895 resultados para TUTELA JURISDICCIONAL


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Conferência proferida em 23/6/99 no "Congresso Brasil-Portugal ano 2000", Coimbra/Portugal

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Republicado por haver saído com incorreção na Revista de Informação Legislativa, v. 38, n. 150, p. 15-26, abr./jun. 2001

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Background: sulla base delle evidenze emerse dalle rassegne sistematiche in materia (Johnstone, 1994; Cohen et al.,1998; Robson et al., 2012; Burke et al., 2006; Ricci et al., 2015) si è ipotizzato che la formazione alla salute e sicurezza sul lavoro sia maggiormente efficace quando non è presentata come obbligatoria e venga articolata su più livelli di apprendimento, attraverso metodologie adeguate per ogni livello, con docenti che abbiano caratteristiche corrispondenti allo specifico obiettivo di apprendimento e la cui durata sia parametrata all’obiettivo stesso. Obiettivo di questa ricerca è valutare se esista e quanto sia intensa la relazione causale tra la formazione alla sicurezza sul lavoro e i suoi effetti sul miglioramento delle conoscenze, degli atteggiamenti, dei comportamenti, degli esiti per la salute, del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione. Metodo: la variabile indipendente è costituita dell’intervento formativo erogato, articolato in tre condizioni: formazione obbligatoria, formazione non obbligatoria, gruppo di controllo: sono stati posti a confronto due interventi di pari durata (16 settimane, per 10h complessive), realizzati con identiche modalità (step1 audio-visivo; step2 affiancamento su lavoro da parte del preposto; step3 discussione di auto-casi), ma differenziati rispetto all’essere presentati uno come formazione obbligatoria, l’altro come non obbligatoria. I due gruppi sono anche stati confrontati con un gruppo di controllo per il quale la formazione è prevista successivamente. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo con obbligo formativo, senza obbligo formativo, di controllo. Sono stati presi come indicatori (variabili dipendenti) per valutare l’effetto della formazione: I livello – conoscenze: riconoscimento o produzione di un maggior numero di risposte corrette. II livello – atteggiamenti e credenze: maggiore propensione a mettere in atto comportamenti auto ed etero protettivi. III livello – comportamenti: comportamenti osservati più adeguati per la tutela della salute propria e altrui. IV livello – salute: maggior grado di benessere bio-psico-sociale auto-riferito. Le misure di esito consistono nella variazione tra la rilevazione iniziale e ogni rilevazione successiva, sulla base delle diverse misure registrate per ognuno dei quattro livelli dell’intervento formativo. Lo stesso confronto del tempo è stato realizzato per le misure del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione, quest’ultimo misurato solo immediatamente al termine dell’intervento. Risultati: le condizioni di intervento non differiscono in termini di efficacia, la formazione determina infatti gli stessi risultati per i partecipanti del gruppo obbligo formativo e di quello non obbligo, con una significativa differenza post-intervento rispetto al gruppo di controllo. La formazione ha un effetto forte nel miglioramento delle conoscenze che solo parzialmente decade nel tempo, ma comunque mantenendo un livello maggiore rispetto ai valori iniziali. In relazione al miglioramento di atteggiamenti e comportamenti sicuri nel lavoro al Videoterminale, l’effetto della formazione è modesto: per gli atteggiamenti si registra solo un miglioramento verso l’applicazione delle procedure come utili realmente e non come mero adempimento, ma tale effetto decade entro quattro mesi riportando i partecipanti su valori iniziali; i comportamenti invece migliorano nel tempo, ma con deboli differenze tra partecipanti alla formazione e gruppo di controllo, tuttavia tale miglioramento non decade in seguito. Non si registrano invece effetti della formazione nella direzione attesa in termini di esiti per la salute, per il miglioramento del clima di sicurezza e come maggior controllo comportamentale percepito, non risultano nemmeno dati evidenti di moderazione degli effetti dovuti a caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti. Inoltre emerge che il gradimento per la formazione è correlato con migliori atteggiamenti (strumento audio-visivo), il miglioramento del clima di sicurezza e un maggior controllo comportamentale percepito (studio di auto-casi), ovvero gli step che hanno visto l’intervento di formatori qualificati. Infine, la formazione ha determinato migliori condizioni operative e l’adeguamento delle procedure interne. Conclusioni: la presente ricerca ci consente di affermare che la formazione erogata è stata efficace, oltre che molto gradita dai partecipanti, in particolare quando il formatore è qualificato per questa attività (step1 e 3). L’apprendimento prodotto è tanto più stabile nel tempo quanto più i contenuti sono in stretta relazione con l’esperienza lavorativa quotidiana dei partecipanti, mentre negli altri casi il decremento degli effetti è alquanto rapido, di conseguenza ribadiamo la necessità di erogare la formazione con continuità nel tempo. E’ risultato comunque modesto l’effetto della formazione per migliorare gli atteggiamenti e i comportamenti nel lavoro al VDT, ma, al di là di alcuni limiti metodologici, sono obiettivi ambiziosi che richiedono più tempo di quanto abbiamo potuto disporre in questa occasione e il cui conseguimento risente molto delle prassi reali adottate nel contesto lavorativo dopo il termine della formazione. Le evidenze finora prodotte non hanno poi chiarito in modo definitivo se attraverso la formazione si possano determinare effetti significativi nel miglioramento di esiti per la salute, anche eventualmente attraverso interventi di supporto individuale. Inoltre l’assenza di differenze significative negli effetti tra i partecipanti assegnati alla condizione di obbligo e quelli di non obbligo, eccezion fatta in direzione opposta alle attese per la misura del danno da lavoro, suggeriscono che nell’erogare la formazione, occorre sottolineare in misura molto rilevante l’importanza dell’intervento che viene realizzato, anche qualora esistesse una prescrizione normativa cogente. Infine, la ricerca ci ha fornito anche indicazioni metodologiche e misure valide che invitano ad estendere questa formazione, e la sua valutazione di efficacia, a diversi comparti economici e svariate mansioni. Nel fare questo è possibile fare riferimento, e testare nuovamente, un modello che indica la corretta percezione del rischio (conoscenza) come fattore necessario, ma non sufficiente per ottenere, con la mediazione di atteggiamenti favorevoli allo specifico comportamento, azioni sicure, attraverso le quali si rinforza l’atteggiamento e migliorano le conoscenze. La formazione, per raggiungere i propri obiettivi, deve tuttavia agire anche sui meccanismi di conformismo sociale favorevoli alla safety, questi originano da conoscenze e azioni sicure e reciprocamente le rinforzano.

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O trabalho tem como tema central à análise da dimensão das responsabilidades nos grupos econômicos, bem como a sua interpretação perante os tribunais do trabalho. Busca-se compreender a extensão das obrigações impostas aos grupos e as pessoas que o compõem e acima de tudo, como os tribunais tem decido as questões praticas acerca do tema. As questões que envolvem os Grupos Econômicos têm sido tratadas de diversas formas e sob vários aspectos em nosso ordenamento jurídico. Cada ramo de nosso direito pátrio aborda a questão de acordo com a sua realidade prática, porém, nos casos concretos, a solução dos conflitos muitas vezes prescindem de uma análise mais abrangente. Quando o tema vem à tona, quase sempre repercute em mais de uma esfera, porém, é comum ignorar a essência do instituto e a natureza da questão para buscar a solução apenas sob o ponto de vista do direito que se aborda. Exemplo prático dessa situação é buscar apenas no Direito do Trabalho a solução de um conflito envolvendo o tema Grupo Econômico e a dimensão de suas responsabilidades e das pessoas que o compõem, tudo isso apenas para buscar a satisfação do crédito do trabalhador, como se o Direito do Trabalho servisse apenas para o exercício do pleno de direito de apenas de um dos agentes do pacto social. Embora ainda persista a aplicação estanque do conceito previsto no artigo 2°, § 2° da Consolidação das Leis do Trabalho CLT, os tribunais trabalhistas, principalmente com o advento da Emenda Constitucional 45, vem adotando conceitos outrora utilizados somente em outros ramos do direito. A utilização do instituto da desconsideração da personalidade jurídica (disregard of legal entity) e a aplicação dos conceitos relativos à responsabilidade subjetiva, prevista no artigo 186 do Código Civil e responsabilidade objetiva, inserida no artigo 927, parágrafo único, também do Código Civil, tem servido de importante subsídio aos tribunais trabalhistas para a solução de conflitos ali instaurados. Por outro lado, esses mesmos mecanismos que ajudam na difícil tarefa de entrega de uma prestação jurisdicional e tutela do Estado mais efetivas, também servem, muitas vezes, para justificar a condenação indiscriminada de empresas e pessoas em outros casos. O que se vê, portanto, é que os tribunais trabalhista, prescindem da atualização da legislação trabalhista de modo a coibir que a utilização correta de determinados institutos justifique a equivocada aplicação dos mesmos.

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O direito à razoável duração do processo, inserido expressamente no ordenamento jurídico brasileiro a partir do advento da Emenda Constitucional 45/2004, já poderia ser inferido desde a incorporação da Convenção Americana de Direitos Humanos, bem como ser considerado um corolário da garantia do devido processo legal. Todo indivíduo tem o direito a um processo sem dilações indevidas, em especial aquele que se encontre submetido a uma prisão preventiva, medida cautelar pessoal de extrema gravosidade. Nesse contexto, exsurge o direito que o indivíduo preso preventivamente tem de que o seu processo seja julgado em um prazo razoável ou de que ele seja desencarcerado, caso preso além da necessidade fática contida no caso concreto. Entretanto, a interpretação da garantia não pode restar somente à livre vontade dos aplicadores do direito, sendo necessária uma regulamentação legal efetiva da duração da prisão preventiva, por meio de prazos concretos nos quais o sujeito deverá ser posto em liberdade, ante a desídia estatal. Incorporando experiências estrangeiras, deve o legislador pátrio adotar marcos temporais legais, em que a prisão preventiva deverá cessar, caso excessivamente prolongada. Muito embora no ano de 2011 tenha sido reformada a tutela das medidas cautelares pessoais no Código de Processo Penal, o legislador ordinário não aprovou a imposição de limites de duração da prisão preventiva, permanecendo ao livre arbítrio das autoridades judiciárias a interpretação da garantia em referência. Assim, o Projeto de Lei do Novo Código de Processo Penal, atualmente em trâmite no Congresso Nacional, ao prever limites máximos de duração da prisão preventiva, dá uma efetiva regulamentação à garantia da duração razoável do imputado preso, devendo ser, espera-se, mantido no eventual texto final aprovado.

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Verifica-se, na atualidade, grande multiplicação dos conflitos envolvendo a Previdência Social e seus segurados. Embora sejam vários os motivos que levam ao ajuizamento de ações previdenciárias, identifica-se em grande parte dos casos uma linha condutora que unifica os diversos litigantes (segurados e dependentes) em torno de uma questão comum. Olhando-se de longe, o que se vê é uma série de ações individuais, cada uma com suas peculiaridades, que buscam as mesmas reparações e ajustes. Há, nesses casos, o ajuizamento em massa de ações com conteúdo semelhante, o que irá gerar sentenças, recursos e execuções múltiplos e, em vários casos, apresentando soluções divergentes. Desse modo, ainda que se tratem de direitos que podem ser tutelados individualmente, há que se buscar a tutela por um prisma coletivo, de modo a se trazer efetividade e segurança na área previdenciária. E uma dessas formas consiste no uso da ação civil pública em questões previdenciárias. Mecanismo relativamente recente em nosso ordenamento, introduzido em 1985, a ação civil pública encontra-se hoje plenamente integrada àquilo que se chama de microssistema de tutela coletiva, admitindo tanto a defesa de direitos difusos, quanto de coletivos stricto sensu e mesmo de direitos individuais homogêneos. O esforço que merece atenção, portanto, consiste na caracterização do Direito Previdenciário numa dessas três categorias de direitos coletivos lato sensu, vez que a tutela no plano coletivo molda-se de acordo com o tipo de direito que se está a tutelar. Ademais, é necessário também que se afaste a interpretação restritiva já superada pela jurisprudência mais atual que exclui os Direitos Previdenciários da esfera de objetos da ação civil pública.

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O presente estudo é resultado da observação de que, em que pese o incremento do ajuizamento de ações coletivas na Justiça do Trabalho, por meio de ações civis públicas, ainda há outras ações coletivas, destinadas à defesa de direitos metaindividuais, que não vêm recebendo o mesmo tratamento. Em especial, as ações cuja pretensão é a tutela dos atos da Administração Pública, que, no contexto do Estado Democrático de Direito, deve conduzir-se em prol do bem comum e, ainda, da garantia dos direitos sociais reconhecidos constitucionalmente. Analisa-se o cabimento dessa tutela pela via do Judiciário Trabalhista, nas situações em que os fatos constantes nas causas de pedir das respectivas ações sejam atinentes a direitos relacionados ao trabalho. Isso porque, na ocorrência de pontos de interseção entre o ato administrativo e as relações de trabalho, o ramo do Judiciário constitucionalmente vocacionado a analisá-los é o Trabalhista, já que o interesse em questão não configura mero ato administrativo, mas, além disso, revela o modo como o agente estatal compreende e orienta a sua conduta, gerando a valorização ou a desvalorização de direitos trabalhistas consagrados pela Constituição Federal. Com base nesse panorama acerca do papel do Estado brasileiro contemporâneo no que diz respeito à garantia de direitos sociais e do papel do Poder Judiciário no que tange à efetivação desses direitos, bem como procedendo ao exame da natureza desses direitos, que requerem novas posturas dos operadores do direito, este trabalho se propõe a afastar concepções antigas relacionadas a argumentos de suposta violação à separação de poderes e de indevida interferência em políticas públicas. Com isso, considerando que o Poder Judiciário tem no processo seu locus de manifestação, abordam-se as principais características do processo coletivo, visando à sua diferenciação em relação ao processo individual, em face da natureza dos direitos que compõem o seu objeto. Com o foco no fortalecimento do Judiciário Trabalhista e aperfeiçoamento do Estado Democrático de Direito, ingressa-se na seara das ações populares e de improbidade administrativa, refinando-se a aplicabilidade delas a atos praticados pela Administração Pública que repercutem na esfera trabalhista. Adota-se como premissa a nova conformação dos limites da competência da Justiça do Trabalho que não mais se restringe a lides de natureza individual ou coletiva entre trabalhadores e seus tomadores de serviço, conformação essa introduzida pela Emenda Constitucional no 45/2004 para defender-se que a consecução do bem comum, levada a efeito com a observância aos princípios regentes da Administração, desafia uma nova visão, especializada no valor social do trabalho, inclusive no que se refere à qualidade dos serviços públicos. As questões apontadas possibilitam concluir sobre a necessidade de se instituir concretamente os conteúdos axiológicos e não meramente patrimoniais que compõem o patrimônio público social, em especial o valor social do trabalho, preservando-o ou restituindo-o à coletividade, por meio de ações populares e de improbidade administrativa ajuizadas perante a Justiça do Trabalho. A pesquisa mostra que se alarga a garantia ao cidadão no que tange ao uso dos valores e recursos públicos para a promoção do bem comum e a evolução da coletividade.

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En enero del año 2004, el Congreso de los Diputados aprobó por unanimidad la Ley Orgánica 1/2004 de 28 de diciembre, de medidas de protección integral contra la Violencia de Género. Ningún partido con representación política en el año 2004 quiso quedarse fuera a la hora de apoyar una norma especialmente demandada por la ciudadanía ante la realidad social: 84 mujeres asesinadas a manos de sus parejas o ex parejas en el año 2004. Sin embargo, el tiempo ha demostrado que la Ley Integral no sólo no ha sido un elemento eficaz a la hora de acabar con las elevadas cifras de violencia de género en España, sino que además por el camino ha supuesto problemas jurídicos hasta el punto de convertirse en una norma cuya constitucionalidad se ha planteado en más de 180 ocasiones, por parte de los Jueces obligados a aplicarla, por suponer un conflicto con preceptos constitucionales como el Derecho a la Igualdad, la Presunción de Inocencia, o la Dignidad de la mujer. A través del presente estudio, comprobamos los problemas que ha supuesto la Ley Orgánica 1/2004, analizando para ello los antecedentes jurídicos que ha tenido la búsqueda de la igualdad entre géneros en España, denunciando los problemas que la aplicación de esta norma han tenido tanto a nivel de tutela penal como civil, profundizando en la doctrina jurisprudencial que avala su polémico encaje en el marco constitucional, y proponiendo posibles soluciones para no sólo evitar tener una Ley de medidas contra la Violencia de Género que vulnere derechos constitucionales, sino que además ofrezca garantías a un mayor número de mujeres, suponga una tutela judicial efectiva y no discriminatoria, y que, en definitiva, ayude a conseguir una igualdad real entre géneros que acabe definitivamente con la situación subordinada de la mujer en la sociedad.

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Esta dissertação tem como objeto a análise da atuação judicial no âmbito dos processos de recuperação judicial de empresas, regulados pela Lei nº 11.101 de 9 de fevereiro de 2002 (\"LRE\"). No primeiro capítulo, são introduzidas as limitações do trabalho e as principais questões a serem respondidas ao longo do texto. No segundo capítulo, são expostos os panoramas histórico e jurídico da LRE, para que se extraiam os verdadeiros objetivos tutelados pela lei e o diálogo destes objetivos com a atuação do Poder Judiciário. No terceiro capítulo, são propostos três níveis de intervenção judicial no bojo do processo de recuperação, sendo eles: (a) o controle de legalidade estrita, por meio do qual o juiz verificará a observância aos requisitos e vedações impostos pela LRE ao conteúdo do plano de recuperação e à sua votação; (b) o controle de legalidade material ou controle de juridicidade, por meio do qual o juiz avaliará se o conteúdo do plano e sua votação atendem aos princípios gerais orientadores do ordenamento brasileiro; e (c) o juízo de viabilidade, por meio do qual o juiz, usando de critérios objetivos sugeridos pela doutrina, avaliaria o mérito do plano de recuperação judicial para averiguar se, além de atenderem aos critérios de legalidade, as disposições do plano de recuperação atingem os objetivos traçados pela LRE, no sentido de tutela da empresa viável e tutela institucional do crédito. No quarto capítulo, são retomadas as conclusões alcançadas ao final de cada um dos subcapítulos.

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São inegáveis o caráter universal e a importância dos avanços tecnológicos e científicos originados das pesquisas genéticas. O sequenciamento do genoma humano, a identificação das principais sequências de DNA contidas nos seus genes e suas respectivas funções biológicas, bem como suas possíveis aplicações biomédicas, são de incalculável importância. Os genes, muito embora possam ser biologicamente caracterizados como compostos químicos, possuem um conteúdo informacional que se revela indispensável ao desenvolvimento da engenharia genética, figurando como elemento básico e central de suporte às inovações biotecnológicas. Desta forma, importante analisar a relevância da aplicação de mecanismos jurídicos como forma de fomento à contínua evolução biotecnológica sob a ótica do desenvolvimento econômico e social do país, princípios constitucionais justificadores da proteção de referidos desenvolvimentos técnicos por meio do intelecto e intervenção humanos na natureza. Para tanto, deve-se levar em consideração que a inexistência de tutela jurídica específica pode gerar desincentivo aos investimentos capazes de possibilitar o desenvolvimento de tais tecnologias, ao passo que uma tutela jurídica muito ampla poderá ocasionar indevida restrição ao acesso a tais insumos biológicos, de modo a gerar um efeito adverso àquele buscado. Assim, deve-se compatibilizar a proteção dos resultados obtidos através do desenvolvimento biotecnológico em relação à potencial dificuldade originada de uma eventual restrição ao acesso a tais elementos fundamentais à pesquisa e desenvolvimento genéticos. É neste contexto que se procura um balizamento entre os diferentes interesses e posicionamentos a respeito da patenteabilidade dos genes humanos, visando solução jurídica que permita um ambiente seguro e propício ao desenvolvimento da engenharia genética, e dos inúmeros benefícios que poderão daí se originar. O presente estudo se voltará, portanto, à análise da necessidade, condições, suficiência e extensão da tutela jurídica a ser conferida pela outorga de direitos patentários aos genes humanos.

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Este artículo se basa en una investigación social sobre el sistema de protección jurídica de las personas con algún tipo de discapacidad o en situación de dependencia que se encuentran sometidas a las figuras de tutela o curatela, en aplicación de lo previsto y establecido en el Código Civil Español, en sus artículos 199 y 200, así como en la Ley de Enjuiciamiento Civil. La investigación se plantea como un estudio comparado entre diferentes países de la Unión Europea para ver su adecuación a lo establecido en el artículo 12 de la Convención de Naciones Unidas sobre derechos de las Personas con Discapacidad (en adelante, CDPD) en los procedimientos de incapacitación. Los resultados se analizan sobre la base de modelos técnico-sociales de intervención, los análisis jurídicos y la experiencia adquirida por las Fundación Tutelares de Castilla y León. Se proponen y diseñan algunas alternativas y servicios que pueden mejorar la calidad de vida de las personas adultas incapacitadas judicialmente y el tipo de apoyos que se les puede prestar, de acuerdo a lo establecido en la Convención de Naciones Unidas.

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Este trabajo se adentra en el estudio de la cárcel y su alcaide, vistos como agente y espacio jurisdiccional que forman parte de la maquinaria de un tribunal, en concreto del de la Real Chancillería de Valladolid, y que han sido concebidos para estar a su servicio. De tal manera, que son sus Alcaldes del Crimen los que articulan con sus autos el funcionamiento del espacio carcelario, pero a su autoridad se le superpone en lo cotidiano la directa del alcaide. La organización de este espacio, el uso y el abuso de la condición del alcaide, los elementos de que se sirve para llevar a cabo sus funciones, la conflictividad en este recinto y los intentos de fuga son actores del análisis concreto de una práctica carcelaria, en un momento en que la teoría sobre el delito y la pena, y el papel de las cárceles se está revisando en toda Europa.

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Objetivo: Conocer los resultados en términos de ganancia funcional de la aplicación de un sistema de registro electrónico basado en el índice de Barthel y la prevención de efectos adversos como método de prescripción y ejecución de cuidados estandarizados, utilizado por estudiantes de enfermería bajo la tutela de enfermeras clínicas acreditadas durante las prácticas clínicas tuteladas en la Universitat Jaume I. Material y métodos: Estudio descriptivo, prospectivo, longitudinal, multicéntrico. Se incluyen los registros electrónicos con estancia entre 5 y 9 días relacionados con las 6 camas que los estudiantes tienen asignadas en las unidades de medicina interna, cirugía y traumatología de 5 hospitales públicos y privados de la provincia de Castellón. Se estudian variables sociodemográficas y clínicas, riesgo de efectos adversos al ingreso, evolución de la capacidad funcional y ganancia funcional al alta. Se analiza la dependencia de las variables con la ganancia funcional y las diferencias entre grupos (p<0,05). Resultados: Con una muestra de 141 registros, la edad media es de 70,96 (s=15,64), sin diferencias significativas según sexos (p<0,05). El 68% (n=71) son procesos médicos con estancia media de 6,62 días (s=1,34) y complejidad media de 4,2 (s=2,6). La muestra presenta riesgo moderado-elevado de úlceras por presión (30%), caídas (68%) y desnutrición (52%). Los planes de cuidados estandarizados supone una ganancia funcional media de 7,06 puntos (s=20,09), sin diferencias significativas entre grupos (p<0,05). Discusión: La formación del estudiantado con metodología que implica toma de decisiones en la planificación de cuidados puede aportar mejoras en la calidad asistencial.