830 resultados para Art 81 del Código de Comercio
Resumo:
A presente pesquisa tem como objetivo analisar a responsabilidade do médico dentro do contexto doutrinário e jurisprudencial da atualidade e demonstrar, a partir da análise de ações judiciais por alegado erro médico, propostas perante o Poder Judiciário, que os direitos atribuídos ao consumidor pelo Código de Defesa do Consumidor, bem como as prerrogativas de facilitação do acesso ao Judiciário atualmente são aplicados pelos profissionais do Direito ao exercício da atividade médica de forma generalizada, ou seja, tanto em relação às sociedades empresárias – hospitais, clínicas e planos de saúde, quanto aos profissionais liberais, sem considerar que o § 4º do art. 14 do Código de Defesa do Consumidor, ao estabelecer como requisito para a responsabilidade do profissional liberal a comprovação de culpa (imprudência, negligência e imperícia), determina, a contrario sensu, a aplicação das normas do Código Civil, de forma que, também as prerrogativas de facilitação de acesso ao Judiciário, exclusivas da legislação de consumo, não poderiam ser aplicadas ao exercício da atividade pelo profissional liberal.
Resumo:
[ES] Durante muchos años hemos visto el desarrollo de software como un proceso de ingeniería similar a los de producción y construcción, que siguen un rígido proceso de Análisis-Diseño-Implementación dirigido por documentación. Recientemente ha surgido forma radicalmente diferente de afrontar un proyecto, un nuevo paradigma llamado Agilismo, que valora más: individuos e interacciones sobre procesos y herramientas. Software funcionando sobre documentación extensiva. Colaboración con el cliente sobre negociación contractual. Respuesta ante el cambio sobre seguir un plan. ¿Una forma tan diferente de trabajar, no basada en documentación y calidad de procesos, no resulta excesivamente caótica? ¿Cómo puede funcionar?. El presente Trabajo de Fin de Grado es un estudio práctico de las Metodologías Ágiles y el Desarrollo Dirigido por Test, en el que, usando las mismas, se ha realizado una implementación parcial sobre un dominio elegido, analizando los resultados de forma cualitativa (mediante análisis comparativo y argumentación) y cuantitativa (a través de métricas del código). Al mismo tiempo, en la memoria se exponen los elementos que definen este nuevo paradigma, algunas herramientas de las que hace uso, y cómo se han integrado en la realización del proyecto. El objetivo de este TFG es, por tanto, al mismo tiempo de investigación y didáctico. Se pretende argumentar y dar respuesta al interrogante sobre la calidad del código usando estos nuevos modelos, y, simultáneamente, ser una guía de introducción para todos aquellos profesionales que deseen conocer esta metodología emergente.
Resumo:
E’ stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altresì ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse é stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E’ stata altresì descritta, contestualizzandola temporalmente, l’evoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato più “efficiente”. Sotto quest’ultimo aspetto l’attenzione dello scrivente si é incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilità o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di un’attività produttiva o di un’impresa, posto che, come verrà specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sull’evidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua l’obiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, è, a parere di chi scrive, anche l’esistenza di autorità pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare l’ambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono l’azione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente é stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, benchè l’ordinamento italiano, per la sua specificità non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo é stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sull’Analisi Costi-Benefici e sull’Analisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa é stata analizzata con specifico riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si é provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando l’orizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si é infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con l’unico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare un’applicazione in “salsa cinese” del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bensì, più semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporrà di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e l’evoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. L’evoluzione del diritto antitrust statunitense é stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire l’obiettivo dell’efficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie “Post-Chicago”. Nel terzo capitolo, in altri termini, si é dato conto dell’evoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando l’attenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia l’istituto giuridico della tutela della concorrenza sia l’analisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dell’analisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, benché esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poiché essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo é stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come l’Unione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneità di obiettivi abbia influito sull’applicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina dell’effetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dell’art. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dall’applicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilità di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso l’implementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinché un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dell’esenzione, nonché la possibile diversa interpretazione della locuzione “progresso tecnico ed economico”, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dell’efficienza, giustificando così quell’eterogeneità dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dell’Unione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nell’applicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, l’art. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilità di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si è peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata all’elaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che l’organo comunitario dovrà seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, l’assenza di un preciso schema cui subordinare la possibilità di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorità competenti un più ampio margine di discrezionalità nell’utilizzo del suddetto criterio poiché manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui all’art. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, così come nel precedente Regolamento 4064/89. Si é infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire l’occasione per recepire nella disciplina comunitaria l’attribuzione della facoltà di ricorrere all’efficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile più di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si é invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nell’art. 81(3). Il capitolo attesta anche l’attenzione verso l’istanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, l’innovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, un’attribuzione più razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorità nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorità competenti. Capitolo 5 L’analisi del quarto capitolo é stata condotta, sebbene in forma più sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunità Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione é stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorità nazionali antitrust oggetto di studio dall’ordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si é provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorità prese in esame, la Commissione e le diverse autorità nazionali e ciò con particolare riferimento alla idoneità di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinchè un’autorità si possa ispirare al criterio di efficienza economica nell’adozione delle decisioni, infatti, è preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le è stato affidato dall’ordinamento. In questo senso si é osservata la difficoltà dei paesi di civil law a inquadrare le autorità indipendenti all’interno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorità che, al contrario, costituiscono un potere “ibrido” che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente né al potere esecutivo né a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorità antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre all’introduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorità del sistema che impediscano l’adozione e l’implementazione di decisioni definitive, incrementando altresì i costi dell’intervento pubblico. Un giudizio a parte è stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato l’assenza di vincolo di mandato dei Commissari e l’elevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dell’autorità indipendenti, e l’ampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilità di valersi dell’assistenza delle autorità nazionali. Dall’altra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di più come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso l’attività antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneità a svolgere la funzione affidatagli dall’ordinamento comunitario, nonché da quelli nazionali, si è proceduto quindi all’analisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorità nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dell’efficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dell’efficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust più significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorità antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altresì di valutare l’evoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ciò sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorità nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorità nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne è emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dell’attività antitrust è motivato, a parere di chi scrive, in parte dall’eterogeneità degli obiettivi che l’Unione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dall’incapacità (o dall’impossibilità) delle autorità di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorità nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dell’efficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Più innovativa nell’applicazione del criterio di efficienza economica così come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si è finora dimostrato l’OFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra più lenta l’evoluzione in questo senso dell’Ufficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle già citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorità siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad un’analisi teorica dell’esistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacità potenziale della condotta dell’impresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonché sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacità reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunità, ovvero se la struttura e l’organizzazione interna dell’impresa (o delle imprese) non è in grado di mettere in pratica ciò che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poiché l’approccio ispirato al criterio di efficienza economica non può prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano l’impresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poiché una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantità di decisioni adottate dalle autorità, ho infine ritenuto di svolgere un’analisi dettagliata dell’attività delle autorità con riferimento ad uno specifico settore. La scelta è caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano l’esigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonché per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto più alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dell’impiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, d’altra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Così come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e più in generale di capitale umano da una parte all’altra del globo, e favorito altresì la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto un’analisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dell’ormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dall’analisi svolta emerge innanzitutto come l’assoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attività economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse all’erogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite “alleanze”, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nell’Europa solo un nodo di un network ben più ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, l’impossibilità per l’autorità comunitaria e ancor più per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta può provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza all’attività antitrust nel settore dei trasporti non può prescindere da una collaborazione tra autorità a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni L’opera si chiude con l’individuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nell’ambito dell’attuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono l’intervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altresì proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dell’attuale configurazione dell’intervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorità competenti sia dei mercati in cui le autorità stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, l’autorità antitrust comunitaria, non replicabile né esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dell’Unione Europea e come tale non può ovviamente costituire un esempio di autorità indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ciò anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dall’altro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorità esaminate è rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificità dei mercati rilevanti né tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacità di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, così come prescrive la più recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dell’applicazione del criterio di efficienza si può comunque affermare che l’evoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust è stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni’70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. L’effetto è stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente l’intervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorità antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorità. Il secondo è l’estensivo ricorso all’essential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dell’efficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e l’ampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialità. Ciò soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. E’stata infine sottolineata l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E’ di tutta evidenza che le autorità comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. Né tali autorità sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalità delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceità o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sull’economia interna, rendendo così ancora più improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come l’applicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorità antitrust del tutto nuove, sganciate quanto più possibile dall’elemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonchè ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale è difficile e il quadro che attualmente viene formato è ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali é possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetterà, sperabilmente, di incrementare l’efficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto più piccolo è l’ambito in cui opera quanto più si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentirà di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.
Resumo:
La reorganización, reestructuración o reingeniería, alude a los procesos que enfrentan las organizaciones para adecuarse a los permanentes cambios del mercado y así lograr, o mantener, niveles de competitividad y eficiencia. Tales procesos se pueden llevar a cabo mediante la venta de activos, de acciones o cuotas sociales; o a través de actos de asociación o escisión de sociedades, realizando o no, aportes a las nuevas sociedades. Desde la perspectiva fiscal, la principal problemática que implican estos procesos es si los mayores valores asignados a los bienes de las empresas reorganizadas deben o no, considerarse beneficios realizados y gravables. En principio, las transferencias que involucran estos hechos, están gravadas. En efecto, la Ley de Impuesto a las Ganancias (en adelante ―la ley‖) dispone que las ganancias provenientes del incremento del valor de los bienes serán reconocidas cuando se produzca la enajenación de los mismos, aclarando en su artículo 3 que “se entenderá por enajenación la venta, permuta, cambio, expropiación, aporte a sociedades, y en general, todo acto de disposición por el que se transmita el dominio a título oneroso". Asimismo, en caso de disolución, retiro o reducción del capital de las sociedades de personas, de responsabilidad limitada, en comandita simple, en comandita por acciones, o de explotaciones unipersonales, los bienes adjudicados a los socios se considerarán realizados por la sociedad al valor de plaza de los bienes al momento de su adjudicación (art. 71 del Decreto Reglamentario), por consiguiente las diferencias que pudieran surgir entre dicho precio de plaza y el valor original de los bienes también están gravadas por el impuesto. Sin embargo, se ha previsto una serie de disposiciones que permiten que determinadas reorganizaciones empresariales sean llevadas a cabo libres de impuestos. En general, estas situaciones se dan en casos en que no hay un cambio real en la propiedad de los bienes, o dicho cambio no es lo suficientemente relevante como para asignarle consecuencias impositivas. De esta manera, el legislador ha buscado no restringir el mejor desenvolvimiento de los negocios y a la vez, con ciertos requisitos, evitar reorganizaciones que persigan exclusivamente los beneficios fiscales, encubriendo verdaderas ventas de fondos de comercio o adjudicaciones de bienes a socios que retiran capital.
Resumo:
Este texto se ha elaborado para ayudar a comprender el tratamiento del bien de familia dentro del proceso concursal, y específicamente ante la quiebra del titular del mismo. El trabajo se desarrolla en cuatro capítulos. En el primero se realiza una pequeña síntesis del tratamiento que ha ido teniendo el instituto del bien de familia a nivel nacional e internacional. En el capítulo siguiente se aborda cómo la Ley 14.394 enmarca al instituto del bien de familia, el cual queda posteriormente derogado con la unificación del Código Civil y Comercial, tema que se trata en el capítulo cuatro. En el capítulo tres se vincula dicho instituto con la quiebra del fallido y los beneficios o consecuencias que ésta trae aparejada.
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Presentación en el Seminario Acceso al aborto para mujeres sobrevivientes de violencia sexual. Guatemala, el 28 y 29 de octubre de 2014.
Resumo:
El siguiente trabajo se propone conocer de forma comprehensiva sobre los sentidos, valoraciones y connotaciones en torno a la idea de experiencia previa en el trabajo de comercio y atención al cliente en los locales de ropa de marcas destacadas, dentro del ámbito de servicio privado en Neuquén capital, para el sector de Recursos Humanos encargado de la búsqueda, entrevista e incorporación del personal al comercio. La pregunta es ¿Qué entiende el sector de Recursos Humanos por experiencia previa? ¿De qué forma es tenida en cuenta? ¿En qué sentido la experiencia previa en el trabajo es decisiva para el nuevo trabajo? La inquietud por conocer las valoraciones y los sentidos es resultado de una indagación exploratoria sobre las formas de organización del trabajo por el sector Recursos Humanos de la organización en comercios de ropa en Neuquén capital en el año 2012
Resumo:
El presente trabajo se propone reconstruir y analizar cual fue la índole y la naturaleza del proceso sociopolítico, identificado como crisis de la seguridad pública, que derivó en la reforma del Código Penal y la reforma de la Policía de la Provincia de Buenos Aires, ocurridas ambas en 2004. A tal fin se realizará un análisis de medios tomando al diario Clarín como principal objeto de estudio. El análisis comparativo acerca del tratamiento allí dedicado al caso Peralta y al caso Blumberg, servirán a nuestro objetivo. Finalmente, el análisis de discurso sobre éste último caso, ayudará a identificar cual fue la relación de sentido establecida entre las demandas por él enunciadas y el papel jugado por la dirigencia política en los procesos de reforma aquí analizado
Resumo:
Tabla de contenidos: La sociedad tradicional. La euforia del lanar. Argentina en las exposiciones. La ganadería en crisis. La sociedad rural. Quejas y peticiones. Decaimiento del comercio con Estados Unidos. Necesidad de un cambio. Diversificar la industria. Lo que somos y lo que debemos ser.
Resumo:
Este trabajo tiene el propósito de analizar la dinámica interna y las pautas de funcionamiento de las Juntas de Comercio en el Río de la Plata en la segunda mitad del siglo XVIII. A través de ellas se puede analizar las estrategias de los actores locales para la defensa de sus intereses colectivos ante la Corona y el resto de los actores corporativos. Las Juntas como recurso de acción colectiva fueron conocidas desde 1749 y conformarían una institución semiformal con sus autoridades permanentes desde 1779. En este sentido, las Juntas conformarían una organización mercantil compleja con sus propias particularidades y pautas de comportamiento y no meramente el origen del Consulado de Comercio fundado en 1794. Así, y en el contexto de los cambios impulsados por los Borbones en el siglo XVIIII, las Juntas conformarían un ámbito específico de elaboración de estrategias controlado por una elite mercantil que a cambio de beneficios mercantiles aseguraba a la Corona la obtención de ingresos.
Resumo:
La sanción del código penal en la provincia de Buenos Aires en el año 1877, fijó en el homicidio la penalidad y determinó las circunstancias del delito mediante la enumeración de los atenuantes y agravantes. El objetivo era contemplar todas las posibilidades del delito para reducir el "arbitrio judicial". Sin embargo, deteniéndonos en los cambios operados en cuanto a la ebriedad en la normativa legal y en la práctica judicial, se puede observar que la función del juez no se redujo únicamente a computar la pena según el delito. A su cargo quedó la apreciación de las pruebas y la interpretación legal. En este sentido, la ley dejó márgenes para considerar a la ebriedad como atenuante o no de la penalidad. Sin embargo, los jueces le negaron tal beneficio al imputado, lo cual marcó una ruptura con respecto al período anterior. Interpretación que estuvo determinada no por un cambio en la percepción sobre el efecto del alcohol como perturbador de la conciencia, sino por ciertos prejuicios que otorgaron una jerarquía y un valor a los motivos que pudieran cegar al trasgresor. Considerada aun como un vicio y no una patología, revelaron la condena a esta práctica social determinando que hechos ya no quedaban comprendidos como circunstancias atenuantes. En definitiva, la ebriedad posibilita apreciar el complejo proceso de codificación que consistió no únicamente en la aplicación literal de la ley sino también en la interpretación que de ella se hiciera.
Resumo:
Tabla de contenidos: La sociedad tradicional. La euforia del lanar. Argentina en las exposiciones. La ganadería en crisis. La sociedad rural. Quejas y peticiones. Decaimiento del comercio con Estados Unidos. Necesidad de un cambio. Diversificar la industria. Lo que somos y lo que debemos ser.
Resumo:
El presente trabajo se propone reconstruir y analizar cual fue la índole y la naturaleza del proceso sociopolítico, identificado como crisis de la seguridad pública, que derivó en la reforma del Código Penal y la reforma de la Policía de la Provincia de Buenos Aires, ocurridas ambas en 2004. A tal fin se realizará un análisis de medios tomando al diario Clarín como principal objeto de estudio. El análisis comparativo acerca del tratamiento allí dedicado al caso Peralta y al caso Blumberg, servirán a nuestro objetivo. Finalmente, el análisis de discurso sobre éste último caso, ayudará a identificar cual fue la relación de sentido establecida entre las demandas por él enunciadas y el papel jugado por la dirigencia política en los procesos de reforma aquí analizado
Resumo:
Este trabajo tiene el propósito de analizar la dinámica interna y las pautas de funcionamiento de las Juntas de Comercio en el Río de la Plata en la segunda mitad del siglo XVIII. A través de ellas se puede analizar las estrategias de los actores locales para la defensa de sus intereses colectivos ante la Corona y el resto de los actores corporativos. Las Juntas como recurso de acción colectiva fueron conocidas desde 1749 y conformarían una institución semiformal con sus autoridades permanentes desde 1779. En este sentido, las Juntas conformarían una organización mercantil compleja con sus propias particularidades y pautas de comportamiento y no meramente el origen del Consulado de Comercio fundado en 1794. Así, y en el contexto de los cambios impulsados por los Borbones en el siglo XVIIII, las Juntas conformarían un ámbito específico de elaboración de estrategias controlado por una elite mercantil que a cambio de beneficios mercantiles aseguraba a la Corona la obtención de ingresos.
Resumo:
La sanción del código penal en la provincia de Buenos Aires en el año 1877, fijó en el homicidio la penalidad y determinó las circunstancias del delito mediante la enumeración de los atenuantes y agravantes. El objetivo era contemplar todas las posibilidades del delito para reducir el "arbitrio judicial". Sin embargo, deteniéndonos en los cambios operados en cuanto a la ebriedad en la normativa legal y en la práctica judicial, se puede observar que la función del juez no se redujo únicamente a computar la pena según el delito. A su cargo quedó la apreciación de las pruebas y la interpretación legal. En este sentido, la ley dejó márgenes para considerar a la ebriedad como atenuante o no de la penalidad. Sin embargo, los jueces le negaron tal beneficio al imputado, lo cual marcó una ruptura con respecto al período anterior. Interpretación que estuvo determinada no por un cambio en la percepción sobre el efecto del alcohol como perturbador de la conciencia, sino por ciertos prejuicios que otorgaron una jerarquía y un valor a los motivos que pudieran cegar al trasgresor. Considerada aun como un vicio y no una patología, revelaron la condena a esta práctica social determinando que hechos ya no quedaban comprendidos como circunstancias atenuantes. En definitiva, la ebriedad posibilita apreciar el complejo proceso de codificación que consistió no únicamente en la aplicación literal de la ley sino también en la interpretación que de ella se hiciera.