953 resultados para Terra-cotta sculpture, Ancient.
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Oggetto della presente tesi di laurea è quello di analizzare sia dal punto di vista teorico che da quello pratico l’impiego di geosintetici di rinforzo per il consolidamento di rilevati e sponde arginali al fine di ottenere un sistema pluricomposto terreno-rinforzo che manifesti adeguati margini di sicurezza nei confronti delle verifiche di stabilità prescritte dalla normativa vigente, soprattutto nei confronti dell’azione indotta dal sisma. In particolare il lavoro è suddiviso di due macro parti fondamentali: una prima parte dedicata allo studio degli aspetti teorici legati alla caratterizzazione dei materiali di rinforzo con particolare riferimento ai geotessili ed alle geogriglie, ai principi fondamentali di funzionamento del sistema terreno-rinforzi, alla normativa di riferimento per tali costruzioni, al dimensionamento dei pendii in terra rinforzata ed al loro inserimento ambientale; la seconda parte, basata sullo studio di un caso di reale applicazione del metodo di rinforzo con geosintetici, si svolge attraverso una approfondita e critica analisi della relazione geologica messa a disposizione dal Comune di Cesenatico (FC) con lo scopo di elaborare le prove svolte in situ, ricavare i parametri geotecnici caratteristici del terreno e definire un modello geologico e geotecnico di riferimento per le successive elaborazioni. Il progetto prevede infatti il consolidamento delle sponde del canale che attraversa, parallelamente alla linea di costa, la città di Cesenatico (FC) e denominato “Vena Mazzarini”, dal nome dell’Ingegnere che ne curò il progetto originale. In particolare si è previsto l’impiego di geogriglie di rinforzo in HDPE e tutte le verifiche sono state realizzate mediante il software di calcolo Geostru Slope® e Slope/M.R.E® messi cordialmente a disposizione dalla software house Geostru S.r.l.
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In questo lavoro di tesi è stata validata una interfaccia grafica in ambiente Windows capace di impostare i parametri della camera Tau 320 FLIR, usata a bordo del satellite ESEO come sensore di terra. L'impostazione dei parametri passa, inoltre, attraverso l'hardware Discovery F4 e per questo è stato sviluppato e validato anche uno script in linguaggio C per la Discovery che fa comunicare il PC con la camera.
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Descrizione dei principali passi che hanno portato alla definizione delle dimensioni principali della struttura di un simulatore di campo magnetico per il test dei magnetometri di un microsatellite. Il sistema di simulazione consiste in 3 coppie di bobine quadrate mutuamente ortogonali ed è in grado di annullare, al proprio interno, il campo geomagnetico locale generando inoltre una componente di campo magnetico orientabile a piacere di intensità fino a 70 microTesla.
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L’oggetto di questa tesi è un fenomeno didattico osservato in due valutazioni standardizzate nazionali INVALSI, legato all’atteggiamento degli studenti mentre svolgono task di matematica. L’effetto, che abbiamo denotato effetto “età della Terra”, è stato interpretato in questa ricerca attraverso l’interazione e il confronto di diversi costrutti teorici che spiegano come questo effetto, che può essere considerato come una tipica situazione di contratto didattico, è generato dalla relazione studente-insegnante ma può diventare più strettamente legato al rapporto che hanno gli studenti con la matematica. Inizialmente abbiamo condotto uno studio dei risultati statistici delle valutazioni standardizzate nazionali (Rash Analysis). Il primo step della sperimentazione è consistito nella preparazione, validazione e somministrazione di 612 questionari a studenti di diversi livelli scolastici e basandoci sui risultati dei questionari abbiamo condotto interviste di gruppo. L’analisi quantitativa e qualitativa dei risultati ha confermato la presenza dell’effetto “età della Terra” e ha mostrato che questo effetto è indipendente dal livello scolastico e dall’età degli studenti, dal contenuto matematico e dal contesto dei task proposti. La seconda parte della ricerca è stata volta ad indagare la cause di questo effetto. Abbiamo infatti individuato un principio regolativo che condizione l’azione degli studenti mentre fanno attività matematica e abbiamo condotto molte interviste individuali per indagarlo. Il comportamento degli studenti intervistati è stato così studiato e classificato con i costrutti del quadro teorico.
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Negli ultimi cinquant’anni, il trasporto aereo ha sperimentato una rapida espansione, parallelamente alla crescita dell’economia globale. Gli aeroporti, oggi, rappresentano strutture complesse, sulle quali si concentrano interessi economici, sociali e strategici di notevole importanza. Il traffico passeggeri, espresso in RPK (Revenue Passenger Kilometers – ricavo per passeggero-chilometro trasportato), dal 1960, è cresciuto di quasi il 9% l’anno, più del doppio del Prodotto Interno Lordo (PIL), e con un tasso di crescita superiore rispetto alle altre modalità di trasporto. Si prevede che il traffico aereo, sia passeggeri che merci, continuerà ad aumentare nel prossimo futuro: le stime di crescita del traffico aereo riportate nell’ultimo rapporto di valutazione ambientale prodotto dall’ICAO (ICAO Environmental Report 2013) prevedono, per il periodo 2010-2030, un aumento del tasso di crescita annuo dei passeggeri, espresso in RPK, pari al +4,9%. Il valore stimato di RPK per il 2030 è pari a 13 bilioni, quasi tre volte maggiore di quello registrato nel 2010. Come conseguenza, anche le emissioni nocive per l’ambiente e per il clima direttamente legate al trasporto aereo sono aumentate, perché l’aumento della domanda di trasporto aereo ha superato la riduzione delle emissioni dovute ai continui miglioramenti apportati dalla tecnologia e dall’ottimizzazione delle procedure operative.
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Since historical times, coastal areas throughout the eastern Mediterranean are exposed to tsunami hazard. For many decades the knowledge about palaeotsunamis was solely based on historical accounts. However, results from timeline analyses reveal different characteristics affecting the quality of the dataset (i.e. distribution of data, temporal thinning backward of events, local periodization phenomena) that emphasize the fragmentary character of the historical data. As an increasing number of geo-scientific studies give convincing examples of well dated tsunami signatures not reported in catalogues, the non-existing record is a major problem to palaeotsunami research. While the compilation of historical data allows a first approach in the identification of areas vulnerable to tsunamis, it must not be regarded as reliable for hazard assessment. Considering the increasing economic significance of coastal regions (e.g. for mass tourism) and the constantly growing coastal population, our knowledge on the local, regional and supraregional tsunami hazard along Mediterranean coasts has to be improved. For setting up a reliable tsunami risk assessment and developing risk mitigation strategies, it is of major importance (i) to identify areas under risk and (ii) to estimate the intensity and frequency of potential events. This approach is most promising when based on the analysis of palaeotsunami research seeking to detect areas of high palaeotsunami hazard, to calculate recurrence intervals and to document palaeotsunami destructiveness in terms of wave run-up, inundation and long-term coastal change. Within the past few years, geo-scientific studies on palaeotsunami events provided convincing evidence that throughout the Mediterranean ancient harbours were subject to strong tsunami-related disturbance or destruction. Constructed to protect ships from storm and wave activity, harbours provide especially sheltered and quiescent environments and thus turned out to be valuable geo-archives for tsunamigenic high-energy impacts on coastal areas. Directly exposed to the Hellenic Trench and extensive local fault systems, coastal areas in the Ionian Sea and the Gulf of Corinth hold a considerably high risk for tsunami events, respectively.Geo-scientific and geoarcheaological studies carried out in the environs of the ancient harbours of Krane (Cefalonia Island), Lechaion (Corinth, Gulf of Corinth) and Kyllini (western Peloponnese) comprised on-shore and near-shore vibracoring and subsequent sedimentological, geochemical and microfossil analyses of the recovered sediments. Geophysical methods like electrical resistivity tomography and ground penetrating radar were applied in order to detect subsurface structures and to verify stratigraphical patterns derived from vibracores over long distances. The overall geochronological framework of each study area is based on radiocarbon dating of biogenic material and age determination of diagnostic ceramic fragments. Results presented within this study provide distinct evidence of multiple palaeotsunami landfalls for the investigated areas. Tsunami signatures encountered in the environs of Krane, Lechaion and Kyllini include (i) coarse-grained allochthonous marine sediments intersecting silt-dominated quiescent harbour deposits and/or shallow marine environments, (ii) disturbed microfaunal assemblages and/or (iii) distinct geochemical fingerprints as well as (iv) geo-archaeological destruction layers and (v) extensive units of beachrock-type calcarenitic tsunamites. For Krane, geochronological data yielded termini ad or post quem (maximum ages) for tsunami event generations dated to 4150 ± 60 cal BC, ~ 3200 ± 110 cal BC, ~ 650 ± 110 cal BC, and ~ 930 ± 40 cal AD, respectively. Results for Lechaion suggest that the harbour was hit by strong tsunami impacts in the 8th-6th century BC, the 1st-2nd century AD and in the 6th century AD. At Kyllini, the harbour site was affected by tsunami impact in between the late 7th and early 4th cent. BC and between the 4th and 6th cent. AD. In case of Lechaion and Kyllini, the final destruction of the harbour facilities also seems to be related to the tsunami impact. Comparing the tsunami signals obtained for each study areas with geo-scientific data from palaeotsunami events from other sites indicates that the investigated harbour sites represent excellent geo-archives for supra-regional mega-tsunamis.
A river runs through it - ancient DNA data on the neolithic populations of the Great Hungarian Plain
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This thesis was part of a multidisciplinary research project funded by the German Research Foundation (“Bevölkerungsgeschichte des Karpatenbeckens in der Jungsteinzeit und ihr Einfluss auf die Besiedlung Mitteleuropas”, grant no. Al 287/10-1) aimed at elucidating the population history of the Carpathian Basin during the Neolithic. The Carpathian Basin was an important waypoint on the spread of the Neolithic from southeastern to central Europe. On the Great Hungarian Plain (Alföld), the first farming communities appeared around 6000 cal BC. They belonged to the Körös culture, which derived from the Starčevo-Körös-Criş complex in the northern Balkans. Around 5600 cal BC the Alföld-Linearbandkeramik (ALBK), so called due to its stylistic similarities with the Transdanubian and central European LBK, emerged in the northwestern Alföld. Following a short “classical phase”, the ALBK split into several regional subgroups during its later stages, but did not expand beyond the Great Hungarian Plain. Marking the beginning of the late Neolithic period, the Tisza culture first appeared in the southern Alföld around 5000 cal BC and subsequently spread into the central and northern Alföld. Together with the Herpály and Csőszhalom groups it was an integral part of the late Neolithic cultural landscape of the Alföld. Up until now, the Neolithic cultural succession on the Alföld has been almost exclusively studied from an archaeological point of view, while very little is known about the population genetic processes during this time period. The aim of this thesis was to perform ancient DNA (aDNA) analyses on human samples from the Alföld Neolithic and analyse the resulting mitochondrial population data to address the following questions: is there population continuity between the Central European Mesolithic hunter-gatherer metapopulation and the first farming communities on the Alföld? Is there genetic continuity from the early to the late Neolithic? Are there genetic as well as cultural differences between the regional groups of the ALBK? Additionally, the relationships between the Alföld and the neighbouring Transdanubian Neolithic as well as other European early farming communities were evaluated to gain insights into the genetic affinities of the Alföld Neolithic in a larger geographic context. 320 individuals were analysed for this study; reproducible mitochondrial haplogroup information (HVS-I and/or SNP data) could be obtained from 242 Neolithic individuals. According to the analyses, population continuity between hunter-gatherers and the Neolithic cultures of the Alföld can be excluded at any stage of the Neolithic. In contrast, there is strong evidence for population continuity from the early to the late Neolithic. All cultural groups on the Alföld were heavily shaped by the genetic substrate introduced into the Carpathian Basin during the early Neolithic by the Körös and Starčevo cultures. Accordingly, genetic differentiation between regional groups of the ALBK is not very pronounced. The Alföld cultures are furthermore genetically highly similar to the Transdanubian Neolithic cultures, probably due to common ancestry. In the wider European context, the Alföld Neolithic cultures also highly similar to the central European LBK, while they differ markedly from contemporaneous populations of the Iberian Peninsula and the Ukraine. Thus, the Körös culture, the ALBK and the Tisza culture can be regarded as part of a “genetic continuum” that links the Neolithic Carpathian Basin to central Europe and likely has its roots in the Starčevo -Körös-Criş complex of the northern Balkans.
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Georg Breitner Simulacra Artis pretio metienda Studien zur Erforschung spätantiker mythologischer Rundplastik Zusammenfassung: Die römische Rundplastik stellt einen zentralen Bestandteil römischer Ausstattung dar. Wirtschaftliche und religionspolitische Veränderungen in der Spätantike beeinflussten nachhaltig ihre Herstellung und Verwendung. In der Forschung stehen sich derzeit zwei Haupttendenzen gegenüber. Während die eine das Ende der römischen Idealplastik im 3.Jh.n.Chr. sehen möchte, schlägt die andere eine nahezu ungebrochene Produktion bis in das späte 4.Jh.n.Chr. vor. Die Arbeit untersucht daher nicht nur den Entwicklungsprozess, sondern auch die Gründe für die heute so unterschiedliche Bewertung. Nach dem einleitenden Teil zum Forschungstand, dem chronologischen Rahmen und der Zielsetzung der Arbeit, wird im zweiten Teil die heidnische Rundplastik in der spätantiken Literatur betrachtet. Ausgehend von der Frage nach dem Bedarf an Rundplastik und dem privaten wie öffentlichen Aufstellungskontextes in der Spätantike, werden Grundlagen für die Bestimmung spätantiker Verhaltensmuster herausgearbeitet, die eine Aussage über die Herstellung von rundplastischen Werken wahrscheinlich macht. Hierzu werden ausgewählte literarische Quellen herangezogen, die Veränderungen im Umgang mit der Präsenz heidnischer Rundplastik in einem zunehmend christlich geprägten gesellschaftlichen Raum nachzeichnen lassen. Die höchst unterschiedlichen Äußerungen spätantiker Autoren weisen auf eine vielschichtige Auseinandersetzung mit dem kulturellen Erbe und seinem Weiterleben. Die Betrachtung der literarischen Quellen zeigt, dass weder Hinweise für ein mangelndes Interesse bestehen, noch die im 4.Jh. einsetzenden religiösen Veränderungen eine Produktion und Aufstellung der mythologischen Rundplastik ausschließen. Vielmehr zeigt sich ein wachsendes Bewusstsein am kulturellen Erbe, das sich in der Auseinandersetzung mit dem Inhalt und dem künstlerischen Schaffensprozess einer Statue ausdrückt. Durch die Loslösung des mythologischen Inhalts der Statuen von der heidnischen Religionsausübung erhalten die Statuen, aber auch ihre Künstler eine neue Wertschätzung, die ihren Erhalt garantieren und neue künstlerische Prozesse auslösen. Mit der Analyse der literarischen Quellen sind die Rahmenbedingungen eines gesellschaftlichen Umfelds bestimmt, die in den folgenden Kapiteln auf ihre Verbindungen mit der realen Existenz spätantiker Statuen mit mythologischem Inhalt geprüft werden. Im dritten Teil werden zunächst methodische Aspekte zu den unterschiedlichen Positionen in der Forschung diskutiert. Die bisherigen Datierungsvorschläge spätantiker Rundplastik stehen dabei ebenso im Zentrum, wie die Vorschläge eigener methodischer Zielsetzungen. Es zeigt sich, dass die Polarisierung der Forschungsmeinung nicht allein durch das untersuchte Material, sondern vom methodischen Umgang mit der archäologischen Stilkritik und der Definition von Modellen kunsthistorischer Entwicklungen bestimmt wird. Es werden daher Wege gesucht, die Datierung spätantiker Kunstentwicklung am Beispiel der mythologischen Rundplastik auf eine neue methodische Basis zu stellen. Ausgehend von der Rundplastik des 3.Jh.n.Chr. werden im dritten Teil der Arbeit anhand ausgewählter Statuengruppen die bisherigen, teilweise kontrovers geführten Überlegungen zur Datierbarkeit und kunsthistorischen Stellung und Entwicklung spätantiker Rundplastik geprüft. Es zeigt sich, dass durch die Einbeziehung eines chronologisch weiter gefassten Rahmens (3.-5.Jh.) Möglichkeiten zur Bestimmung spätantiker Stiltendenzen und ihrer Datierung hinzugewonnen werden können. Auf dieser Grundlage können einige Statuen erstmals der Spätantike zugewiesen werden. Andere Statuen- bislang für spätantik gehalten - werden dagegen deutlich früher datiert. Die zeitstilistischen Bewertungen der Fallbeispiele zeigen, dass grundsätzliche Phänomene und Definitionen spätantiker Kunstentwicklung überdacht werden müssen. So zeugt das Fortbestehen klassischer Formprinzipien in einem gewandelten gesellschaftlichen Umfeld nicht von einer Renaissance, sondern vielmehr von einem andauernden Prozeß im Umgang mit dem kulturellen Erbe. Im fünften Abschnitt der Arbeit werden alle angesprochenen Aspekte nochmals aufgegriffen, um ein Bild von der Wertschätzung, Produktion und damit Fortbestandes römischer Idealplastik zu zeichnen. Die Arbeit schließt mit einem Ausblick ab, der Perspektiven der Stilanalyse spätantiker Rundplastik für die Bewertung nachfolgender Stilentwicklungen aufzeigt.
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Il presente lavoro mette in evidenza le principali difficoltà che il traduttore di testi specialistici è chiamato ad affrontare durante la pratica della traduzione. In particolar modo, il nostro studio si concentra sulla figura del traduttore che lavora in ambito artistico : oggigiorno la facilità degli spostamenti e il conseguente aumento del turismo culturale hanno reso la traduzione di dépliant, guide turistiche e cataloghi una pratica necessaria e in continua crescita. L’obiettivo prefissato è quello di verificare l’apporto che le risorse lessicografiche e terminologiche attualmente disponibili danno al traduttore di testi a contenuto artistico. Il nostro lavoro si articola in quattro capitoli. Il primo, di stampo teorico, pone l’accento sulla natura polisemica della parola terminologia (disciplina, metodologia e insieme di termini appartenenti ad un ambito specialistico) e sulla distinzione tra pratica terminologica e traduttiva gettando le basi del secondo capitolo che, partendo dall'esposizione degli ostacoli terminologici incontrati dal traduttore, descrive le lacune dei principali dizionari bilingui italiano-francese e delle basi di dati terminologiche oggi a disposizione. Il terzo capitolo, dedicato alla presentazione del progetto Lessico multilingue dei beni culturali (LBC), ne evidenzia i punti di forza e sottolinea la necessità di creare degli strumenti “ibridi”, concepiti per aiutare il traduttore in ambito artistico. Questa conclusione sarà ulteriormente ribadita nel quarto capitolo, di stampo pratico : l’analisi di una quindicina di termini dell’ambito della scultura (estratti dal corpus de La Vita di Michelangelo, appositamente creato nell'ambito del progetto LBC) mostra l’eccessivo numero di strumenti che il traduttore è costretto a consultare per risolvere adeguatamente le difficoltà incontrate, pratica che non rispecchia più il mestiere della traduzione, all'interno della società dell’informazione, sempre più influenzato dalle scadenze imposte.
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This thesis tries to interpret the origin and evolution of karst-like forms present in Arabia Terra, a region of Mars that develops in the equatorial zone of the planet. The work has been carried out specifically in the craters Crommelin (4o 91’ N-10o 51’ E), 12000088 (3o 48’ N-1o 30’ E), NE 12000088 (4° 20’ N-2° 50’ E), C "2" (3° 54’ N-1° W), and in their surrounding areas. These craters contain layered deposits characterized by a high albedo and on which erosion is very pronounced. The area containing the craters is a plateau that has the same characteristics of albedo and texture. The preliminary morphological study has made use of instrumentation such as the Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), in particular HiRISE images (High Resolution Imaging Science Experiment), CTX (Context Camera) and CRISM (Compact Reconnaissance Imaging Spectrometers for Mars). A regional geomorphological map has been drawn up containing the main morphotypes, and detailed geomorphological maps were prepared for different karst-like morphologies. The analysis of spectral data collected from CRISM instrumentation has allowed to identify the footprint of sulphate minerals in the external area. Data were collected for morphometric negative forms (karst-like) and positive forms (mud volcanoes, dikes and pingos). For the analysis of the relief forms DTMs (Digital Terrain Models) produced by the union of stereographic CTX couples or HiRISE were used. From the analysis of high-resolution images morphological footprints similar to periglacial environments have been identified, including the presence of patterned ground and polygonal cracks found all over the area of investigation, and relief structures similar to pingos present in the crater C "2". These observations allow us to imagine a geological past with a cold climate at the equator able to freeze the few fluids present in the Martian arid terrain. The development of karst-like landforms, on the other hand, can be attributed to a subsequent improval of the weather conditions that led to a normal climate regime for the equatorial areas, resulting in the degradation of the permafrost. The melt waters have thus allowed the partial dissolution of the sulphate layers. The karst-like forms look rather fresh suggesting them to be not that old.
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The application of non-invasive imaging technologies using X-radiation (diagnostic radioentomology, ‘DR’) is demonstrated for the study of amber-entombed social bees. Here, we examine the external and internal morphology of an Early Miocene (Burdigalian) stingless bee (Apinae: Meliponini) from the Dominican Republic using non-destructive X-ray microtomography analysis. The study permits the accurate reconstruction of features otherwise obscured or impossible to visualize without destroying the sample and allows diagnosis of the specimen as a new species, Proplebeia adbita Greco and Engel.