992 resultados para VI
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Vídeo grabado en Manacor, Mallorca
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Los accesorios metálicos de indumentaria constituyen uno de las fuentes materiales principales para aproximarse a la realidad social, cultural y económica de la población del Mediterráneo tardoantiguo. En el caso de los hallazgos de los siglos V y VI procedentes de la Península Ibérica y del suroeste de Francia, numerosos problemas de documentación han impedido extraer y desarrollar todo su potencial, tanto en lo referente al encuadre tipológico y cronológico de estos objetos como en la consiguiente fase interpretativa. Se hacía necesario acometer un nuevo estudio monográfico que actualizara el panorama de la investigación. El trabajo cataloga, data y clasifica tipológicamente más de cuatro millares de fíbulas y accesorios de cinturón recuperados en casi medio millar de yacimientos localizados en los actuales Portugal, España, Andorra y Francia. El resultado permite aproximarse a las áreas de producción y modalidades de circulación y utilización de cada uno de los tipos individualizados. Una veintena de indumentarias distintas, definidas por combinaciones de distintos tipos de accesorios en contextos funerarios, ha sido identificada. Parte de éstas constituye la base principal de un sistema cronológico organizado en seis fases distintas que cubren una cronología situada aproximadamente entre las últimas décadas del siglo IV y las últimas décadas del siglo VI. La investigación acomete asimismo el análisis de la implantación de los accesorios y de las indumentarias relacionadas con ellos en el paisaje tardoantiguo de Hispania y la Galia. El resultado permite reconstruir secuencias regionales de evolución indumentaria y establecer relaciones entre diversas tipologías de contextos funerarios y habitativos y los tipos de indumentaria previamente definidos. Los resultados permiten renovar la mirada sobre este tipo de objetos y el lugar que ocuparon en la vida cotidiana de muchos de los habitantes del regnum visigodo temprano.
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La VI regio augustea di Roma rappresenta uno dei settori urbani maggiormente investiti dalle modifiche radicali compiute dall’uomo nel processo di urbanizzazione della città che ne hanno modificato profondamente la situazione altimetrica e la conformazione originaria. Questi notevoli cambiamenti ebbero origine sin dall’età antica, ma si intensificarono profondamente soprattutto nel periodo rinascimentale quando a partire da Pio IV e soprattutto con Sisto V, attivo in tante altre zone della città, si svilupparono numerose opere di rinnovamento urbanistico che incisero notevolmente sul volto e sulle caratteristiche della zona in esame. A partire dal Rinascimento fino ad arrivare ai grandi scavi della fine del 1800 tutto il quartiere incominciò a “popolarsi” di numerosi edifici di grande mole che andarono ad intaccare completamente le vestigia del periodo antico: la costruzione del Palazzo del Quirinale e dei vari palazzi nobiliari ma soprattutto la costruzione dei numerosi ministeri e della prima stazione Termini alla fine dell’800 comportarono numerosi sventramenti senza la produzione di una adeguata documentazione delle indagini di scavo. Questa ricerca intende ricostruire, in un’ottica diacronica, la topografia di uno dei quartieri centrali della Roma antica attraverso l’analisi dei principali fenomeni che contraddistinguono l’evoluzione del tessuto urbano sia per quanto riguarda le strutture pubbliche che in particolar modo quelle private. Infatti, il dato principale che emerge da questa ricerca è che questa regio si configura, a partire già dal periodo tardo-repubblicano, come un quartiere a vocazione prevalentemente residenziale, abitato soprattutto dall’alta aristocrazia appartenente alle più alte cariche dello Stato romano; oltre a domus ed insulae, sul Quirinale, vennero costruiti lungo il corso di tutta l’età repubblicana alcuni tra i più antichi templi della città che con la loro mole occuparono parte dello spazio collinare fino all’età tardoantica, rappresentando così una macroscopica e costante presenza nell’ingombro dello spazio edificato.
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Tra il V ed il VI secolo, la città di Ravenna, per tre volte capitale, emerge fra i più significativi centri dell’impero, fungendo da cerniera tra Oriente e Occidente, soprattutto grazie ai mosaici parietali degli edifici di culto, perfettamente inseriti in una koinè culturale e artistica che ha come comune denominatore il Mar Mediterraneo, nel contesto di parallele vicende storiche e politiche. Rispetto ai ben noti e splendidi mosaici ravennati, che insieme costituiscono senza dubbio un unicum nel panorama artistico dell’età tardoantica e altomedievale, nelle decorazioni musive parietali dei coevi edifici di culto dei diversi centri dell’impero d’Occidente e d’Oriente, e in particolare in quelli localizzati nelle aree costiere, si possono cogliere divergenze, ma anche simmetrie dal punto di vista iconografico, iconologico e stilistico. Sulla base della letteratura scientifica e attraverso un poliedrico esame delle superfici musive parietali, basato su una metodologia interdisciplinare, si è cercato di chiarire l’articolato quadro di relazioni culturali, ideologiche ed artistiche che hanno interessato e interessano tuttora Ravenna e i vari centri della tarda antichità, insistendo sulla pluralità, sulla complessità e sulla confluenza di diverse esperienze artistiche sui mosaici di Ravenna. A tale scopo, i dati archeologici e artistici sono stati integrati con quelli storici, agiografici ed epigrafici, con opportuni collegamenti all’architettura, alla scultura, alle arti decorative e alle miniature, a testimonianza dell’unità di intenti di differenti media artistici, orientati, pur nella diversità, verso le medesime finalità dogmatiche, politiche e celebrative. Si tratta dunque di uno studio di revisione e di sintesi sui mosaici parietali mediterranei di V e VI secolo, allo scopo di aggiungere un nuovo tassello alla già pur vasta letteratura dedicata all’argomento.
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Als ein vielversprechendes Konzept zur Erhöhung der thermoelektrischen Effizienz wird seit Anfang der 90er Jahre die Nutzung niederdimensionaler Systeme angesehen. Aus theoretischen Arbeiten von Hicks und Dresselhaus folgt, dass in ein- und zweidimensionalen Systemen eine Erhöhung der thermoelektrischen Effizienz möglich ist, die einen Durchbruch für die Anwendung thermoelektrischer Wandler zur Folge haben könnte. Die Realisierung solcher niederdimensionaler Systeme ist in geeigneten Mehrlagenstrukturen und durch Verwendung von Halbleiterverbindungen mit unterschiedlicher Energiebandlücke möglich. Ziel des Verbundprojektes Nitherma war es Mehrfachschichtsysteme mit 2-dimensionalem Transportverhalten aus thermoelektrischen Materialien (Pb1-xSrxTe, Bi2(SexTe1-x)3) herzustellen und auf die erwartete hohe thermoelektrische Effizienz zu untersuchen. Diese wurde messtechnischrndurch die Bestimmung der elektrischen Leitfähigkeit, des Seebeck-Koeffizienten und der Wärmeleitfähigkeit parallel zu den Schichtebenen (in-plane-Transporteigenschaft) ermittelt. Ziel dieser Arbeit war einerseits die Verbesserung der Präparations- und Messtechnik bei der Untersuchung der Wärmeleitfähigkeit von Schichten und Schichtsystemen sowie die Demonstration der Reproduzierbarkeit, andererseits die Interpretation der an niederdimensionalen Strukturen ermittelten Transportmessungen. Um den Einfluß der Niederdimensionalität auf die Wärmeleitfähigkeit zu ermitteln, wurden umfangreiche Messungen an unterschiedlich dimensionierten Übergitter- und Multi-Quantum-Well-Strukturen (MQW-Strukturen) durchgeführt. Die Verifizierung der von den Projektpartnern durchgeführten Transportmessungen wurde durch die Messung des Seebeck-Koeffizienten unterstützt.Neben der Charakterisierung durch Transportmessungen erfolgte die Bestimmung der thermoelektrischen Effizienz.
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Die biologische Stickstofffixierung durch Molybdän-haltige Nitrogenasen sowie die Erforschung des zugrundeliegenden komplexen Mechanismus (N2-Aktivierung an Metall-Zentren, 6-fache Protonierung und Reduktion, N–N Bindungsspaltung unter Bildung von Ammoniak) ist von erheblichem Interesse. Insbesondere Molybdän-Komplexe wurden bereits erfolgreich als Modellverbindungen für die Untersuchung elementarer Einzelschritte der N2-Aktivierung eingesetzt. Durch die Verwendung von Triamidoamin-Liganden ist es Schrock et al. sogar gelungen mehrere Katalysezyklen zu durchlaufen und einen Mechanismus zu formulieren. Trotz der sterisch anspruchsvollen Substituenten in den Schrock-Komplexen ist die Umsatzrate dieses homogenen Katalysators, aufgrund Komplex-Deaktivierung infolge intermolekularer Reaktionen wie Dimerisierung und Disproportionierung, limitiert. In der vorliegenden Arbeit wurden einige dieser Herausforderungen angegangen und die aktiven Spezies auf einer Festphase immobilisiert, um intermolekulare Reaktionen durch räumliche Isolierung der Komplexe zu unterdrücken.rnEin Polymer-verankertes Analogon des Schrock Nitrido-Molybdän(VI)-Komplexes wurde auf einem neuen Reaktionsweg synthetisiert. Dieser beinhaltet nur einen einzigen Reaktionsschritt, um die funktionelle Gruppe „MoN“ einzuführen. Protonierung des immobilisierten Nitrido-Molybdän(VI)-Komplexes LMoVIN (L = Polymer-verankerter Triamidoamin-Ligand) mit 2,6-Lutidinium liefert den entsprechenden Imido-Molybdän(VI)-Komplex. Durch anschließende Ein-Elektronen-Reduktion mit Cobaltocen wird der Polymer-angebundene Imido-Molybdän(V)-Komplex erhalten, bewiesen durch EPR-Spektroskopie (g1,2,3 = 1.989, 1.929, 1.902). Durch die Immobilisierung und die effektive räumliche Separation der Reaktionszentren auf der Festphase werden bimolekulare Nebenreaktionen, die oft in homogenen Systemen auftreten, unterdrückt. Dies ermöglicht zum ersten Mal die Darstellung des Imido-Molybdän(V)-Intermediates des Schrock-Zyklus.rnEPR-Spektren des als Spin-Label eingeführten immobilisierten Nitrato-Kupfer(II)-Komplexes wurden unter verschiedenen Bedingungen (Lösungsmittel, Temperatur) aufgenommen, wobei sich eine starke Abhängigkeit zwischen der Zugänglichkeit und Reaktivität der immobilisierten Reaktionszentren und der Art des Lösungsmittels zeigte. Somit wurde die Reaktivität von LMoVIN gegenüber Protonen und Elektronen, welches zur Bildung von NH3 führt, unter Verwendung verschiedener Lösungsmittel untersucht und optimiert. Innerhalb des kugelförmigen Polymers verläuft die Protonierung und Reduktion von LMoVIN stufenweise. Aktive Zentren, die sich an der „äußeren Schale“ des Polymers befinden, sind gut zugänglich und reagieren schnell nach H+/e− Zugabe. Aktive Zentren im „Inneren des Polymers“ hingegen sind schlechter zugänglich und zeigen langsame diffusions-kontrollierte Reaktionen, wobei drei H+/e− Schritte gefolgt von einer Ligandenaustausch-Reaktion erforderlich sind, um NH3 freizusetzen: LMoVIN LMoVNH LMoIVNH2 LMoIIINH3 und anschließender Ligandenaustausch führt zur Freisetzung von NH3.rnIn einem weiteren Projekt wurde der Bis(ddpd)-Kupfer(II)-Komplex EPR-spektroskopisch in Hinblick auf Jahn−Teller-Verzerrung und -Dynamik untersucht. Dabei wurden die EPR-Spektren bei variabler Temperatur (70−293 K) aufgenommen. Im Festkörperspektrum bei T < 100 K erscheint der Kupfer(II)-Komplex als gestreckter Oktaeder, wohingegen das EPR-Spektrum bei höheren Temperaturen g-Werte aufzeigt, die einer pseudo-gestauchten oktaedrischen Kupfer(II)-Spezies zuzuordnen sind. Diese Tatsache wird einem intramolekularen dynamischen Jahn−Teller Phänomen zugeschrieben, welcher bei 100 K eingefroren wird.