931 resultados para acidificazione, Isola di Ischia, effetto vento, serie temporali, analisi dati


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Il Dimetilsolfoniopropionato (DMSP) è un metabolita secondario prodotto da vari organismi marini, tra cui molte microalghe. Ad oggi pochi studi riguardano gli effetti dei fattori ambientali sulla produzione di DMSP nelle microalghe tossiche, tuttavia si ipotizza che la carenza di azoto (N-dep) possa influire sulla produzione di tossine e DMSP. In questo lavoro è stata indagata nella dinoflagellata Ostreopsis cf. ovata: la presenza e l’andamento del DMSP lungo tutte le fasi di crescita; i possibili effetti di differenti condizioni di crescita (i.e. bilanciata e N-dep) sulla produzione del metabolita e delle tossine. La scelta della dinoflagellata è giustificata dalle sue frequenti fioriture dannose nel Mediterraneo e dall’osservazione, in studi pregressi, di una comunità batterica associata ai suoi blooms in grado di utilizzare il DMSP come fonte energetica. Lo studio mostra per la prima volta da parte di O. cf ovata la produzione del DMSP, riportando un trend temporale simile nelle due condizioni. Si evidenzia: un minimo a fine fase esponenziale; un massimo nella prima fase stazionaria; una riduzione al termine della fase stazionaria. Il confronto fra le due condizioni evidenzia un effetto positivo di N-dep nella produzione di DMSP, evidenziato anche dal maggior tasso di produzione, che potrebbe avvenire per: utilizzare il DMSP rispetto ad altri osmoliti azotati; rilasciare nell’ambiente composti carboniosi e sulfurei, prodotti a seguito dello stress cellulare. I risultati indicherebbero come N-dep possa interferire nella sintesi di tossine e DMSP in maniera opposta, non per competizione diretta del nutriente nei processi di sintesi, ma a seguito dei cambiamenti fisiologici della microalga dovuti alla carenza nutrizionale. Infine la produzione di DMSP da parte della microalga conferma l’instaurarsi di una fase d’interazione mutualistica con i batteri ad essa associati facilitata dal DMSP, importante per lo sviluppo della popolazione algale e dei conseguenti rischi sanitari ed ecosistemici.

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Il presente lavoro di tesi si pone l’obiettivo di studiare come un Cubesat 1U reagisce se sollecitato con vibrazioni di una certa banda di frequenze, corrispondenti a quelle generate durante il lancio del vettore VEGA, e cercare di sviluppare un modello virtuale che in futuro permetta di simulare in maniera più realistica il comportamento delle successive strutture che saranno progettate. Il campo dei nanosatelliti è in rapida espansione negli ultimi anni, bassi costi di produzione e lancio abbinati a tempi rapidi di sviluppo e progettazione li rendono un ottimo strumento per aziende di piccole dimensioni e università per aquisire esperienza nel campo delle tecnologie spaziali e permettere la formazione degli studenti. Grazie a questi fattori il corso di Ingegneria Aerospaziale di Forlì ha intrapreso la progettazione di un Cubesat che una volta ultimato potrà essere lanciato in orbita grazie al contributo dell’ESA, che si presta a fornire lanci gratuiti alle università europee. Questo progetto porta avanti il lavoro compiuto durante la fase di tirocinio in cui abbiamo cercato di progettare una struttura semplice e realizzabile completamente nei laboratori dell’università, che permettesse anche successivamente a studenti e dottorandi di cimentarsi nello studio e nella progettazione di un nanosatellite. Il mio compito in particolare consiste nell’esecuzione di una serie di prove sperimentali con uno shaker presente nei laboratori della Scuola e, raccogliendo, analizzando e interpretando la risposta della struttura, si cercherà di modificare il modello CAD realizzato finora (lavoro compiuto in un'altra tesi di laurea) in modo che rispecchi più fedelmente il comportamento di quello reale e fornire quindi una base ai futuri lavori in questo ambito. La struttura, ispirata a quelle già presenti sul mercato, è stata progettata utilizzando Solidworks un software CAD, successivamente è stata fatta un analisi tramite un altro software FEM, realizzato e poi testato mediante uno shaker presso i laboratori del corso di studi in ingegneria aerospaziale di Forlì. Per poter fare ciò si è anche realizzata quella che è stata usata come interfaccia per connettere il Cubesat allo shaker, infatti data la sua proprietà di esercitare spostamenti solo lungo l’asse verticale si è reso necessario trovare un modo per sollecitare il nanosatellite lungo tutti e tre gli assi per poter evidenziare i modi flessionali della struttura. I dati ottenuti riguardano le accelerazioni rilevate in vari punti del Cubesat e del supporto da parte di accelerometri piezometrici che sono stati analizzati per risalire al tipo di comportamento con cui ha risposto la struttura a vibrazioni di varia frequenza e intensità.

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Gli obiettivi dell'elaborato sono lo studio e la programmazione di un algoritmo di controllo di temperatura per le superfici termosaldanti di macchine per il packaging (confezionatrici in film a file multiple) prodotte dal committente, OMAG srl. L'algoritmo è implementato tramite il software SoMachineMotion v.4.2, prodotto da Schneider Electrics spa. Il controllo è di tipo in anello chiuso in retroazione, con temocoppie e resistenze di riscaldamento con modulazione PWM. Ci si è inizialmente occupati di testare su banco prova varie tipologie di regolatori: a relay, a isteresi, a ricerca diretta del duty cycle, TBH, con approccio misto TBH/integratore di Clegg, PID. I diversi metodi di regolazione sono stati valutati sulla base di una serie di metri di giudizio (precisione dell'inseguimento, prestazioni statiche e dinamiche, flessibilità, peso computazionale, facilità implementativa), pesati secondo i requisiti imposti dal committente. Le metodologie selezionate sono state PID e TBH/Clegg integrator; quest'ultima ha dato risultati assai soddisfacenti, pur essendo un metodo monoparametrico. Si sono quindi studiate diverse modalità per la taratura del regolatore PID, in particolare: tuning in anello chiuso con metodo a relay per la fase di pretuning, algoritmo di Nelder-Mead, per la ricerca diretta continua dei valori che minimizzano l'errore integrale, per un selftuning adattivo. Si è infine proceduto ad implementare le soluzioni individuate in un software robusto, che rispetti gli standard del settore e si sono inoltre sviluppate una serie di funzionalità aggiuntive, quali: modulazione software PWM, preriscaldamento, handling errori/warning, filtraggio segnali in/out. Si è addizionalmente sviluppato un modello matematico predittivo dell'evoluzione del sistema, che potrebbe servire, in un futuro sviluppo, come base per un controllo model-based in cascata al controllo in retroazione studiato.

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L’oggetto di studio di questo lavoro, svolto presso l’azienda Vire Automation del gruppo Bucci Industries di Faenza, è una macchina per il packaging di prodotti igienico-sanitari, più precisamente pannolini baby. Dopo una prima indagine di mercato svolta con l’aiuto dei commerciali dell’azienda, si sono ipotizzate una serie di soluzioni tecniche per migliorare il funzionamento e le prestazioni della macchina. Tramite uno strumento detto Casa della qualità si sono evidenziate le soluzioni tecniche che risultano più apprezzate dal mercato e per questo posseggono una maggior priorità di realizzazione. Si è intervenuti su di un gruppo funzionale per lo spostamento orizzontale del prodotto che agisce superiormente rispetto al pianale di processo e sul trasporto pioli che invece agisce per ostacolo tra cilindri di acciaio ed i prodotti. In particolare per il primo si è realizzato un apposito studio delle grandezze cinematiche in gioco e, dopo una progettazione 3D, si sono stimate le coppie motrici richieste dal nuovo asse che è risultato vantaggioso rispetto al precedente. Per il secondo invece, vista l’esigenza di ottenere un gruppo rifasatore che permettesse alla macchina di funzionare correttamente nonostante i ritardi di arrivo dei prodotti dalla linea di produzione, si è realizzata una nuova gestione logica del gruppo per sopperire alla peggior condizione di funzionamento verificabile e si è riprogettato il gruppo per dotarlo delle nuove necessarie caratteristiche.

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Gli odori rappresentano uno degli elementi di disturbo che la popolazione avverte maggiormente e, anche nel caso in cui non siano associati a sostanze tossiche, sono causa di conflitti e di intolleranza, sia nei confronti delle aziende che li diffondono nel territorio, sia nella scelta del sito di localizzazione di nuovi impianti. La valutazione del disturbo olfattivo e la sua regolamentazione (esistono linee guida, ma non una legislazione di riferimento) rappresentano aspetti caratterizzati da elevata complessità, dal momento che l’inquinamento olfattivo è strettamente associato alla percezione umana. Nella tesi vengono valutate le emissioni odorigene e le relative immissioni, dovute ad un comparto per la gestione integrata dei rifiuti. Per caratterizzare le emissioni sono stati prelevati dei campioni di aria presso le principali sorgenti individuate e quantificate utilizzando la tecnica dell’olfattometria dinamica. Una volta caratterizzate le sorgenti, i dati di emissione ottenuti dalla campagna di misura e dall’analisi olfattometrica sono stati utilizzati come dati di input del modello LAPMOD (LAgrangian Particle MODel). LAPMOD è stato implementato con un modulo specifico per la determinazione delle concentrazioni massime orarie che utilizza un peak-to-mean variabile nel tempo, a differenza di altri modelli che usano un valore costante per la determinazione. Dall'elaborazione dei dati è emerso che, utilizzando il modulo specifico per gli odori, le concentrazioni come 98° percentile riferite al giorno tipico hanno un andamento opposto rispetto all’uso di un peak-to-mean costante. Dal confronto della simulazione in cui le emissioni sono indipendenti dalla variazione della portata di odore in funzione della velocità del vento, con quella che invece simula tale dipendenza (nelle sorgenti che presentano paratie laterali e tettoia) è emerso che la simulazione che mitiga completamente l’effetto del vento è più coerente con la realtà.

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La presente tesi magistrale si inserisce nell’ambito del progetto Language Toolkit e nasce in particolare dalla collaborazione tra il presente autore e l’azienda Tecnopress S.a.s. Nell’ottica dell’internazionalizzazione della propria attività l’azienda ha richiesto che il proprio sito web venisse sottoposto ad un processo di localizzazione dall’italiano verso l’inglese. Sulla base di queste premesse si è deciso di dividere il lavoro in tre parti: una fase teorica, una fase preparatoria e una fase pratica. La prima fase si è occupata di gettare le basi teoriche necessarie per affrontare consapevolmente l’incarico assegnato. Alla luce delle conclusioni della fase teorica è stata constatata l’esigenza di modificare la natura dell’intervento che si era preventivato di effettuare sul sito web. Fulcro della localizzazione è infatti il locale, ovvero la combinazione di regione socioculturale e lingua presa a riferimento per un processo di localizzazione web. Nelle richieste avanzate dall’azienda figuravano esclusivamente indicazioni relative alla lingua (l’inglese), non già alla regione socioculturale su cui modellare l’intervento di localizzazione del sito. Si è rivelato pertanto necessario procedere autonomamente alla definizione di un locale per il presente progetto, che è stato fatto coincidere con la macrozona europea e cui è stato associato un modello ibrido di English Lingua Franca e Simplified Technical English. Il focus dell’intervento non è stato dunque una regione geografica circoscritta ma una realtà socioculturale molto più ampia e variegata: l’adozione di un locale così ampio e il rispetto dell’indicazione sulla lingua hanno portato il presente autore a optare per un intervento di standardizzazione web. Chiude il presente lavoro una fase operativa, durante la quale sono state create le risorse necessarie al progetto (si segnala in particolare un corpus su misura) e sono state effettuate la standardizzazione e una serie di considerazioni traduttive.

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La presenza dei farmaci in ambiente sta assumendo sempre più rilevanza come problematica da affrontare e a cui tentare di porre rimedio. Anche se le concentrazioni nei corpi idrici risultano piuttosto basse (μg/L o ng/L), i farmaci hanno proprietà diverse dagli inquinanti convenzionali e possono ugualmente indurre effetti dannosi nella fauna acquatica. In questo lavoro sono stati valutati gli effetti del propranololo (PROP, farmaco β-bloccante) e della carbamazepina (CBZ, farmaco anticonvulsivante), su di uno stadio larvale del mitilo Mytilus galloprovincialis (larva veliger – 48 ore post fecondazione). L’esposizione a concentrazioni crescenti dei due farmaci induce un progressivo aumento della anormalità delle larve, che mostrano malformazioni o ritardi nello sviluppo. Sia PROP che CBZ aumentano l’attività dei trasportatori implicati nella Multixenobiotic Resistance (MXR), indicando che il sistema di estrusione degli xenobiotici viene attivato già in questa fase dello sviluppo larvale. Analogamente, PROP aumenta l’espressione dei geni che codificano per le proteine della famiglia MXR, P-gp ed MRP. Aumenta anche l’espressione dei geni che codificano per catalasi e GST, suggerendo un aumento delle risposte antiossidanti/detossificanti. PROP aumenta i trascritti dell’anidrasi carbonica, mentre al contrario riduce i trascritti per la proteina extrapalliale: non è chiaro quindi l’effetto del farmaco sulla regolazione della espressione di proteine coinvolte nella formazione della conchiglia. CBZ aumenta l’espressione dei trascritti per P-gp ma diminuisce quella relativa ad MRP. Inoltre, riduce l’espressione dei geni codificanti per catalasi e GST, e della proteina extrapalliale, senza avere effetto sui trascritti dell’anidrasi carbonica. In generale possiamo dire che i due farmaci inducono evidenti alterazioni a livello biochimico e molecolare che possono influenzare sia la detossificazione che la biomineralizzazione, con conseguenze rilevanti per lo sviluppo larvale.

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Propuesta de traducción del italiano al español de la novela de fantasía épica "Il Sigillo del Vento" del autor Uberto Ceretoli, y comentarios sobre la traducción.

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I metalli pesanti sono presenti in natura come costituenti della crosta terrestre associati a diversi minerali. Attività antropiche possono determinare un arricchimento del loro contenuto in ambiente: nel caso della miniera di Libiola, da cui era estratto Cu fino agli anni ‘60, le fasi di estrazione e raffinazione del minerale hanno portato all’esposizione di una maggior quantità di materiale all’azione di weathering atmosferico e delle acque dei fiumi, accumulandosi in ambiente marino. Il presente studio ha l’obiettivo di caratterizzare i sedimenti del Golfo di Tigullio antistanti Sestri Levante per acquisire informazioni sulle caratteristiche e proprietà dell’ambiente, individuando e determinando l’effetto di quanto proviene del Torrente Gromolo e da altri corpi idrici affluenti. Per raggiungere questo obiettivo i campioni di sedimento, una volta prelevati, sono stati trattati in laboratorio tramite setacciatura, essiccamento e macinatura a cui sono seguite analisi in XRF, XRD e del contenuto di materia organica tramite calcolo della LOI. I dati raccolti sono stati poi studiati tramite elaborazioni statistiche (indici, matrice di correlazione, analisi fattoriale) e grafiche (QGIS). Dallo studio dei risultati ottenuti è stato possibile verificare una diversa ripartizione degli analiti in distinte fasi granulometriche del sedimento, l’effettivo contributo di quanto è drenato dai fiumi e la presenza di una corrente idrodinamica che influisce sulla distribuzione degli elementi stessi.

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L’oggetto della presente tesi di laurea magistrale consiste nello studio di polimeri coniugati nella catena principale, per una loro applicazione come materiali fotoattivi in celle fotovoltaiche. In particolare, sono stati sintetizzati e caratterizzati politiofeni tioalchil sostituiti, funzionalizzati in posizione 3-3' con catene alchiliche di diversa lunghezza e grado di ramificazione (tra cui una chirale), al fine di studiarne l'effetto sulle proprietà ottiche ed elettriche del materiale. I polimeri ottenuti sono stati caratterizzati mediante tecniche spettroscopiche (1H-NMR, UV-PL), cromatografia a permeazione su gel (GPC), analisi termiche (DSC, TGA) e misure elettrochimiche (voltammetria ciclica). Il comportamento chiro-ottico del campione chirale è stato inoltre valutato tramite misure di dicroismo circolare. Si è infine testata l’efficienza delle celle fotovoltaiche ottenute utilizzando i polimeri sintetizzati come materiale fotoattivo.

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Il presente lavoro di tesi si è focalizzato sullo studio e sulla ottimizzazione di un sistema integrato, che utilizzi la reazione di oxy-reforming del metano al fine di produrre syngas che venga trattato attraverso la water-gas shift al fine di abbattere il contenuto di CO e al tempo stesso aumentare la resa in H2. Con l’obiettivo di ottenere H2 ad elevata purezza (>99%) da poter essere inviato direttamente a celle a combustible ed in impianti di piccola taglia con possibile delocalizzazione della produzione industriale di energia elettrica e termica “pulita”, la miscela reale uscente dal processo di oxy-reforming è stata processata tramite successiva water-gas shift direttamente all’interno di una membrana ceramica al Pd selettiva nella separazione di H2. L’innovativià di questo progetto di studio è data da diversi parametri quali: 1) l’impiego dell’oxy-reforming in alternativa al normale steam-reforming del CH4, che permette di condurre il processo a temperature decisamente inferiori (700-750°C), utilizzando un minor quantitativo di vapore (S/C = 0.7); 2) l’utilizzo di due nuove formulazioni di catalizzatore di WGS per alte temperature, capace di operare in un unico stadio conversioni di CO ottenibili industrialmente solo attraverso i convenzionali due due stadi di reazione (e due diverse formulazioni di catalizzatori a base di Fe/Cr e Cu); 3) l’utilizzo di supporti ceramici con membrana a base di Pd, capaci di ospitare al loro interno un catalizzatore eterogeneo per la reazione di WGS a 400°C, rendendo quindi possibile la produzione e contemporanea separazione di H2 con un ulteriore effetto positivo poiché la membrana rimuovendo H2 dalla zona di reazione favorisce il superamento dell’equilibrio termodinamico per la conversione del CO, abbassandone il contenuto nel flusso uscente dei gas reazione e rendendo non più necessari sistemi aggiuntivi di separazione quali PSA o PROXY.

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Questo lavoro si è posto l’obiettivo di valutare come differenti qualità di pellet di legno, in accordo con la norma EN 14961-2, e la diversa potenza termica di una moderna stufa domestica influenzino le relative emissioni prodotte. La norma EN 14961-2 prevede una serie di proprietà per il pellet di legno con valori caratteristici per ogni classe di qualità, A1, A2 e B. Per simulare le condizioni cui sono sottoposte le emissioni in aria ambiente, il campionamento del particolato è stato effettuato per mezzo di un tunnel di diluizione. Per valutare e confrontare le emissioni prodotte della stufa a pellet, i dati ottenuti sono stati espressi come fattori di emissione cioè il rapporto tra la quantità di inquinante emesso e i MJ sviluppati dalla combustione. Dallo studio emerge che il pellet di più scarsa qualità mostra emissioni maggiori di CO, NOx, PM, ioni solubili, e la formazione di IPA con alta tossicità: questo implica un maggior impatto sulla salute dell’uomo e sull’ambiente. Inoltre la combustione di pellet di bassa qualità di tipo B causa frequenti problemi di combustione dovuti all’alta percentuale di ceneri, portando a maggiori emissioni di prodotti da combustione incompleta (TC, IPA, PM). La maggior potenza di funzionamento della stufa limita l’emissione di prodotti di combustione incompleta, TC, CO, PM e IPA, ma aumenta la tossicità di quest’ultimi.

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Il litorale di Senigallia si sviluppa ai due lati del porto ed è caratterizzato da una costa bassa e sabbiosa, che già nei decenni passati ha risentito dell’influenza del porto nel tratto sottocorrente, in cui sono state installate delle opere di difesa. Nei primi anni del 2000 il porto ha subito ulteriori modifiche con possibili altri impatti sulla spiaggia emersa e sommersa. In tale ambito, la ditta Geomarine S.r.l. di Senigallia, su commissione del Comune di Senigallia, ha eseguito dei rilievi topo-batimetrici su un tratto del litorale del medesimo Comune dal 2009 al 2015. In questo lavoro di tesi ho partecipato personalmente alla campagna di misura del 2015. Per le indagini nella spiaggia sommersa è stata utilizzata una strumentazione Singlebeam e Multibeam mentre per i rilievi topografici è stato utilizzato un sistema GPS-NRTK. Con i dati acquisiti, elaborati e processati, è stato costruito un DTM con una carta delle isoipse e isobate dell’area. Allo scopo di integrare la ricostruzione morfologica ottenuta per l’area con informazioni sul sedimento presente, sono stati realizzati dei campionamenti lungo gli stessi transetti adottati in precedenti campagne sedimentologiche svolte dalla Regione Marche. I campioni sono stati successivamente sottoposti ad un’analisi granulometrica e i risultati confrontati tra loro e con quelli raccolti nei decenni precedenti. I risultati dei rilievi topo-batimetrici sono stati, infine, confrontati tra loro sui diversi intervalli temporali di acquisizione, per comprendere l’evoluzione del tratto di costa studiato nel breve termine e come i fattori naturali e antropici possano aver influito sui cambiamenti osservati. Per inquadrare l’evoluzione dell’area d’interesse su un arco temporale più ampio (1955-2015) si è poi effettuata un’analisi semi-qualitativa/quantitativa dell’andamento nel medio termine della linea di riva a partire da foto aeree.

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Questo elaborato si concentra sullo studio della trasformata di Fourier e della trasformata Wavelet. Nella prima parte della tesi si analizzano gli aspetti fondamentali della trasformata di Fourier. Si definisce poi la trasformata di Fourier su gruppi abeliani finiti, richiamando opportunamente la struttura di tali gruppi. Si mostra che calcolare la trasformata di Fourier nel quoziente richiede un minor numero di operazioni rispetto a calcolarla direttamente nel gruppo di partenza. L'ultima parte dell'elaborato si occupa dello studio delle Wavelet, dette ondine. Viene presentato quindi il sistema di Haar che permette di definire una funzione come serie di funzioni di Haar in alternativa alla serie di Fourier. Si propone poi un vero e proprio metodo per la costruzione delle ondine e si osserva che tale costruzione è strettamente legata all'analisi multirisoluzione. Un ruolo cruciale viene svolto dall'identità di scala, un'identità algebrica che permette di definire certi coefficienti che determinano completamente le ondine. Interviene poi la trasformata di Fourier che riduce la ricerca dei coefficienti sopra citati, alla ricerca di certe funzioni opportune che determinano esplicitamente le Wavelet. Non tutte le scelte di queste funzioni sono accettabili. Ci sono vari approcci, qui viene presentato l'approccio di Ingrid Daubechies. Le Wavelet costituiscono basi per lo spazio di funzioni a quadrato sommabile e sono particolarmente interessanti per la decomposizione dei segnali. Sono quindi in relazione con l'analisi armonica e sono adottate in un gran numero di applicazioni. Spesso sostituiscono la trasformata di Fourier convenzionale.

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Il tema centrale di questa tesi è lo studio del problema di Dirichlet per il Laplaciano in R^2 usando le serie di Fourier. Il problema di Dirichlet per il Laplaciano consiste nel determinare una funzione f armonica e regolare in un dominio limitato D quando sono noti i valori che f assume sul suo bordo. Ammette una sola soluzione, ma non esistono criteri generali per ricavarla. In questa tesi si mostra come la formula integrale di Poisson, sotto determinate condizioni, risolva il problema di Dirichlet in R^2 e in R^n.