digestion study confirmed that digestion ofBucknell University food waste combined with landscape waste at a low organic loading rate (OLR) of 2 g COD/L reactor volume-day is feasible. During low OLR operation, stable reactor performance was demonstrated through monitoring of biogas production and composition, reactor total and volatile solids, total and soluble chemical oxygendemand, volatile fatty acid content, pH, and bicarbonate alkalinity. Low OLR HSAD of Bucknell University food waste and landscape waste combined produced 232 L CH4/kg COD and 229 L CH4/kg VS. When OLR was increased to high loading (15 g COD/L reactor volume-day) to assess maximum loading conditions, reactor performance became unstable due to ammonia accumulation and subsequent inhibition. The methaneproduction per unit COD also decreased (to 211 L CH4/kg COD fed), although methane production per unit VS increased (to 272 L CH4/kg VS fed). The degree of ammonia inhibition was investigated through respirometry in which reactor digestate was diluted and exposed to varying concentrations of ammonia. Treatments with low ammoniaconcentrations recovered quickly from ammonia inhibition within the reactor. The post-digestion curing process was studied at laboratory-scale, to provide a preliminary assessment of curing duration. Digestate was mixed with woodchips and incubated in an insulated container at 35 °C to simulate full-scale curing self-heatingconditions. Degree of digestate stabilization was determined through oxygen uptake rates, percent O2, temperature, volatile solids, and Solvita Maturity Index. Phytotoxicity was determined through observation of volatile fatty acid and ammonia concentrations.Stabilization of organics and elimination of phytotoxic compounds (after 10–15 days of curing) preceded significant reductions of volatile sulfur compounds (hydrogen sulfide, methanethiol, and dimethyl sulfide) after 15–20 days of curing. Bucknell University food waste has high biodegradability and is suitable for high-solids anaerobic digestion; however, it has a low C:N ratio which can result in ammonia accumulation under some operating conditions. The low biodegradability of Bucknell University landscape waste limits the amount of bioavailable carbon that it can contribute, making it unsuitable for use as a cosubstrate to increase the C:N ratio of food waste. Additional research is indicated to determine other cosubstrates with higher biodegradabilities that may allow successful HSAD of Bucknell University food waste at high OLRs. Some cosubstrates to investigate are office paper, field residues, or grease trap waste. A brief curing period of less than 3 weeks was sufficient to produce viable humus from digestate produced by low OLR HSAD of food and landscape waste.

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For a fluid dynamics experimental flow measurement technique, particle image velocimetry (PIV) provides significant advantages over other measurement techniques in its field. In contrast to temperature and pressure based probe measurements or other laser diagnostic techniques including laser Doppler velocimetry (LDV) and phase Doppler particle analysis (PDPA), PIV is unique due to its whole field measurement capability, non-intrusive nature, and ability to collect a vast amount of experimental data in a short time frame providing both quantitative and qualitative insight. These properties make PIV a desirable measurement technique for studies encompassing a broad range of fluid dynamics applications. However, as an optical measurement technique, PIV also requires a substantial technical understanding and application experience to acquire consistent, reliable results. Both a technical understanding of particle image velocimetry and practical application experience are gained by applying a planar PIV system at Michigan Technological University’s Combustion Science Exploration Laboratory (CSEL) and Alternative Fuels Combustion Laboratory (AFCL). Here a PIV system was applied to non-reacting and reacting gaseous environments to make two component planar PIV as well as three component stereographic PIV flow field velocity measurements in conjunction with chemiluminescence imaging in the case of reacting flows. This thesis outlines near surface flow field characteristics in a tumble strip lined channel, three component velocity profiles of non-reacting and reacting swirled flow in a swirl stabilized lean condition premixed/prevaporized-fuel model gas turbine combustor operating on methane at 5-7 kW, and two component planar PIV measurements characterizing the AFCL’s 1.1 liter closed combustion chamber under dual fan driven turbulent mixing flow.

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The neutral bis ((pivaloyloxy)methyl) (PIV$\sb2\rbrack$ derivatives of FdUMP, ddUMP, and AZTMP were synthesized as potential membrane-permeable prodrugs of FdUMP, ddUMP, and AZTMP. These compounds were designed to enter cells by passive diffusion and revert to the parent nucleotides after removal of the PIV groups by hydrolytic enzymes. These prodrugs were prepared by condensation of FUdR, ddU, and AZT with PIV$\sb2$ phosphate in the presence of triphenylphosphine and diethyl azodicarboxylate (the Mitsunobo reagent). PIV$\sb2$-FdUMP, PIV$\sb2$-ddUMP, and PIV$\sb2$-AZTMP were stable in the pH range 1.0-4.0 (t$\sb{1/2} = {>}$100 h). They were also fairly stable at pH 7.4 (t$\sb{1/2} = {>}$40 h). In 0.05 M NaOH solution, however, they were rapidly degraded (t$\sb{1/2} < 2$ min). In the presence hog liver carboxylate esterase, they were converted quantitatively to the corresponding phosphodiesters, PIV$\sb1$-FdUMP, PIV$\sb1$-ddUMP, and PIV$\sb1$-AZTMP; after 24 h incubation, only trace amounts of FdUMP, ddUMP, and AZTMP (1-5%) were observed indicating that the PIV$\sb1$ compounds were poor substrates for the enzyme. In human plasma, the PIV$\sb2$ compounds were rapidly degraded with half-lives of less than 5 min. The rate of degradation of the PIV$\sb2$ compounds in the presence of phosphodiesterase I was the same as that in buffer controls, indicating that they were not substrates for this enzyme. In the presence of phosphodiesterase I, PIV$\sb1$-FdUMP, PIV$\sb1$-ddUMP, and PIV$\sb1$-AZTMP were converted quantitatively to FdUMP, ddUMP, and AZTMP.^ PIV$\sb2$-ddUMP and PIV$\sb2$-AZTMP were effective at controlling HIV type 1 infection in MT-4 and CEM tk$\sp-$ cells in culture. Mechanistic studies demonstrated that PIV$\sb2$-ddUMP and PIV$\sb2$-AZTMP were taken up by the cells and converted to ddUTP and AZTTP, both potent inhibitors of HIV reverse transcriptase. However, a potential shortcoming of PIV$\sb2$-ddUMP and PIV$\sb2$-AZTMP as clinical therapeutic agents is that they are rapidly degraded (t$\sb{1/2}$ = approx. 4 minutes) in human plasma by carboxylate esterases. To circumvent this limitation, chemically-labile nucleotide prodrugs and liposome-encapsulated nucleotide prodrugs were investigated. In the former approach, the protective groups bis(N, N-(dimethyl)carbamoyloxymethyl) (DM$\sb2$) and bis (N-(piperidino)carbamoyloxymethyl) (DP$\sb2$) were used to synthesize DM$\sb2$-ddUMP and DP$\sb2$-ddUMP, respectively. In aqueous buffers (pH range 1.0-9.0) these compounds were degraded with half-lives of 3 to 4 h. They had similar half-lives in human plasma demonstrating that they were resistant to esterase-mediated cleavage. However, neither compound gave rise to significant concentrations of ddUMP in CEM or CEM tk$\sp-$ cells. In the liposome-encapsulated nucleotide prodrug approach, three different liposomal formulations of PIV$\sb2$-ddUMP (L-PIV$\sb2$-ddUMP) were investigated. The half-lifes of these L-PIV$\sb2$-ddUMP preparations in human plasma were 2 h compared with 4 min for the free drug. The preparations were more effective at controlling HIV-1 infection than free PIV$\sb2$-ddUMP in human T cells in culture. Collectively, these data indicate that PIV$\sb2$-FdUMP, PIV$\sb2$-ddUMP, and PIV$\sb2$-AZTMP are effective membrane-permeable prodrugs of FdUMP, ddUMP, and AZTMP. ^

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The functioning and services of Central European forests are threatened by global change and a loss of biodiversity. Nutrient cycling as a key forest function is affected by biotic drivers (e.g., dominant tree species, understory plants, soil organisms) that interact with abiotic conditions (e.g., climate, soil properties). In contrast to grassland ecosystems, evidence for the relationship of nutrient cycles and biodiversity in forests is scarce because the structural complexity of forests limits experimental control of driving factors. Alternatively, observational studies along gradients in abiotic conditions and biotic properties may elucidate the role of biodiversity for forest nutrient cycles. This thesis aims to improve the understanding of the functional importance of biodiversity for nutrient cycles in forests by analyzing water-bound fluxes of nitrogen (N) and phosphorus (P) along gradients in biodiversity in three regions of Germany. The tested hypotheses included: (1) temperate forest canopies retain atmospheric N and retention increases with increasing plant diversity, (2) N release from organic layers increases with resource availability and population size of decomposers but N leaching decreases along a gradient in plant diversity, (3) P leaching from forest canopies increases with improved P supply from recalcitrant P fractions by a more diverse ectomycorrhizal fungal community. In the canopies of 27 forest stands from three regions, 16 % to 51 % of atmospheric N inputs were retained. Regional differences in N retention likely resulted from different in N availability in the soil. Canopy N retention was greater in coniferous than in beech forests, but this was not the case on loessderived soils. Nitrogen retention increased with increasing tree and shrub diversity which suggested complementary aboveground N uptake. The strength of the diversity effect on canopy N uptake differed among regions and between coniferous and deciduous forests. The N processing in the canopy directly coupled back to N leaching from organic layers in beech forests because throughfall-derived N flushed almost completely through the mull-type organic layers at the 12 studied beech sites. The N release from organic layers increased with stand basal area but was rather low (< 10 % of annual aboveground litterfall) because of a potentially high microbial N immobilization and intensive incorporation of litter into the mineral soil by bioturbation. Soil fauna biomass stimulated N mineralization through trophic interactions with primary producers and soil microorganisms. Both gross and net leaching from organic layers decreased with increasing plant diversity. Especially the diversity but not the cover of herbs increased N uptake. In contrast to N, P was leached from the canopy. Throughfall-derived P was also flushed quickly through the mull-type organic layers and leached P was predominantly immobilized in non directly plant-available P fractions in the mineral soil. Concentrations of plant-available phosphate in mineral soil solution were low and P leaching from the canopy increased with increasing concentrations of the moderately labile P fraction in soil and increasing ectomycorrhiza diversity while leaf C:P ratios decreased. This suggested that tree P supply benefited from complementary mining of diverse mycorrhizal communities for recalcitrant P. Canopy P leaching increased in years with pronounced spring drought which could lead to a deterioration of P supply by an increasing frequency of drought events. This thesis showed that N and P cycling in Central European forests is controlled by a complex interplay of abiotic site conditions with biological processes mediated by various groups of organisms, and that diverse plant communities contribute to tightening the N cycle in Central European forests and that diverse mycorrhizal communities improve the limited P availability. Maintaining forest biodiversity seems essential to ensure forest services in the light of environmental change.

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Background. Community respiratory viruses, mainly RSV and influenza, are significant causes of morbidity and mortality in patients with leukemia and HSCT recipients. The data on impact of PIV infections in these patients is lacking. Methods. We reviewed the records of patients with leukemia and HSCT recipients who developed PIV infection from Oct'02–Nov'07 to determine the outcome of such infections. Results. We identified 200 patients with PIV infections including 80(40%) patients with leukemia and 120 (60%) recipients of HSCT. Median age was 55 y (17-84 y). As compared to HSCT recipients, patients with leukemia had higher APACHE II score (14 vs. 10, p<0.0001); were more likely to have ANC<500 (48% vs. 10%, p<0.0001) and ALC<200 (45% vs. 23.5%, p=0.02). PIV type III was the commonest isolate (172/200, 86%). Most patients 141/200 (70%) had upper respiratory infection (URI), and 59/200 (30%) had pneumonia at presentation. Patients in leukemia group were more likely to require hospitalization due to PIV infection (77% vs. 36% p=0.0001) and were more likely to progress to pneumonia (61% vs. 39%, p=0.002). Fifty five patients received aerosolized ribavirin and/or IVIG. There were no significant differences in the duration of symptoms, length of hospitalization, progression to pneumonia or mortality between the treated verses untreated group. The clinical outcome was unknown in 13 (6%) patients. Complete resolution of symptoms was noted in 91% (171/187) patients and 9% (16/187) patients died. Mortality rate was 17% (16/95) among patients who had PIV pneumonia, with no significant difference between leukemia and HSCT group (16% vs. 17%). The cause of death was acute respiratory failure and/or multi-organ failure in (13, 81%) patients. Conclusions. Patients with leukemia and HSCT could be at high risk for serious PIV infections including PIV pneumonia. Treatment with aerosolized ribavirin and/or IVIG may not have significant effect on the outcome of PIV infection.^