957 resultados para Directly modulated semiconductor lasers


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Brefeldin A, a fungal metabolite that inhibits membrane transport, induces the mono(ADP-ribosyl)ation of two cytosolic proteins of 38 and 50 kDa as judged by SDS/PAGE. The 38-kDa substrate has been previously identified as glyceraldehyde-3-phosphate dehydrogenase (GAPDH). We report that the 50-kDa BFA-induced ADP-ribosylated substrate (BARS-50) has native forms of 170 and 130 kDa, as determined by gel filtration of rat brain cytosol, indicating that BARS-50 might exist as a multimeric complex. BARS-50 can bind GTP, as indicated by blot-overlay studies with [alpha-32P]GTP and by photoaffinity labeling with guanosine 5'-[gamma-32P] [beta,gamma-(4-azidoanilido)]triphosphate. Moreover, ADP-ribosylation of BARS-50 was completely inhibited by the beta gamma subunit complex of G proteins, while the ADP-ribosylation of GAPDH was unmodified, indicating that this effect was due to an interaction of the beta gamma complex with BARS-50, rather than with the ADP-ribosylating enzyme. Two-dimensional gel electrophoresis and immunoblot analysis shows that BARS-50 is a group of closely related proteins that appear to be different from all the known GTP-binding proteins.

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RB, the protein product of the retinoblastoma tumor-suppressor gene, regulates the activity of specific transcription factors. This regulation appears to be mediated either directly through interactions with specific transcription factors or through an alternative mechanism. Here we report that stimulation of Sp1-mediated transcription by RB is partially abrogated at the nonpermissive temperature in ts13 cells. These cells contain a temperature-sensitive mutation in the TATA-binding protein-associated factor TAFII250, first identified as the cell cycle regulatory protein CCG1. The stimulation of Sp1-mediated transcription by RB in ts13 cells at the nonpermissive temperature could be restored by the introduction of wild-type human TAFII250. Furthermore, we demonstrate that RB binds directly to hTAFII250 in vitro and in vivo. These results suggest that RB can confer transcriptional regulation and possibly cell cycle control and tumor suppression through an interaction with TFIID, in particular with TAFII250.

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Il tatto assume un'importanza fondamentale nella vita quotidiana, in quanto ci permette di discriminare le caratteristiche fisiche di un oggetto specifico, di identificarlo e di eventualmente integrare le suddette informazioni tattili con informazioni provenienti da altri canali sensoriali. Questa è la componente sensoriale-discriminativa del tatto. Tuttavia quotidianamente il tatto assume un ruolo fondamentale durante le diverse interazioni sociali, positive, come quando abbracciamo o accarezziamo una persona con cui abbiamo un rapporto affettivo e negative, per esempio quando allontaniamo una persona estranea dal nostro spazio peri-personale. Questa componente è la cosiddetta dimensione affettiva-motivazionale, la quale determina la codifica della valenza emotiva che l'interazione assume. Questa componente ci permette di creare, mantenere o distruggere i legami sociali in relazione al significato che il tocco assume durante l'interazione. Se per esempio riceviamo una carezza da un familiare, questa verrà percepita come piacevole e assumerà un significato affiliativo. Questo tipo di tocco è comunente definito come Tocco Sociale (Social Touch). Gli aspetti discriminativi del tatto sono stati ben caratterizzati, in quanto storicamente, il ruolo del tatto è stato considerato quello di discriminare le caratteristiche di ciò che viene toccato, mentre gli aspetti affettivi sono stati solo recentemente indagati considerando la loro importanza nelle interazioni sociali. Il tocco statico responsabile dell'aspetto discriminante attiva a livello della pelle le grandi fibre mieliniche (Aβ), modulando a livello del sistema nervoso centrale le cortecce sensoriali, sia primarie che secondarie. Questo permette la codifica a livello del sistema nervoso centrale delle caratteristiche fisiche oggettive degli oggetti toccati. Studi riguardanti le caratteristiche del tocco affiliativo sociale hanno messo in evidenza che suddetta stimolazione tattile 1) è un particolare tocco dinamico che avviene sul lato peloso delle pelle con una velocità di 1-10 cm/sec; 2) attiva le fibre amieliniche (fibre CT o C-LTMRs); 3) induce positivi effetti autonomici, ad esempio la diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca; e 4) determina la modulazione di regioni cerebrali coinvolte nella codifica del significato affiliativo dello stimolo sensoriale periferico, in particolare la corteccia insulare. Il senso del tatto, con le sue due dimensioni discriminativa e affiliativa, è quotidianamente usato non solo negli esseri umani, ma anche tra i primati non umani. Infatti, tutti i primati non umani utilizzano la componente discriminativa del tatto per identificare gli oggetti e il cibo e l'aspetto emotivo durante le interazioni sociali, sia negative come durante un combattimento, che positive, come durante i comportamenti affiliativi tra cui il grooming. I meccanismi di codifica della componente discriminativa dei primati non umani sono simili a quelli umani. Tuttavia, si conosce ben poco dei meccanismi alla base della codifica del tocco piacevole affiliativo. Pur essendo ben noto che i meccanorecettori amilienici C-LTMRs sono presenti anche sul lato peloso della pelle dei primati non umani, attualmente non ci sono studi riguardanti la correlazione tra il tocco piacevole e la loro modulazione, come invece è stato ampiamente dimostrato nell'uomo. Recentemente è stato ipotizzato (Dunbar, 2010) il ruolo delle fibre C-LTMRs durante il grooming, in particolare durante il cosiddetto swepping. Il grooming è costituito da due azioni motorie, lo sweeping e il picking che vengono eseguite in modo ritmico. Durante lo sweeping la scimmia agente muove il pelo della scimmia ricevente con un movimento a mano aperta, per poter vedere il preciso punto della pelle dove eseguire il picking, ovvero dove prendere la pelle a livello della radice del pelo con le unghie dell'indice e del pollice e tirare per rimuovere parassiti o uova di parassiti e ciò che è rimasto incastrato nel pelo. Oltre il noto ruolo igenico, il grooming sembra avere anche una importante funzione sociale affiliativa. Come la carezza nella società umana, cosi il grooming tra i primati non umani è considerato un comportamento. Secondo l'ipotesi di Dunbar l'attivazione delle C-LTMRs avverrebbe durante lo sweeping e questo porta a supporre che lo sweeping, come la carezza umana, costituisca una componente affiliativa del grooming, determinando quindi a contribuire alla sua codifica come comportamento sociale. Fino ad ora non vi è però alcuna prova diretta a sostegno di questa ipotesi. In particolare, 1) la velocità cui viene eseguito lo sweeping è compatibile con la velocità di attivazione delle fibre CT nell'uomo e quindi con la velocità tipica della carezza piacevole di carattere sociale affiliativo (1-10 cm/sec)?; 2) lo sweeping induce la stessa modulazione del sistema nervoso autonomo in direzione della modulazione del sistema vagale, come il tocco piacevole nell'uomo, attraverso l'attivazione delle fibre CT?; 3) lo sweeping modula la corteccia insulare, cosi come il tocco piacevole viene codificato come affiliativo nell'uomo mediante le proiezioni delle fibre CT a livello dell'insula posteriore? Lo scopo del presente lavoro è quella di testare l'ipotesi di Dunbar sopra citata, cercando quindi di rispondere alle suddette domande. Le risposte potrebbero consentire di ipotizzare la somiglianza tra lo sweeping, caratteristico del comportamento affiliativo di grooming tra i primati non umani e la carezza. In particolare, abbiamo eseguito 4 studi pilota. Nello Studio 1 abbiamo valutato la velocità con cui viene eseguito lo sweeping tra scimmie Rhesus, mediante una analisi cinematica di video registrati tra un gruppo di scimmie Rhesus. Negli Studi 2 e 3 abbiamo valutato gli effetti sul sistema nervoso autonomo dello sweeping eseguito dallo sperimentatore su una scimmia Rhesus di sesso maschile in una tipica situazione sperimentale. La stimolazione tattile è stata eseguita a diverse velocità, in accordo con i risultati dello Studio 1 e degli studi umani che hanno dimostrato la velocità ottimale e non ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs. In particolare, nello Studio 2 abbiamo misurato la frequenza cardiaca e la variabilità di questa, come indice della modulatione vagale, mentre nello Studio 3 abbiamo valutato gli effetti dello sweeping sul sistema nervoso autonomo in termini di variazioni di temperatura del corpo, nello specifico a livello del muso della scimmia. Infine, nello Studio 4 abbiamo studiato il ruolo della corteccia somatosensoriale secondaria e insulare nella codifica dello sweeping. A questo scopo abbiamo eseguito registrazioni di singoli neuroni mentre la medesima scimmia soggetto sperimentale dello Studio 2 e 3, riceveva lo sweeping a due velocità, una ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs secondo gli studi umani e i risultati dei tre studi sopra citati, ed una non ottimale. I dati preliminari ottenuti, dimostrano che 1) (Studio 1) lo sweeping tra scimmie Rhesus viene eseguito con una velocità media di 9.31 cm/sec, all'interno dell'intervallo di attivazione delle fibre CT nell'uomo; 2) (Studio 2) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina una diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca se eseguito alla velocità di 5 e 10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 1 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina l'aumento della frequenza cardiaca e la diminuzione della variabilità di questa, quindi il decremento dell'attivazione del sistema nervoso parasimpatico; 3) (Studio 3) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina l'aumento della temperatura corporea a livello del muso della scimmia se eseguito alla velocità di 5-10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 5 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina la diminuzione della temperatura del muso; 4) (Studio 4) la corteccia somatosensoriale secondaria e la corteccia insulare posteriore presentano neuroni selettivamente modulati durante lo sweeping eseguito ad una velocità di 5-13 cm/sec ma non neuroni selettivi per la codifica della velocità dello sweeping minore di 5 cm/sec. Questi risultati supportano l'ipotesi di Dunbar relativa al coinvolgimento delle fibre CT durante lo sweeping. Infatti i dati mettono in luce che lo sweeping viene eseguito con una velocità (9.31 cm/sec), simile a quella di attivazione delle fibre CT nell'uomo (1-10 cm/sec), determina gli stessi effetti fisiologici positivi in termini di frequenza cardiaca (diminuzione) e variabilità della frequenza cardiaca (incremento) e la modulazione delle medesime aree a livello del sistema nervoso centrale (in particolare la corteccia insulare). Inoltre, abbiamo dimostrato per la prima volta che suddetta stimolazione tattile determina l'aumento della temperatura del muso della scimmia. Il presente studio rappresenta la prima prova indiretta dell'ipotesi relativa alla modulazione del sistema delle fibre C-LTMRs durante lo sweeping e quindi della codifica della stimolazione tattile piacevole affiliativa a livello del sistema nervoso centrale ed autonomo, nei primati non umani. I dati preliminari qui presentati evidenziano la somiglianza tra il sistema delle fibre CT dell'uomo e del sistema C-LTMRs nei primati non umano, riguardanti il Social Touch. Nonostante ciò abbiamo riscontrato alcune discrepanze tra i risultati da noi ottenuti e quelli invece ottenuti dagli studi umani. La velocità media dello sweeping è di 9.31 cm / sec, rasente il limite superiore dell’intervallo di velocità che attiva le fibre CT nell'uomo. Inoltre, gli effetti autonomici positivi, in termini di battito cardiaco, variabilità della frequenza cardiaca e temperatura a livello del muso, sono stati evidenziati durante lo sweeping eseguito con una velocità di 5 e 10 cm/sec, quindi al limite superiore dell’intervallo ottimale che attiva le fibre CT nell’uomo. Al contrario, lo sweeping eseguito con una velocità inferiore a 5 cm/sec e superiore a 10 cm/sec determina effetti fisiologici negativo. Infine, la corteccia insula sembra essere selettivamente modulata dallo stimolazione eseguita alla velocità di 5-13 cm/sec, ma non 1-5 cm/sec. Quindi, gli studi sul sistema delle fibre CT nell’uomo hanno dimostrato che la velocità ottimale è 1-10 cm/sec, mentre dai nostri risultati la velocità ottimale sembra essere 5-13 cm / sec. Quindi, nonostante l'omologia tra il sistema delle fibre CT nell'umano deputato alla codifica del tocco piacevole affiliativo ed il sistema delle fibre C-LTMRs nei primati non umani, ulteriori studi saranno necessari per definire con maggiore precisione la velocità ottimale di attivazione delle fibre C-LTMR e per dimostrare direttamente la loro attivazione durante lo sweeping, mediante la misurazione diretta della loro modulazione. Studi in questa direzione potranno confermare l'omologia tra lo sweeping in qualità di tocco affiliativo piacevole tra i primati non umani e la carezza tra gli uomini. Infine, il presente studio potrebbe essere un importante punto di partenza per esplorare il meccanismo evolutivo dietro la trasformazione dello sweeping tra primati non umani, azione utilitaria eseguita durante il grooming, a carezza, gesto puramente affiliativo tra gli uomini.

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Metriti ed endometriti sono le patologie maggiormente responsabili delle perdite economiche negli allevamenti bovini da latte, specialmente nel periodo successivo al parto. Mentre le metriti coinvolgono e si sviluppano in tutto l’utero e sono caratterizzate dalla presenza di sintomi sistemici, le endometriti consistono in una infiammazione che riguarda il solo endometrio, con la presenza di perdite purulente, distruzione della superficie epiteliale, congestione vascolare, edema stromale ed accumulo di linfociti e plasmacellule. Queste patologie, inoltre, possono causare, disfunzione ovarica, con conseguente infertilità e riduzione sia dell’efficienza riproduttiva della vacca sia della produzione stessa di latte. Nonostante queste malattie siano, nella maggior parte dei casi, correlate all’instaurarsi di infezioni batteriche, che possono subentrare nell’utero direttamente durante il parto, il ruolo di alcuni virus nello sviluppo di queste patologie è stato recentemente approfondito e la correlazione tra l’ Herpesvirus Bovino 4 e l’insorgere di metriti ed endometriti è stata dimostrata. L’ Herpesvirus Bovino 4 (BoHV-4) è un gamma-herpesvirus ed il suo genoma è costituito da una molecola lineare di DNA a doppio filamento con una struttura genomica di tipo B, caratterizzata dalla presenza di un’unica lunga sequenza centrale (LUR) fiancheggiata da multiple sequenze poli-ripetute (prDNA). BoHV-4 è stato isolato sia da animali sani sia da animali con differenti patologie, tra cui malattie oculari e respiratorie, ma soprattutto da casi di metriti, endometriti, vaginiti o aborti. Generalmente, il ruolo svolto dal virus in questo tipo di patologie è associato alla compresenza di altri tipi di patogeni, che possono essere virus, come nel caso del Virus Della Diarrea Virale Bovina (BVDV), o più frequentemente batteri. Usualmente, l’iniziale difesa dell’endometrio bovino nei confronti dei microbi si fonda sul sistema immunitario innato e l’attivazione di specifici recettori cellulari determina la sintesi e la produzione di citochine e chemochine pro infiammatorie, che possono essere in grado di modulare la replicazione di BoHV-4. Il genoma di BoHV-4 possiede due principali trascritti per i geni Immediate Early (IE), trai quali ORF50/IE2 è il più importante ed il suo prodotto, Rta/ORF50, è fortemente conservato tra tutti gli Herpesvirus. Esso è responsabile della diretta trans-attivazione di numerosi geni virali e cellulari e può essere modulato da differenti stimoli extracellulari. Precedentemente è stato dimostrato come il TNF-, prodotto dalle cellule stromali e dai macrofagi all’interno dell’endometrio, in conseguenza ad infezione batterica, sia in grado di aumentare la replicazione di BoHV-4 attraverso l’attivazione del pathway di NFkB e direttamente agendo sul promotore di IE2. Per queste ragioni, è risultato di forte interesse investigare quali potessero essere, invece, i fattori limitanti la replicazione di BoHV-4. In questo lavoro è stata studiata la relazione tra cellule endometriali stromali bovine infettate con l’Herpesvirus Bovino 4 e l’interferon gamma (IFN-) ed è stata dimostrata la capacità di questa molecola di restringere la replicazione di BoHV-4 in maniera IDO1 indipendente ed IE2 dipendente. Inoltre, la presenza di alcuni elementi in grado di interagire con l’ IFN-γ, all’interno del promotore di IE2 di BoHV-4, ha confermato questa ipotesi. Basandoci su questi dati, abbiamo potuto supporre l’esistenza di uno stretto vincolo tra l’attivazione dell’asse dell’interferon gamma e la ridotta replicazione di BoHV-4, andando a porre le basi per una nuova efficiente cura e prevenzione per le patologie uterine. Poiché il meccanismo corretto attraverso il quale BoHV-4 infetta l’endometrio bovino non è ancora ben compreso, è stato interessante approfondire in maniera più accurata l’interazione presente tra il virus ed il substrato endometriale, analizzando le differenze esistenti tra cellule infettate e non, in termini di espressione genica. Basandoci su dati preliminari ottenuti attraverso analisi con RNA sequencing (RNAseq), abbiamo visto come numerosi geni risultino over-espressi in seguito ad infezione con BoHV-4 e come, tra questi, la Metalloproteasi 1 sia uno dei più interessanti, a causa delle sue possibili implicazioni nello sviluppo delle patologie dell’endometrio uterino bovino. Successive analisi, effettuate tramite westernblotting e real time PCR, sono state in grado di confermare tale dato, sottolineando l’efficacia di un nuovo approccio sperimentale, basato sul RNAseq, per lo studio dell’insorgenza delle patologie.

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A vascularização tem um papel central na progressão tumoral e representa um alvo terapêutico de grande interesse. A inibição da angiogênese tem potencial de retardar a progressão tumoral e inibir metástase. Em decorrência disto, terapias anti-angiogênicas têm demonstrado ser promissora no controle do crescimento tumoral. Segundo a literatura, interferon-? (IFN?, ativador do sistema imune inato e adaptativo) e p19Arf (supressor de tumor e parceiro funcional de p53), quando estudados individualmente, alteram a vasculatura tumoral. Nosso grupo construiu e utilizou vetores adenovirais recombinantes portadores dos cDNAs de INFbeta e p19Arf e observou que a transferência desta combinação de genes induziu morte celular e diminuiu progressão tumoral, resultados foram observados em modelos murinos de melanoma B16 de terapia genica in situ, vacina profilática e vacina terapêutica. Neste trabalho, exploramos a ideia que a combinação dos vetores adenovirais portadores de INFbeta e p19Arf proporcionam efeitos anti-angiogênicos através de seu impacto em células endoteliais. Para averiguarmos essa hipótese, células endoteliais murinas (tEnd) foram transduzidas com os vetores adenovirais, revelando que o vetor Ad-p19 confere inibição da proliferação, formação de tubos, migração e induz aumento na expressão de genes relacionados a via de p53 e morte celular. O vetor Ad-IFNbeta sozinho ou adicionado em combinação com Ad-p19, não teve impacto significante nestes ensaios. Alternativamente, a influencia indireta, ou parácrina, nas células tEnd cultivadas juntamente com as células B16 transduzidas com os vetores adenovirais também foi investigada. Quando as células B16 foram transduzidas com Ad-IFNbeta ou a co-transdução Ad-IFNbeta+Ad-p19 em co-cultura com a linhagem tEnd, houve inibição da proliferação. Não observamos efeito inibitório na tEnd da co-cultura quando as células da B16 foram transduzidas somente com Ad-p19. Seguindo o ensaio de co-cultura, produzimos meio condicionado da B16 transduzida com os vetores e aplicamos esses meios nas células tEnd. Observamos que Ad-IFN, sozinho ou em combinação com Ad-19, diminuiu a viabilidade, proliferação e levou a morte das células tEnd. Neste trabalho, constamos que inibição de células endoteliais pode ser realizada por transdução direta com Ad-19 ou quando estas células são expostas ao ambiente modulado por células tumorais transduzidas com o vetor Ad-IFNbeta. Mesmo que a transferência gênica de ambos IFNbeta e p19Arf não demonstrou ser uma abordagem superior à aplicação dos genes isolados, observamos que nossa abordagem pode ter um impacto importante na inibição da angiogênese pelas células endoteliais

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We have examined the dynamical behavior of the kink solutions of the one-dimensional sine-Gordon equation in the presence of a spatially periodic parametric perturbation. Our study clarifies and extends the currently available knowledge on this and related nonlinear problems in four directions. First, we present the results of a numerical simulation program that are not compatible with the existence of a radiative threshold predicted by earlier calculations. Second, we carry out a perturbative calculation that helps interpret those previous predictions, enabling us to understand in depth our numerical results. Third, we apply the collective coordinate formalism to this system and demonstrate numerically that it reproduces accurately the observed kink dynamics. Fourth, we report on the occurrence of length-scale competition in this system and show how it can be understood by means of linear stability analysis. Finally, we conclude by summarizing the general physical framework that arises from our study.

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We investigate coupling of localized spins in a semiconductor quantum dot embedded in a microcavity. The lowest cavity mode and the quantum dot exciton are coupled and close in energy, forming a polariton. The fermions forming the exciton interact with localized spins via exchange. Exact diagonalization of a Hamiltonian in which photons, spins, and excitons are treated quantum mechanically shows that a single polariton induces a sizable indirect anisotropic exchange interaction between spins. At sufficiently low temperatures strong ferromagnetic correlations show up without an appreciable increase in exciton population. In the case of a (Cd,Mn)Te quantum dot, Mn-Mn ferromagnetic coupling is still significant at 1 K: spin-spin correlation around 3 for exciton occupation smaller than 0.3. We find that the interaction mediated by photon-polaritons is 10 times stronger than the one induced by a classical field for equal Rabi splitting.

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We analyzed the photoluminescence intermittency generated by a single paramagnetic spin localized in an individual semiconductor quantum dot. The statistics of the photons emitted by the quantum dot reflect the quantum fluctuations of the localized spin interacting with the injected carriers. Photon correlation measurements, which are reported here, reveal unique signatures of these fluctuations. A phenomenological model is proposed to quantitatively describe these observations, allowing a measurement of the spin dynamics of an individual magnetic atom at zero magnetic field. These results demonstrate the existence of an efficient spin-relaxation channel arising from a spin exchange with individual carriers surrounding the quantum dot. A theoretical description of a spin-flip mechanism involving spin exchange with surrounding carriers gives relaxation times in good agreement with the measured dynamics.

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We show that a quasi-two dimensional condensate of optically active excitons emits coherent light even in the absence of population inversion. This allows an unambiguous and clear experimental detection of the condensed phase. We prove that, due to the exciton–photon coupling, quantum and thermal fluctuations do not destroy condensation at finite temperature. Suitable conditions to achieve condensation are temperatures of a few K for typical exciton densities and the use of a pulsed and preferably circularly polarized, laser.

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Heavy metal-based quantum dots (QDs) have demonstrated to behave as efficient sensitizers in QD-sensitized solar cells (QDSSCs), as attested by the countless works and encouraging efficiencies reported so far. However, their intrinsic toxicity has arisen as a major issue for the prospects of commercialization. Here, we examine the potential of environmentally friendly zinc copper indium sulfide (ZCIS) QDs for the fabrication of liquid-junction QDSSCs by means of photoelectrochemical measurements. A straightforward approach to directly adsorb ZCIS QDs on TiO2 from a colloidal dispersion is presented. Incident photon-to-current efficiency (IPCE) spectra of sensitized photoanodes show a marked dependence on the adsorption time, with longer times leading to poorer performances. Cyclic voltammograms point to a blockage of the channels of the mesoporous TiO2 film by the agglomeration of QDs as the main reason for the decrease in efficiency. Photoanodes were also submitted to the ZnS treatment. Its effects on electron recombination with the electrolyte are analyzed through electrochemical impedance spectroscopy and photopotential measurements. The corresponding results bring out the role of the ZnS coating as a barrier layer preventing electron leakage toward the electrolyte, as argued in other QD-sensitized systems. The beneficial effect of the ZnS coating is ultimately reflected on the power conversion efficiency of complete devices, reaching values of 2 %. In a more general vein, through these findings, we aim to call the attention to the potentiality of this quaternary alloy, virtually unexplored as a light harvester for sensitized devices.

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The electrochemical reactivity of catechol-derived adlayers is reported at platinum (Pt) single-crystal electrodes. Pt(111) and stepped vicinal surfaces are used as model surfaces possessing well-ordered nanometer-sized Pt(111) terraces ranging from 0.4 to 12 nm. The electrochemical experiments were designed to probe how the control of monatomic step-density and of atomic-level step structure can be used to modulate molecule–molecule interactions during self-assembly of aromatic-derived organic monolayers at metallic single-crystal electrode surfaces. A hard sphere model of surfaces and a simplified band formation model are used as a theoretical framework for interpretation of experimental results. The experimental results reveal (i) that supramolecular electrochemical effects may be confined, propagated, or modulated by the choice of atomic level crystallographic features (i.e.monatomic steps), deliberately introduced at metallic substrate surfaces, suggesting (ii) that substrate-defect engineering may be used to tune the macroscopic electronic properties of aromatic molecular adlayers and of smaller molecular aggregates.

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Currently, one of the most attractive and desirable ways to solve the energy challenge is harvesting energy directly from the sunlight through the so-called artificial photosynthesis. Among the ternary oxides based on earth–abundant metals, bismuth vanadate has recently emerged as a promising photoanode. Herein, BiVO4 thin film photoanodes have been successfully synthesized by a modified metal-organic precursor decomposition method, followed by an annealing treatment. In an attempt to improve the photocatalytic properties of this semiconductor material for photoelectrochemical water oxidation, the electrodes have been modified (i) by doping with La and Ce (by modifying the composition of the BiVO4 precursor solution with the desired concentration of the doping element), and (ii) by surface modification with Au nanoparticles potentiostatically electrodeposited. La and Ce doping at concentrations of 1 and 2 at% in the BiVO4 precursor solution, respectively, enhances significantly the photoelectrocatalytic performance of BiVO4 without introducing important changes in either the material structure or the electrode morphology, according to XRD and SEM characterization. In addition, surface modification of the electrodes with Au nanoparticles further enhances the photocurrent as such metallic nanoparticles act as co-catalysts, promoting charge transfer at the semiconductor/solution interface. The combination of these two complementary ways of modifying the electrodes has resulted in a significant increase in the photoresponse, facilitating their potential application in artificial photosynthesis devices.