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El fallo de la CIJ respecto del diferendo de Nicaragua contra Colombia reconfiguró las fronteras en el Caribe colombiano y el mapa de la nación. La mala socialización del fallo a nivel nacional y departamental, genera un ambiente de negativismo sobre el panorama actual y a mediano y largo plazo. Este ambiente da paso a una serie de reacciones que influyen en el debate nacional con respecto a los efectos del fallo, dejando de lado elementos de fondo pertinentes para su mejor comprensión, asimilación y debate. El Estudio de Caso que se desarrolla a continuación pretende, en primer lugar, contextualizar el proceso histórico y jurídico que dan paso a la sentencia de la CIJ. En segundo lugar, hacer un examen riguroso de los efectos generados en Colombia. Finalmente, en tercer lugar, se desea aportar elementos de análisis que se centren en los efectos reales para Colombia y el archipiélago.
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Resumen tomado de la publicación
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Resumen basado en el de la publicaci??n
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We report a search for the standard model (SM) Higgs boson based on data collected by the D0 experiment at the Fermilab Tevatron Collider, corresponding to an integrated luminosity of 260 pb(-1). We study events with missing transverse energy and two acoplanar b jets, which provide sensitivity to the ZH production cross section in the nu nu bb channel, and to WH production when the lepton from the W ->center dot nu decay is undetected. The data are consistent with the SM background expectation, and we set 95% C.L. upper limits on sigma(pp -> ZH/WH) x B(H -> bb) from 3.4/8.3 to 2.5/6.3 pb, for Higgs-boson masses between 105 and 135 GeV.
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L'existence de variantes et de quasi-synonymes terminologiques dans un même domaine est une réalité constatée par plusieurs études en terminologie descriptive. Les termes techniques/scientifiques coexistent avec les variantes populaires, régionales, orthographiques, syntaxiques et autres. En analysant certains dictionnaires terminologiques spécialisés en médecine, nous avons remarqué que les variantes et les quasi-synonymes ne font pas l'objet d'un traitement terminographique et ne participent donc pas de la nomenclature. Il est ainsi difficile à quelqu'un qui ne connaît que l'une de ces unités terminologiques d'entrer dans ces ouvrages et d'avoir accès à l'information désirée. Dans cet article nous faisons une analyse du traitement terminographique donné aux variantes et aux quasi-synonymes terminologiques dans certains dictionnaires de médecine, plus spécifiquement dans certains ouvrages de dermatologie, et présentons une proposition d'organisation du système de renvois qui prend en considération l'existence de plusieurs termes pour désigner un même concept.
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In the 90s, the Brazilian Secretariat of the Special Education Department has expanded the democratization of education and pupils’ access to schooling, by redefi ning the operation of special education services. With this inclusion policy, the education system has been restructured. An important action, conducted during the period de 2005 to 2010, was to propose, deploy and implement Multifunctional Resources Rooms (Sala de recursos multifuncionais, or SRM), from two different types (type I and II). The challenge was to promote educational inclusion, in a program entitled Inclusive Education: the right to diversity. In a seek for new identity of teacher training and professional practice in special education, the great educational innovation is to better articulate the work of “ordinary“ and specialized teachers, via the SRM, and to develop collective and participatory actions between common spaces and support spaces. In this context, the school and the family represent an important source of partnership.
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Prendendo in esame diverse angolature d’analisi è indagata la situazione attuale della produzione tradizionale della ceramica salentina. La ricerca comprende la descrizione della situazione culturale attuale, l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati raccolti sul campo e la costruzione di un quadro generale multidimensionale della rappresentazione di un’area culturale. Il primo capitolo della tesi tratta il problema teorico dei linguaggi specialistici e delle peculiarità a essi legati. La dottoranda fornisce un quadro completo ed esaustivo della bibliografia sia italiana che anglosassone sull’argomento affrontato. Questo capitolo fa da introduzione al problema della comunicazione specialistica nell’ambito della quale si svolgono le interviste. Il secondo capitolo presenta la metodologia utilizzata durante la ricerca svolta sul campo. La metodologia della ricerca sul campo include i metodi etnografici di osservazione partecipante e linguistico antropologici di interviste non strutturate. Il terzo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione etnografica del processo produttivo. Questo capitolo ha un valore rilevante per l’intera ricerca poiché oltre ai termini italiani sono riportati tutti i termini tradizionali e descritti dettagliatamente i momenti della produzione. Va dimostrata una profonda conoscenza della lavorazione della ceramica nel Salento non solo nel suo stato attuale ma anche nel passato. Come parte conclusiva di questo capitolo è proposta una riflessione di carattere filosofico e antropologico sul ruolo dell’artigiano come Creatore, proponendo paragoni con la figura del Demiurgo platonico descritto nel “Timeo” e l’analisi del cambiamento dello statuto di oggetto da manufatto a oggetto industriale basandosi sul lavoro di Baudrillard. Il quarto capitolo è strutturato in modo diverso rispetto agli altri perché rappresenta la parte centrale della tesi e propone quattro diversi tipi di analisi linguistica possibile. La prima analisi riguarda l’ideologia linguistica e la sua espressione nel parlato inosservato. E’ fornita la prospettiva teorica sulla problematica di ideologia linguistica e dimostrata la conoscenza dei testi sia di natura sociologica (Althusser, Bourdieu, Gouldner, Hobsbawm, Thompson, Boas) che di natura linguistica (Schieffelin Bambi B., Woolard Kathryn A., Kroskrity Paul V., eds. 1998 Language ideologies : practice and theory. New York Oxford, Oxford University press). Golovko analizza i marcatori spazio-temporali utilizzati dagli artigiani per costruire le tassonomie del pronome “noi” e la contrapposizione “noi” – altri. Questa analisi consente di distinguere i diversi livelli d’inclusione ed esclusione del gruppo. Un altro livello di analisi include la valutazione degli usi del passato e del presente nel parlato per costruire le dimensioni temporali del discorso. L’analisi dei marcatori spazio-temporali consente di proporre una teoria sulla “distanza” tra i parlanti che influisce la scelta del codice oppure la sua modifica (passaggio dal dialetto all’italiano, la scelta della varietà a seconda dell’interlocutore). La parte dedicata all’ideologia si conclude con un’analisi profonda (sia quantitativa che qualitativa) dei verbi di moto che sono stati raggruppati in una categoria denominata dalla Golovko “verbi di fase” che rappresentano usi non standard dei verbi di moto per esprimere il passaggio da una fase all’altra. Il termine “fasale” prende spunto non dalla letteratura linguistica ma dal libro di Van Gennep “Les rites de passage” che discute dell’importanza dei riti di passaggio nella cultura africana e nella ricerca etnografica e folkloristica. È stato rilevato dalla dottoranda che i passaggi da una fase produttiva all’altra hanno un valore particolare anche nella produzione della ceramica e soprattutto negli usi particolari dei verbi di moto. Analizzati in profondità, questi usi particolari rispecchiano non solo fattori linguistici ma anche la visione e la percezione di queste fasi delicate in modo particolare dagli artigiani stessi. Sono stati descritti i procedimenti linguistici come personalizzazione e alienazione dell’oggetto. Inoltre la dottoranda ha dimostrato la conoscenza della letteratura antropologica non solo inerente la zona da lei studiata ma anche di altre come, ad esempio, dell’Africa Sub Sahariana. Nella parte successiva del quarto capitolo viene proposta un’altra chiave di lettura delle problematiche linguistiche: l’analisi del lessico utilizzato dagli artigiani per poter classificare i gruppi identitari presenti nella comunità studiata. E’ proposta l’analisi dei rapporti all’interno dei gruppi professionali che sono generalmente classificati come solidarietà e distinzione. La terminologia ha origine sociologica, infatti viene proposto un quadro teorico degli studi sulla solidarietà (Durkheim, Appandurai, Harré, Zoll) e l’adattamento del termine in questo senso coniato da Bourdieu “la distiction”. L’identità linguistica è affrontata sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista sociologico. Per svolgere l’analisi sulle identità assunte dagli artigiani e poter ricondurre la scelta volontaria e a volte non conscia di uno stile (consistente di un insieme di termini) inteso come espressione d’identità assunta dagli artigiani, la dottoranda riflette sul termine “stile” nella sua accezione sociolinguistica, com’è usuale negli studi anglosasoni di ultima generazione (Coupland, Eckert, Irvine e altri). La dottoranda fornisce una classificazione delle identità e ne spiega la motivazione basandosi sui dati empirici raccolti. La terza parte del quarto capitolo è dedicata all’analisi del linguaggio specialistico degli artigiani e alla descrizione dei tratti solitamente assegnati a questo tipo di linguaggio (monoreferenziaità, trasparenza, sinteticità e altri). La dottoranda svolge un’analisi di carattere semantico dei sinonimi presenti nel linguaggio degli artigiani, analizza il rapporto con la lingua comune, riporta l’uso delle metafore e casi di produttività linguistica. L’ultima parte del quarto capitolo consiste nell’analisi dei tratti non standard nel linguaggio degli artigiani classificati considerando il livello di variazione (lessico, morfologia e morfosintassi e sintassi) e spiegati con gli esempi tratti dalle interviste. L’autrice riflette sui cambiamenti avvenuti nella lingua parlata italiana e nella sua varietà regionale basandosi sui lavori “classici” della linguistica italiana (Berruto, Sobrero, Stehl, Bruni, D’Achille, Berretta, Tempesta e altri) studiandone attentamente i processi evidenziati nella sua descrizione. Lo scopo e l’apice della tesi consiste nell’analisi del repertorio linguistico degli artigiani e la discussione delle dinamiche in corso (livellamento del dialetto, convergenza e divergenza del dialetto, italianizzazione e regionalizzazione dell’italiano). La dottoranda propone un suo schema di rapporti tra italiano e dialetto motivando pienamente la sua teoria. A corollario la tesi è composta anche da un glossario dei termini tecnici e un album fotografico che aumentano l’interesse del lavoro dandogli un valore culturale.
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1944/1945 wurde in Cham-Hagendorn eine Wassermühle ausgegraben, die dank ihrer aussergewöhnlich guten Holzerhaltung seit langem einen prominenten Platz in der Forschung einnimmt. 2003 und 2004 konnte die Kantonsarchäologie Zug den Platz erneut archäologisch untersuchen. Dabei wurden nicht nur weitere Reste der Wassermühle, sondern auch Spuren älterer und jüngerer Anlagen geborgen: eine ältere und eine jüngere Schmiedewerkstatt (Horizont 1a/Horizont 3) sowie ein zweiphasiges Heiligtum (Horizonte 1a/1b). All diese Anlagen lassen sich nun in das in den neuen Grabungen erkannte stratigraphische Gerüst einhängen (s. Beil. 2). Dank der Holzerhaltung können die meisten Phasen dendrochronologisch datiert werden (s. Abb. 4.1/1a): Horizont 1a mit Schlagdaten zwischen 162(?)/173 und 200 n. Chr., Horizont 1b um 215/218 n. Chr. und Horizont 2 um 231 n. Chr. Ferner konnten in den neuen Grabungen Proben für mikromorphologische und archäobotanische Untersuchungen entnommen werden (Kap. 2.2; 3.11). In der vorliegenden Publikation werden der Befund und die Baustrukturen vorgelegt, (Kap. 2), desgleichen sämtliche stratifizierten Funde und eine umfassende Auswahl der 1944/1945 geborgenen Funde (Kap. 3). Dank anpassender Fragmente, sog. Passscherben, lassen sich diese zum Teil nachträglich in die Schichtenabfolge einbinden. Die mikromorphologischen und die archäobotanischen Untersuchungen (Kap. 2.2; 3.11) zeigen, dass der Fundplatz in römischer Zeit inmitten einer stark vom Wald und dem Fluss Lorze geprägten Landschaft lag. In unmittelbarer Nähe können weder eine Siedlung noch einzelne Wohnbauten gelegen haben. Die demnach nur gewerblich und sakral genutzten Anlagen standen an einem Bach, der vermutlich mit jenem Bach identisch ist, der noch heute das Groppenmoos entwässert und bei Cham-Hagendorn in die Lorze mündet (s. Abb. 2.4/1). Der antike Bach führte wiederholt Hochwasser ─ insgesamt sind fünf grössere Überschwemmungsphasen auszumachen (Kap. 2.2; 2.4). Wohl anlässlich eines Seehochstandes durch ein Überschwappen der Lorze in den Bach ausgelöst, müssen diese Überschwemmungen eine enorme Gewalt entwickelt haben, der die einzelnen Anlagen zum Opfer fielen. Wie die Untersuchung der Siedlungslandschaft römischer Zeit rund um den Zugersee wahrscheinlich macht (Kap. 6 mit Abb. 6.2/2), dürften die Anlagen von Cham-Hagendorn zu einer in Cham-Heiligkreuz vermuteten Villa gehören, einem von fünf grösseren Landgütern in diesem Gebiet. Hinweise auf Vorgängeranlagen fehlen, mit denen die vereinzelten Funde des 1. Jh. n. Chr. (Kap. 4.5) in Verbindung gebracht werden könnten. Diese dürften eher von einer der Überschwemmungen bachaufwärts weggerissen und nach Cham-Hagendorn eingeschwemmt worden sein. Die Nutzung des Fundplatzes (Horizont 1a; s. Beil. 6) setzte um 170 n. Chr. mit einer Schmiedewerkstatt ein (Kap. 2.5.1). Der Fundanfall, insbesondere die Schmiedeschlacken (Kap. 3.9) belegen, dass hier nur hin und wieder Geräte hergestellt und repariert wurden (Kap. 5.2). Diese Werkstatt war vermutlich schon aufgelassen und dem Verfall preisgegeben, als man 200 n. Chr. (Kap. 4.2.4) auf einer Insel zwischen dem Bach und einem Lorzearm ein Heiligtum errichtete (Kap. 5.3). Beleg für den sakralen Status dieser Insel ist in erster Linie mindestens ein eigens gepflanzter Pfirsichbaum, nachgewiesen mit Pollen, einem Holz und über 400 Pfirsichsteinen (Kap. 3.11). Die im Bach verlaufende Grenze zwischen dem sakralen Platz und der profanen Umgebung markierte man zusätzlich mit einer Pfahlreihe (Kap. 2.5.3). In diese war ein schmaler Langbau integriert (Kap. 2.5.2), der an die oft an Temenosmauern antiker Heiligtümer angebauten Portiken erinnert und wohl auch die gleiche Funktion wie diese gehabt hatte, nämlich das Aufbewahren von Weihegaben und Kultgerät (Kap. 5.3). Das reiche Fundmaterial, das sich in den Schichten der ersten Überschwemmung fand (s. Abb. 5./5), die um 205/210 n. Chr. dieses Heiligtum zerstört hatte, insbesondere die zahlreiche Keramik (Kap. 3.2.4), und die zum Teil auffallend wertvollen Kleinfunde (Kap. 3.3.3), dürften zum grössten Teil einst in diesem Langbau untergebracht gewesen sein. Ein als Glockenklöppel interpretiertes, stratifiziertes Objekt spricht dafür, dass die fünf grossen, 1944/1945 als Stapel aufgefundenen Eisenglocken vielleicht auch dem Heiligtum zuzuweisen sind (Kap. 3.4). In diesen Kontext passen zudem die überdurchschnittlich häufig kalzinierten Tierknochen (Kap. 3.10). Nach der Überschwemmung befestigte man für 215 n. Chr. (Kap. 4.2.4) das unterspülte Bachufer mit einer Uferverbauung (Kap. 2.6.1). Mit dem Bau eines weiteren, im Bach stehenden Langbaus (Kap. 2.6.2) stellte man 218 n. Chr. das Heiligtum auf der Insel in ähnlicher Form wieder her (Horizont 1b; s. Beil. 7). Von der Pfahlreihe, die wiederum die sakrale Insel von der profanen Umgebung abgrenzte, blieben indes nur wenige Pfähle erhalten. Dennoch ist der sakrale Charakter der Anlage gesichert. Ausser dem immer noch blühenden Pfirsichbaum ist es ein vor dem Langbau aufgestelltes Ensemble von mindestens 23 Terrakottafigurinen (s. Abb. 3.6/1), elf Veneres, zehn Matres, einem Jugendlichen in Kapuzenmantel und einem kindlichen Risus (Kap. 3.6; s. auch Kap. 2.6.3). In den Sedimenten der zweiten Überschwemmung, der diese Anlage um 225/230 n. Chr. zum Opfer gefallen war, fanden sich wiederum zahlreiche Keramikgefässe (Kap. 3.2.4) und zum Teil wertvolle Kleinfunde wie eine Glasperle mit Goldfolie (Kap. 3.8.2) und eine Fibel aus Silber (Kap. 3.3.3), die wohl ursprünglich im Langbau untergebracht waren (Kap. 5.3.2 mit Abb. 5/7). Weitere Funde mit sicherem oder möglichem sakralem Charakter finden sich unter den 1944/1945 geborgenen Funden (s. Abb. 5/8), etwa ein silberner Fingerring mit Merkurinschrift, ein silberner Lunula-Anhänger, eine silberne Kasserolle (Kap. 3.3.3), eine Glasflasche mit Schlangenfadenauflage (Kap. 3.8.2) und einige Bergkristalle (Kap. 3.8.4). Im Bereich der Terrakotten kamen ferner mehrere Münzen (Kap. 3.7) zum Vorschein, die vielleicht dort niedergelegt worden waren. Nach der zweiten Überschwemmung errichtete man um 231 n. Chr. am Bach eine Wassermühle (Horizont 2; Kap. 2.7; Beil. 8; Abb. 2.7/49). Ob das Heiligtum auf der Insel wieder aufgebaut oder aufgelassen wurde, muss mangels Hinweisen offen bleiben. Für den abgehobenen Zuflusskanal der Wassermühle verwendete man mehrere stehen gebliebene Pfähle der vorangegangenen Anlagen der Horizonte 1a und 1b. Obwohl die Wassermühle den 28 jährlichen Überschwemmungshorizonten (Kap. 2.2) und den Funden (Kap. 4.3.2; 4.4.4; 45) zufolge nur bis um 260 n. Chr., während gut einer Generation, bestand, musste sie mindestens zweimal erneuert werden – nachgewiesen sind drei Wasserräder, drei Mühlsteinpaare und vermutlich drei Podeste, auf denen jeweils das Mahlwerk ruhte. Grund für diese Umbauten war wohl der weiche, instabile Untergrund, der zu Verschiebungen geführt hatte, so dass das Zusammenspiel von Wellbaum bzw. Sternnabe und Übersetzungsrad nicht mehr funktionierte und das ganze System zerbrach. Die Analyse von Pollen aus dem Gehhorizont hat als Mahlgut Getreide vom Weizentyp nachgewiesen (Kap. 3.11.4). Das Abzeichen eines Benefiziariers (Kap. 3.3.2 mit Abb. 3.3/23,B71) könnte dafür sprechen, dass das verarbeitete Getreide zumindest zum Teil für das römische Militär bestimmt war (s. auch Kap. 6.2.3). Ein im Horizont 2 gefundener Schreibgriffel und weitere stili sowie eine Waage für das Wägen bis zu 35-40 kg schweren Waren aus dem Fundbestand von 1944/1945 könnten davon zeugen, dass das Getreide zu wägen und zu registrieren war (Kap. 3.4.2). Kurz nach 260 n. Chr. fiel die Wassermühle einem weiteren Hochwasser zum Opfer. Für den folgenden Horizont 3 (Beil. 9) brachte man einen Kiesboden ein und errichtete ein kleines Gebäude (Kap. 2.8). Hier war wohl wiederum eine Schmiede untergebracht, wie die zahlreichen Kalottenschlacken belegen (Kap. 3.9), die im Umfeld der kleinen Baus zum Vorschein kamen. Aufgrund der Funde (Kap. 4.4.4; 4.5) kann diese Werkstatt nur kurze Zeit bestanden haben, höchstens bis um 270 n. Chr., bevor sie einem weiteren Hochwasser zum Opfer fiel. Von der jüngsten Anlage, die wohl noch in römische Zeit datiert (Horizont 4; Beil. 10), war lediglich eine Konstruktion aus grossen Steinplatten zu fassen (Kap. 2.9.1). Wozu sie diente, muss offen bleiben. Auch der geringe Fundanfall spricht dafür, dass die Nutzung des Platzes, zumindest für die römische Zeit, allmählich ein Ende fand (Kap. 4.5). Zu den jüngsten Strukturen gehören mehrere Gruben (Kap. 2.9.2), die vielleicht der Lehmentnahme dienten. Mangels Funden bleibt ihre Datierung indes ungewiss. Insbesondere wissen wir nicht, ob sie noch in römische Zeit datieren oder jünger sind. Spätestens mit der fünften Überschwemmung, die zur endgültigen Verlandung führte und wohl schon in die frühe Neuzeit zu setzen ist, wurde der Platz aufgelassen und erst mit dem Bau der bestehenden Fensterfabrik Baumgartner wieder besetzt.
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L'hébergement d'un enfant polyhandicapé, c'est-à-dire un enfant présentant une association de déficience motrice et intellectuelle sévre et profonde, est existant au Québec et peu connu de la population. Jusqu’à maintenant, les savoirs sur l’hébergement pédiatrique et l’expérience des parents sont peu nombreux et ne permettent pas de guider le développement d’interventions infirmières adaptées aux besoins des parents. Pour pallier cette situation, une étude d’inspiration phénoménologique a été effectuée afin d’explorer la signification de l’expérience d’être parent d’un enfant polyhandicapé hébergé en établissement de longue durée pédiatrique. Sept entretiens semi-structurés individuels ont été réalisés avec le parent d’un enfant polyhandicapé hébergé dans un établissement pédiatrique de la grande région montréalaise. Afin d’adopter une vision systémique et contextuelle au domaine des sciences infirmières, l’approche systémique familiale selon le modèle de Calgary (Wright & Leahey, 2013) a été utilisée comme cadre de référence. Cette étude d’inspiration phénoménologique a permis de faire émerger trois thèmes quant au phénomène à l’étude, soit : a) héberger son enfant : une décision difficile à accepter, b) la signification de l’hébergement : une expérience tant positive que négative et c) la réappropriation du rôle de parent. Cette étude novatrice permet de fournir des résultats inédits sur l’expérience d’être parent d’un enfant gravement handicapé hébergé. Ils permettent aussi de mettre en évidence les sentiments des parents, leurs impressions et l’adaptation de leur rôle parental lorsque leur enfant est hébergé. Ces résultats pourront influencer ou guider les infirmières dans l’application quotidienne d’interventions familiales adaptées et personnalisées au besoin des parents vivant une situation semblable.
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L'hébergement d'un enfant polyhandicapé, c'est-à-dire un enfant présentant une association de déficience motrice et intellectuelle sévre et profonde, est existant au Québec et peu connu de la population. Jusqu’à maintenant, les savoirs sur l’hébergement pédiatrique et l’expérience des parents sont peu nombreux et ne permettent pas de guider le développement d’interventions infirmières adaptées aux besoins des parents. Pour pallier cette situation, une étude d’inspiration phénoménologique a été effectuée afin d’explorer la signification de l’expérience d’être parent d’un enfant polyhandicapé hébergé en établissement de longue durée pédiatrique. Sept entretiens semi-structurés individuels ont été réalisés avec le parent d’un enfant polyhandicapé hébergé dans un établissement pédiatrique de la grande région montréalaise. Afin d’adopter une vision systémique et contextuelle au domaine des sciences infirmières, l’approche systémique familiale selon le modèle de Calgary (Wright & Leahey, 2013) a été utilisée comme cadre de référence. Cette étude d’inspiration phénoménologique a permis de faire émerger trois thèmes quant au phénomène à l’étude, soit : a) héberger son enfant : une décision difficile à accepter, b) la signification de l’hébergement : une expérience tant positive que négative et c) la réappropriation du rôle de parent. Cette étude novatrice permet de fournir des résultats inédits sur l’expérience d’être parent d’un enfant gravement handicapé hébergé. Ils permettent aussi de mettre en évidence les sentiments des parents, leurs impressions et l’adaptation de leur rôle parental lorsque leur enfant est hébergé. Ces résultats pourront influencer ou guider les infirmières dans l’application quotidienne d’interventions familiales adaptées et personnalisées au besoin des parents vivant une situation semblable.
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Mode of access: Internet.
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Title page of v. 1 wanting; title from photocopy inserted in v. 1.
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La présente recherche a pour objectif analyser la reconfiguration d'un personnage dans deux romans et dans un texte dramatique de l’écrivaine française Marguerite Duras, qui font partie du Cicle indien. Ils sont : Le Ravissement de Lol V. Stein (1964), Le vice-consul (1965) e India Song (1975). Adoptant la perspective de la Comparaison Différentielle comme approche littéraire, proposée par Ute Heidmann (2008, 2010, 2012), professeur-docteur de l'Université de Lausanne (Suisse), ce travail cherche étudier le personnage Anne-Marie Stretter présent dans ces trois œuvres. On cherche comprendre de quelle manière se produit la réécriture du personnage à partir de trois axes d'analyse : les modalités de l'énonciation, en considérant l'analyse et la comparaison de l'œuvre littéraire comme un évnement énonciatif, partant du concept de la scène d'énonciation, proposé par Dominique Maingueneau (2010) ; les modalités d'inscription générique, étroitement liées aux modalités énonciatives, avec un fondement théorique en Todorov (1980) et Heidmann (2012) ; et les modalités de dialogisme intertextuel et interdiscursif, considérant dans la relation dialogique des nouveaux et différentes propositions de sens. Para la compréhension de cela nous partons de Bakhtine (2010), Kristeva (1974), Todorov (1981) et de l'idée de dialogisme et intertextualité, pour arriver à l'idée d'interdiscours proposée par Heidmann (2010, 2012). À partir de cette étude, nous pouvons observer dans l'œuvre d'un même auteur différentes manières de construction d'un personnage, chacun avec ses spécificités et complexités, variant dans le genre et espaces discursifs. L'intérêt de la comparaison différentielle dans cette étude, partant d'un trait commun entre les trois œuvres, est de rendre visible les différences épistémologiques et les nouvelles propositions de sens.
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Este trabajo presenta la reelaboración de un modelo de producción de textos escritos, publicado por el Grupo Didactext en 2003. Se sitúa en un marco sociocognitivo, lingüístico y didáctico, y está concebido desde la interacción de tres dimensiones simbolizadas por círculos concéntricos recurrentes. El primer círculo corresponde al ámbito cultural: las diversas esferas de la praxis humana en las que está inmersa toda actividad de composición escrita. El segundo se refiere a los contextos de producción, de los que forman parte el contexto social, el situacional, el físico, la audiencia y el medio de composición. El tercer círculo corresponde al individuo, en el que se tiene en cuenta el papel de la memoria en la producción de un texto desde el enfoque sociocultural, la motivación, las emociones y las estrategias cognitivas y metacognitivas, dentro de las cuales se conciben seis unidades funcionales que actúan en concurrencia: acceso al conocimiento, planificación, redacción, revisión y reescritura, edición, y presentación oral. La orientación didáctica se interesa por la enseñanza y el aprendizaje de la escritura académica en las aulas, así como por la investigación de la escritura en contextos de educación.