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Scopo di questa tesi di laurea sperimentale (LM) è stata la produzione di geopolimeri a base metacaolinitica con una porosità controllata. Le principali tematiche affrontate sono state: -la produzione di resine geopolimeriche, studiate per individuare le condizioni ottimali ed ottenere successivamente geopolimeri con un’ultra-macro-porosità indotta; -lo studio dell’effetto della quantità dell’acqua di reazione sulla micro- e meso-porosità intrinseche della struttura geopolimerica; -la realizzazione di schiume geopolimeriche, aggiungendo polvere di Si, e lo studio delle condizioni di foaming in situ; -la preparazione di schiume ceramiche a base di allumina, consolidate per via geopolimerica. Le principali proprietà dei campioni così ottenuti (porosità, area superficiale specifica, grado di geopolimerizzazione, comportamento termico, capacità di scambio ionico sia delle resine geopolimeriche che delle schiume, ecc.) sono state caratterizzate approfonditamente. Le principali evidenze sperimentali riscontrate sono: A)Effetto dell’acqua di reazione: la porosità intrinseca del geopolimero aumenta, sia come quantità che come dimensione, all’aumentare del contenuto di acqua. Un’eccessiva diluizione porta ad una minore formazione di nuclei con l’ottenimento di nano-precipitati di maggior dimensioni. Nelle schiume geopolimeriche, l’acqua gioca un ruolo fondamentale nell’espansione: deve essere presente un equilibrio ottimale tra la pressione esercitata dall’H2 e la resistenza opposta dalla parete del poro in formazione. B)Effetto dell’aggiunta di silicio metallico: un elevato contenuto di silicio influenza negativamente la reazione di geopolimerizzazione, in particolare quando associato a più elevate temperature di consolidamento (80°C), determinando una bassa geopolimerizzazione nei campioni. C)Effetto del grado di geopolimerizzazione e della micro- e macro-struttura: un basso grado di geopolimerizzazione diminuisce l’accessibilità della matrice geopolimerica determinata per scambio ionico e la porosità intrinseca determinata per desorbimento di N2. Il grado di geopolimerizzazione influenza anche le proprietà termiche: durante i test dilatometrici, se il campione non è completamente geopolimerizzato, si ha un’espansione che termina con la sinterizzazione e nell’intervallo tra i 400 e i 600 °C è presente un flesso, attribuibile alla transizione vetrosa del silicato di potassio non reagito. Le prove termiche evidenziano come la massima temperatura di utilizzo delle resine geopolimeriche sia di circa 800 °C.

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Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano. Scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, virgole1 Calvino così parla di Zaira in Le Città Invisibili nella sezione dedicata a Le città e la memoria. Forse nessuno meglio di lui ci restituisce una visione del concetto di memoria all’interno di città. Il tema del passato, quindi della sua memoria, è argomento imprescindibile per la progettazione di un museo archeologico. L’obbiettivo di questa tesi è finalizzato alla realizzazione di un parco archeologico e di un nuovo museo archeologico che valorizzi i tesori del paese di Verucchio. Lo scopo ricercato è quello cogliere i frutti di tante campagne archeologiche svoltesi in questa terra per restituire visibilmente alla memoria, l’eccezionale patrimonio storico di epoca Villanoviana-Etrusca. Parlare di archeologia significa, da sempre, indagare il tempo, la storia, e l’uomo. Dal momento in cui l’uomo riscopre il passato compie congiuntamente una revisione del presente e influenza il suo futuro. Le architetture che trattano il tema dell’archeologia riflettono su questioni ampie e complesse come la memoria storica, la salvaguardia e la rivitalizzazione delle risorse del territorio. Il museo, in particolare, è un tema architettonico privilegiato essendo esso una delle istituzioni fondamentali del mondo occidentale degli ultimi secoli. Il ruolo civile di un architetto, svolto all’interno della società, è maggiormente sollecitato quando si deve confrontare con una delle tipologie architettoniche di maggiore rilievo nella cultura moderna. Per questo è indispensabile acquisire una consapevolezza critica fondata sulla cultura e sulla conoscenza della realtà dei luoghi, con le sue ricchezze e contraddizioni, con le sue dinamiche e le sue risorse.

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Perché L’Aquila? A seguito del sisma del 2009, L’Aquila offre un’occasione per riflessioni su temi urbanistici e di composizione urbana, oltre che un reale campo di sperimentazione architettonica. Perché il centro storico? Come cuore culturale ed economico dell’intera vallata dell’Aterno, il centro storico rappresenta una priorità per la Ricostruzione; il suo valore storico è la sintesi consolidata nel tempo del rapporto di una società con i luoghi della propria residenza. Una memoria da difendere attraverso l’elaborazione di strategie di intervento e idee di progetto. Qual è l’obiettivo? Il lavoro di ricerca e di progettazione mira ad individuare degli scenari e proporre delle idee di ricostruzione per tornare ad abitare il centro storico. Qual è il metodo? Per affrontare una situazione così complessa è indispensabile una conoscenza storica della struttura urbana della città prima del sisma. Inoltre è necessario comprendere l’evoluzione degli eventi (da aprile del 2009 al luglio 2011) al fine di riconoscere quali direzioni possibili può prendere un progetto che si inserisce, oggi, in un sistema ancora in cerca di un equilibrio. La Ricostruzione, intesa come processo strategico e progettuale di ridefinizione degli equilibri e delle prospettive, consente, ma forse ancor meglio esige, un ripensamento complessivo ed organico dell’intera struttura urbana. Si tratta quindi di ridefinire le relazioni tra la città storica e la sua periferia comprendendo il rapporto che un progetto di Ricostruzione può avere nel medio e lungo termine, il tutto in un contesto economico e soprattutto sociale in forte trasformazione. Il progetto propone così un nuovo complesso di residenze universitarie che potrà accogliere settantadue studenti insieme a diversi servizi quali sale lettura, sale polivalenti e una mensa. Si prevede inoltre il potenziamento della struttura di accoglienza dei salesiani con 8 nuovi alloggi per professori e una nuova Biblioteca. Il progetto vuole ricreare una continuità nel sistema del verde urbano come mezzo più appropriato e idoneo per relazionare la prima periferia alla città murata.

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Abstract Il tema delle infrastrutture, intese come parte dell’architettura dello spazio urbano e del territorio, assume un ruolo centrale in molti progetti contemporanei e costituisce la ragione di questa ricerca. E’ preso in esame, in particolare, il tracciato extraurbano della via Emilia, antica strada consolare romana la cui definizione risale al II sec. a.C., nel tratto compreso tra le città di Rimini e Forlì. Studiare la strada nel suo rapporto con il territorio locale ha significato in primo luogo prendere in considerazione la via Emilia in quanto manufatto, ma anche in quanto percorso che si compie nel tempo. Si è dunque cercato di mostrare come, in parallelo all’evoluzione della sua sezione e della geometria del suo tracciato, sia cambiata anche la sua fruizione, e come si sia evoluto il modo in cui la strada viene “misurata”, denominata e gestita. All’interno di una riflessione critica sulla forma e sul ruolo della strada nel corso dei secoli la Tesi rilegge il territorio nella sua dimensione di “palinsesto”, riconoscendo e isolando alcuni momenti in cui la via Emilia ha assunto un valore “simbolico” che rimanda alla Roma imperiale. La perdita del significato via Emilia, intesa come elemento di “costruzione” del territorio, ha origine con il processo di urbanizzazione diffusa che ha investito il territorio extraurbano a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. La condizione attuale della strada, sempre più congestionata dal traffico veicolare, costituisce la premesse per una riflessione sul futuro della sua forma e degli insediamenti che attraversa. La strategia proposta dagli Enti locali che prevede il raddoppio della strada, con la costruzione della via Emilia Bis, non garantisce solo un potenziamento infrastrutturale ma rappresenta l’occasione per sottrarre al tracciato attuale la funzione di principale asse di comunicazione extraurbana. La via Emilia potrebbe così recuperare il ruolo di itinerario narrativo, attraverso la configurazione dei suoi spazi collettivi, l’architettura dei suoi edifici, il significato dei suoi monumenti, e diventare spazio privilegiato di relazione e di aggregazione. The theme of urban infrastructures, thought as part of the design of urban space and territory, has a central role in several contemporary projects and is the reason of this research. The object of the study is the extra urban route of the via Emilia, an ancient roman road which has been defined in the II century b. C., in its stretch between the cities of Rimini and Forlì. Studying the road in its relationship with the local environment has meant first of all considering the via Emilia as an “artefact” but also as a path that takes place over time. The aim of this research was also to demonstrate how its fruition has changed together with the evolution of the section and geometry of the route, and how the road itself is measured, named and managed. Within a critical approach on the shape and on the role played by the road through the centuries, this Essay reinterprets the territory in its dimension of “palimpsest”, identifying and isolating some periods of time when the via Emilia assumed a symbolic value which recalls the Imperial Rome. The loss of the meaning of the via Emilia, intended as an element that “constitutes” the territory originates from a process of diffused urbanization, which spread in the extra urban environment from the end of the second world war. The actual condition of the road, more and more congested by traffic, is the premise of a reflection about the future of its shape and of the settlements alongside. The strategy proposed by the local authorities, that foresees to double the size of the road, building the via Emilia Bis, not only guarantees an infrastructural enhancement but also it represents an opportunity to take off from the road itself the current function of being the principal axis of extra urban connection. In this way the via Emilia could regain its role as a narrative itinerary, through the configuration of its public spaces, the architecture of its buildings, the meaning of its monuments, and then become a privileged space of relationship and aggregation.

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INDICE INTRODUZIONE 1 1. DESCRIZIONE DEL SISTEMA COSTRUTTIVO 5 1.1 I pannelli modulari 5 1.2 Le pareti tozze in cemento armato gettate in opera realizzate con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene 5 1.3 La connessione tra le pareti e la fondazione 6 1.4 Le connessioni tra pareti ortogonali 7 1.5 Le connessioni tra pareti e solai 7 1.6 Il sistema strutturale così ottenuto e le sue caratteristiche salienti 8 2. RICERCA BIBLIOGRAFICA 11 2.1 Pareti tozze e pareti snelle 11 2.2 Il comportamento scatolare 13 2.3 I muri sandwich 14 2.4 Il “ferro-cemento” 15 3. DATI DI PARTENZA 19 3.1 Schema geometrico - architettonico definitivo 19 3.2 Abaco delle sezioni e delle armature 21 3.3 Materiali e resistenze 22 3.4 Valutazione del momento di inerzia delle pareti estese debolmente armate 23 3.4.1 Generalità 23 3.4.2 Caratteristiche degli elementi provati 23 3.4.3 Formulazioni analitiche 23 3.4.4 Considerazioni sulla deformabilità dei pannelli debolmente armati 24 3.4.5 Confronto tra rigidezze sperimentali e rigidezze valutate analiticamente 26 3.4.6 Stima di un modulo elastico equivalente 26 4. ANALISI DEI CARICHI 29 4.1 Stima dei carichi di progetto della struttura 29 4.1.1 Stima dei pesi di piano 30 4.1.2 Tabella riassuntiva dei pesi di piano 31 4.2 Analisi dei carichi da applicare in fase di prova 32 4.2.1 Pesi di piano 34 4.2.2 Tabella riassuntiva dei pesi di piano 35 4.3 Pesi della struttura 36 4.3.1 Ripartizione del carico sulle pareti parallele e ortogonali 36 5. DESCRIZIONE DEL MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI 37 5.1 Caratteristiche di modellazione 37 5.2 Caratteristiche geometriche del modello 38 5.3 Analisi dei carichi 41 5.4 Modello con shell costituite da un solo layer 43 5.4.1 Modellazione dei solai 43 5.4.2 Modellazione delle pareti 44 5.4.3 Descrizione delle caratteristiche dei materiali 46 5.4.3.1 Comportamento lineare dei materiali 46 6. ANALISI DEL COMPORTAMENTO STATICO DELLA STRUTTURA 49 6.1 Azioni statiche 49 6.2 Analisi statica 49 7. ANALISI DEL COMPORTAMENTO DINAMICO DELLA STRUTTURA 51 7.1 Determinazione del periodo proprio della struttura con il modello FEM 51 7.1.1 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai e pareti costituiti da elementi shell 51 7.1.1.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 51 7.1.1.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 51 7.1.1.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E 51 7.1.2 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai infinitamente rigidi e pareti costituite da elementi shell 52 7.1.2.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 52 7.1.2.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 52 7.1.2.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E: 52 7.1.3 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai irrigiditi con bielle e pareti costituite da elementi shell 53 7.1.3.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 53 7.1.3.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 53 7.1.3.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E 53 7.2 Calcolo del periodo proprio della struttura assimilandola ad un oscillatore semplice 59 7.2.1 Analisi svolta assumendo l’azione del sisma in ingresso in direzione X-X 59 7.2.1.1 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 300000 Kg/cm2 59 7.2.1.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 59 7.2.1.1.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 61 7.2.1.1.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 63 7.2.1.1.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 66 7.2.1.2 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 150000 Kg/cm2 69 7.2.1.2.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 69 7.2.1.2.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 71 7.2.1.2.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 73 7.2.1.2.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 76 7.2.1.3 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 30000 Kg/cm2 79 7.2.1.3.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 79 7.2.1.3.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 81 7.2.1.3.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 83 7.2.1.3.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 86 7.2.2 Analisi svolta assumendo l’azione del sisma in ingresso in direzione Y-Y 89 7.2.2.1 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 300000 Kg/cm2 89 7.2.2.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 89 7.2.2.1.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 91 7.2.2.1.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 93 7.2.2.1.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 98 7.2.2.1.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 103 7.2.2.1.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 105 7.2.2.1.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 107 7.2.2.1.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 112 7.2.2.2 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 150000 Kg/cm2 117 7.2.2.2.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 117 7.2.2.2.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 119 7.2.2.2.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 121 7.2.2.2.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 126 7.2.2.2.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5 E 131 7.2.2.2.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 133 7.2.2.2.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 135 7.2.2.2.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 140 7.2.2.3 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 30000 Kg/cm2 145 7.2.2.3.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 145 7.2.2.3.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 147 7.2.2.3.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 149 7.2.2.3.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 154 7.2.2.3.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1 E 159 7.2.2.3.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 161 7.2.2.3.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 163 7.2.2.3.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 168 7.3 Calcolo del periodo proprio della struttura approssimato utilizzando espressioni analitiche 174 7.3.1 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente un peso P gravante all’estremo libero 174 7.3.1.1 Riferimenti teorici: sostituzione di masse distribuite con masse concentrate 174 7.3.1.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 177 7.3.1.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 179 7.3.2 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata alla base, di peso Q=ql, avente un peso P gravante all’estremo libero e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari”delle pareti parallele all’azione del sisma 181 7.3.2.1 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 181 7.3.2.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 186 7.3.3 Approssimazione della struttura ad un portale avente peso Qp = peso di un piedritto, Qt=peso del traverso e un peso P gravante sul traverso medesimo 191 7.3.3.1 Riferimenti teorici: sostituzione di masse distribuite con masse concentrate 191 7.3.3.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo ellastico E=300000 kg/cm2 192 7.3.3.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo ellastico E=30000 kg/cm2 194 7.3.4 Approssimazione della struttura ad un portale di peso Qp = peso di un piedritto, Qt=peso del traverso e avente un peso P gravante sul traverso medesimo e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari”delle pareti parallele all’azione del sisma 196 7.3.4.1 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 196 7.3.4.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 201 7.3.5 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente le masse m1,m2....mn concentrate nei punti 1,2….n 206 7.3.5.1 Riferimenti teorici: metodo approssimato 206 7.3.5.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 207 7.3.5.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 209 7.3.6 Approssimazione della struttura ad un telaio deformabile con tavi infinitamente rigide 211 7.3.6.1 Riferimenti teorici: vibrazioni dei telai 211 7.3.6.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 212 7.3.6.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 215 7.3.7 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente masse m1,m2....mn concentrate nei punti 1,2….n e studiata come un sistema continuo 218 7.3.7.1 Riferimenti teorici: metodo energetico; Masse ripartite e concentrate; Formula di Dunkerley 218 7.3.7.1.1 Il metodo energetico 218 7.3.7.1.2 Masse ripartite e concentrate. Formula di Dunkerley 219 7.3.7.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 221 7.3.7.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 226 7.4 Calcolo del periodo della struttura approssimato mediante telaio equivalente 232 7.4.1 Dati geometrici relativi al telaio equivalente e determinazione dei carichi agenti su di esso 232 7.4.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura assumendo diversi valori del modulo elastico E 233 7.5 Conclusioni 234 7.5.1 Comparazione dei risultati relativi alla schematizzazione dell’edificio con una struttura ad un grado di libertà 234 7.5.2 Comparazione dei risultati relativi alla schematizzazione dell’edificio con una struttura a più gradi di libertà e a sistema continuo 236 8. ANALISI DEL COMPORTAMENTO SISMICO DELLA STRUTTURA 239 8.1 Modello con shell costituite da un solo layer 239 8.1.1 Analisi dinamica modale con spettro di risposta avente un valore di PGA pari a 0,1g 239 8.1.1.1 Generalità 239 8.1.1.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 242 8.1.1.2.1 Combinazione di carico ”Carichi verticali più Spettro di Risposta scalato ad un valore di PGA pari a 0,1g” 242 8.1.1.2.2 Combinazione di carico ”Spettro di Risposta scalato ad un valore di 0,1g di PGA” 245 8.1.1.3 Spostamenti di piano 248 8.1.1.4 Accelerazioni di piano 248 8.1.2 Analisi Time-History lineare con accelerogramma caratterizzato da un valore di PGA pari a 0,1g 249 8.1.2.1 Generalità 249 8.1.2.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 251 8.1.2.2.1 Combinazione di carico ” Carichi verticali più Accelerogramma agente in direzione Ye avente una PGA pari a 0,1g” 251 8.1.2.2.2 Combinazione di carico ” Accelerogramma agente in direzione Y avente un valore di PGA pari a 0,1g ” 254 8.1.2.3 Spostamenti di piano assoluti 257 8.1.2.4 Spostamenti di piano relativi 260 8.1.2.5 Accelerazioni di piano assolute 262 8.1.3 Analisi dinamica modale con spettro di risposta avente un valore di PGA pari a 0,3g 264 8.1.3.1 Generalità 264 8.1.3.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 265 8.1.

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Le fioriture algali rappresentano un problema emergente che colpisce le attività ricreative costiere negli ultimi decenni e molta responsabilità è attribuita alla pressione antropica sulle coste, anche se fondamentalmente i fenomeni di fioriture dannose rimangono imprevedibili. Un tempo confinate in aree tropicali e sub-tropicali, nuove alghe tossiche produttrici di composti palitossina-simili, quali Ostreopsis spp., si sono diffuse anche in regioni temperate, come il Mediterraneo. Le condizioni di sviluppo di queste fioriture sono legate a fattori ambientali quali irraggiamento, temperatura, concentrazione di nutrienti e alle caratteristiche biologiche delle singole specie. Per valutare il rischio reale sulla salute dell’uomo, vi è necessità di conoscere i parametri ambientali ottimali alla proliferazione delle specie, in termini di temperatura, intensità luminosa e disponibilità di nutrienti, così come di chiarire la struttura delle tossine e le condizioni che possono favorire la loro produzione. In questo studio un ceppo della dinoflagellata Ostreopsis ovata e un ceppo della dinoflagellata Prorocentrum lima sono stati coltivati in colture batch a tre diverse temperature (20°C, 25°C, 30°C) come monocolture e come colture miste. La raccolta è avvenuta nel periodo della loro presunta fase stazionaria. Le informazioni circa il comportamento delle microalghe nelle diverse colture sono state raccolte tramite calcolo del tasso di crescita, analisi del consumo di nutrienti, valutazione dell’efficienza fotosintetica, produzione di tossine. E’ stato applicato un nuovo metodo di misura per il calcolo dei biovolumi. Tra le due microalghe, O. ovata ha esibito maggiore variabilità morfologica, tassi di crescita più elevati e migliore efficienza fotosintetica, mostrando però di subire stress alla temperatura di 30°C. P. lima ha presentato tassi di crescita inferiori, incompleto utilizzo dei nitrati e minore efficienza fotosintetica, accompagnata da grande dissipazione di energia sotto forma di calore. Nelle colture miste, l’uptake più rapido di nitrati da parte di O. ovata ha fatto sì che il numero di cellule di P. lima fosse notevolmente inferiore a quello sviluppatosi nelle colture pure. Ciononostante, la produzione di acido okadaico da parte di P. lima non si è modificata in presenza di O. ovata. Il ceppo di O. ovata utilizzato è stato in grado di produrre ovatossina-a, la tossina maggiormente presente nelle cellule, e quantità circa quattro volte inferiori di ovatossine d+e, oltre a piccole quantità di palitossina putativa. Non è stato invece in grado di produrre le altre due ovatossine conoscisute, l’ovatossina-b e l’ovatossina-c. La produzione di tossine ha dimostrato di essere correlata positivamente con l’aumento della temperatura quando espressa su unità di biovolume, ed è stata inferiore nelle colture miste rispetto alle colture pure. Grazie alla maggiore capacità di crescita, al miglior utilizzo di nutrienti e alla migliore efficienza fotosintetica, O. ovata si dimostra in grado di dare origine a importanti eventi di fioritura, mentre per P. lima i parametri di crescita studiati non evidenziano questa capacità. Le analisi in corso circa la quantità di tossine emesse nel mezzo di coltura permetterano di completare il quadro delineato dal presente studio. Allo stato attuale, non si può concludere che esista attività allelopatica di una specie nei confronti dell’altra.

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La necessità di conservazione e recupero di murature, di qualsiasi interesse storico/architettonico, ha evidenziato la necessità di conoscere il più dettagliatamente possibile le caratteristiche strutturali delle opere interessate: un intervento risulterà tanto più efficace e adatto agli scopi prefissi quanto maggiore sarà la conoscenza dell’opera, della sua evoluzione, dei materiali utilizzati per la realizzazione, della tecnica costruttiva e della struttura portante. Spesso è necessario eseguire interventi di adeguamento sismico di comuni edifici su cui poter intervenire più o meno indiscriminatamente, mentre, per opere di interesse storico è necessario ridurre al minimo l’invasività degli interventi: in tutti e due i casi, una buona riuscita dell’intervento dipende dalla conoscenza dell’organismo strutturale sul quale si deve operare. Come spesso accade, anche per opere di recente costruzione, risulta difficile poter recuperare i dati progettuali (disegni e calcoli) e spesso le tecniche e le tipologie utilizzate per le costruzioni si differenziavano da zona a zona, così come diversi erano i materiali da costruzione; risulta quindi evidente che per progettare una serie di interventi di recupero è necessario poter ottenere il maggior numero di informazioni al riguardo. Diverse sono le esperienze maturate in questo campo in tutta Europa e queste hanno mostrato come non è sufficiente intervenire con tecniche innovative per adeguare agli standard attuali di sicurezza opere del passato: infatti, in molti casi, l’applicazione sbagliata di queste tecniche o gli interventi progettati in modo non adeguato non hanno svolto il loro compito e in alcuni casi hanno peggiorato la situazione esistente. Dalle esperienze maturate è stato possibile osservare che anche le migliore tecniche di recupero non possono risultare efficaci senza un’adeguata conoscenza dello stato di degrado degli edifici, del loro assetto strutturale e delle possibili carenze. La diagnostica strutturale si vuole inserire proprio in questo livello potendo fornire ad un progettista tutte le informazioni necessarie per effettuare al meglio ed in maniera efficace gli interventi di recupero e restauro necessari. Oltre questi aspetti, le analisi diagnostiche possono essere utilizzate anche per verificare l’efficacia degli interventi effettuati. Diversi sono gli aspetti che si possono analizzare in un’indagine di diagnostica ed in base alle esigenze e alle necessità del rilievo da effettuare sono varie le tecniche a disposizione, ognuna con le sue peculiarità e potenzialità. Nella realizzazione di questa tesi sono state affrontate diverse problematiche che hanno previsto sia l’analisi di situazioni reali in cantiere, sia lo studio in laboratorio. La prima parte del presente elaborato prevede lo studio delle attività svolte a Palazzo Malvezzi, attuale sede della Provincia di Bologna. L’edificio, di interesse storico, ha subito diverse trasformazioni durate la sua vita ed in alcuni casi, queste, eseguite con tecnologie e materiali inadatti, hanno provocato variazioni nell’assetto statico della struttura; inoltre, il palazzo, è soggetto a movimenti a livello di fondazione in quanto è presente una faglia di subsidenza che attraversa l’edificio. Tutte queste problematiche hanno creato movimenti differenziali alla struttura in elevazione che si sono evidenziati con crepe distribuite in tutto l’edificio. Il primo aspetto analizzato (capitoli 4 e 5) è lo studio della profondità delle fessure presenti nel solaio della sala Rossa, sede dei comunicati stampa e delle conferenze della Provincia. Senza dubbio antiestetiche, le crepe presenti in una struttura, se sottovalutate, possono compromettere notevolmente le funzioni statiche dell’elemento in cui si sviluppano: la funzione di protezione fornita dal solaio o da qualsiasi altro elemento strutturale alle armature in questo immerse, viene meno, offrendo vie preferenziali a possibili situazioni di degrado, specialmente se in condizioni ambientali aggressive. E' facile intuire, quindi, che un aspetto all’apparenza banale come quello delle fessure non può essere sottovalutato. L’analisi è stata condotta utilizzando prove soniche ed impact-echo, tecniche che sfruttano lo stresso principio, la propagazione delle onde elastiche nel mezzo, ma che si differenziano per procedure di prova e frequenze generate nel test. Nel primo caso, la presenza del martello strumentato consente di valutare anche la velocità di propagazione delle onde elastiche, fenomeno utilizzato per ottenere indicazioni sulla compattezza del mezzo, mentre nel secondo non è possibile ricavare queste informazioni in quanto la tecnica si basa solamente sullo studio in frequenza del segnale. L’utilizzo dell’impact-echo è stato necessario in quanto la ristilatura effettuata sulle fessure scelte per l’analisi, non ha permesso di ottenere risultati utili tramite prove soniche ; infatti, le frequenze generate risultano troppo basse per poter apprezzare queste piccole discontinuità materiali. La fase di studio successiva ha previsto l’analisi della conformazione dei solai. Nel capitolo 6, tale studio, viene condotto sul solaio della sala Rossa con lo scopo di individuarne la conformazione e la presenza di eventuali elementi di rinforzo inseriti nelle ristrutturazioni avvenute nel corso della vita del palazzo: precedenti indagini eseguite con endoscopio, infatti, hanno mostrato una camera d’aria ed elementi metallici posizionati al di sotto della volta a padiglione costituente il solaio stesso. Le indagini svolte in questa tesi, hanno previsto l’utilizzo della strumentazione radar GPR: con questa tecnica, basata sulla propagazione delle onde elettromagnetiche all’interno di un mezzo, è possibile variare rapidamente la profondità d’ispezione ed il dettaglio ottenibile nelle analisi cambiando le antenne che trasmettono e ricevono il segnale, caratteristiche fondamentali in questo tipo di studio. I risultati ottenuti hanno confermato quanto emerso nelle precedenti indagini mostrando anche altri dettagli descritti nel capitolo. Altro solaio oggetto d’indagine è quello della sala dell’Ovale (capitoli 7 e 8): costruito per dividere l’antica sala da ballo in due volumi, tale elemento è provvisto al suo centro di un caratteristico foro ovale, da cui ne deriva il nome. La forma del solaio lascia supporre la presenza di una particolare struttura di sostegno che le precedenti analisi condotte tramite endoscopio, non sono riuscite a cogliere pienamente. Anche in questo caso le indagini sono state eseguite tramite tecnica radar GPR, ma a differenza dei dati raccolti nella sala Rossa, in questo caso è stato possibile creare un modello tridimensionale del mezzo investigato; inoltre, lo studio è stato ripetuto utilizzando un’antenna ad elevata risoluzione che ha consentito di individuare dettagli in precedenza non visibili. Un ulteriore studio condotto a palazzo Malvezzi riguarda l’analisi della risalita capillare all’interno degli elementi strutturali presenti nel piano interrato (capitolo 9): questo fenomeno, presente nella maggior parte delle opere civili, e causa di degrado delle stesse nelle zone colpite, viene indagato utilizzando il radar GPR. In questo caso, oltre che individuare i livelli di risalita osservabili nelle sezioni radar, viene eseguita anche un’analisi sulle velocità di propagazione del segnale e sulle caratteristiche dielettriche del mezzo, variabili in base al contenuto d’acqua. Lo scopo è quello di individuare i livelli massimi di risalita per poterli confrontare con successive analisi. Nella fase successiva di questo elaborato vengono presentate le analisi svolte in laboratorio. Nella prima parte, capitolo 10, viene ancora esaminato il fenomeno della risalita capillare: volendo studiare in dettaglio questo problema, sono stati realizzati dei muretti in laterizio (a 2 o 3 teste) e per ognuno di essi sono state simulate diverse condizioni di risalita capillare con varie tipologie di sale disciolto in acqua (cloruro di sodio e solfato di sodio). Lo scopo è di valutare i livelli di risalita osservabili per diverse tipologie di sale e per diverse concentrazioni dello stesso. Ancora una volta è stata utilizzata la tecnica radar GPR che permette non solo di valutare tali livelli, ma anche la distribuzione dell’umidità all’interno dei provini, riuscendo a distinguere tra zone completamente sature e zone parzialmente umide. Nello studio è stata valutata anche l’influenza delle concentrazioni saline sulla propagazione del segnale elettromagnetico. Un difetto delle tecniche di diagnostica è quello di essere strumenti qualitativi, ma non quantitativi: nel capitolo 11 viene affrontato questo problema cercando di valutare la precisione dei risultati ottenuti da indagini condotte con strumentazione radar GPR. Studiando gli stessi provini analizzati nel capitolo precedente, la tecnica radar è stata utilizzata per individuare e posizionare i difetti (muretti a 3 teste) e le pietre (muretti a 2 teste) inserite in questi elementi: i risultati ottenuti nella prova sono stati confrontati, infine, con la reale geometria. Nell’ultima parte (capitolo 12), viene esaminato il problema dell’individuazione dei vuoti all’interno di laterizi: per questo scopo sono state create artificialmente delle cavità di diversa forma e a diverse profondità all’interno di laterizi pieni che, dopo un trattamento in cella climatica per aumentarne la temperatura, sono stati sottoposti a riprese termografiche nella fase di raffreddamento. Lo scopo di queste prove è quello di valutare quale sia la massima differenza di temperatura superficiale causata dai diversi difetti e per quale intervallo di temperature questa si verifica.

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Il presente lavoro di tesi nasce dalla collaborazione tra l’Università di Bologna, Polo Scientifico Didattico di Ravenna, e l’Agenzia Regionale Prevenzione ed Ambiente dell’Emilia Romagna (ARPA EMR), sezione di Ravenna, inserendosi nell’ambito del progetto di Dottorato “Sviluppo di tecniche per la progettazione delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria”. Lo scopo principale dello studio è quello di definire una metodologia di tipo Top-Down per disaggregare spazialmente sulla Provincia di Ravenna le emissioni in atmosfera stimate dall’inventario provinciale di ARPA EMR. La metodologia CORINAIR (COordination INformation AIR), sviluppata dalla Agenzia Europea per l’Ambiente, prefigura due possibili procedure di stima delle emissioni in atmosfera: Top-Down (parte dalla scala spaziale più ampia e discende a livelli inferiori) e Bottom-Up (parte invece dall’analisi della realtà produttiva locale per passare a quella relativa a livelli di aggregazione maggiori). La metodologia proposta, di tipo Top-Down, si avvale volutamente di variabili proxy facilmente reperibili a livello comunale, in modo che possa essere applicata anche ad altre realtà locali, meno ricche di dati statistici e ambientali di quanto non lo sia la regione Emilia Romagna in generale e la provincia di Ravenna in particolare. La finalità ultima dello studio è quella di fornire una metodologia per ottenere, attraverso dati resi disponibili da ogni amministrazione comunale, un quadro conoscitivo della situazione emissiva in atmosfera a livello locale a supporto della gestione della qualità dell’aria e dei relativi fattori di pressione. Da un punto di vista operativo, il lavoro di tesi è stato suddiviso in: una fase progettuale, con l’obiettivo di individuare i Macrosettori CORINAIR e gli inquinanti principali da tenere in considerazione nello studio, ed identificare le variabili proxy più opportune per la disaggregazione delle emissioni; una fase di raccolta dei dati ed infine, l’elaborazione dei dati con l’ausilio del software GIS ArcMap 9.3. La metodologia Top-Down è stata applicata in due fasi: con la prima si è effettuata la disaggregazione dal livello provinciale a quello comunale; con la seconda, le emissioni attribuite al comune di Ravenna sono state distribuite spazialmente su una griglia le cui celle hanno dimensione 100m x 100m in modo da ottenere una disaggregazione ad alta risoluzione. I risultati ottenuti dalla disaggregazione effettuata sono stati confrontati, là dove possibile, con dati ottenuti da un approccio Bottom-Up, allo scopo di validare la metodologia proposta. I confronti fra le stime effettuate con l’approccio Top-Down e quelle derivanti dall’approccio Bottom-Up hanno evidenziato risultati diversi per i differenti Macrosettori investigati. Per il macrosettore industriale, si sono evidenziate una serie di limitazioni dimostrando che l’utilizzo della proxy ‘superficie industriale’, così come applicata, non è adeguata né a livello qualitativo né quantitativo. Limitazioni significative, si osservano anche per il macrosettore ‘traffico veicolare’ per il quale è possibile effettuare una stima accurata delle emissioni totali ma poi la disaggregazione spaziale ad alta risoluzione appare insoddisfacente. Ottime risultano invece le performance della metodologia proposta per il macrosettore combustione non industriale, per il quale si osserva un buon accordo sia per i valori emissivi globali, sia per la loro distribuzione spaziale ad alta risoluzione. Relativamente agli altri settori e macrosettori analizzati (‘Altre sorgenti mobili’ e ‘Agricoltura’), non è stato possibile effettuare confronti con dati provenienti dall’approccio Bottom- Up. Nonostante ciò, dopo un’attenta ricerca bibliografica, si può affermare, che le proxy utilizzate sono fra quelle più impiegate in letteratura, ed il loro impiego ha permesso l’ottenimento di una distribuzione spaziale verosimile ed in linea con l’inventario provinciale ARPA EMR. In ultimo, le mappe di pressione ottenute con l’ausilio di ArcMap sono state analizzate qualitativamente per identificare, nel territorio del Comune di Ravenna, le zone dove insiste una maggiore pressione emissiva sul comparto atmosferico. E’ possibile concludere che il livello di dettaglio ottenuto appare sufficiente a rappresentare le zone più critiche del territorio anche se un ulteriore lavoro dovrà essere previsto per sviluppare meglio i macrosettori che hanno mostrato le maggiori criticità. Inoltre, si è riusciti a tracciare una metodologia sufficientemente flessibile per poterla applicare anche ad altre realtà locali, tenendo comunque sempre presente che, la scelta delle proxy, deve essere effettuata in funzione delle caratteristiche intrinseche del territorio.

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Organic electronics has grown enormously during the last decades driven by the encouraging results and the potentiality of these materials for allowing innovative applications, such as flexible-large-area displays, low-cost printable circuits, plastic solar cells and lab-on-a-chip devices. Moreover, their possible field of applications reaches from medicine, biotechnology, process control and environmental monitoring to defense and security requirements. However, a large number of questions regarding the mechanism of device operation remain unanswered. Along the most significant is the charge carrier transport in organic semiconductors, which is not yet well understood. Other example is the correlation between the morphology and the electrical response. Even if it is recognized that growth mode plays a crucial role into the performance of devices, it has not been exhaustively investigated. The main goal of this thesis was the finding of a correlation between growth modes, electrical properties and morphology in organic thin-film transistors (OTFTs). In order to study the thickness dependence of electrical performance in organic ultra-thin-film transistors, we have designed and developed a home-built experimental setup for performing real-time electrical monitoring and post-growth in situ electrical characterization techniques. We have grown pentacene TFTs under high vacuum conditions, varying systematically the deposition rate at a fixed room temperature. The drain source current IDS and the gate source current IGS were monitored in real-time; while a complete post-growth in situ electrical characterization was carried out. At the end, an ex situ morphological investigation was performed by using the atomic force microscope (AFM). In this work, we present the correlation for pentacene TFTs between growth conditions, Debye length and morphology (through the correlation length parameter). We have demonstrated that there is a layered charge carriers distribution, which is strongly dependent of the growth mode (i.e. rate deposition for a fixed temperature), leading to a variation of the conduction channel from 2 to 7 monolayers (MLs). We conciliate earlier reported results that were apparently contradictory. Our results made evident the necessity of reconsidering the concept of Debye length in a layered low-dimensional device. Additionally, we introduce by the first time a breakthrough technique. This technique makes evident the percolation of the first MLs on pentacene TFTs by monitoring the IGS in real-time, correlating morphological phenomena with the device electrical response. The present thesis is organized in the following five chapters. Chapter 1 makes an introduction to the organic electronics, illustrating the operation principle of TFTs. Chapter 2 presents the organic growth from theoretical and experimental points of view. The second part of this chapter presents the electrical characterization of OTFTs and the typical performance of pentacene devices is shown. In addition, we introduce a correcting technique for the reconstruction of measurements hampered by leakage current. In chapter 3, we describe in details the design and operation of our innovative home-built experimental setup for performing real-time and in situ electrical measurements. Some preliminary results and the breakthrough technique for correlating morphological and electrical changes are presented. Chapter 4 meets the most important results obtained in real-time and in situ conditions, which correlate growth conditions, electrical properties and morphology of pentacene TFTs. In chapter 5 we describe applicative experiments where the electrical performance of pentacene TFTs has been investigated in ambient conditions, in contact to water or aqueous solutions and, finally, in the detection of DNA concentration as label-free sensor, within the biosensing framework.

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Il presente lavoro di tesi riguarda la sintesi di nanopolveri allumina-zirconia, seguendo tre differenti metodologie (sintesi per coprecipitazione, sintesi con il metodo dei citrati, sintesi idrotermale assistita da microonde) e il trattamento termico (calcinazione) delle polveri ottenute, mediante tecniche di riscaldamento convenzionali ed alternative (microonde). Lo scopo del lavoro è consistito nell’individuare, tra le tecniche esaminate, quella più idonea e conveniente, per la preparazione di nanopolveri cristalline 95 mol% Al2O3 – 5 mol% ZrO2 e nell’esaminare gli effetti che la calcinazione condotta con le microonde, ha sulle caratteristiche finali delle polveri, rispetto ai trattamenti termici convenzionali. I risultati ottenuti al termine del lavoro hanno evidenziato che, tra le tecniche di sintesi esaminate, la sintesi idrotermale assistita da microonde, risulta il metodo più indicato e che, il trattamento termico eseguito con le microonde, risulta di gran lunga vantaggioso rispetto a quello convenzionale. La sintesi idrotermale assistita da microonde consente di ottenere polveri nano cristalline poco agglomerate, che possono essere facilmente disaggregate e con caratteristiche microstrutturali del tutto peculiari. L’utilizzo di tale tecnica permette, già dopo la sintesi a 200°C/2ore, di avere ossido di zirconio, mentre per ottenere gli ossidi di alluminio, è sufficiente un ulteriore trattamento termico a basse temperature e di breve durata (400°C/ 5 min). Si è osservato, inoltre, che il trattamento termico condotto con le microonde comporta la formazione delle fasi cristalline desiderate (ossidi di alluminio e zirconio), impiegando (come per la sintesi) tempi e temperature significativamente ridotti. L’esposizione delle polveri per tempi ridotti e a temperature più basse consente di evitare la formazione di aggregati duri nelle nanopolveri finali e di contrastare il manifestarsi di fenomeni di accrescimento di grani, preservando così la “nanostruttura” delle polveri e le sue caratteristiche proprietà.

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È ormai noto che numerosi organismi marini, dalle alghe unicellulari ai pesci coabitino con diverse specie di spugne, con un rapporto che varia, secondo i casi, dal semplice inquilinismo facoltativo alle più complesse simbiosi obbligate. All’interno di molte spugne si trovano degli endobionti, alcuni organismi rappresentano degli ospiti puramente occasionali, altri manifestano una notevole costanza e l’esistenza in associazione alla spugna sembra rappresenti la norma. In Adriatico settentrionale, nell’area compresa tra Grado ed il delta del fiume Po, sono presenti degli affioramenti rocciosi organogeni carbonatici che prendono il nome di tegnùe. In questi affioramenti è stata riscontrata una grande varietà di specie macrobentoniche sia sessili che vagili. Tra queste specie, è presente con elevate abbondanze e grandi dimensioni, fuori dal comune, la spugna massiva Geodia cydonium, oggetto del nostro studio. Lo scopo del presente lavoro è di caratterizzare la diversità della fauna associata alla demospongia Geodia cydonium, cercando di mettere in evidenza l’importante ruolo ecologico legato proprio all’elevato numero di inquilini che ospita. Sono stati prelevati campioni di spugna, con la relativa fauna associata, da tre siti presenti all’interno della Zona di Tutela Biologica di Chioggia. Date le grandi dimensioni degli esemplari e per non danneggiare la popolazione naturale di questa rara specie protetta, sono stati prelevati in immersione delle porzioni di spugna, incidendo verticalmente gli esemplari. Nei campioni sono stati riscontrati 28 taxa, tra cui prevalgono per abbondanza i policheti come Ceratonereis costae e Sphaerosyllis bulbosa e piccoli crostacei come Apseudopsis acutifrons e Leptochelia savignyi. Per molte specie prevalgono individui giovanili rispetto agli adulti. L’abbondanza e la ricchezza dei popolamenti associati alla spugna non risultano variare ne tra i siti di campionamento ne in relazione alle dimensioni degli esemplari da cui provengono i campioni. Questo fa supporre che la spugna crei un ambiente ideale per alcune specie, almeno nelle fasi giovanili, creando così associazioni relativamente stabili, più di quanto non sia la naturale variabilità dei popolamenti circostanti. Queste relazioni meritano di essere approfondite, investigando i cicli vitali e i comportamenti delle singole specie.

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Nella definizione di incidente rilevante presente nelle Direttive Seveso, come pure nel loro recepimento nella legislazione italiana, rientrano eventi incidentali che abbiano conseguenze gravi per il bersaglio “ambiente”, sia in concomitanza sia in assenza di effetti dannosi per l’uomo. Tuttavia, a fronte di questa attenzione al bersaglio “ambiente” citata dalle norme, si constata la mancanza di indici quantitativi per la stima del rischio di contaminazione per i diversi comparti ambientali e, conseguentemente, anche di metodologie per il loro calcolo. Misure di rischio quantitative consolidate e modelli condivisi per la loro stima riguardano esclusivamente l’uomo, con la conseguenza che la valutazione di rischio per il bersaglio “ambiente” rimane ad un livello qualitativo o, al più, semi-quantitativo. Questa lacuna metodologica non consente di dare una piena attuazione al controllo ed alla riduzione del rischio di incidente rilevante, secondo l’obiettivo che le norme stesse mirano a raggiungere. E d‘altra parte il verificarsi periodico di incidenti con significativi effetti dannosi per l’ambiente, quali, ad esempio lo sversamento di gasolio nel fiume Lambro avvenuto nel febbraio 2010, conferma come attuale e urgente il problema del controllo del rischio di contaminazione ambientale. La ricerca presentata in questo lavoro vuole rappresentare un contributo per colmare questa lacuna. L’attenzione è rivolta al comparto delle acque superficiali ed agli sversamenti di liquidi oleosi, ovvero di idrocarburi insolubili in acqua e più leggeri dell’acqua stessa. Nel caso in cui il rilascio accidentale di un liquido oleoso raggiunga un corso d’acqua superficiale, l’olio tenderà a formare una chiazza galleggiante in espansione trasportata dalla corrente e soggetta ad un complesso insieme di trasformazioni fisiche e chimiche, denominate fenomeni di “oil weathering”. Tra queste rientrano l’evaporazione della frazione più volatile dell’olio e la dispersione naturale dell’olio in acqua, ovvero la formazione di una emulsione olio-in-acqua nella colonna d’acqua al di sotto della chiazza di olio. Poiché la chiazza si muove solidale alla corrente, si può ragionevolmente ritenere che l’evaporato in atmosfera venga facilmente diluito e che quindi la concentrazione in aria dei composti evaporati non raggiunga concentrazioni pericolose esternamente alla chiazza stessa. L’effetto fisico dannoso associato allo sversamento accidentale può pertanto essere espresso in doversi modi: in termini di estensione superficiale della chiazza, di volume di olio che emulsifica nella colonna d’acqua, di volume della colonna che si presenta come emulsione olio-in-acqua, di lunghezza di costa contaminata. In funzione di questi effetti fisici è possibile definire degli indici di rischio ambientale analoghi alle curve di rischio sociale per l’uomo. Come una curva di rischio sociale per l’uomo esprime la frequenza cumulata in funzione del numero di morti, così le curve di rischio sociale ambientale riportano la frequenza cumulata in funzione dell’estensione superficiale della chiazza, ovvero la frequenza cumulata in funzione del volume di olio che emulsifica in acqua ovvero la frequenza cumulata in funzione del volume di colonna d’acqua contaminato ovvero la frequenza cumulata in funzione della lunghezza di costa contaminata. Il calcolo degli indici di rischio così definiti può essere effettuato secondo una procedura analoga al calcolo del rischio per l’uomo, ovvero secondo i seguenti passi: 1) descrizione della sorgente di rischio; 2) descrizione del corso d’acqua che può essere contaminato in caso di rilascio dalla sorgente di rischio; 3) identificazione, degli eventi di rilascio e stima della loro frequenza di accadimento; 4) stima, per ogni rilascio, degli effetti fisici in termini di area della chiazza, di volume di olio emulsificato in acqua, di volume dell’emulsione olio-in-acqua, lunghezza di costa contaminata; 5) ricomposizione, per tutti i rilasci, degli effetti fisici e delle corrispondenti frequenze di accadimento al fine di stimare gli indici di rischio sopra definiti. Al fine di validare la metodologia sopra descritta, ne è stata effettuata l’applicazione agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante presenti nei bacini secondari che fanno parte del bacino primario del Po. E’ stato possibile calcolare gli indici di rischio per ogni stabilimento, sia in riferimento al corso d’acqua del bacino secondario a cui appartengono, sia in riferimento al Po, come pure ottenere degli indici di rischio complessivi per ogni affluente del Po e per il Po stesso. I risultati ottenuti hanno pienamente confermato la validità degli indici di rischio proposti al fine di ottenere una stima previsionale del rischio di contaminazione dei corsi d’acqua superficiali, i cui risultati possano essere utilizzati per verificare l’efficacia di diverse misure di riduzione del rischio e per effettuare una pianificazione d’emergenza che consenta, in caso di incidente, di contenere, recuperare e favorire la dispersione dell’olio sversato.

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Il paesaggio, e così anche il paesaggio agrario, può essere considerato come segno del rapporto uomo/natura, come costrutto storico che testimonia il succedersi delle diverse civilizzazioni che l'hanno generato, ma anche come spazio per l'immaginazione territoriale, come progetto per il futuro del territorio. In questo lavoro si trattano le relazioni tra questa visione del paesaggio e le forme di produzione e consumo dei prodotti agricoli, nell'ambito delle trasformazioni che l'ambito rurale sta subendo a partire dagli ultimi decenni, tra pressione dell'urbano, da un lato, e abbandono e crisi dell'agricoltura, dall'altro. Particolare attenzione è riservata a quelle esperienze che, attraverso la produzione biologica e lo scambio locale, esprimono un nuovo progetto di territorio, che prende avvio dal contesto rurale ma che pervade anche le città, proponendo anche nuove relazioni tra città e campagna. Nelle reti della filiera corta e dell'economia solidale che si concretizzano soprattutto come esperienze “dal basso”, di autogestione e partecipazione, si diffondono insieme prodotti e valori. In quest'ottica la sostenibilità ambientale non appare più come una fonte di limitazioni e esternalità negative, per dirla con il linguaggio dell'economia, ma diventa un valore aggiunto di appartenenza collettiva (equilibri ecologici, paesaggio) e un'occasione per nuove relazioni sociali e territoriali.

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I continui sviluppi nel campo della fabbricazione dei circuiti integrati hanno comportato frequenti travolgimenti nel design, nell’implementazione e nella scalabilità dei device elettronici, così come nel modo di utilizzarli. Anche se la legge di Moore ha anticipato e caratterizzato questo trend nelle ultime decadi, essa stessa si trova a fronteggiare attualmente enormi limitazioni, superabili solo attraverso un diverso approccio nella produzione di chip, consistente in pratica nella sovrapposizione verticale di diversi strati collegati elettricamente attraverso speciali vias. Sul singolo strato, le network on chip sono state suggerite per ovviare le profonde limitazioni dovute allo scaling di strutture di comunicazione condivise. Questa tesi si colloca principalmente nel contesto delle nascenti piattaforme multicore ad alte prestazioni basate sulle 3D NoC, in cui la network on chip viene estesa nelle 3 direzioni. L’obiettivo di questo lavoro è quello di fornire una serie di strumenti e tecniche per poter costruire e aratterizzare una piattaforma tridimensionale, cosi come dimostrato nella realizzazione del testchip 3D NOC fabbricato presso la fonderia IMEC. Il primo contributo è costituito sia una accurata caratterizzazione delle interconnessioni verticali (TSVs) (ovvero delle speciali vias che attraversano l’intero substrato del die), sia dalla caratterizzazione dei router 3D (in cui una o più porte sono estese nella direzione verticale) ed infine dal setup di un design flow 3D utilizzando interamente CAD 2D. Questo primo step ci ha permesso di effettuare delle analisi dettagliate sia sul costo sia sulle varie implicazioni. Il secondo contributo è costituito dallo sviluppo di alcuni blocchi funzionali necessari per garantire il corretto funziomento della 3D NoC, in presenza sia di guasti nelle TSVs (fault tolerant links) che di deriva termica nei vari clock tree dei vari die (alberi di clock indipendenti). Questo secondo contributo è costituito dallo sviluppo delle seguenti soluzioni circuitali: 3D fault tolerant link, Look Up Table riconfigurabili e un sicnronizzatore mesocrono. Il primo è costituito fondamentalmente un bus verticale equipaggiato con delle TSV di riserva da utilizzare per rimpiazzare le vias guaste, più la logica di controllo per effettuare il test e la riconfigurazione. Il secondo è rappresentato da una Look Up Table riconfigurabile, ad alte prestazioni e dal costo contenuto, necesaria per bilanciare sia il traffico nella NoC che per bypassare link non riparabili. Infine la terza soluzione circuitale è rappresentata da un sincronizzatore mesocrono necessario per garantire la sincronizzazione nel trasferimento dati da un layer and un altro nelle 3D Noc. Il terzo contributo di questa tesi è dato dalla realizzazione di un interfaccia multicore per memorie 3D (stacked 3D DRAM) ad alte prestazioni, e dall’esplorazione architetturale dei benefici e del costo di questo nuovo sistema in cui il la memoria principale non è piu il collo di bottiglia dell’intero sistema. Il quarto ed ultimo contributo è rappresentato dalla realizzazione di un 3D NoC test chip presso la fonderia IMEC, e di un circuito full custom per la caratterizzazione della variability dei parametri RC delle interconnessioni verticali.

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I viaggi e gli studi compiuti in Croazia, Montenegro e Bosnia Erzegovina in occasione della Tesi di Laurea hanno costituito l’occasione per comprendere quanto sia consistente il retaggio di Roma antica sulla sponda orientale dell’Adriatico. Nello stesso tempo si è potuto constatare che, per diversi motivi, dal punto di vista prettamente scientifico, la ricchezza di questo patrimonio archeologico aveva sino allora trovato soltanto poche occasioni di studio. Da qui la necessità di provvedere a un quadro completo e generale relativo alla presenza romana in un territorio come quello della provincia romana di Dalmatia che, pur considerando la sua molteplicità geografica, etnica, economica, culturale, sociale e politica, ha trovato, grazie all’intervento di Roma, una sua dimensione unitaria, un comune denominatore, tanto da farne una provincia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Impero. Il lavoro prende le mosse da una considerazione preliminare e generale, che ne costituisce quasi lo spunto metodologico più determinante: la trasmissione della cultura e dei modelli di vita da parte di Roma alle altre popolazioni ha creato un modello in virtù del quale l’imperialismo romano si è in certo modo adattato alle diverse culture incontrate ed assimilate, dando vita ad una rete di culture unite da elementi comuni, ma anche profondamente diversificate per sintesi originali. Quella che pare essere la chiave di lettura impiegata è la struttura di un impero a forma di “rete” con forti elementi di coesione, ma allo stesso tempo dotato di ampi margini di autonomia. E questo a cominciare dall’analisi dei fattori che aprirono il cammino dell’afflusso romano in Dalmatia e nello stesso tempo permisero i contatti con il territorio italico. La ricerca ne analizza quindi i fattori:il diretto controllo militare, la costruzione di una rete viaria, l’estensione della cittadinanza romana, lo sviluppo della vita locale attraverso la formazione di una rete di municipi, i contatti economici e l’immigrazione di genti romanizzate. L’analisi ha posto in evidenza una provincia caratterizzata da notevoli contraddizioni, che ne condizionarono – presso entrambi i versanti del Velebit e delle Alpi Dinariche – lo sviluppo economico, sociale, culturale e urbanistico. Le profonde differenze strutturali tra questi due territori rimasero sempre presenti: la zona costiera divenne, sotto tutti i punti di vista, una sorta di continuazione dell’Italia, mntre quella continentale non progredì di pari passo. Eppure l’influenza romana si diffuse anche in questa, così che essa si pote conformare, in una certa misura, alla zona litoranea. Come si può dedurre dal fatto che il severo controllo militare divenne superfluo e che anche questa regione fu dotata progressivamente di centri amministrati da un gruppo dirigente compiutamente integrato nella cultura romana. Oltre all’analisi di tutto ciò che rientra nel processo di acculturazione dei nuovi territori, l’obiettivo principale del lavoro è l’analisi di uno degli elementi più importanti che la dominazione romana apportò nei territori conquistati, ovvero la creazione di città. In questo ambito relativamente periferico dell’Impero, qual è il territorio della provincia romana della Dalmatia, è stato dunque possibile analizzare le modalità di creazione di nuovi centri e di adattamento, da parte di Roma, ai caratteri locali dell’insediamento, nonché ai condizionamenti ambientali, evidenziando analogie e differenze tra le città fondate. Prima dell’avvento di Roma, nessuna delle regioni entrate a far parte dei territori della Dalmatia romana, con la sola eccezione della Liburnia, diede origine a centri di vero e proprio potere politico-economico, come ad esempio le città greche del Mediterraneo orientale, tali da continuare un loro sviluppo all’interno della provincia romana. In altri termini: non si hanno testimonianze di insediamenti autoctoni importanti che si siano trasformati in città sul modello dei centri provinciali romani, senza aver subito cambiamenti radicali quali una nuova pianificazione urbana o una riorganizzazione del modello di vita locale. Questo non significa che la struttura politico-sociale delle diverse tribù sia stata cambiata in modo drastico: almeno nelle modeste “città” autoctone, nelle quali le famiglie appaiono con la cittadinanza romana, assieme agli ordinamenti del diritto municipale, esse semplicemente continuarono ad avere il ruolo che i loro antenati mantennero per generazioni all’interno della propria comunità, prima della conquista romana. Il lavoro mette compiutamente in luce come lo sviluppo delle città nella provincia abbia risentito fortemente dello scarso progresso politico, sociale ed economico che conobbero le tribù e le popolazioni durante la fase pre-romana. La colonizzazione greca, troppo modesta, non riuscì a far compiere quel salto qualitativo ai centri autoctoni, che rimasero sostanzialmente privi di concetti basilari di urbanistica, anche se è possibile notare, almeno nei centri costieri, l’adozione di tecniche evolute, ad esempio nella costruzione delle mura. In conclusione questo lavoro chiarisce analiticamente, con la raccolta di un’infinità di dati (archeologici e topografici, materiali ed epigrafici, e desunti dalle fonti storiche), come la formazione della città e l’urbanizzazione della sponda orientale dell’adriatico sia un fenomeno prettamente romano, pur differenziato, nelle sue dinamiche storiche, quasi caso per caso. I dati offerti dalla topografia delle città della Dalmatia, malgrado la scarsità di esempi ben documentati, sembrano confermare il principio della regolarità degli impianti urbani. Una griglia ortogonale severamente applicata la si individua innanzi tutto nelle città pianificate di Iader, Aequum e, probabilmente, anche a Salona. In primis nelle colonie, quindi, ma non esclusivamente. Anche numerosi municipi sviluppatisi da insediamenti di origine autoctona hanno espresso molto presto la tendenza allo sviluppo di un sistema ortogonale regolare, se non in tutta l’area urbana, almeno nei settori di più possibile applicazione. Ne sono un esempio Aenona, Arba, Argiruntum, Doclea, Narona ed altri. La mancanza di un’organizzazione spaziale regolare non ha tuttavia compromesso l’omogeneità di un’attrezzatura urbana tesa alla normalizzazione, in cui i componenti più importanti, forum e suoi annessi, complessi termali, templi dinastici e capitolia, si avviano a diventare canonici. Le differenze più sensibili, che pure non mancano, sembrano dipendere dalle abitudini delle diverse etnie, dai condizionamenti topografici e dalla disponibilità finanziaria dei notabili. Una città romana non può prendere corpo in tutta la sua pienezza solo per la volontà del potere centrale. Un progetto urbanistico resta un fatto teorico finché non si realizzano le condizioni per cui si fondano due fenomeni importantissimi: uno socio-culturale, che consiste nell’emergenza di una classe di notabili “fortunati” desiderosi di dare a Roma dimostrazioni di lealtà, pronti a rispondere a qualsiasi sollecitazione da parte del potere centrale e addirittura ad anticiparlo; l’altro politico-amministrativo, che riguarda il sistema instaurato da Roma, grazie al quale i suddetti notabili possono godere di un certo potere e muoversi in vista della promozione personale nell’ambito della propria città. Aiuti provenienti dagli imperatori o da governatori provinciali, per quanto consistenti, rimangono un fatto non sistematico se non imprevedibile, e rappresentano comunque un episodio circoscritto. Anche se qualche città risulta in grado di costruire pecunia publica alcuni importanti edifici del quadro monumentale, il ruolo del finanziamento pubblico resta relativamente modesto. Quando la documentazione epigrafica esiste, si rivela che sono i notabili locali i maggiori responsabili della costruzione delle opere pubbliche. Sebbene le testimonianze epigrafiche siano scarse e, per la Dalmatia non sia possibile formulare un quadro completo delle committenze che favorirono materialmente lo sviluppo architettonico ed artistico di molti complessi monumentali, tuttavia è possibile osservare e riconoscere alcuni aspetti significativi e peculiari della provincia.