968 resultados para Interporti, Trasporto combinato, Terminal intermodale, Freight Villages


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Theoretical framework: The experience of the terminal phase and death by patients and caregivers is influenced by multiple factors. This study aimed at understanding this experience from the primary caregiver’s perspective. Objectives: To describe the factors that, from the primary caregiver’s perspective, influenced the experience of disease in the terminal phase and mourning for the death of a close person; To understand the influence of nurses’ conduct on the experience of disease in the terminal phase and mourning for the death of a close person from the primary caregiver’s perspective. Methodology: Qualitative descriptive exploratory study. Results: The following factors were valued: To Assume the Caregiver’s Role, To allow for the end-of-life/terminal phase to take place at home/near the family and Process of Care. Regarding the nurses’ conduct, the knowledge, communication and relationship established by nurses were also valued. Conclusion: In addition to expanding the implementation of specific palliative care teams, the acquisition and development of basic skills in this area by most health care professionals is essential.

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Con il seguente documento si vuole esaminare l'utilita trasportistica dei sistemi di trasporto del tipo Automated People Mover passando da un inquadramento storico generale all'uso dei sistemi nell'ambito aeroportuale dall'inizio degli anni '60 fino ai tempi piu moderni. Dopo avere analizzato le configurazioni e le caratteristiche tipiche dei sistemi APM in ambito aeroportuale si definira quale tipologia di infrastruttura e stata privilegiata negli aeroporti europei e mondiali. Successivamente si prendera in esame lo stato dell'arte dei sistemi APM installati nell'aeroporto principale di Parigi e uno dei piu trafficati del mondo, l'Aeroporto Internazionale Charles de Gaulle; e del sistema installato nell'Aeroporto Internazionale Galileo Galilei di Pisa.

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L’elaborato è strutturato in sei capitoli ed ha come obiettivo principale quello di descrivere un impianto pilota per il trasporto pneumatico dell’atomizzato di barbottina e di riportare i risultati delle analisi sperimentali, condotte per la caratterizzazione del trasporto dello stesso, necessarie per la futura progettazione di un impianto in scala industriale. Nel primo capitolo verrà presentata l’industria ceramica italiana e le fasi per la produzione delle piastrelle, con particolare attenzione al tema del trasporto di materiale tra i vari reparti produttivi. Nel capitolo due, poi, si analizzeranno le problematiche collegate ai tradizionali sistemi di movimentazione di materiale sfuso, facendo un confronto tra quelli più usati e quello pneumatico. Quest’ultimo rappresenta un’alternativa ai sistemi di trasporto classici, i quali pur assicurando elevati volumi di movimentazione, non salvaguardano l’integrità del materiale trasportato. Lo sgretolamento del materiale, oltre a rendere quest’ultimo inutilizzabile per la produzione delle piastrelle, è responsabile dell’emissione nell'ambiente di lavoro di silice cristallina libera. Al contrario, il trasporto pneumatico, del quale si riporta una descrizione nel capitolo tre e quattro, garantisce il minimo rischio di formazione di polveri fini, grazie al totale confinamento del materiale all'interno di una conduttura. Nel capitolo cinque verranno esposti i risultati delle analisi sperimentali effettuate sull'impianto: verranno illustrate le prove di trasporto condotte e, a valle di ognuna di queste, l’attenzione si focalizzerà sulla granulometria del materiale processato, paragonando la stessa a quella del materiale vergine di riferimento. Infine, nel sesto capitolo, si riporteranno i risultati delle simulazioni effettuate sul software TPSimWin, basato su calcolo agli elementi finiti. Tali simulazioni sono necessarie per determinare le principali caratteristiche del materiale da trasportare.

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In questa tesi ci si è posto l’obiettivo di caratterizzare la modalità di trasporto con cui studenti e lavoratori si recano in Via Terracini e quindi l’accessibilità della sede secondaria della Facoltà di Ingegneria. Il primo passo è stato sottoporre il questionario cartaceo a 130 utenti durante il periodo dell’indagine a destinazione e in seguito aggregare i dati ottenuti da ogni intervista per poter effettuare una analisi di sintesi. Allo stesso modo si sono elaborati i risultati dei 441 questionari online, eseguendo prima un accorpamento dei dati e poi una catalogazione per categoria di utenza. Poiché la maggior parte degli utenti intervistati a destinazione erano studenti, si è potuto confrontare i due tipi di indagine per tale categoria e controllarne l’attendibilità dei risultati. Si è poi proceduto con uno studio delle tendenze delle categorie rimanenti individuando la modalità di trasporto più utilizzata da ognuna di esse.

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Modello su AMPL per ottimizzare la scelta del trasporto in base al tragitto, all'orario di partenza e all'intervallo di tempo considerato.

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Il lavoro sviluppato intende affrontare in modo integrato la problematica ambientale relativamente allo sviluppo della flotta di veicoli di un grande operatore del trasporto pubblico. In prima istanza il lavoro si è focalizzato sull’analisi approfondita della flotta esistente, ed accanto ai dati tradizionali è stata sviluppata anche un’analisi dei costi totali comprensive anche delle esternalità calcolate come da direttiva 2009/33/CE. Sono state sviluppate numerose elaborazioni di uso aziendale relativamente alla metodologia del costo del ciclo di vita, LCC, che è in uso presso TPER S.p.A. sin dal 2001. Successivamente sono stati sviluppati gli scenari evolutivi della flotta automobilistica individuando per il confronto finale tre scenari distinti in ottica 2020: - Il primo scenario inerziale senza nessuna modifica della flotta consolidato al 31.12.2015, tale scenario è definito dai veicoli presenti, dai costi di gestione della manutenzione, dai costi di carburante e dai costi esterni come suddetto; - Il secondo con orizzonte 2016 prevede l’inserimento in servizio dei n. 49 filosnodati Crealis e viene consolidato al 31.12.2016; - Il terzo scenario è quello obiettivo e considera nel 2020 l’entrata in parco via via degli acquisti che TPER S.p.A. ha già programmato per il 2017, 2018 e compresi i n.55 snodati con alimentazione elettrica del progetto PIMBO. Le comparazioni di questi scenari permettono in modo molto realistico di individuare gli effetti su una flotta reale delle politiche di investimento reali e non simulate e di poter quantificare quindi l’andamento dei costi esterni in relazione alla modifica della flotta di TPER S.p.A.

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Immunoprophylactic products against neosporosis during pregnancy should induce an appropriately balanced immune response. In this respect, OprI, a bacterial lipoprotein targeting toll like receptor (TLR)2, provides promising adjuvant properties. We report on the manipulation of the innate and the T-cell immune response through the fusion of OprI with the Neospora caninum chimeric protein Mic3-1-R. In contrast to Mic3-1-R, OprI-MIC3-1-R significantly activated bone-marrow dendritic cells from naïve mice. Mice immunized with OprI-Mic3-1-R induced an immune response with mixed T helper (Th)1 and Th2 properties (high levels of both immunoglobulin (Ig)G1 and IgG2a and of interleukin (IL)-10, IL-12(p70) and interferon-γ responses) whereas Mic3-1-R+saponin induced a clear Th2-biased response (low IgG2a and high IL-4 and IL-10). After mating and challenge with N. caninum, increased expression of interferon-γ was only found in placentas from OprI-Mic3-1-R immunized dams. However, no protection against vertical transmission and neonatal mortality was observed in either of the two groups. These results indicated that more exhaustive studies must be done to elucidate the immune mechanisms associated with transplacental transmission. Antigen linkage to TLR2-ligands, such as OprI, is a useful tool to investigate this enigma by reorienting the innate and adaptive immune responses against other candidate antigens in future studies.

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The morphological variability (coiling properties, size and shape) of the planktic foraminifer Contusortuncana contusa (Cushman) in the terminal Cretaceous ocean was examined at eight deep-sea sites and two continental sections from low (16°) to middle (42°) paleolatitudes in both hemispheres. The material used in this study includes samples from the South Atlantic (DSDP Sites 356, 527 and 525A), North Atlantic (Sites 384 and 548A), Indian and Pacific Oceans (DSDP Site 465A and ODP Sites 761C and 762C) and Tethyan Ocean (outcrop sections from El-Kef and Caravaca). On average 45 specimens from two samples per location were analysed, from an interval corresponding approximately to the last 60 kyr of the Cretaceous. No differences in coiling direction (dextral proportions were > 90% in all samples), percentage of kummerform specimens (usually > 50%) and number of chambers in the last whorl (4-5) were observed between the sites. Both test size (expressed as spiral outline area and test volume) and total number of chambers increase significantly towards lower latitudes. Similarly, test conicity, examined by shape coordinate and eigenshape methods, and angularity of the spiral outline show a rather continuous, slight increase towards lower latitudes. Kummerform specimens of C. contusa were slightly larger and more conical than normalforms and possessed substantially more chambers (both totally and in the last whorl). A principal components analysis of the sample means of five variables describing size and shape clearly distinguished high-latitude sites (525A, 527, 548A, 761C and 762C) from low-latitude sites (384, 465A, Caravaca and El-Kef). Specimens from Site 356 are transitional with respect to those two groups. The results indicate: (1) considerable morphological variation in C. contusa during the terminal Cretaceous comparable to that known in many Recent planktic foraminiferal species and (2) a geographical distribution of this variation corresponding to previously suggested biogeographic schemes based on quantitative analysis of planktic foraminiferal assemblages. Despite the differences in sample means, the overall morphology of C. contusa overlaps among the sites studied, supporting the classification of all C. contusa morphotypes as a single species. Similarly, no discrete morphologic groups could be distinguished within any of the samples.

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Federal Railroad Administration, Office of Research and Development, Washington, D.C.

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Oklahoma Department of Transportation, Oklahoma City

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