967 resultados para City planning--Washington (D.C.)--Maps.


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Pós-graduação em Linguística e Língua Portuguesa - FCLAR

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Pós-graduação em História - FCHS

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Pós-graduação em História - FCLAS

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Light-emitting electrochemical cells (LECs) made of electroluminescent polymers were studied by d.c. and transient current-voltage and luminance-voltage measurements to elucidate the operation mechanisms of this kind of device. The time and external voltage necessary to form electrical double layers (EDLs) at the electrode interfaces could be determined from the results. In the low-and intermediate-voltage ranges (below 1.1 V), the ionic transport and the electronic diffusion dominate the current, being the device operation better described by an electrodynamic model. For higher voltages, electrochemical doping occurs, giving rise to the formation of a p-i-n junction, according to an electrochemical doping model. Copyright (C) EPLA, 2012

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Cosa e’ stato fatto e il fine della ricerca in questi tre anni si è esaminato il materiale edito sui sarcofagi del periodo in esame, sui culti funerari, i problemi religiosi ed artistici. Per trovare confronti validi si sono resi necessari alcuni viaggi sia in Italia che all’estero. Lo scopo della ricerca è stato quello di “leggere” i messaggi insiti nelle figurazioni delle casse dei sarcofagi, per comprendere meglio la scelta dei committenti verso determinati temi e la ricezione di questi ultimi da parte del pubblico. La tomba, infatti, è l’ultima traccia che l’uomo lascia di sé ed è quindi importante cercare di determinare l’impatto psicologico del monumento funerario sul proprietario, che spesso lo acquistava quando ancora era in vita, e sui familiari in visita alla tomba durante la celebrazione dei riti per i defunti. Nell’ultimo anno, infine, si è provveduto a scrivere la tesi suddivindendo i capitoli e i pezzi in base all’argomento delle figurazioni (mitologici, di virtù, etc.). I capitoli introduttivi Nel primo capitolo di introduzione si è cercato di dare un affresco per sommi capi del periodo storico in esame da Caracalla a Teodosio e della Chiesa di III e IV secolo, mettendo in luce la profonda crisi che gravava sull’Impero e le varie correnti che frammentavano il cristianesimo. In particolare alcune dispute, come quella riguardante i lapsi, sarà alla base di ipotesi interpretative riguardanti la raffigurazione del rifiuto dei tre giovani Ebrei davanti a Nabuchodonosor. Nel capitolo seguente vengono esaminati i riti funerari e il ruolo dei sarcofagi in tali contesti, evidenziando le diverse situazioni emotive degli osservatori dei pezzi e, quindi, l’importanza dei temi trattati nelle casse. I capitolo Questo capitolo tratta dei sarcofagi mitologici. Dopo una breve introduzione, dove viene spiegata l’entrata in uso dei pezzi in questione, si passa alla discussione dei temi, suddivisi in paragrafi. La prima classe di materiali è qualla con la “caduta di Fetonte” la cui interpretazione sembra chiara: una tragedia familiare. Il compianto sul corpo di un ragazzo morto anzi tempo, al quale partecipa tutto il cosmo. L’afflizione dei familiari è immane e sembra priva di una possibile consolazione. L’unico richiamo a riprendere a vivere è solo quello del dovere (Mercurio che richiama Helios ai propri impegni). La seconda classe è data dalle scene di rapimento divino visto come consolazione e speranza in un aldilà felice, come quelle di Proserpina e Ila. Nella trasposizione della storia di Ila è interessante anche notare il fatto che le ninfe rapitrici del giovane – defunto abbiano le sembianze delle parenti già morte e di un fanciullo, probabilmente la madre, la nonna e un fratello deceduto anzi tempo. La terza classe presenta il tema del distacco e dell’esaltazione delle virtù del defunto nelle vesti dei cacciatori mitici Mealeagro, Ippolito e Adone tutti giovani, forti e coraggiosi. In questi sarcofagi ancor più che negli altri il motivo della giovinezza negata a causa della morte è fondamentale per sottolineare ancora di più la disperazione e il dolore dei genitori rimasti in vita. Nella seguente categoria le virtù del defunto sono ancora il tema dominante, ma in chiave diversa: in questo caso l’eroe è Ercole, intento ad affrontare le sue fatiche. L’interpretazione è la virtù del defunto che lo ha portato a vincere tutte le difficoltà incontrate durante la propria vita, come dimostrerebbe anche l’immagine del semidio rappresentato in età diverse da un’impresa all’altra. Vi è poi la categoria del sonno e della morte, con i miti di Endimione, Arianna e Rea Silvia, analizzato anche sotto un punto di vista psicologico di aiuto per il superamento del dolore per la perdita di un figlio, un marito, o, ancora, della sposa. Accanto ai sarcofagi con immagini di carattere narrativo, vi sono numerosi rilievi con personaggi mitici, che non raccontano una storia, ma si limitano a descrivere situazioni e stati d’animo di felicità. Tali figurazioni si possono dividere in due grandi gruppi: quelle con cortei marini e quelle con il tiaso dionisiaco, facendo dell’amore il tema specifico dei rilievi. Il fatto che quello del tiaso marino abbia avuto così tanta fortuna, forse, per la numerosa letteratura che metteva in relazione l’Aldilà con l’acqua: l’Isola dei Beati oltre l’Oceano, viaggi per mare verso il mondo dei morti. Certo in questo tipo di sarcofagi non vi sono esplicitate queste credenze, ma sembrano più che altro esaltare le gioie della vita. Forse il tutto può essere spiegato con la coesistenza, nei familiari del defunto, della memoria retrospettiva e della proiezione fiduciosa nel futuro. Sostanzialmente era un modo per evocare situazioni gioiose e di godimento sensibile, riferendole ai morti in chiave beneaugurale. Per quanto rigurda il tiaso di Bacco, la sua fortuna è stata dettata dal fatto che il suo culto è sempre stato molto attivo. Bacco era dio della festa, dell’estasi, del vino, era il grande liberatore, partecipe della crescita e della fioritura, il grande forestiero , che faceva saltare gli ordinamenti prestabiliti, i confini della città con la campagna e le convenzioni sociali. Era il dio della follia, al quale le menadi si abbandonavano nella danza rituale, che aggrediva le belve, amante della natura, ma che penetra nella città, sconvolgendola. Del suo seguito facevano parte esseri ibridi, a metà tra l’ordine e la bestialità e animali feroci ammansiti dal vino. I suoi nemici hanno avuto destini orribili di indicibile crudeltà, ma chi si è affidato anima e corpo a lui ha avuto gioia, voluttà, allegria e pienezza di vita. Pur essendo un valente combattente, ha caratteri languidi e a tratti femminei, con forme floride e capelli lunghi, ebbro e inebriante. Col passare del tempo la conquista indiana di alessandro si intrecciò al mito bacchico e, a lungo andare, tutti i caratteri oscuri e minacciosi della divinità scomparirono del tutto. Un esame sistematico dei temi iconografici riconducibili al mito di Bacco non è per nulla facile, in quanto l’oggetto principale delle raffigurazioni è per lo più il tiaso o come corteo festoso, o come gruppi di figure danzanti e musicanti, o, ancora, intento nella vendemmia. Ciò che interessava agli scultori era l’atmosfera gioiosa del tiaso, al punto che anche un episodio importante, come abbiamo visto, del ritrovamento di Arianna si pèerde completamente dentro al corteo, affollatissimo di personaggi. Questo perché, come si è detto anche al riguardo dei corte marini, per creare immagini il più possibile fitte e gravide di possibilità associative. Altro contesto iconografico dionisiaco è quello degli amori con Arianna. Sui sarcofagi l’amore della coppia divina è raffigurato come una forma di stupore e rapimento alla vista dell’altro, un amore fatto di sguardi, come quello del marito sulla tomba della consorte. Un altro tema , che esalta l’amore, è senza ombra di dubbio quello di Achille e Pentesilea, allegoria dell’amore coniugale. Altra classe è qualla con il mito di Enomao, che celebra il coraggio virile e l’attitudine alla vittoria del defunto e, se è presente la scena di matrimonio con Ippodamia, l’amore verso la sposa. Infine vi sono i sarcofagi delle Muse: esaltazione della cultura e della saggezza del morto. II capitolo Accanto ad i grandi ambiti mitologici dei due tiasi del capitolo precedente era la natura a lanciare un messaggio di vita prospera e pacifica. Gli aspetti iconografici diq uesto tema sono due: le stagioni e la vita in un ambiente bucolico. Nonostante la varietà iconografica del soggetto, l’idea di fondo rimane invariata: le stagioni portano ai morti i loro doni affinchè possano goderne tutto l’anno per l’eternità. Per quanto riguarda le immagini bucoliche sono ispirate alla vita dei pastori di ovini, ma ovviamente non a quella reale: i committenti di tali sarcofagi non avevano mai vissuto con i pastori, né pensavano di farlo i loro parenti. Le immagini realistiche di contadini, pastori, pescatori, tutte figure di infimo livello sociale, avevano assunto tratti idilliaci sotto l’influsso della poesia ellenistica. Tutte queste visioni di felicità mancano di riferimenti concreti sia temporali che geografici. Qui non vi sono protagonisti e situazioni dialogiche con l’osservatore esterno, attraverso la ritrattistica. I defunti se appaiono sono all’interno di un tondo al centro della cassa. Nei contesti bucolici, che andranno via, via, prendendo sempre più piede nel III secolo, come in quelli filosofici, spariscono del tutto le scene di lutto e di cordoglio. Le immagini dovevano essere un invito a godersi la vita, ma dovevano anche dire qualcosa del defunto. In una visione retrospettiva, forse, si potrebbero intendere come una dichiarazione che il morto, in vita, non si era fatto mancare nulla. Nel caso opposto, poteve invece essere un augurio ad un’esistenza felice nell’aldilà. III capitolo Qui vengono trattati i sarcofagi con l’esaltazione e l’autorappresentazione del defunto e delle sue virtù in contesti demitizzati. Tra i valori ricorrenti, esaltati nei sarcofagi vi è l’amore coniugale espresso dal tema della dextrarum iunctio, simbolo del matrimonio, la cultura, il potere, la saggezza, il coraggio, esplicitato dalle cacce ad animali feroci, il valore guerriero e la giustizia, dati soprattutto dalle scene di battaglia e di giudizio sui vinti. IV capitolo In questo capitolo si è provato a dare una nuova chiave di lettura ai sarcofagi imperiali di S. Elena e di Costantina. Nel primo caso si tratterebbe della vittoria eterna sul male, mentre nel secondo era un augurio di vita felice nell’aldilà in comunione con Dio e la resurrezione nel giorno del giudizio. V capitolo Il capitolo tratta le mediae voces, quei pezzi che non trovano una facile collocazione in ambito religioso poiché presentano temi neutri o ambivalenti, come quelli del buon pastore, di Prometeo, dell’orante. VI capitolo Qui trovano spazio i sarcofagi cristiani, dove sono scolpite varie scene tratte dalle Sacre Scritture. Anche in questo caso si andati al di là della semplice analisi stilistica per cercare di leggere il messaggio contenuto dalle sculture. Si sono scoperte preghiere, speranze e polemiche con le correnti cristiane considerate eretiche o “traditrici” della vera fede, contro la tradizionale interpretazione che voleva le figurazioni essenzialmente didascaliche. VII capitolo Qui vengono esposte le conclusioni da un punto di vista sociologico e psicologico.

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Kafir Kala is a key-site to understand the historical dynamics of the Samarkand Region in the Early Middle Ages (5th - 8th centuries CE). The site is clearly associated with a Sogdian occupation, as both literature and archaeological research testify. But the chronological phase that follows the Sogdian period, as the Islamic occupation became stable, is still little known. Structures and finds (an hoard of 133 silver coins, in particular) clearly testify a new occupation of some parts of the citadel; and some rooms, dug in the northern side of it, present structures and materials connected with an Islamic activity. The study of material culture from these rooms, and from more ancient contexts, will help to understand the eventual continuity of traditions and the new productions. Besides the citadel, as a matter of fact, also some kilns have been dug, near the main site. Their material culture is very interesting because it represents an example of the typical Sogdian production (ceramics covered with white mica, and stamped). The work on the ceramic material has consisted in cataloguing and classifying all the diagnostics. Three main morphological classes have been individuated: cooking, coarse and table ware), and some other ones (lamps, ossuaries). A catalogue of the finds organized them in a typological system based on their morphology, function, fabric, and eventually decoration style. Crossing the stratigraphical data with information from this typological study, it has been possible to provide a chronological arrangement of the sites investigated by the italo-uzbek archaeological mission from 2001 to 2008.

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(De)colonization Through Topophilia: Marjorie Kinnan Rawlings’s Life and Work in Florida attempts to reveal the author’s intimate connection to and mental growth through her place, namely the Cross Creek environs, and its subsequent effect on her writing. In 1928, Marjorie Kinnan Rawlings and her first husband Charles Rawlings came to Cross Creek, Florida. They bought the shabby farmhouse on Cross Creek Road, trying to be both, writers and farmers. However, while Charles Rawlings was unable to write in the backwoods of the Florida Interior, Rawlings found her literary voice and entered a symbiotic, reciprocal relationship with the natural world of the Cracker frontier. Her biographical preconditions – a childhood spent in the rural area of Rock Creek, outside of Washington D. C. - and a father who had instilled in her a sense of place or topophilia, enabled her to overcome severe marriage tensions and the hostile climate women writers faced during the Depression era. Nature as a helping ally and as an “undomesticated”(1) space/place is a recurrent motif throughout most of Rawlings’s Florida literature. At a time when writing the American landscape/documentary and the extraction of the self from texts was the prevalent literary genre, Marjorie Kinnan Rawlings inscribed herself into her texts. However, she knew that the American public was not yet ready for a ‘feminist revolt’, but was receptive of the longtime ‘inaudible’ voices from America’s regions, especially with regard to urban poverty and a homeward yearning during the Depression years. Fusing with the dynamic eco-consciousness of her Cracker friends and neighbors, Rawlings wrote in the literary category of regionalism enabling her to pursue three of her major aims: an individuated self, a self that assimilated with the ‘master narratives’ of her time and the recognition of the Florida Cracker and Scrub region. The first part of this dissertation briefly introduces the largely unknown and underestimated writer Marjorie Kinnan Rawlings, providing background information on her younger years, the relationship toward her family and other influential persons in her life. Furthermore, it takes a closer look at the literary category of regionalism and Rawlings’s use of ‘place’ in her writings. The second part is concerned with the ‘region’ itself, the state of Florida. It focuses on the natural peculiarities of the state’s Interior, the scrub and hammock land around her Cracker hamlet as well as the unique culture of the Florida Cracker. Part IV is concerned with the analysis of her four Florida books. The author is still widely related to the ever-popular novel The Yearling (1938). South Moon Under (1933) and Golden Apples (1935), her first two novels, have not been frequently republished and have subsequently fallen into oblivion. Cross Creek (1942), Rawlings’s last Florida book, however, has recently gained renewed popularity through its use in classes on nature writers and the non-fiction essay but it requires and is here re-evaluated as the author’s (relational) autobiography. The analysis through place is brought to completion in this work and seems to intentionally close the circle of Rawlings’s Florida writings. It exemplifies once more that detachment from place is impossible for Rawlings and that the intermingling of life and place in literature, is essential for the (re)creation of her identity. Cross Creek is therefore not only one of Rawlings’s greatest achievements; it is more importantly the key to understanding the author’s self and her fiction. Through the ‘natural’ interrelationship of place and self and by looking “mutually outward and inward,”(2) Marjorie Kinnan Rawlings finds her literary voice, a home and ‘a room of her own’ in which to write and come to consciousness. Her Florida literature is not only product but also medium and process in her assessment of her identity and self. _____________ (1) Alaimo, Stacy. Undomesticated Ground: Recasting Nature as Feminist Space (Ithaca: Cornell UP, 2000) 23. (2) Libby, Brooke. “Nature Writing as Refuge: Autobiography in the Natural World” Reading Under the Sign of Nature. New Essays in Ecocriticism. Ed. John Tallmadge and Henry Harrington. (Salt Lake City: The U of Utah P, 2000) 200.

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Meprin and , zinc metalloproteinases, play significant roles in inflammation, including inflammatory bowel disease (IBD), possibly by activating cytokines, like interleukin 1 , interleukin 18, or tumor growth factor . Although a number of potential activators for meprins are known, no endogenous inhibitors have been identified. In this work, we analyzed the inhibitory potential of human plasma and identified bovine fetuin-A as an endogenous meprin inhibitor with a K(i) (inhibition constant) of 4.2 × 10(-5) M for meprin and a K(i) of 1.1 × 10(-6) M meprin . This correlated with data obtained for a fetuin-A homologue from carp (nephrosin inhibitor) that revealed a potent meprin and inhibition (residual activities of 27 and 22%, respectively) at a carp fetuin concentration of 1.5 × 10(-6) M. Human fetuin-A is a negative acute phase protein involved in inflammatory diseases, thus being a potential physiological regulator of meprin activity. We report kinetic studies of fetuin-A with the proteolytic enzymes astacin, LAST, LAST_MAM, trypsin, and chymotrypsin, indeed demonstrating that fetuin-A is a broad-range protease inhibitor. Fetuin-A inhibition of meprin activity was 40 times weaker than that of meprin activity. Therefore, we tested cystatin C, a protein structurally closely related to fetuin-A. Indeed, cystatin C was an inhibitor for human meprin (K(i) = 8.5 × 10(-6) M) but, interestingly, not for meprin . Thus, the identification of fetuin-A and cystatin C as endogenous proteolytic regulators of meprin activity broadens our understanding of the proteolytic network in plasma.

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The combination of advanced ultraperformance liquid chromatography coupled with mass spectrometry, chemometrics, and genetically modified mice provide an attractive raft of technologies with which to examine the metabolism of xenobiotics. Here, a reexamination of the metabolism of the food mutagen PhIP (2-amino-1-methyl-6-phenylimidazo[4,5-b]pyridine), the suspect carcinogen areca alkaloids (arecoline, arecaidine, and arecoline 1-oxide), the hormone supplement melatonin, and the metabolism of the experimental cancer therapeutic agent aminoflavone is presented. In all cases, the metabolic maps of the xenobiotics were considerably enlarged, providing new insights into their toxicology. The inclusion of transgenic mice permitted unequivocal attribution of individual and often novel metabolic pathways to particular enzymes. Last, a future perspective for xenobiotic metabolomics is discussed and its impact on the metabolome is described. The studies reviewed here are not specific to the mouse and can be adapted to study xenobiotic metabolism in any animal species, including humans. The view through the metabolometer is unique and visualizes a metabolic space that contains both established and unknown metabolites of a xenobiotic, thereby enhancing knowledge of their modes of toxic action.

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Clinical and preclinical evidence suggests a hyperactive glutamatergic system in clinical depression. Recently, the metabotropic glutamate receptor 5 (mGluR5) has been proposed as an attractive target for novel therapeutic approaches to depression. The goal of this study was to compare mGluR5 binding (in a positron emission tomography [PET] study) and mGluR5 protein expression (in a postmortem study) between individuals with major depressive disorder and psychiatrically healthy comparison subjects.