880 resultados para Freedom of conscience
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La presente tesi ha come scopo quello di individuare alcune problematiche relative all’esercizio e alla limitazione del diritto alla libertà di espressione nel contesto delle attività globali di sorveglianza e controllo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Tali attività, poste in essere da parte degli Stati e da parte degli operatori privati, sono favorite dal nebuloso rapporto tra norme di fonte pubblica, privata e informatica, e sono invece osteggiate dal ricorso, collettivo e individuale, alle possibilità offerte dalle tecnologie stesse per la conduzione di attività in anonimato e segretezza. La sorveglianza globale nel contesto delle privatizzazioni si serve del codice e dell’autonomia privata, così come la resistenza digitale ricorre alle competenze informatiche e agli spazi di autonomia d’azione dell’individuo. In questo contesto, la garanzia dell’esistenza e dell’esercizio dei diritti fondamentali dell’individuo, tra tutti il diritto alla libertà di espressione e il diritto alla tutela della riservatezza, passa per l’adozione di tecniche e pratiche di autotutela attraverso l’utilizzo di sistemi di cifratura e comunicazioni anonime. L’individuo, in questo conflitto tecnico e sociale, si trova a dover difendere l’esercizio dei propri diritti e finanche l’adempimento ai propri doveri, quando attinenti a particolari figure professionali o sociali, quali avvocati, operatori di giustizia, giornalisti, o anche semplicemente genitori. In conclusione dell’elaborato si propongono alcune riflessioni sulla formazione della cittadinanza e del mondo professionale, da parte dei giuristi delle nuove tecnologie, all’uso cosciente, consapevole e responsabile delle nuove tecnologie dell’informazione, con lo stimolo ad orientare altresì le proprie attività alla tutela e alla promozione dei diritti umani fondamentali, democratici, costituzionali, civili e sociali.
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La presente Tesi di Dottorato intende affrontare una lettura critica della Casa in Belvederestraße 60, realizzata dall’architetto Oswald Mathias Ungers (Kaisersesch, 12 luglio 1926 – Köln, 30 settembre 2007), nel 1958-’59 a Köln-Müngersdorf, come studio per sé ed abitazione per la propria famiglia. Questo primo oggetto della ricerca viene considerato evidente espressione delle convinzioni formali e compositive dell’architetto, negli anni Cinquanta e Sessanta. A differenza di altri progetti residenziali coevi ed antecedenti, frutto di un’elaborazione autonoma, la prima casa che costruisce per sé riflette una maggiore libertà di pensiero, dettata dalla coincidenza delle figure di progettista e committente; a ciò si aggiunge anche una precisa volontà dichiarativa ed ideologica. Proprio quest’ultimo aspetto permette di introdurre il secondo oggetto della Tesi: il manifesto “ideologico”, Zu einer neuen Architektur, scritto dallo stesso Oswald Mathias Ungers e da Reinhard Gieselmann, alla fine del 1960; un breve testo che espone, con toni perentori ed inappellabili, il punto di vista dei due architetti nei confronti di un panorama architettonico e critico, caratterizzato da una sterilità di pensiero dilagante, a causa dell’egemonia costruttiva funzionalista. La ricerca indaga quindi le forti reciprocità delle due opere: casa e testo, viste in chiave di “manifesto scritto e manifesto costruito”. Il primo legame tra i due soggetti è senza dubbio la concomitanza temporale, (tra il 1958 ed il 1960) associata ad un rapporto causa-effetto, tale per cui il manifesto viene redatto a difesa delle aspre critiche scaturite dalla pubblicazione della casa sulla rivista Bauwelt. Il secondo nesso è la possibilità di comprendere le accezioni effettive dei termini impiegati nella redazione del testo, attraverso le forme di una delle opere maggiormente personali dell’architetto, estraendone il senso e conferendogli un’immagine architettonica. Si vuole creare così un rapporto biunivoco di traducibilità, dell’architettura nello scritto e della semantica ungersiana in azioni compositive.
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La tesi analizza, sotto vari aspetti del diritto dell’Unione Europea, i servizi che sono offerti su spazi demaniali. Si articola in quattro capitoli: Il primo capitolo ricostruisce, valutandone l’impatto sui servizi che sono oggetto della presente indagine, lo sviluppo giurisprudenziale della Libertà di Stabilimento e della Libera Prestazione di Servizi, analizzando, altresì, i principi generali e l’art.16 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione. Il secondo capitolo è, invece, dedicato al diritto secondario, ossia alla Direttiva 2006/123/CE, alle Direttive “Appalti” e alla Direttiva “Concessioni”. La prima, che nulla aggiunge al quadro normativo trattato nel primo capitolo, svolge, pertanto una vera e propria funzione appaltante e concessoria. Le seconde, invece, seppur non applicabili alle fattispecie ivi esaminate, restano utili per comprendere quale declinazione possano avere i principi di eguaglianza, di non discriminazione, di trasparenza, di pubblicità e di concorrenza nella regolazione dei servizi offerti su spazi demaniali. La terza, invece, in quanto a rilevanza, presenta alcuni punti critici che fanno propendere per una sua non applicabilità. Resta comunque utile sempre in materia di principi, i quali, come evidenziato nell’ultima parte del secondo capitolo, sono stati utilizzati dalla Corte di Giustizia, pur nella totale assenza, fino alla recente direttiva, di strumenti di diritto secondario applicabili alle concessioni. Il terzo capitolo, invece, affronta le problematiche emerse all’interno dell’ordinamento italiano e attua una comparazione tra il sistema italiano e quello portoghese, croato, francese, spagnolo. Il quarto capitolo, da ultimo, prende in considerazione il delicato equilibrio, sempre più attuale, tra principi in materia di appalti pubblici e aiuti di Stato, valutando come, sia il permanere dello status quo, sia un riordino non conforme alla Direttiva 2006/123/CE e ai principi da essa richiamati possa costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.
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Il presente elaborato concerne le problematiche giuridiche connesse alla regolamentazione del settore dell’autotrasporto di cose per conto di terzi in Italia, con particolare attenzione alla disciplina dei profili tariffari ed alle dinamiche consolidatesi nella prassi in relazione alle pratiche di dumping sociale, outsourcing e delocalizzazione. Nella prima parte, dopo una premessa finalizzata a descrivere le caratteristiche strutturali dei fornitori di servizi di autotrasporto in ambito nazionale e comunitario nonchè le principali peculiarità del mercato di riferimento, viene descritta ed analizzata l’evoluzione normativa e giurisprudenziale verificatasi con riguardo ai profili tariffari dell’autotrasporto, esaminando in particolare le caratteristiche ed i profili di criticità propri delle discipline in materia di “tariffe a forcella” di cui alla L. n. 298/1974 e di “costi minimi di sicurezza” di cui all’art. 83-bis del D.L. n. 112/2008, fino a giungere all’analisi degli scenari conseguenti alla recente riforma del settore apportata dalla Legge di Stabilità 2015 (L. 23/12/2014, n. 190). Nella seconda parte, vengono esaminate alcune tematiche problematiche che interessano il settore, sia a livello nazionale che comunitario, e che risultano strettamente connesse ai sopra menzionati profili tariffari. In particolare, si fa riferimento alle fattispecie del cabotaggio stradale, del distacco transazionale di lavoratori e dell’abuso della libertà di stabilimento in ambito comunitario concretantesi nella fattispecie della esterovestizione. Tali problematiche sono state analizzate dapprima attraverso la ricostruzione del quadro normativo nazionale e comunitario di riferimento; in secondo luogo, attraverso l’esame dei profili critici emersi alla luce delle dinamiche di mercato invalse nel settore e, infine, in relazione all’analisi dello scenario futuro desumibile dalle iniziative legislative ed amministrative in atto, nonché dagli indirizzi interpretativi affermatisi in ambito giurisprudenziale.
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Caratteristica comune ai regimi di consolidamento previsti dai diversi ordinamenti, è quella di consentire la compensazione tra utili e perdite di società residenti, e, di negare, o rendere particolarmente difficoltosa, la stessa compensazione, quando le perdite sono maturate da società non residenti. La non considerazione delle perdite comporta una tassazione al lordo del gruppo multinazionale, per mezzo della quale, non si colpisce il reddito effettivo dei soggetti che vi appartengono. L’effetto immediato è quello di disincentivare i gruppi a travalicare i confini nazionali. Ciò impedisce il funzionamento del Mercato unico, a scapito della libertà di stabilimento prevista dagli artt. 49-54 del TFUE. Le previsioni ivi contenute sono infatti dirette, oltre ad assicurare a società straniere il beneficio della disciplina dello Stato membro ospitante, a proibire altresì allo Stato di origine di ostacolare lo stabilimento in un altro Stato membro dei propri cittadini o delle società costituite conformemente alla propria legislazione. Gli Stati membri giustificano la discriminazione tra società residenti e non residenti alla luce della riserva di competenza tributaria ad essi riconosciuta dall’ordinamento europeo in materia delle imposte dirette, dunque, in base all’equilibrata ripartizione del potere impositivo. In assenza di qualsiasi riferimento normativo, va ascritto alla Corte di Giustizia il ruolo di interprete del diritto europeo. La Suprema Corte, con una serie di importanti pronunce, ha infatti sindacato la compatibilità con il diritto comunitario dei vari regimi interni che negano la compensazione transfrontaliera delle perdite. Nel verificare la compatibilità con il diritto comunitario di tali discipline, la Corte ha tentato di raggiungere un (difficile) equilibrio tra due interessi completamenti contrapposti: quello comunitario, riconducibile al rispetto della libertà di stabilimento, quello degli Stati membri, che rivendicano il diritto di esercitare il proprio potere impositivo.
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Biobanken sind Sammlungen von Körpersubstanzen, die mit umfangreichen gesundheits- und lebensstilbezogenen sowie geneologischen Daten ihrer Spender verknüpft sind. Sie dienen der Erforschung weit verbreiteter Krankheiten. Diese sog. Volkskrankheiten sind multifaktoriell bedingte Krankheiten. Dies bedeutet, dass diese Krankheiten das Ergebnis eines komplizierten Zusammenspiels von umwelt- und verhaltensrelevanten Faktoren mit individuellen genetischen Prädispositionen sind. Forschungen im Bereich von Pharmakogenomik und Pharmakogenetik untersuchen den Einfluss von Genen und Genexpressionen auf die individuelle Wirksamkeit von Medikamenten sowie auf die Entstehung ungewollter Nebenwirkungen und könnten so den Weg zu einer individualisierten Medizin ebnen. Menschliches Material ist ein wichtiger Bestandteil dieser Forschungen und die Nachfrage nach Sammlungen, die Proben mit Daten verknüpfen, steigt. Einerseits sehen Mediziner in Biobanken eine Chance für die Weiterentwicklung der medizinischen Forschung und des Gesundheitswesens. Andererseits lösen Biobanken auch Ängste und Misstrauen aus. Insbesondere wird befürchtet, dass Proben und Daten unkontrolliert verwendet werden und sensible Bereiche des Persönlichkeitsrechts und der persönlichen Identität betroffen sind. Diese Gefahren und Befürchtungen sind nicht neu, sondern bestanden schon in der Vergangenheit bei jeglicher Form der Spende von Körpersubstanzen. Neu ist aber der Umfang an Informationen, der durch die Genanalyse entsteht und den Spender in ganz besonderer Weise betreffen kann. Bei der Speicherung und Nutzung der medizinischen und genetischen Daten ergibt sich somit ein Spannungsfeld insbesondere zwischen dem Recht der betroffenen Datenspender auf informationelle Selbstbestimmung und den Forschungsinteressen der Datennutzer. Im Kern dreht sich die ethisch-rechtliche Bewertung der Biobanken um die Frage, ob diese Forschung zusätzliche Regeln braucht, und falls ja, wie umfassend diese sein müssten. Im Zentrum dieser Diskussion stehen dabei v.a. ethische Fragen im Zusammenhang mit der informierten Einwilligung, dem Datenschutz, der Wiederverwendung von Proben und Daten, der Information der Spender über Forschungsergebnisse und der Nutzungsrechte an den Daten. Ziel dieser Arbeit ist es, vor dem Hintergrund des Verfassungsrechts, insbesondere dem Recht auf informationelle Selbstbestimmung, das Datenschutzrecht im Hinblick auf die Risiken zu untersuchen, die sich aus der Speicherung, Verarbeitung und Kommunikation von persönlichen genetischen Informationen beim Aufbau von Biobanken ergeben. Daraus ergibt sich die weitere Untersuchung, ob und unter welchen Voraussetzungen die sich entgegenstehenden Interessen und Rechte aus verfassungsrechtlichem Blickwinkel in Einklang zu bringen sind. Eine wesentliche Frage lautet, ob die bisherigen rechtlichen Rahmenbedingungen ausreichen, um den Schutz der gespeicherten höchstpersönlichen Daten und zugleich ihre angemessene Nutzung zu gewährleisten. Das Thema ist interdisziplinär im Schnittfeld von Datenschutz, Verfassungsrecht sowie Rechts- und Medizinethik angelegt. Aus dem Inhalt: Naturwissenschaftliche und empirische Grundlagen von Biobanken – Überblick über Biobankprojekte in Europa und im außereuropäischen Ausland – Rechtsgrundlagen für Biobanken - Recht auf informationelle Selbstbestimmung - Recht auf Nichtwissen - Forschungsfreiheit - Qualitätssicherung und Verfahren – informierte Einwilligung – globale Einwilligung - Datenschutzkonzepte - Forschungsgeheimnis –– Biobankgeheimnis - Biobankgesetz
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In dieser Arbeit wird der Entwurf, der Aufbau, die Inbetriebnahme und die Charakterisierung einer neuartigen Penning-Falle im Rahmen des Experiments zur Bestimmung des g-Faktors des Protons präsentiert. Diese Falle zeichnet sich dadurch aus, dass die Magnetfeldlinien eines äußeren homogenen Magnetfeldes durch eine ferromagnetische Ringelektrode im Zentrum der Falle verzerrt werden. Der inhomogene Anteil des resultierenden Magnetfeldes, die sogenannte magnetische Flasche, lässt sich durch den Koeffizient B2 = 297(10) mT/mm2 des Terms zweiter Ordnung der Ortsabhängigkeit des Feldes quantifizieren. Eine solche ungewöhnlich starke Feldinhomogenität ist Grundvoraussetzung für den Nachweis der Spinausrichtung des Protons mittels des kontinuierlichen Stern-Gerlach-Effektes. Dieser Effekt basiert auf der im inhomogenen Magnetfeld entstehenden Kopplung des Spin-Freiheitsgrades des gefangenen Protons an eine seiner Eigenfrequenzen. Ein Spin-Übergang lässt sich so über einen Frequenzsprung detektieren. Dabei ist die nachzuweisende Änderung der Frequenz proportional zu B2 und zum im Fall des Protons extrem kleinen Verhältnis zwischen seinem magnetischen Moment nund seiner Masse. Die durch die benötigte hohe Inhomogenität des Magnetfeldes bedingten technischen Herausforderungen erfordern eine fundierte Kenntnis und Kontrolle der Eigenschaften der Penning-Falle sowie der experimentellen Bedingungen. Die in der vorliegenden Arbeit entwickelte Penning-Falle ermöglichte den erstmaligen zerstörungsfreien Nachweis von Spin-Quantensprüngen eines einzelnen gefangenen Protons, was einen Durchbruch für das Experiment zur direkten Bestimmung des g-Faktors mit der angestrebten relativen Genauigkeit von 10−9 darstellte. Mithilfe eines statistischen Verfahrens ließen sich die Larmor- und die Zyklotronfrequenz des Protons im inhomogenen Magnetfeld der Falle ermitteln. Daraus wurde der g-Faktor mit einer relativen Genauigkeit von 8,9 × 10−6 bestimmt. Die hier vorgestellten Messverfahren und der experimentelle Aufbau können auf ein äquivalentes Experiment zur Bestimmung des g-Faktors des Antiprotons zum Erreichen der gleichen Messgenauigkeit übertragen werden, womit der erste Schritt auf dem Weg zu einem neuen zwingenden Test der CPT-Symmetrie im baryonischen Sektor gemacht wäre.
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Ziel dieser Arbeit ist es, einen Beitrag zur Klärung des Zusammenhangs zwischen Medienfreiheit und Demokratie, der zwar weitläufig postuliert, aber dennoch lediglich in geringem Maße erforscht ist, zu leisten und insbesondere die konzeptionelle Rückbindung von Medienfreiheit an die Demokratietheorie zu verbessern. Es wird davon ausgegangen, dass eine Demokratie ohne die Verwirklichung von Medienfreiheit nicht funktionieren kann. Medienfreiheit wird daher als ein Merkmal von Demokratie aufgefasst. Im ersten Teil der Arbeit wird, ausgehend von Larry Diamonds Konzeption einer liberalen Demokratie, eine konkrete Definition und Konzeptualisierung von Medienfreiheit herausgearbeitet. Damit wird ein Maßstab formuliert, der im Folgenden dazu dient existierende Messungen von Medienfreiheit auf ihren konzeptuellen Gehalt hin zu überprüfen. Im zweiten Teil werden existierende Indizes bezüglich ihrer Messung von Medienfreiheit evaluiert. Betrachtet werden hierbei sowohl zwei Demokratieindizes (der Index Politische Rechte und Bürgerliche Freiheiten von Freedom House sowie der Index Liberale Demokratie aus dem Varieties of Democracy-Projekt) als auch zwei Indizes, die explizit Medienfreiheit messen (der Index Pressefreiheit von Freedom House sowie die Rangliste der Pressefreiheit von Reporter ohne Grenzen).
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Higgins School of the Humanities/Difficult Dialogues: Video Recording from 11/16/2011 event featuring Cynthia Enloe and Frederick Luis Aldama titled "Inquiry and Reflection" Event Description: Freedom of inquiry (and the possibilities for discovery, insight and expanding knowledge that can flow from it) is fundamental to the experience of learning. Yet rarely do we pause to ask about inquiry itself, and to consider its practices. How do we best encourage authentic inquiry, in ourselves and in our students? To what do we give our attention, and why? What promotes the possibility of new discoveries and insights? Our guests for a conversation on inquiry are Frederick Luis Aldama of Ohio State University, a prolific scholar of wide-ranging interests, and Cynthia Enloe, research professor at Clark University, whose work is characterized by her subtle and provocative curiosity, and the asking of good questions.
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The three-step test is central to the regulation of copyright limitations at the international level. Delineating the room for exemptions with abstract criteria, the three-step test is by far the most important and comprehensive basis for the introduction of national use privileges. It is an essential, flexible element in the international limitation infrastructure that allows national law makers to satisfy domestic social, cultural, and economic needs. Given the universal field of application that follows from the test’s open-ended wording, the provision creates much more breathing space than the more specific exceptions recognized in international copyright law. EC copyright legislation, however, fails to take advantage of the flexibility inherent in the three-step test. Instead of using the international provision as a means to open up the closed EC catalogue of permissible exceptions, offer sufficient breathing space for social, cultural, and economic needs, and enable EC copyright law to keep pace with the rapid development of the Internet, the Copyright Directive 2001/29/EC encourages the application of the three-step test to further restrict statutory exceptions that are often defined narrowly in national legislation anyway. In the current online environment, however, enhanced flexibility in the field of copyright limitations is indispensable. From a social and cultural perspective, the web 2.0 promotes and enhances freedom of expression and information with its advanced search engine services, interactive platforms, and various forms of user-generated content. From an economic perspective, it creates a parallel universe of traditional content providers relying on copyright protection, and emerging Internet industries whose further development depends on robust copyright limita- tions. In particular, the newcomers in the online market – social networking sites, video forums, and virtual worlds – promise a remarkable potential for economic growth that has already attracted the attention of the OECD. Against this background, the time is ripe to debate the introduction of an EC fair use doctrine on the basis of the three-step test. Otherwise, EC copyright law is likely to frustrate important opportunities for cultural, social, and economic development. To lay groundwork for the debate, the differences between the continental European and the Anglo-American approach to copyright limitations (section 1), and the specific merits of these two distinct approaches (section 2), will be discussed first. An analysis of current problems that have arisen under the present dysfunctional EC system (section 3) will then serve as a starting point for proposing an EC fair use doctrine based on the three-step test (section 4). Drawing conclusions, the international dimension of this fair use proposal will be considered (section 5).
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A substantial reform of data protection law is on the agenda of the European Commission as it is widely agreed that data protection law is faced by lots of challenges, due to fundamental technical and social changes or even revolutions. Therefore, the authors have issued draft new provisions on data protection law that would work in both Germany and Europe. The draft is intended to provide a new approach and deal with the consequences of such an approach. This article contains some key theses on the main legislatory changes that appear both necessary and adequate.
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This essay describes and analyzes the legal regime of the United States in relation to language diversity. The article argues that the U.S. case in language law indicates that, under certain conditions, a liberal individualistic legal regime – marked by equal “freedom of choice” in respect to language use – can nevertheless serve as an agency of linguistic assimilation in a multilingual country.
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Opportunistic routing (OR) employs a list of candi- dates to improve reliability of wireless transmission. However, list-based OR features restrict the freedom of opportunism, since only the listed nodes can compete for packet forwarding. Additionally, the list is statically generated based on a single metric prior to data transmission, which is not appropriate for mobile ad-hoc networks. This paper provides a thorough perfor- mance evaluation of a new protocol - Context-aware Opportunistic Routing (COR). The contributions of COR are threefold. First, it uses various types of context information simultaneously such as link quality, geographic progress, and residual energy of nodes to make routing decisions. Second, it allows all qualified nodes to participate in packet forwarding. Third, it exploits the relative mobility of nodes to further improve performance. Simulation results show that COR can provide efficient routing in mobile environments, and it outperforms existing solutions that solely rely on a single metric by nearly 20 - 40 %.
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Opportunistic routing (OR) employs a list of candidates to improve wireless transmission reliability. However, conventional list-based OR restricts the freedom of opportunism, since only the listed nodes are allowed to compete for packet forwarding. Additionally, the list is generated statically based on a single network metric prior to data transmission, which is not appropriate for mobile ad-hoc networks (MANETs). In this paper, we propose a novel OR protocol - Context-aware Adaptive Opportunistic Routing (CAOR) for MANETs. CAOR abandons the idea of candidate list and it allows all qualified nodes to participate in packet transmission. CAOR forwards packets by simultaneously exploiting multiple cross-layer context information, such as link quality, geographic progress, energy, and mobility.With the help of the Analytic Hierarchy Process theory, CAOR adjusts the weights of context information based on their instantaneous values to adapt the protocol behavior at run-time. Moreover, CAOR uses an active suppression mechanism to reduce packet duplication. Simulation results show that CAOR can provide efficient routing in highly mobile environments. The adaptivity feature of CAOR is also validated.
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Digital technologies have profoundly changed not only the ways we create, distribute, access, use and re-use information but also many of the governance structures we had in place. Overall, "older" institutions at all governance levels have grappled and often failed to master the multi-faceted and multi-directional issues of the Internet. Regulatory entrepreneurs have yet to discover and fully mobilize the potential of digital technologies as an influential factor impacting upon the regulability of the environment and as a potential regulatory tool in themselves. At the same time, we have seen a deterioration of some public spaces and lower prioritization of public objectives, when strong private commercial interests are at play, such as most tellingly in the field of copyright. Less tangibly, private ordering has taken hold and captured through contracts spaces, previously regulated by public law. Code embedded in technology often replaces law. Non-state action has in general proliferated and put serious pressure upon conventional state-centered, command-and-control models. Under the conditions of this "messy" governance, the provision of key public goods, such as freedom of information, has been made difficult or is indeed jeopardized.The grand question is how can we navigate this complex multi-actor, multi-issue space and secure the attainment of fundamental public interest objectives. This is also the question that Ian Brown and Chris Marsden seek to answer with their book, Regulating Code, as recently published under the "Information Revolution and Global Politics" series of MIT Press. This book review critically assesses the bold effort by Brown and Marsden.