952 resultados para ZOONOSIS - DIAGNOSTICO
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A novel virus, designated swine hepatitis E virus (swine HEV), was identified in pigs. Swine HEV crossreacts with antibody to the human HEV capsid antigen. Swine HEV is a ubiquitous agent and the majority of swine ≥3 months of age in herds from the midwestern United States were seropositive. Young pigs naturally infected by swine HEV were clinically normal but had microscopic evidence of hepatitis, and developed viremia prior to seroconversion. The entire ORFs 2 and 3 were amplified by reverse transcription–PCR from sera of naturally infected pigs. The putative capsid gene (ORF2) of swine HEV shared about 79–80% sequence identity at the nucleotide level and 90–92% identity at the amino acid level with human HEV strains. The small ORF3 of swine HEV had 83–85% nucleotide sequence identity and 77–82% amino acid identity with human HEV strains. Phylogenetic analyses showed that swine HEV is closely related to, but distinct from, human HEV strains. The discovery of swine HEV not only has implications for HEV vaccine development, diagnosis, and biology, but also raises a potential public health concern for zoonosis or xenozoonosis following xenotransplantation with pig organs.
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Riassunto I biomarcatori o “marcatori biologici” svolgono un ruolo fondamentale nel monitoraggio biologico. In questo lavoro ci siamo soffermati sullo studio di biomarcatori di effetto e di esposizione a xenobiotici ambientali. Nel primo caso abbiamo valutato i micro RNA (miRNA) da utilizzare per la diagnosi precoce del tumore al polmone in matrici di facile accesso, quale il CAE e il plasma, utilizzando il miRNA-21, oncogeno, e il miRNA-486, oncosoppressore. I risultati evidenziano una loro capacità di distinguere correttamente i soggetti con tumore polmonare dai soggetti sani, ipotizzando un loro utilizzo a scopo diagnostico. Nella seconda parte del lavoro di tesi sono stati studiati i biomarcatori di esposizione a benzene per valutare gli effetti dell’esposizione a concentrazioni ambientali su bambini residenti in città e a diverso livello di urbanizzazione. Lo studio ha evidenziato una correlazione dose-effetto fra le concentrazioni di benzene e dei suoi metaboliti urinari e un danno ossidativo a livello degli acidi nucleici. Tuttavia, le concentrazioni di benzene urinario non sono influenzate dal grado di industrializzazione, a differenza dell’S-PMA e degli indicatori di stress ossidativo (8-oxodGuo e 8-oxoGuo) che sembrano risentire sia della residenza che del momento del campionamento. Infine abbiamo ricercato possibili biomarcatori di esposizione a vinilcicloesene (VCH), sottoprodotto industriale nella polimerizzazione del 1,3-butadiene, poiché non sono ancora stati proposti BEI di riferimento nonostante i bassi valori di TLV-TWA (0.1 ppm) proposti dall’ACGIH. Nella prima fase del lavoro abbiamo studiato i meccanismi di tossicità del VCH tramite modelli in vitro, testando varie linee cellulari. I risultati evidenziano come la dose reale di VCH sia di molto inferiore a quella nominale per effetto dell’evaporazione. Inoltre, nelle linee cellulari più sensibili si sono evidenziati effetti citostatici, con alterazioni del ciclo cellulare, a differenza dell’esposizione agli epossidi del VCH, il VCD e l’1,2-VCHME, che determinano lisi cellulare con IC50 di 3 ordini di grandezza inferiori a quelli del VCH. La quantificazione dei metaboliti di I fase e di II fase del VCH nelle linee cellulari epatiche ha evidenziato concentrazioni di circa 1000 volte inferiori a quelle del VCH confermando come la sua tossicità sia principalmente dovuta alla produzione degli intermedi epossidici. La trasformazione nei metaboliti di II fase conferma inoltre l’effetto detossificante del metabolismo. La trasferibilità dei risultati ottenuti in vitro su sistemi in vivo fornirà le basi per poter identificare possibili metaboliti da proporre per il monitoraggio biologico di lavoratori esposti a VCH. PAROLE CHIAVE: biomarcatori di effetto e di esposizione, tumore al polmone, miRNA, benzene, vinilcicloesene.
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L’apparato respiratorio rappresenta il bersaglio di numerose sostanze tossiche aerodisperse che rivestono un ruolo chiave nella patogenesi della maggior parte delle patologie polmonari e pleuriche, sia benigne che maligne. Nonostante per alcune di esse siano noti specifici fattori di rischio, le sole attività di prevenzione primaria non sono sufficienti a limitarne la diffusione. Si rende quindi necessario attuare adeguate misure di prevenzione secondaria per la diagnosi di malattie potenzialmente curabili allo stadio iniziale, in modo da aumentare l’efficacia dei trattamenti terapeutici e le possibilità di guarigione. Un approccio non invasivo per lo studio dei meccanismi fisiopatologici alla base delle patologie polmonari e pleuriche potrebbe essere effettuato anche con nuove metodiche (es. naso elettronico), al fine di identificare e validare nuovi biomarcatori per un più specifico approccio diagnostico. Il lavoro scientifico ha riguardato inizialmente l’identificazione di un indicatore o di un gruppo di indicatori dotati di potere diagnostico sufficientemente elevato per poter discriminare precocemente, nell’ambito di soggetti con pregressa esposizone ad asbesto, patologie benigne, sia polmonari che pleuriche, da patologie maligne. Successivamente l’attenzione è stata rivolta alla diagnosi precoce di patologie neoplastiche a carico del solo parenchima polmonare, valutando il potere discriminante di un pattern di composti organici volatili (VOCs, tra cui pentano, 2-metilpentano, esano, etilbenzene, eptanale e trans-2-nonenale) raccolti con metodiche non invasive e dotati di potere diagnostico tale da discriminare patologie benigne da patologie maligne potenzialmente curabili in soggetti ad alto rischio di sviluppare cancro del polmone. Infine abbiamo tentato di ottimizzare i parametri di impostazione e raccolta di un nuovo strumento: il naso elettronico. Su di esso esistono alcuni lavori in letteratura in cui ne vengono descritte le potenzialità in ambito diagnostico per il riconoscimento di specifici pattern suggestivi di patologie polmonari, sia flogistiche (TBC, BPCO) che neoplastiche (mesotelioma, NSCLC). Purtroppo nessuno di questi lavori definisce le condizioni ottimali di utilizzo, i limiti dello strumento e le interferenze di fattori ambientali e soggettivi riguardo al segnale elaborato. Il lavoro si è concentrato soprattutto sull’indagine delle condizioni ottimali di utilizzo e sull’eventuale condizionamento del segnale da parte di determinate variabili ambientali (es. umidità) o individuali (es. fumo, cibo, alcol).
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A leishmaniose visceral é uma zoonose de grande importância para a saúde pública, com ampla distribuição geográfica e epidemiologia complexa. Apesar de diversas estratégias de controle, a doença continua se expandindo, tendo o cão como principal reservatório. Levando em consideração que análises espaciais são úteis para compreender melhor a dinâmica da doença, avaliar fatores de risco e complementar os programas de prevenção e controle, o presente estudo teve como objetivo caracterizar a distribuição da leishmaniose visceral canina e relacionar sua dinâmica com características ou feições espaciais no município de Panorama (SP). A partir de dados secundários coletados em um inquérito sorológico entre agosto de 2012 e janeiro de 2013, 986 cães foram classificados como positivos e negativos de acordo com o protocolo oficial do Ministério da Saúde. Posteriormente uma análise espacial foi conduzida, compreendendo desde a visualização dos dados até a elaboração de um mapa de risco relativo, passando por análises de cluster global (função K) e local (varredura espacial). Para avaliar uma possível relação entre o cluster detectado com a vegetação na área de estudo, calculou-se o Índice de Vegetação por Diferença Normalizada (NDVI). A prevalência da doença encontrada na população de cães estudada foi de 20,3% (200/986). A visualização espacial demonstrou que tanto animais positivos quanto negativos estavam distribuídos por toda a área de estudo. O mapa de intensidade dos animais positivos apontou duas localidades de possíveis clusters, quando comparado ao mapa de intensidade dos animais negativos. As análises de cluster confirmaram a presença de um aglomerado e um cluster foi detectado na região central do município, com um risco relativo de 2,63 (p=0,01). A variação espacial do risco relativo na área de estudo foi mapeada e também identificou a mesma região como área significativa de alto risco (p<0,05). Não foram observadas diferenças no padrão de vegetação comparando as áreas interna e externa ao cluster. Sendo assim, novos estudos devem ser realizados com o intuito de compreender outros fatores de risco que possam ter levado à ocorrência do cluster descrito. A prevalência, a localização do cluster espacial e o mapa de risco relativo fornecem subsídios para direcionamento de esforços do Setor de Vigilância Epidemiológica de Panorama para áreas de alto risco, o que pode poupar recursos e aperfeiçoar o controle da leishmaniose visceral no município.
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La leishmaniosis canina (Lcan) causada por Leishmania infantum es una zoonosis de distribución mundial endémica en la cuenca mediterránea. Es transmitida a humanos y animales mediante la picadura de las hembras de flebotomos, siendo el perro tanto un hospedador natural como el principal reservorio. Las manifestaciones clínicas de la infección por L. infantum en el perro son muy variables, desde una infección subclínica crónica hasta una enfermedad grave, que puede ser fatal. Debido a su compleja patogénesis y al importante papel que juega la respuesta inmunitaria, tanto el diagnóstico como el tratamiento y prevención de esta enfermedad son un reto desde el punto de vista veterinario y de Salud Pública. El objetivo fundamental de esta Tesis Doctoral ha sido encontrar nuevas alternativas tanto diagnósticas como terapéuticas en la Lcan. En cuanto al diagnóstico se ha evaluado el uso de muestras obtenidas de forma menos invasiva y dolorosa, y mejor aceptadas por los perros y por ende por sus propietarios. Y con respecto al tratamiento, se han evaluado dos nuevas moléculas buscando que sea más económico, eficaz, bien tolerado y de fácil administración. Para ello se han realizado tres ensayos clínicos: los dos primeros con un modelo experimental canino y el tercero en perros con infección natural por L. infantum. Para los dos primeros ensayos se empleó el mismo modelo experimental canino, que consistió en ocho perras de raza Beagle infectadas experimentalmente con L. infantum, a razón de 5x107 promastigotes/ml por vía intravenosa...
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Introducción: Las respuestas anómalas tras la ingestión de alimentos es un hecho ampliamente conocido y frecuente. Se pueden producir diferente tipo de reacciones, entre las cuales destacan la alergia alimentaria y la intolerancia alimentaria. Objetivos: Elaborar un protocolo de actuación que permita realizar un proceso estandarizado a la hora de desarrollar un diagnostico precoz y plantear un plan de cuidado apropiado y específico para cada usuario. Material y métodos: Para operacionalizar la búsqueda en las bases de datos fue utilizado los descriptores enfermería, AP, intolerancia, alergia, infancia, celiaquía con este fin fueron consultadas las siguientes bases indexadoras PubMed, cuiden y Google académico. Resultados: En España, en un periodo de 15 años (desde 1997 a 2012) han pasado de existir 800.000 a 3 millones de personas que padecen reacciones adversas a los alimentos. Con respecto a las alergias alimentarias podemos decir que es la segunda más frecuente. Afecta a uno de cada 50 niños. La prevalencia real en adultos es del 2%, sin embargo la incidencia en la población infantil es del 3-7%. Conclusiones: Es importante la acción de enfermería en la detección de casos intolerancias o alergias. Es importante el papel de la enfermería en el seguimiento de múltiples enfermedades crónicas o no, debido al contacto que tenemos con el usuario. Es necesario fomentar la comunicación entre los profesionales del equipo de atención primaria, para mejorar la calidad asistencial y facilitar el diagnóstico, tratamiento y seguimiento de las diversas enfermedades.
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Los objetivos del Jardín Zoológico de Córdoba son, (en correlación a lo planteado en la Estrategia Global para la Conservación en los Zoológicos modernos, 1993): la educación de sus visitantes, la investigación de aspectos relacionados con la fauna y flora autóctona y la conservación de la naturaleza y sus recursos y finalmente la recreación de quienes vienen a este lugar. En la actualidad, existen programas y campañas enfocadas a educar a los visitantes sobre el respeto y protección del ambiente, como así también equipos multidisciplinarios encargados de cuidar la salud, nutrición y reproducción de las especies dentro del Zoológico. Esto último se logra gracias a programas de investigación que se realizan en conjunto con otras instituciones, contribuyendo directamente a incrementar el conocimiento. Dentro de estos programas de investigación se destaca el monitoreo hormonal no invasivo en fauna silvestre, considerado como una herramienta precisa para evaluar la respuesta de estrés en fauna en condiciones tanto in situ como ex situ. El análisis hormonal de metabolitos esteroideos para evaluar la función reproductiva y las respuestas de estrés en aves y en mamíferos está convirtiéndose en una estrategia común en el campo de la zoología. Los avances científicos en la temática aportan información relevante para las ciencias del comportamiento, de la fisiología reproductiva y del estrés, cuyos datos analizados son útiles para la toma de decisiones de manejo de animales en condiciones in situ como ex situ. En Córdoba, Argentina, a través de un proyecto de monitoreo hormonal no invasivo en fauna silvestre, se formalizó durante el 2011 por primera vez un convenio marco (expediente aprobado 1739/11-CONICET central) entre el Jardín Zoológico de Córdoba y el CONICET, que tiene por objeto establecer vínculos de cooperación científica y tecnológica durante 5 años. Hasta el momento se realizaron diferentes investigaciones científicas conjuntamente a la formación de recursos humanos a nivel de grado y posgrado, cuyos productos puedan constituir una base de datos para mejorar el diagnostico y el manejo de fauna silvestre. En 2011, se determinaron los efectos del enriquecimiento ambiental con énfasis en la modificación de la dieta sobre la actividad adrenocortical y el comportamiento de osos meleros (Tamandua tetradactyla); en el 2012, se comenzó con la validación del monitoreo hormonal no invasivo de respuestas de estrés de la mara (Dolichotis patagonum); y en el 2013 se está trabajando en la evaluación de la respuesta de estrés al transporte en el manejo de osos hormigueros (Myrmecophaga tridactyla) durante la reintroducción a su ambiente natural. Estas tareas se realizan en colaboración con especialistas de la UNC-CONICET, de la Universidad de Medicina Veterinaria (Viena, Austria) y del Instituto de Biología de la Conservación del Smithsonian (Front Royal, Estados Unidos). Dada la larga trayectoria de trabajo en conjunto mencionada, es que surge la inquietud de concretar de manera formal, práctica y colaborativa la difusión de los resultados obtenidos. De esta forma, se elabora el presente proyecto de transferencia establecido en conjunto con el IIByT /CONICET-UNC (personal del Instituto de Ciencia y Tecnología de los alimentos); que pretende no sólo llegar a otros científicos, zoólogos e interesados en el monitoreo hormonal no invasivo, sino tambien al personal del Zoológico. Esto incluye a cuidadores, veterinarios y biólogos, con el fin de informar y fomentar el bienestar animal y estandarizar protocolos de trabajos para la aplicación del monitoreo hormonal no invasivo.
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En la Provincia de Córdoba, los accidentes generados por animales peligrosos, especialmente serpientes, constituyen una importante problemática social a nivel de gobierno. Son afectados los trabajadores rurales, hacheros y carboneros del monte, cortadores de ladrillos, mineros, obreros viales, etc., es decir los habitantes de pequeñas comunidades rurales que viven en contacto con los ambientes en donde se encuentran habitualmente las serpientes, con el consecuente riesgo para su salud. Además, hay víctimas ocasionales como policías y bomberos, acampantes y turistas. Los ataques de serpientes venenosas, aunque no son frecuentes, pueden causar la muerte y los accidentados deben recurrir a una atención médica especializada para salvar su vida. Las estadísticas indican que anualmente se producen en Argentina unos 500 casos anuales, de los cuales 70-90 corresponden a la Provincia de Córdoba. Es importante destacar la estrecha interrelación entre las ciencias biológicas y las ciencias médicas en el objetivo de crear un marco de seguridad social a las poblaciones afectadas, ya que, por tratarse de una zoonosis, deben ser contemplados aspectos que hacen a la bio-ecología del animal agresor, como así también los relacionados con el diagnóstico y tratamiento del accidentado. Los biólogos aportan el conocimiento sobre las características biológicas, ecología y distribución geográfica de las poblaciones de serpientes. Los profesionales médicos son los encargados de atender a los accidentados pero, debido a la alta rotación que se manifiesta en los hospitales públicos, se hace necesario insistir permanentemente en la capacitación de los mismos. Los programas de educación para la salud orientados hacia la problemática del ofidismo y las serpientes peligrosas de la Provincia de Córdoba, son una herramienta didáctica indispensable para el proceso de formación continua de nuestros profesionales de la salud. En este sentido, el Centro de Zoología Aplicada, a través de cursos a profesionales y a organismos de seguridad, y la Facultad de Ciencias Médicas, a través de su presencia en los hospitales públicos, cuentan con una basta experienciaen la aplicación de estos programas. El Ministerio de Ciencia y Tecnología de la Provincia de Córdoba promueve la difusión del conocimiento científico y tecnológico hacia la sociedad en su conjunto. En este marco, es de particular relevancia la transferencia hacia el sector de salud de los conocimientos adquiridos durante años de experiencia por la Universidad a través de sus institutos de investigación y su acción en los hospitales públicos.
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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014
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BACKGROUND The metacestode of the tapeworm Echinococcus multilocularis is the causative agent of alveolar echinococcosis, a lethal zoonosis. Infections are initiated through establishment of parasite larvae within the intermediate host's liver, where high concentrations of insulin are present, followed by tumour-like growth of the metacestode in host organs. The molecular mechanisms determining the organ tropism of E. multilocularis or the influences of host hormones on parasite proliferation are poorly understood. RESULTS Using in vitro cultivation systems for parasite larvae we show that physiological concentrations (10 nM) of human insulin significantly stimulate the formation of metacestode larvae from parasite stem cells and promote asexual growth of the metacestode. Addition of human insulin to parasite larvae led to increased glucose uptake and enhanced phosphorylation of Echinococcus insulin signalling components, including an insulin receptor-like kinase, EmIR1, for which we demonstrate predominant expression in the parasite's glycogen storage cells. We also characterized a second insulin receptor family member, EmIR2, and demonstrated interaction of its ligand binding domain with human insulin in the yeast two-hybrid system. Addition of an insulin receptor inhibitor resulted in metacestode killing, prevented metacestode development from parasite stem cells, and impaired the activation of insulin signalling pathways through host insulin. CONCLUSIONS Our data indicate that host insulin acts as a stimulant for parasite development within the host liver and that E. multilocularis senses the host hormone through an evolutionarily conserved insulin signalling pathway. Hormonal host-parasite cross-communication, facilitated by the relatively close phylogenetic relationship between E. multilocularis and its mammalian hosts, thus appears to be important in the pathology of alveolar echinococcosis. This contributes to a closer understanding of organ tropism and parasite persistence in larval cestode infections. Furthermore, our data show that Echinococcus insulin signalling pathways are promising targets for the development of novel drugs.
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Q fever is a common zoonosis worldwide. Awareness of the disease and newer diagnostic modalities have resulted in increasing recognition of unusual manifestations. We report 3 cases of Q fever osteomyelitis in children and review the literature on 11 other reported cases. The cases demonstrate that Coxiella burnetii can cause granulomatous osteomyelitis that presents without systemic symptoms and frequently results in a chronic, relapsing, multifocal clinical course. Optimal selection and duration of antimicrobial therapy and methods of monitoring therapy are currently uncertain.
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Schistosomiasis japonica is a zoonosis of major public health importance in southern China. We undertook a drug intervention to test the hypothesis that buffalo are major reservoirs for human infection in the marshlands/lake areas, where one million people are infected. We compared human and buffalo infection rates and intensity in an intervention village (Jishan), where humans and buffalo were treated with praziquantel, and a control village (Hexi), where only humans were treated, in the Poyang Lake region. Over the four-year study, human incidence in Jishan decreased but increased in Hexi. Adjustment of incidence by age, sex, water exposure, year, and village further confirmed the decreased human infection in Jishan. Chemotherapy for buffaloes resulted in a decrease in buffalo infection rates in Jishan, which coincided with the reduction in human infection rates there in the last two years of the study. Mathematical modeling predicted that buffalo are responsible for 75% of human transmission in Jishan. Copyright © 2006 by The American Society of Tropical Medicine and Hygiene.
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The increasing in world population, with higher proportion of elderly, leads to an increase in the number of individuals with vision loss and cataracts are one of the leading causes of blindness worldwide. Cataract is an eye disease that is the partial or total opacity of the crystalline lens (natural lens of the eye) or its capsule. It can be triggered by several factors such as trauma, age, diabetes mellitus, and medications, among others. It is known that the attendance by ophthalmologists in rural and poor areas in Brazil is less than needed and many patients with treatable diseases such as cataracts are undiagnosed and therefore untreated. In this context, this project presents the development of OPTICA, a system of teleophthalmology using smartphones for ophthalmic emergencies detection, providing a diagnostic aid for cataract using specialists systems and image processing techniques. The images are captured by a cellphone camera and along with a questionnaire filled with patient information are transmitted securely via the platform Mobile SANA to a online server that has an intelligent system available to assist in the diagnosis of cataract and provides ophthalmologists who analyze the information and write back the patient’s report. Thus, the OPTICA provides eye care to the poorest and least favored population, improving the screening of critically ill patients and increasing access to diagnosis and treatment.
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La Cartella Clinica Elettronica è lo strumento d’eccellenza per la condivisione e il recupero dei dati clinici e per la gestione organica e strutturata dei dati riferiti alla storia clinica di un paziente. Garantisce il supporto dei processi clinici (diagnostico-terapeutici) e d’assistenza nei singoli episodi di cura e favorisce la continuità di cura. In questo nuovo scenario acquista rilevanza il contributo degli infermieri ai processi sanitari e al percorso diagnostico-terapeutico di competenza medica, nonché l’affermarsi del processo assistenziale di specifica competenza infermieristica. Nasce l’esigenza di progettare e sviluppare un valido sistema informativo, indispensabile per documentare sistematicamente ogni attività infermieristica, ottenere informazioni utili per la pianificazione, la gestione e la valutazione dei percorsi assistenziali e per migliorare l’assistenza. Il seguente progetto di tesi sperimentale ha come obiettivo la digitalizzazione delle documentazione infermieristica,in accordo con le esigenze del personale clinico in un ambito realmente operativo di reparto ospedaliero, al fine di realizzare uno strumento informativo semplice ma efficace, in grado di rendere agevole la registrazione dell’attività clinica quotidiana. Per iniziare la trattazione, sono forniti elementi introduttivi e propedeutici ad una comprensione più esaustiva del sistema che verrà integrato con le schede infermieristiche digitali. Si procede con la descrizione delle fasi di sviluppo che hanno portato all’informatizzazione delle schede infermieristiche, analizzando sia gli studi preliminari che gli strumenti utilizzati per la loro realizzazione. Il lavoro si conclude con la presentazione e discussione di un prototipo al personale infermieristico referente, così da mostrare al cliente l’effettiva funzionalità della cartella infermieristica e il flusso di utilizzo per avere un riscontro preliminare su leggibilità ed organicità dei documenti.
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La tecnica di Diffusion Weighted Imaging (DWI) si basa sullo studio del moto diffusivo delle molecole d’acqua nei tessuti biologici ed è in grado di fornire informazioni sulla struttura dei tessuti e sulla presenza di eventuali alterazioni patologiche. Il più recente sviluppo della DWI è rappresentato dal Diffusion Tensor Imaging (DTI), tecnica che permette di determinare non solo l’entità, ma anche le direzioni principali della diffusione. Negli ultimi anni, grazie ai progressi nella tecnica di risonanza magnetica, l’imaging di diffusione è stato anche applicato ad altri distretti anatomici tra cui quello renale, per sfruttarne le potenzialità diagnostiche. Tuttavia, pochi sono ancora gli studi relativi all’applicazione delle metodiche di diffusione per la valutazione della malattia policistica renale autosomica dominante (ADPKD). ADPKD è una delle malattie ereditarie più comuni ed è la principale causa genetica di insufficienza renale dell’adulto. La caratteristica principale consiste nella formazione di cisti in entrambi i reni, che progressivamente aumentano in numero e dimensioni fino a causare la perdita della funzionalità renale nella metà circa dei pazienti. Ad oggi non sono disponibili terapie capaci di arrestare o rallentare l’evoluzione di ADPKD; è possibile controllare le complicanze per evitare che costituiscano componenti peggiorative. Il lavoro di tesi nasce dalla volontà di indagare se la tecnica dell’imaging di diffusione possa essere utile per fornire informazioni sullo stato della malattia e sul suo grado di avanzamento. L’analisi di studio è concentrata sul calcolo del coefficiente di diffusione apparente (ADC), derivato dalle immagini DWI e valutato nella regione della midollare. L’obiettivo di questo lavoro è verificare se tale valore di ADC sia in grado di caratterizzare la malattia policistica renale e possa essere utilizzato in ambito clinico-diagnostico come indicatore prognostico nella progressione di questa patologia.