987 resultados para Ribera, Jusepe de, 1591-1652.
Resumo:
Il progetto di intervento per la ricostruzione dell’Aquila è il frutto del lavoro sul discusso e attuale tema del terremoto del 6 aprile 2009 in Abruzzo, che ha profondamente colpito la città ed il suo territorio. Quest’ultimo è stato l’elemento fondativo da cui partire in fase progettuale, affinchè la memoria possa diventare nuovamente fonte di identità e dove il paesaggio rappresenti un dialogo costante tra passato e presente, dove gli spazi aperti assumano il ruolo di rinnovata struttura generativa. Lo scenario che si prospetta dopo il sisma, mostra come sia forte la necessità di ritornare alla propria città, l’Aquila, attraverso la fruizione di spazi di relazione pubblici quali le piazze, le chiese e gli spazi privati dell’abitazione. L’intervento all’interno del quartiere di San Silvestro in cui si è sviluppato il progetto, rappresenta una realtà molteplice e complessa in cui più elementi interagiscono tra loro. Per questo, il progetto si pone come obiettivo quello di “intrecciare relazioni”, ossia creare legami tra sistemi ed elementi ora disgiunti che, se tra loro connessi, diventano l’occasione per far rivivere la città. La volontà di creare relazioni si è definita attraverso diverse azioni; una di queste è la scelta di intervenire a scala urbana, definendo un nuovo sistema viario che possa svincolare il centro dal percorso congestionato di via Duca degli Abruzzi. L’intervento previsto su macroscala non solo ha l’obbiettivo di tutelare il centro storico dal traffico carrabile, ma privilegia la circolazione pedonale all’interno del quartiere, cercando di restituire una percezione dello spazio a misura d’uomo. Altro aspetto caratterizzante il progetto è la volontà di “ricostruire scene urbane” caratteristiche del centro storico aquilano, consolidando gli spazi di aggregazione già esistenti come piazza san Silvestro e inserendo nuovi spazi di relazione in corrispondenza di porta Branconia, un punto nevralgico del progetto perché congiunge la cinta muraria con il centro storico e con la città all’esterno delle mura. Il progetto prevede che il sistema del verde retrostante sia accessibile attraverso percorsi nel verde che, dal centro, confluiscono sull’asse commerciale di via della Croce Rossa. La definizione della parte più storica del quartiere di San Silvestro avviene attraverso un sistema di nuovi elementi che dialogano con le preesistenze storiche: un complesso di alloggi che si sviluppa nel lotto adiacente la chiesa, secondo la tipologia a schiera, ha un duplice affaccio, su via Duca degli Abruzzi da un lato e su via Sant’Agnese dall’altro; un nuovo museo per la città che si colloca su piazza San Silvestro confrontandosi direttamente con la Chiesa e col palazzo Branconi-Farinosi, rispettandone il ruolo e l’importanza. Nell’area di espansione, limitrofa al già esistente quartiere di San Silvestro, si è cercati di privilegiare la relazione della città col suolo: a tal proposito l’andamento delle curve di livello presenti, dà origine a strade per l’accesso agli alloggi sociali che confluiscono nel verde adiacente le mura della città. L’elemento unificatore di questo nuovo impianto risulta essere dunque il parco pubblico che costeggia le mura, congiungendo piazza S. Silvestro con l’estremità ovest dell’area e con i percorsi pedonali che caratterizzano tutta l’area di progetto trovando la massima espressione in prossimità proprio delle mura storiche. Attraverso queste prime intenzioni progettuali si è cercato di sviluppare un sistema organico e coerente di elementi capaci di dialogare con il contesto circostante e di instaurare nuove relazioni con la città. Se consideriamo le diverse componenti che formano il sistema possiamo evidenziare la presenza di elementi serventi, quali gli spazi aventi funzione pubblica, e di elementi serviti, come le residenze, aventi funzione privata. In particolare, il sistema residenziale, assume uno sviluppo uniforme ed omogeneo all’interno dell’area di intervento articolandosi con differenti connotazioni a seconda del diverso contesto circostante.
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La Tesi di Dottorato prende in considerazione la collocazione storica e critica di G. E. Moore nel panorama filosofico europeo, con particolare riferimento al suo rapporto con il neo-hegelismo britanico prima e con il realismo poi. Al centro della Tesi si trova l'esame dell'intuizionismo etico di G. E. Moore.
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Objective: To study circadian rhythms (sleep-wake, body core temperature and melatonin circadian rhythms) in patients in vegetative state (VS) in basal condition and after nocturnal blue light exposure. Methods: Eight patients in VS underwent two experimental sessions of 48 consecutive hours polysomnography with body core temperature (BCT) measurement separated by a 1-week interval. For a week between the two experimental sessions, patients underwent nocturnal blue light exposure (470 nm; 58 μW/cm2 for 4 hours from 11.30 p.m. to 3.30 a.m.). Brain MRI, Level of Cognitive Functioning Scale (LCF) and Disability Rating Scale (DRS) were assessed just before polysomnography. Results: In all patients LCF and DRS confirmed vegetative state. All patients showed a sleep-wake cycle. All patients showed spindle or spindle-like activities. REM sleep was detected in only 7 patients. Patients displayed a greater fragmentation of nocturnal sleep due to frequent awakenings. Mean nocturnal sleep efficiency was significantly reduced (40±22 vs. 74±17) in VS patients respect to controls. A significantly increasing of phase 1 and a significantly reduction of phase 2 and phase 3 were observed too. A modification of diurnal sleep total time and of diurnal duration of REM sleep were found after 1-week nocturnal blue light exposure. All patients displayed a normal BCT 24-h rhythm in basal condition and after nocturnal blue light exposure. A reduction of mean nocturnal melatonin levels in basal condition were observed in VS patients. Melatonin suppression after blue light exposure was observed in only 2 patients in VS. Conclusions: We found disorganized sleep-wake cycle and a normal BCT rhythm in our patients in VS. A reduction of mean nocturnal melatonin levels in basal condition were observed too.
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Benessere delle popolazioni, gestione sostenibile delle risorse, povertà e degrado ambientale sono dei concetti fortemente connessi in un mondo in cui il 20% della popolazione mondiale consuma più del 75% delle risorse naturali. Sin dal 1992 al Summit della Terra a Rio de Janeiro si è affermato il forte legame tra tutela dell’ambiente e riduzione della povertà, ed è anche stata riconosciuta l’importanza di un ecosistema sano per condurre una vita dignitosa, specialmente nelle zone rurali povere dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. La natura infatti, soprattutto per le popolazioni rurali, rappresenta un bene quotidiano e prezioso, una forma essenziale per la sussistenza ed una fonte primaria di reddito. Accanto a questa constatazione vi è anche la consapevolezza che negli ultimi decenni gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana: consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di “metabolizzare” i nostri scarti. Allo stesso modo aumenta la povertà: attualmente ci sono 1,2 miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, mentre circa metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno (UN). La connessione tra povertà ed ambiente non dipende solamente dalla scarsità di risorse che rende più difficili le condizioni di vita, ma anche dalla gestione delle stesse risorse naturali. Infatti in molti paesi o luoghi dove le risorse non sono carenti la popolazione più povera non vi ha accesso per motivi politici, economici e sociali. Inoltre se si paragona l’impronta ecologica con una misura riconosciuta dello “sviluppo umano”, l’Indice dello Sviluppo Umano (HDI) delle Nazioni Unite (Cfr. Cap 2), il rapporto dimostra chiaramente che ciò che noi accettiamo generalmente come “alto sviluppo” è molto lontano dal concetto di sviluppo sostenibile accettato universalmente, in quanto i paesi cosiddetti “sviluppati” sono quelli con una maggior impronta ecologica. Se allora lo “sviluppo” mette sotto pressione gli ecosistemi, dal cui benessere dipende direttamente il benessere dell’uomo, allora vuol dire che il concetto di “sviluppo” deve essere rivisitato, perché ha come conseguenza non il benessere del pianeta e delle popolazioni, ma il degrado ambientale e l’accrescimento delle disuguaglianze sociali. Quindi da una parte vi è la “società occidentale”, che promuove l’avanzamento della tecnologia e dell’industrializzazione per la crescita economica, spremendo un ecosistema sempre più stanco ed esausto al fine di ottenere dei benefici solo per una ristretta fetta della popolazione mondiale che segue un modello di vita consumistico degradando l’ambiente e sommergendolo di rifiuti; dall’altra parte ci sono le famiglie di contadini rurali, i “moradores” delle favelas o delle periferie delle grandi metropoli del Sud del Mondo, i senza terra, gli immigrati delle baraccopoli, i “waste pickers” delle periferie di Bombay che sopravvivono raccattando rifiuti, i profughi di guerre fatte per il controllo delle risorse, gli sfollati ambientali, gli eco-rifugiati, che vivono sotto la soglia di povertà, senza accesso alle risorse primarie per la sopravvivenza. La gestione sostenibile dell’ambiente, il produrre reddito dalla valorizzazione diretta dell’ecosistema e l’accesso alle risorse naturali sono tra gli strumenti più efficaci per migliorare le condizioni di vita degli individui, strumenti che possono anche garantire la distribuzione della ricchezza costruendo una società più equa, in quanto le merci ed i servizi dell’ecosistema fungono da beni per le comunità. La corretta gestione dell’ambiente e delle risorse quindi è di estrema importanza per la lotta alla povertà ed in questo caso il ruolo e la responsabilità dei tecnici ambientali è cruciale. Il lavoro di ricerca qui presentato, partendo dall’analisi del problema della gestione delle risorse naturali e dal suo stretto legame con la povertà, rivisitando il concetto tradizionale di “sviluppo” secondo i nuovi filoni di pensiero, vuole suggerire soluzioni e tecnologie per la gestione sostenibile delle risorse naturali che abbiano come obiettivo il benessere delle popolazioni più povere e degli ecosistemi, proponendo inoltre un metodo valutativo per la scelta delle alternative, soluzioni o tecnologie più adeguate al contesto di intervento. Dopo l’analisi dello “stato del Pianeta” (Capitolo 1) e delle risorse, sia a livello globale che a livello regionale, il secondo Capitolo prende in esame il concetto di povertà, di Paese in Via di Sviluppo (PVS), il concetto di “sviluppo sostenibile” e i nuovi filoni di pensiero: dalla teoria della Decrescita, al concetto di Sviluppo Umano. Dalla presa di coscienza dei reali fabbisogni umani, dall’analisi dello stato dell’ambiente, della povertà e delle sue diverse facce nei vari paesi, e dalla presa di coscienza del fallimento dell’economia della crescita (oggi visibile più che mai) si può comprendere che la soluzione per sconfiggere la povertà, il degrado dell’ambiente, e raggiungere lo sviluppo umano, non è il consumismo, la produzione, e nemmeno il trasferimento della tecnologia e l’industrializzazione; ma il “piccolo e bello” (F. Schumacher, 1982), ovvero gli stili di vita semplici, la tutela degli ecosistemi, e a livello tecnologico le “tecnologie appropriate”. Ed è proprio alle Tecnologie Appropriate a cui sono dedicati i Capitoli successivi (Capitolo 4 e Capitolo 5). Queste sono tecnologie semplici, a basso impatto ambientale, a basso costo, facilmente gestibili dalle comunità, tecnologie che permettono alle popolazioni più povere di avere accesso alle risorse naturali. Sono le tecnologie che meglio permettono, grazie alle loro caratteristiche, la tutela dei beni comuni naturali, quindi delle risorse e dell’ambiente, favorendo ed incentivando la partecipazione delle comunità locali e valorizzando i saperi tradizionali, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori, al basso costo, alla sostenibilità ambientale, contribuendo all’affermazione dei diritti umani e alla salvaguardia dell’ambiente. Le Tecnologie Appropriate prese in esame sono quelle relative all’approvvigionamento idrico e alla depurazione dell’acqua tra cui: - la raccolta della nebbia, - metodi semplici per la perforazione di pozzi, - pompe a pedali e pompe manuali per l’approvvigionamento idrico, - la raccolta dell’acqua piovana, - il recupero delle sorgenti, - semplici metodi per la depurazione dell’acqua al punto d’uso (filtro in ceramica, filtro a sabbia, filtro in tessuto, disinfezione e distillazione solare). Il quinto Capitolo espone invece le Tecnolocie Appropriate per la gestione dei rifiuti nei PVS, in cui sono descritte: - soluzioni per la raccolta dei rifiuti nei PVS, - soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti nei PVS, - semplici tecnologie per il riciclaggio dei rifiuti solidi. Il sesto Capitolo tratta tematiche riguardanti la Cooperazione Internazionale, la Cooperazione Decentrata e i progetti di Sviluppo Umano. Per progetti di sviluppo si intende, nell’ambito della Cooperazione, quei progetti che hanno come obiettivi la lotta alla povertà e il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità beneficiarie dei PVS coinvolte nel progetto. All’interno dei progetti di cooperazione e di sviluppo umano gli interventi di tipo ambientale giocano un ruolo importante, visto che, come già detto, la povertà e il benessere delle popolazioni dipende dal benessere degli ecosistemi in cui vivono: favorire la tutela dell’ambiente, garantire l’accesso all’acqua potabile, la corretta gestione dei rifiuti e dei reflui nonché l’approvvigionamento energetico pulito sono aspetti necessari per permettere ad ogni individuo, soprattutto se vive in condizioni di “sviluppo”, di condurre una vita sana e produttiva. È importante quindi, negli interventi di sviluppo umano di carattere tecnico ed ambientale, scegliere soluzioni decentrate che prevedano l’adozione di Tecnologie Appropriate per contribuire a valorizzare l’ambiente e a tutelare la salute della comunità. I Capitoli 7 ed 8 prendono in esame i metodi per la valutazione degli interventi di sviluppo umano. Un altro aspetto fondamentale che rientra nel ruolo dei tecnici infatti è l’utilizzo di un corretto metodo valutativo per la scelta dei progetti possibili che tenga presente tutti gli aspetti, ovvero gli impatti sociali, ambientali, economici e che si cali bene alle realtà svantaggiate come quelle prese in considerazione in questo lavoro; un metodo cioè che consenta una valutazione specifica per i progetti di sviluppo umano e che possa permettere l’individuazione del progetto/intervento tecnologico e ambientale più appropriato ad ogni contesto specifico. Dall’analisi dei vari strumenti valutativi si è scelto di sviluppare un modello per la valutazione degli interventi di carattere ambientale nei progetti di Cooperazione Decentrata basato sull’Analisi Multi Criteria e sulla Analisi Gerarchica. L’oggetto di questa ricerca è stato quindi lo sviluppo di una metodologia, che tramite il supporto matematico e metodologico dell’Analisi Multi Criteria, permetta di valutare l’appropriatezza, la sostenibilità degli interventi di Sviluppo Umano di carattere ambientale, sviluppati all’interno di progetti di Cooperazione Internazionale e di Cooperazione Decentrata attraverso l’utilizzo di Tecnologie Appropriate. Nel Capitolo 9 viene proposta la metodologia, il modello di calcolo e i criteri su cui si basa la valutazione. I successivi capitoli (Capitolo 10 e Capitolo 11) sono invece dedicati alla sperimentazione della metodologia ai diversi casi studio: - “Progetto ambientale sulla gestione dei rifiuti presso i campi Profughi Saharawi”, Algeria, - “Programa 1 milhão de Cisternas, P1MC” e - “Programa Uma Terra e Duas Águas, P1+2”, Semi Arido brasiliano.
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Im Rahmen dieser Arbeit wurden drei neue Modelle zur funktionellen Mimiese biologischer Membranen im Bereich der Bionanotechnologie entwickelt. Um den Rahmen der notwendigen Faktoren und Komponenten für biomimetische Membranmodelle abzustecken, wurde das biologische Vorbild im Bezug auf Zusammensetzung, Organisation und Funktion analysiert. Die daraus abgeleiteten Erkenntnisse erlauben das Erreichen von biologisch relevanten Membranwiderständen im Bereich von mehreren MOhm cm2 und eine gute lokale Fluidität. Ein weiteres Ziel dieser Arbeit war die Entwicklung einer Hierachie unterschiedlich stark von der Festkörperoberfläche entkoppelter Membranen zur Vergrößerung des submembranen Raumes. Diese Ziele konnten realisiert werden. Das auf archaealen Etherlipiden basierende DPTL-System wurde analog dem biologischen Vorbild stereoselektiv synthetisiert und ist in der Lage die Membran bei maximaler Elongation des TEG-Spacers mit mehr als 2 nm von der Oberfläche zu entkoppeln. Die erzielten Wiederstände liegen im hohen ein- bis zweistelligen MOhm-Bereich, die Kapazität entspricht mit 0,5 µF cm-2 ebenfalls dem Wert biologischer Membranen. Die Membraneigenschaften wurden mit Hilfe von SPS, EIS, IR-Spektroskopie, QCM, AFM und Kontaktwinkelmessungen charakterisiert. Die Funktionalität und lokale Fluidität der DPTL-Membran konnte anhand des Valinomycin vermittelten K+-Transports über die Membran gezeigt werden. Fluide Elektroden oder laterale Verdünnung mit TEGL erlauben den Einbau größerer Ionenkanäle. Lipo-Glycopolymere (LGP) mit unterschiedlichen Kettenlängen wurden mit Hilfe der kontrollierten radikalischen Polymerisation mit einer PD < 1.2 synthetisiert. Es zeigte sich, daß die Vororientierung der LGPs auf dem LB-Trog, gefolgt von einem LB-Übertrag auf einen funktionalisierten Träger mit photoreaktivem SAM, nach Belichten des Systems zu einer verlässlichen kovalenten Anbindung der supramolekularen LGP-Architektur führt. Da die Lipo-Glycopolymerketten am Glycopolymerterminus nur mit oberflächennahen Repetiereinheiten an die photoaktivierte Oberfläche binden, sind sie in der Lage Oberflächenrauhigkeiten des Festkörpersubstrates auszugleichen. Die photochemische Immobilisierung von funktionell orientierten supramolekularen LGP-Architekturen auf Goldoberflächen resultiert in tBLMs mit großen vertikalen Enkopplungen der Membran von der Festkörperoberfläche (>8 nm). Der funktionelle Ionentransport von Kaliumionen durch Valinomycin zeigt eine ausreichende lokale Fluidität der Membran die mit einem guten Membranwiderstand (mehrere MOhm) kombiniert ist. Große Membran-Oberflächenentkopplungen konnten mit Hilfe plasmapolymerisierter elektrophiler Polymere erreicht werden. Filmdicken von 50 nm sind mit homogener Oberfläche und Rauhigkeiten im Bereich von Nanometern möglich. Das System zeigt interessante fluide Eigenschaften mit guten Erholungsraten bei FRAP-Experimenten (Diffusionskonstanten von etwa 17 mikro m2 s-1). Die elektrischen Eigenschaften liegen mit Widerständen von wenigen kOhm unterhalb der für gute Membranmimikrie notwendigen Werte. Erstmalig konnte gezeigt werden, daß mit Hilfe dieser Methode inerte Polymere/Plastikträger (zum Beispiel Polypropylen und TOPAS) in effizienter Weise kovalent mit reaktiven Polymeroberflächen modifiziert werden können (Anwendung als DNA-Chip ist beschrieben).
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For an infinite field F, we study the integral relationship between the Bloch group B_2(F) and the higher Chow group CH^2(F,3) by proving some relations corresponding to the functional equations of the dilogarithm. As a second result, the groups involved in Suslin’s exact sequence 0 → Tor^1(F^× ,F^×)∼ → CH^2(F,3) → B_2(F) → 0 are identified with homology groups of the cycle complex Z^2(F,•) computing Bloch’s higher Chow groups. Using these results, we give explicit cycles in motivic cohomology generating the integral motivic cohomology groups of some specific number fields and determine whether a given cycle in the Chow group already lives in one of the other groups of Suslin’s sequence. In principle, this enables us to find a presentation of the codimension two Chow group of an arbitrary number field. Finally, we also prove some relations in the higher Chow groups of codimension three modulo 2-torsion coming from relations in the higher Bloch group B_3(F) modulo 2-torsion. Further, we can prove a series of relations in CH^ 3(Q(zeta_p),5) for a primitive pth root of unity zeta_p.
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To study the influence of tumour necrosis factor (TNF) antagonists on spermatogenesis in a cohort of patients with spondyloarthritis (SpA).
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Autoimmune and infectious diseases are associated with behavioral changes referred to as sickness behavior syndrome (SBS). In autoimmunity, the generation of anti-self T lymphocytes and autoantibodies critically involves binding of CD40 ligand on T-cells to its receptor CD40 on B-cells, dendritic cells and macrophages. Activation of CD40 leads to production of proinflammatory cytokines and, as shown here, induces SBS. Here we report that these behavioral changes depend on the expression of tumor necrosis factor alpha receptor 1 (TNFR1), but not on interleukin-1 receptor 1 or interleukin-6. Moreover, the intensity of SBS correlates with suppression of E-box controlled clock genes, including Dbp, and upregulation of Bmal1. However, the absence of TNFR1 does not interfere with the development of SBS and dysregulation of clock genes in mice treated with lipopolysaccharide. Thus, our results suggest that TNFR1 mediates SBS and dysregulation of clock genes in autoimmune diseases.
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AIM: The purpose of this study was to evaluate the activation of resin-modified glass ionomer restorative material (RMGI, Vitremer-3M-ESPE, A3) by halogen lamp (QTH) or light-emitting diode (LED) by Knoop microhardness (KHN) in two storage conditions: 24hrs and 6 months and in two depths (0 and 2 mm). MATERIALS AND METHODS: The specimens were randomly divided into 3 experimental groups (n=10) according to activation form and evaluated in depth after 24h and after 6 months of storage. Activation was performed with QTH for 40s (700 mW/cm2) and for 40 or 20 s with LED (1,200 mW/scm2). After 24 hrs and 6 months of storage at 37°C in relative humidity in lightproof container, the Knoop microhardness test was performed. Statistics Data were analysed by three-way ANOVA and Tukey post-tests (p<0.05). RESULTS: All evaluated factors showed significant differences (p<0.05). After 24 hrs there were no differences within the experimental groups. KHN at 0 mm was significantly higher than 2 mm. After 6 months, there was an increase of microhardness values for all groups, being the ones activated by LED higher than the ones activated by QTH. CONCLUSION: Light-activation with LED positively influenced the KHN for RMGI evaluated after 6 months.