999 resultados para Cellule bêta pancréatique


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Riassunto Il linfoma è una delle neoplasie più diffuse nel gatto. Questa neoplasia è stata classificata in base alla localizzazione anatomica nella forma Mediastinica (che interessa il timo e/o i linfonodi mediastinici), Alimentare, Multicentrica (che interessa diversi linfonodi e/o la milza e/o il fegato, Extranodale (che coinvolge i reni, SNC o la cute). Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da diverse sottopopolazioni, che sono definite tramite immunofenotipizzazione ottenuta mediante tecniche immunoistochimiche (IHC), così che possano essere classificate come cellule B o T o non B/non T. I gatti infetti dal virus della leucemia felina (FeLV, Gammaretrovirus) presentano elevata incidenza di linfomi rispetto ai gatti non infetti. I meccanismi proposti di sviluppo neoplastico sono mutagenesi inserzionali o stimolazione persistente delle cellule immunitarie dell’ospite da parte di antigeni virali, i quali possono promuovere la trasformazione in senso maligno dei linfociti. Lo scopo di questo lavoro è stato esaminare i rilievi patologici, l’espressione di FeLV e l’immonofenotipo (B, T, nonB/nonT) nei reni felini affetti da linfoma. Abbiamo effettuato colorazione Ematossilina- Eosina ed Immunoistochimica per FeLV gp70, CD3 e CD79. Nello studio sono stati inclusi i tessuti di 49 gatti presentati all’Unità Operativa di Anatomia Patologica e Patologia Generale del Dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università degli studi di Parma. Il 39% dei casi (19/49) sono caratterizzati dalla presenza di lesioni linfomatose a livello renale. Questa popolazione è costituita dal 52,6% 3 (10/19) maschi e dal 47,4% (9/19) femmine. L’età è compresa tra 8 mesi e 17 anni ed in particolare 26,6% (5/19) sono giovani (0-2 anni), 47,4% (9/19) sono adulti (2-10 anni) e 26,3% (5/19) sono anziani (>10 anni). Per quanto riguarda la classificazione anatomica la forma renale appare primitiva in 5 casi (25%), in 8 casi (42%) appare secondaria a linfomi multicentrici, in 3 casi (15,7%) a linfomi mediastinici e in altri 3 casi (15,7%) a linfomi gastrici e intestinali. Per quanto riguarda l’immunofenotipizzazione sono risultati CD3 positivi il 73,7% (14/19) e CD3 negativi il 27,3% (5/19); CD79 alpha positivi il 26,3% (5/19) e CD79 alpha negativi il 73,7% (14/19); l’espressione della proteina gp70 è stata individuata nel 78,9% (15/19) delle neoplasie renali, mentre il 21,1% (4/19) non presentava espressione della proteina. Nei 4 anni presi in considerazione nello studio si evince un’elevata incidenza della localizzazione anatomica renale sul totale di linfomi osservati. Non si è notata correlazione statistica tra linfomi renali, età e sesso dei soggetti presi in esame ma vi è un’elevata percentuale di animali adulti ed anziani affetti dalla patologia. Nella valutazione fenotipica dell’infiltrato neoplastico si è osservata l’elevata espressione di CD3, caratterizzando i linfociti come appartenenti alla sottopopolazione T. Inoltre si è evidenziato come un elevato numero di cellule neoplastiche esprimano gp70; ciò permette di affermare che i linfociti neoplastici sono infettati dal virus FeLV, il quale inoltre è in attiva replicazione. I marker CD3 e gp70 sono risultati fortemente correlati statisticamente; si può affermare perciò che l’espansione clonale dei linfociti T è correlata alla presenza e replicazione del virus.

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CysK, uno degli isoenzimi di O-acetilserina sulfidrilasi (OASS) presenti in piante e batteri, è un enzima studiato da molto tempo ed il suo ruolo fisiologico nella sintesi della cisteina è stato ben definito. Recentemente sono state scoperte altre funzioni apparentemente non collegate alla sua funzione enzimatica (moonlighting). Una di queste è l’attivazione di una tossina ad attività tRNAsica, CdiA-CT, coinvolta nel sistema di inibizione della crescita da contatto (CDI) di ceppi patogeni di E. coli. In questo progetto abbiamo studiato il ruolo di CysK nel sistema CDI e la formazione di complessi con due differenti partner proteici: CdiA-CT e CysE (serina acetiltransferasi, l’enzima che catalizza la reazione precedente nella biosintesi della cisteina). I due complessi hanno le stesse caratteristiche spettrofluorimetriche e affinità molto simili, ma la cinetica di raggiungimento dell’equilibrio per il complesso tossina:CysK è più lenta che per il complesso CysE:CysK (cisteina sintasi). In entrambi i casi la formazione veloce di un complesso d’incontro è seguita da un riarrangiamento conformazionale che porta alla formazione di un complesso ad alta affinità. L’efficienza di formazione del complesso cisteina sintasi è circa 200 volte maggiore rispetto al complesso CysK:tossina. Una differenza importante, oltre alla cinetica di formazione dei complessi, è la stechiometria di legame. Infatti mentre CysE riesce a legare solo uno dei due siti attivi del dimero di CysK, nel complesso con CdiA-CT entrambi i siti attivi dell’enzima risultano essere occupati. Le cellule isogeniche esprimono un peptide inibitore della tossina (CdiI), e sono quindi resistenti all’azione tRNAsica. Tuttavia, siccome CdiI non altera la formazione del complesso CdiA-CT:CysK, CdiA-CT può esercitare comunque un ruolo nel metabolismo della cisteina e quindi nella fitness dei batteri isogenici, attraverso il legame e l'inibizione di CysK e la competizione con CysE. La via biosintetica della cisteina, un precursore di molecole riducenti, risulta essere molto importante per i batteri soprattutto in condizioni avverse come all’interno dei macrofagi nelle infezioni persistenti. Perciò questa via metabolica è di interesse per lo sviluppo di nuovi antibiotici, e in particolare le due isoforme dell’OASS negli enterobatteri, CysK e CysM, sono potenziali target per lo sviluppo di nuove molecole ad azione antibatterica. Partendo dall’analisi delle modalità di interazione con CysK del suo partner ed inibitore fisiologico, CysE, si è studiato dapprima l’interazione di pentapeptidi che mimassero la regione C-terminale di quest'ultimo, e in base ai dati ottenuti sono stati sviluppati piccoli ligandi sintetici. La struttura generale di questi composti è costituita da un gruppo acido ed un gruppo lipofilo, separati da un linker ciclopropanico che mantiene questi due gruppi in conformazione trans, ottimale per l’interazione col sito attivo dell’enzima. Sulla base di queste considerazioni, di docking in silico e di dati sperimentali ottenuti con la tecnica dell’STD-NMR e con saggi di binding spettrofluorimetrici, si è potuta realizzare una analisi di relazione struttura-attività che ha portato via via all’ottimizzazione dei ligandi. Il composto più affine che è stato finora ottenuto ha una costante di dissociazione nel range del nanomolare per entrambe le isoforme, ed è un ottimo punto di partenza per lo sviluppo di nuovi farmaci.

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Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.

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Le VIH infecte les cellules par fusion de sa membrane avec la membrane de la cellule cible. Cette fusion est effectuée par les glycoprotéines de l'enveloppe (Env) qui sont synthétisées en tant que précurseur, gp160, qui est ensuite clivé en gp120 et gp41. La protéine gp41 est la partie transmembranaire du complexe de l'enveloppe et l’ancre à la particule virale alors que la gp120 assure la liaison au récepteur cellulaire CD4 et corécepteur CCR5 ou CXCR4. Ces interactions successives induisent des changements de conformation d’Env qui alimentent le processus d'entrée du virus conduisant finalement à l'insertion du peptide de fusion de la gp41 dans la membrane de la cellule cible. La sous-unité extérieure gp120 contient cinq régions variables (V1 à V5), dont trois (V1, V2 et V3) étant capables d’empêcher l’adoption spontanée de la conformation liée à CD4. Cependant, le rôle de régions variables V4 et V5 vis-à-vis de ces changements de conformation reste inconnu. Pour étudier leur effet, des mutants de l'isolat primaire de clade B YU2, comprenant une délétion de la V5 ou une mutation au niveau de tous les sites potentiels de N-glycosylation de la V4 (PNGS), ont été générés. L'effet des mutations sur la conformation des glycoprotéines d'enveloppe a été analysé par immunoprécipitation et résonance de plasmon de surface avec des anticorps dont la liaison dépend de la conformation adopté par la gp120. Ni le retrait des PNGS de la V4 ni la délétion de V5 n’a affecté les changements conformationnels d’Env tels que mesurés par ces techniques, ce qui suggère que les régions variables V1, V2 et V3 sont les principaux acteurs dans la prévention de l’adoption de la conformation lié de CD4 d’Env.

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L’ubiquitination est une modification post-traductionnelle qui joue un rôle majeur dans la régulation d’une multitude de processus cellulaires. Dans cette thèse, je discuterai de la caractérisation de deux protéines, BRCA1 et BAP1, soit deux suppresseurs de tumeurs fonctionnellement reliés. BRCA1, une ubiquitine ligase qui catalyse la liaison de l’ubiquitine à une protéine cible, est mutée dans les cancers du sein et de l'ovaire. Il est bien établi que cette protéine aide à maintenir la stabilité génomique suite à un bris double brin de l’ADN (BDB), et ce, à l’aide d’un mécanisme de réparation bien caractérisé appelé recombinaison homologue. Cependant, les mécanismes de régulation de BRCA1 suite à des stresses génotoxiques n’impliquant pas directement un BDB ne sont pas pleinement élucidés. Nous avons démontré que BRCA1 est régulée par dégradation protéasomale suite à une exposition des cellules à deux agents génotoxiques reconnus pour ne pas directement générer des BDBs, soit les rayons UV, qui provoquent la distorsion de l’hélice d’ADN, et le méthyle méthanesulfonate (MMS), qui entraîne l’alkylation de l’ADN. La dégradation de BRCA1 est réversible et indépendante des kinases associées à la voie des PI3 kinase, soit ATM, ATR et DNA-PK, protéines qui sont rapidement activées par les dommages à l’ADN. Nous proposons que la dégradation de BRCA1 prévienne son recrutement intempestif, ainsi que celui des facteurs qui lui sont associés, à des sites de dommages d’ADN qui ne sont pas des BDBs, et que cette régulation coordonne la réparation de l’ADN. L’enzyme de déubiquitination BAP1 a initialement été identifiée comme une protéine capable d’interagir avec BRCA1 et de réguler sa fonction. Elle est également connue pour sa capacité à se lier avec les protéines du groupe Polycomb, ASXL1 et ASXL2. Cependant, l’importance de ces interactions n’a toujours pas été établie. Nous avons démontré que BAP1 forme deux complexes protéiques mutuellement exclusifs avec ASXL1 et ASXL2. Ces interactions sont critiques pour la liaison de BAP1 à l’ubiquitine ainsi que pour la stimulation de son activité enzymatique envers l’histone H2A. Nous avons également identifié des mutations de BAP1 dérivées de cancers qui empêchent à la fois son interaction avec ASXL1 et AXSL2, et son activité de déubiquitinase, ce qui fournit un lien mécanistique direct entre la déubiquitination de H2A et la tumorigenèse. Élucider les mécanismes de régulation de BRCA1 et BAP1 menera à une meilleure compréhension de leurs rôles de suppresseurs de tumeurs, permettant ainsi d’établir de nouvelles stratégies de diagnostic et traitement du cancer.

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L’arthrose (OA) est une maladie dégénérative très répondue touchant les articulations. Elle est caractérisée par la destruction progressive du cartilage articulaire, l’inflammation de la membrane synoviale et le remodelage de l’os sous chondral. L’étiologie de cette maladie n’est pas encore bien définie. Plusieurs études ont été menées pour élucider les mécanismes moléculaires et cellulaires impliqués dans le développement de l’OA. Les effets protecteurs du récepteur activé par les proliférateurs de peroxysomes gamma (PPARγ) dans l'OA sont bien documentés. Il a été démontré que PPARγ possède des propriétés anti-inflammatoires et anti-cataboliques. Aussi, plusieurs stimuli ont été impliqués dans la régulation de l’expression de PPARγ dans différents types cellulaires. Cependant, les mécanismes exacts responsables de cette régulation ainsi que le profil de l’expression de ce récepteur au cours de la progression de l’OA ne sont pas bien connus. Dans la première partie de nos travaux, nous avons essayé d’élucider les mécanismes impliqués dans l’altération de l’expression de PPARγ dans cette maladie. Nos résultats ont confirmé l’implication de l’interleukine-1β (IL-1β), une cytokine pro-inflammatoire, dans la réduction de l’expression de PPARγ au niveau des chondrocytes du cartilage articulaire. Cet effet coïncide avec l'induction de l’expression du facteur de transcription à réponse précoce de type 1 (Egr-1). En plus, la diminution de l'expression de PPARγ a été associée au recrutement d'Egr-1 et la réduction concomitante de la liaison de Sp1 au niveau du promoteur de PPARγ. Dans la deuxième partie de nos travaux, nous avons évalué le profil d’expression de ce récepteur dans le cartilage au cours de la progression de cette maladie. Le cochon d’inde avec OA spontanée et le chien avec OA induite par rupture du ligament croisé antérieur (ACLT) deux modèles animaux d’OA ont été utilisés pour suivre l’expression des trois isoformes de PPARs : PPAR alpha (α), PPAR béta (β) et PPAR gamma (γ) ainsi que la prostaglandine D synthase hématopoïétique (H-PGDS) et la prostaglandine D synthase de type lipocaline (L-PGDS) deux enzymes impliquées dans la production de l’agoniste naturel de PPARγ, la 15-Deoxy-delta(12,14)-prostaglandine J(2) (15d-PGJ2). Nos résultats ont démontré des changements dans l’expression de PPARγ et la L-PGDS. En revanche, l’expression de PPARα, PPARβ et H-PGDS est restée stable au fil du temps. La diminution de l’expression de PPARγ dans le cartilage articulaire semble contribuer au développement de l’OA dans les deux modèles animaux. En effet, le traitement des chondrocytes par de siRNA dirigé contre PPARγ a favorisé la production des médiateurs arthrosiques tels que l'oxyde nitrique (NO) et la métalloprotéase matricielle de type 13 (MMP-13), confirmant ainsi le rôle anti-arthrosique de ce récepteur. Contrairement à ce dernier, le niveau d'expression de la L-PGDS a augmenté au cours de la progression de cette maladie. La surexpression de la L-PGDS au niveau des chondrocytes humains a été associée à la diminution de la production de ces médiateurs arthrosiques, suggérant son implication dans un processus de tentative de réparation. En conclusion, l’ensemble de nos résultats suggèrent que la modulation du niveau d’expression de PPARγ, de la L-PGDS et d’Egr-1 au niveau du cartilage articulaire pourrait constituer une voie thérapeutique potentielle dans le traitement de l’OA et probablement d’autres formes d'arthrite.

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L'arthrose est une maladie multifactorielle complexe. Parmi les facteurs impliqués dans sa pathogénie, les certains prostaglandines exercent un rôle inflammatoire et d’autres un rôle protecteur. La prostaglandine D2 (PGD2) est bien connue comme une PG anti-inflammatoire, qui est régulée par l’enzyme «Lipocalin prostaglandine D-synthase». Avec l’inflammation de l'arthrose, les chondrocytes essaient de protéger le cartilage en activant certaines voies de récupération dont l'induction du gène L-PGDS. Dans cette étude, nous étudions la voie de signalisation impliquée dans la régulation de l'expression du (L-PGDS) sur les chondrocytes traités avec différents médiateurs inflammatoires. Le but de projet: Nous souhaitons étudier la régulation de la L-PGDS dans le but de concevoir des approches thérapeutiques qui peuvent activer la voie intrinsèque anti-inflammatoire. Méthode et conclusions: In vivo, l'arthrose a été suivie en fonction de l’âge chez la souris ou chirurgicalement suivant une intervention au niveau des genoux de souris. Nous avons confirmé les niveaux d’expression de L-PGDS histologiquement et par immunohistochimie. In vitro, dans les chondrocytes humains qui ont été traités avec différents médiateurs de l'inflammation, nous avons observé une augmentation de l’expression de la L-PGDS dose et temps dépendante. Nous avons montré, in vivo et in vitro que l’inflammation induit une sécrétion chondrocytaire de la L-PGDS dans le milieu extracellulaire. Enfin, nous avons observé la production de différentes isoformes de la L-PGDS en réponse à l'inflammation.

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Le cancer de l’ovaire (COv) est le cancer gynécologique le plus létal chez la femme et les traitements existants, chirurgie et chimiothérapie, ont peu évolué au cours des dernières décennies. Nous proposons que la compréhension des différents destins cellulaires tels que la sénescence que peuvent choisir les cellules du cancer de l’ovaire en réponse à la chimiothérapie pourrait conduire à de nouvelles opportunités thérapeutiques. La sénescence cellulaire a été largement associée à l’activité de la protéine TP53, qui est mutée dans plus de 90% des cas de cancer de l’ovaire séreux de haut grade (COv-SHG), la forme la plus commune de la maladie. Dans nos travaux, à partir d’échantillons dérivés de patientes, nous montrons que les cultures primaires du cancer de l’ovaire séreux de haut grade exposées au stress ou à des drogues utilisées en chimiothérapie entrent en senescence grâce à l’activité d’un isoforme du gène CDKN2A (p16INK4A). Dans ces cellules, nous avons évalué les caractéristiques fondamentales de la sénescence cellulaire tels que les altérations morphologiques, l’activité béta galactosidase associée à la sénescence, les dommages à l’ADN, l’arrêt du cycle cellulaire et le phénotype sécrétoire associé à la sénescence. En utilisant des micromatrices tissulaires construites à partir d’échantillons humains de COv-SHG pré- et post-chimiothérapie, accompagnées de leurs données cliniques, nous avons quantifié des marqueurs de sénescence incluant une diminution de la prolifération cellulaire quelques semaines après chimiothérapie. De façon intéressante, l’expression de p16INK4A dans les échantillons de COv-SHG prétraitement corrèle avec une survie prolongée des patientes suite au traitement. Ceci suggère ainsi pour la première fois un impact biologique bénéfique pour la présence de cellules cancéreuses qui sont capable d’activer la sénescence, particulièrement pour le traitement du cancer de l’ovaire. Dans le but de complémenter les thérapies actuelles avec des approches de manipulation pharmacologique de la sénescence, nos résultats suggèrent qu’il serait important de déterminer l’impact positif ou négatif de la sénescence induite par la thérapie sur la progression de la maladie et la survie, pour chaque type de cancer de façon indépendante.

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L’évolution d’une cellule tumorale initiée à une tumeur solide nécessite, à chaque étape, un microenvironnement favorable à sa survie et à sa croissance. Le microenvironnement tumoral est comparé à un foyer d’inflammation chronique dont la composition cellulaire et moléculaire est complexe. Les cellules souches mésenchymateuses (CSM) représentent l’un des principaux acteurs cellulaires présents. Elles migrent vers les sites tumoraux où elles soutiennent l’inflammation, l’angiogenèse et le développement tumoral en activant plusieurs voies de signalisation. Une des voies majeures qui contribuent à l’inflammation est la voie de signalisation NF-B. L’initiation de cette voie provient de la membrane cellulaire entre autres des cavéoles. Nous soumettons l’hypothèse que l’une des cavines, protéines associées aux cavéoles, modulerait le phénotype inflammatoire etou migratoire dans les CSM traitées à la cytokine TNF- (facteur de nécrose tumorale ) en modulant la voie de signalisation NF-B. En effet, nous avons observé une régulation à la hausse de l’expression de la COX-2 (cyclooxygénase-2) et une diminution de l’expression d’IκB qui sont synonymes de l’activation de la voie NF-B dans les CSM que nous avons traitées au TNF-. Nous avons trouvé que le TNF- induit la migration des CSM, et que la répression génique de la Cavine-2 augmente significativement la migration des CSM traitées par le TNF-. La répression génique de la Cavine-2 vient aussi amplifier la tubulogenèse dans les CSM en réponse au TNF-. D’un point de vue moléculaire, la répression génique de la Cavine-2 a montré une très forte amplification de l'expression protéique de la COX-2 dans les CSM en réponse au TNF-. Dans ces mêmes cellules où la Cavine-2 a été réprimée, et suite à un traitement au TNF-, le pic de phosphorylation est plus intense et la courbe de phosphorylation est plus prolongée dans le temps. Ces observations nous permettent d’affirmer que la Cavine-2 a un rôle répresseur sur l’expression de COX-2. Collectivement, nos résultats montrent que la Cavine-2 peut être proposée comme un gène suppresseur de tumeur et est de ce fait, une bonne cible thérapeutique dans les CSM qui permettraient d’agir à des stades précoces du développement tumoral.

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L’initiation de la leucémogénèse dans la leucémie aigue lymphoblastique (LAL)-T résulte de l’activation aberrante de facteurs de transcription de la lignée lymphocytaire T. Nous démontrons que les gènes de fusion NUP98-PHF23 (NP23) et NUP98-HOXD13 (NHD13) reprogramment les thymocytes normaux en cellules souches pré-leucémiques (CS-préL) possédant un potentiel aberrant d’auto-renouvellement. Basé sur des essais de clonalité performés sur des thymocytes transplantés en série, nous avons découvert que cette population est hiérarchisée similairement aux cellules souches hématopoïétiques normales. Ces CS-préL dévoilent un enrichissement du compartiment de précurseurs thymiques immatures KIT+ où les deux oncogènes, NP23 et NHD13, activent des gènes impliqués dans l’autorenouvellement, incluant Hoxa9, Hoxa10, Lyl1 et Hhex. De plus, l’activité d’autorenouvellement est abrogée par les ARN interférents contre Lyl1 et Hhex, indiquant leur implication fonctionnelle en aval de NP23 et NHD13. Puisque ces gènes sont aussi activés en aval de trois autres oncogènes dans la LAL-T, SCL/TAL1, LMO1 et LMO2, nous concluons que les niveaux d’activation de Lyl1 et Hhex fixent le seuil de reprogrammation des thymocytes normaux en CS-préL. Malgré l'efficacité des traitements de chimiothérapie actuels à diminuer la masse tumorale, les CS-préL sont épargnées, pouvant mener à des rechutes. Nos résultats répondent à ce besoin et proposent de nouvelles avenues permettant de cibler les CS-préL du compartiment de thymocytes immatures dans la LAL-T.

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"Index bibliographique": p. [533]-544.

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Each plate accompanied by guard sheet with descriptive letterpress.

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"Extrait de la Revue 'La Cellule', t. XVI, 1. fascicule." p. [63]-176.

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Socialist Republic of Vietnam's reform process in the telecommunications sector - obligations imposed on Vietnam by the Bilateral Trade Agreement (BTA) - the regulatory framework required by the General Agreement on Trade in Services (GATS) and the associated, telecommunications-specific WTO agreements - institutional and political problems that may hinder full implementation of these international obligations.