978 resultados para ipossia, cellule, staminali, cartilagine, condrogenesi, ingegneria, tissutale
Resumo:
Lo scopo di questo lavoro di tesi consiste nel valutare l’efficacia di inibizione delle HDAC e la selettività per le cellule tumorali di nuove molecole basate su coniugati poliamminici (PC1, PC2, PC3, PC4, PC5). I modelli sperimentali utilizzati saranno una linea cellulare tumorale di glioblastoma umano (U87), paragonata a una linea cellulare sana di fibroblasti fetali umani (IMR90). Il progetto nasce dalla collaborazione con la Prof.ssa Anna Minarini del Dipartimento di Farmacia e BioTecnologie di Bologna e con il Dott. Andrea Milelli del Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita di Rimini che hanno progettato e sintetizzato i composti poliamminici utilizzati negli esperimenti condotti nel laboratorio di Ingegneria Cellulare e Molecolare “S. Cavalcanti” a Cesena. Gli obiettivi del progetto consistono nel valutare i potenziali vantaggi che sembrano offrire le poliammine se coniugate a molecole con specifiche funzioni antitumorali, quali l’acido idrossamico e il gruppo intercalante il DNA, naftalene-diimide. L’aggiunta della coda poliamminica al composto, infatti, permetterebbe alla molecola risultante di sfruttare il sistema di trasporto delle poliammine, tipicamente sovraespresso o iperattivo nelle cellule neoplastiche, favorendo così l’ingresso in cellula del farmaco e conferendogli selettività per le cellule tumorali. Inoltre, l’affinità elettrostatica che intercorre tra la coda policationica poliamminica e il DNA, carico negativamente, direzionerebbe con maggior efficacia l’intera molecola, compresa la parte intercalante e l’acido idrossamico (HDACi), verso il loro bersaglio, la doppia elica dell’acido nucleico e le HDAC. Gli effetti dei PC valutati in questo lavoro di tesi comprendono l’influenza dei farmaci sulla vitalità cellulare e l’efficacia di inibizione delle HDAC. Si effettueranno test di crescita cellulare in seguito ai trattamenti farmacologici per confrontare i diversi composti poliamminici, individuare quelli con maggior effetto citotossico e stabilire se il tipo di trattamento risulti idoneo per il proseguimento dell’indagine. Il grado di inibizione delle HDAC, relativo ai diversi farmaci, verrà valutato indirettamente mediante la tecnica del Western Blotting quantificando il livello di iperacetilazione istonica globale indotta. I vantaggi che queste nuove molecole potenzialmente possiedono e che andranno verificati con ulteriori studi, inducono ad attribuire loro un grande potenziale per la terapia antitumorale, come induttori dell’apoptosi e/o riprogrammazione dell’assetto epigenetico, risultante nella riattivazione di geni oncosoppressori silenziati nelle cellule neoplastiche. L’azione antitumorale di queste molecole potrà essere più efficace se combinata con altri farmaci, quali chemioterapici standard o demetilanti del DNA. Inoltre la variazione della coda poliamminica potrà essere utile per lo sviluppo di inibitori specifici per le diverse isoforme delle HDAC. La selettività per le cellule tumorali e l’affinità per il DNA di questi nuovi composti potrebbe infine limitare gli eventuali effetti collaterali in clinica.
Resumo:
Introduzione. Le cellule mesenchimali derivate dal tessuto adiposo (hASC) rappresentano un importante strumento per la terapia cellulare, in quanto derivano da un tessuto adulto abbondante e facilmente reperibile. Con il dispositivo medico Lipogems l’isolamento di tali cellule è eseguito esclusivamente mediante sollecitazioni meccaniche. Il prodotto ottenuto è quindi minimamente manipolato e subito utilizzabile. Ad oggi, il condizionamento pro-differenziativo delle staminali è per lo più attuato mediante molecole di sintesi. Tuttavia, altri fattori possono modulare la fisiologia cellulare, come gli stimoli fisici e molecole naturali. Onde elettromagnetiche hanno indotto in modelli cellulari staminali l’espressione di alcuni marcatori di differenziamento e, in cellule adulte, una riprogrammazione, mentre estratti embrionali di Zebrafish sono risultati antiproliferativi sia in vitro che in vivo. Metodi. La ricerca di nuove strategie differenziative sia di natura fisica che molecolare, nel particolare onde acustiche ed estratti embrionali di Zebrafish, è stata condotta utilizzando come modello cellulare le hASC isolate con Lipogems. Onde acustiche sono state somministrate mediante l’utilizzo di due apparati di trasduzione, un generatore di onde meccaniche e il Cell Exciter . I trattamenti con gli estratti embrionali sono stati effettuati utilizzando diverse concentrazioni e diversi tempi sperimentali. Gli effetti sull’espressione dei marcatori di staminalità e differenziamento relativi ai trattamenti sono stati saggiati in RT-PCR quantitativa relativa e/o in qPCR. Per i trattamenti di tipo molecolare è stata valutata anche la proliferazione. Risultati e conclusioni. La meta-analisi dei dati delle colture di controllo mostra la stabilità d’espressione genica del modello. I trattamenti con i suoni inducono variazioni dell’espressione genica, suggerendo un ruolo regolatorio di tali stimoli, in particolare del processo di commitment cardiovascolare. Due degli estratti embrionali di Zebrafish testati inibiscono la proliferazione alle 72 ore dalla somministrazione. L’analisi d’espressione associata ai trattamenti antiproliferativi suggerisce che tale effetto abbia basi molecolari simili ai processi di differenziamento.
Resumo:
Il progetto di ricerca che ho svolto in questi mesi si è focalizzato sull'integrazione dei risultati raggiunti grazie all'elaborazione di nuovi dati sperimentali. Questi sono stati prelevati dalla corteccia visiva di macachi, attraverso l'utilizzo di tecniche di registrazione elettro-fisiologiche mediante array di micro-elettrodi[25], durante la presentazionedi alcuni filmati (sequenze di immagini o frames). Attraverso la tecnica del clustering, dalle registrazioni degli esperimenti sono stati raggruppati gli spike appartenenti ad uno stesso neurone, sfruttando alcune caratteristiche come la forma del potenziale d'azione. Da questa elaborazione e stato possibile risalire a quali stimoli hanno prodotto una risposta neurale. I dati messi a disposizione da Ringach non potevano essere trattati direttamente con le tecniche della spike-triggered average e della spike-triggered covariance a causa di alcune loro caratteristiche. Utilizzando filtri di Gabor bidimensionali e l'energia di orientazione e stato pero possibile modellare la risposta di cellule complesse in corteccia visiva primaria. Applicare questi modelli su dati ad alta dimensionalita immagini molto grandi), sfruttando la tecnica di standardizzazione (Z-score), ha permesso di individuare la regione, la scala e l'orientazione all'interno del piano immagine dei profili recettivi delle cellule di cui era stata registrata l'attività neurale. Ritagliare tale regione e applicare la spike-triggered covariance su dati della giusta dimensionalita, permetterebbe di risalire ai profili recettivi delle cellule eccitate in un preciso momento, da una specifica immagine e ad una precisa scala e orientazione. Se queste ipotesi venissero confermate si potrebbe marcare e rafforzare la bontà del modello utilizzato per le cellule complesse in V1 e comprendere al meglio come avviene l'elaborazione delle immagini.
Resumo:
L’argomento trattato in questo elaborato riguarda una nuova tecnologia che si sta sviluppando nell’ambito dell’ingegneria dei tessuti: il Bioprinting. Tale rivoluzionario approccio completamente automatizzato, grazie all’utilizzo dell’elaborazione automatica delle immagini CAD (Computer Aided Design) e la fabbricazione assistita al calcolatore CAM (Computer Aided Manufacturing), si propone di ricreare tessuti e/o organi. In particolare nel seguito ne verrà data una definizione e ne verranno definiti i campi di applicazione, per poi proseguire con un’analisi del processo dal punto di vista delle fasi che lo compongono e la speciale tecnologia utilizzata. Infine verrà proposto qualche studio fatto in merito ai tessuti vascolari e alla cartilagine per poi concludere con i pionieri che tuttora contribuiscono al suo sviluppo e con Organovo, una delle aziende leader del settore.
Resumo:
Il campo della Bioelettronica si è sviluppato a partire dal 18 secolo con l’ esperimento di Luigi Galvani che, applicando uno stimolo elettrico ai muscoli di una rana dissezionata, ne osservò il movimento. Da questo esperimento si è aperta la strada che ha portato ad oggi ad un grande sviluppo tecnologico nella realizzazione di dispositivi elettronici che permettono di offrire un miglioramento generale delle condizioni di vita. Come spesso accade con le tecnologie emergenti, i materiali sono la maggiore limitazione nello sviluppo di nuove applicazioni. Questo è certamente il caso della Bioelettronica. I materiali elettronici organici, nella forma di polimeri conduttivi, hanno mostrato di poter dotare gli strumenti elettronici di grandi vantaggi rispetto a quelli tradizionali a base di silicio, in virtù delle loro proprietà meccaniche ed elettroniche, della loro biocompatibilità e dei bassi costi di produzione. E’ da questi studi che nasce più propriamente il campo della Bioelettronica Organica, che si basa sulla applicazione di semiconduttori a base di carbonio in forma di piccole molecole coniugate e di polimeri, e del loro utilizzo nei dispositivi elettronici. Con il termine di ‘Bioelettronica organica’, quindi, si descrive l’accoppiamento tra dispositivi elettronici organici e il mondo biologico, accoppiamento che si sviluppa in due direzioni: da un lato una reazione o un processo biologico può trasferire un segnale ad un dispositivo elettronico organico, dall’altro un dispositivo elettronico organico può avviare un processo biologico.
Resumo:
Le materie plastiche sono materiali polimerici che possono contenere altre sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi (IUPAC). Accanto agli innumerevoli vantaggi apportati dall’utilizzo della plastica, negli anni sono emersi aspetti negativi relativi all’inquinamento ambientale causato dalla dispersione del materiale plastico nei rifiuti urbani e conseguentemente nelle discariche. La diffusione e l’utilizzo della bioplastica si pone come obiettivo minimizzare la dipendenza dal petrolio in previsione della diminuzione del numero di giacimenti e quindi della sua disponibilità. Lo scopo del presente lavoro di sperimentazione è lo studio del processo di dowstream di PHA prodotti in laboratorio partendo dalla verifica dei risultati riportati in letteratura e puntando poi ad un miglioramento di un processo convenzionale attraverso la ricerca di nuove alternative.
Studio dell'interazione tra un plasma jet nanopulsato con substrati metallici, dielettrici e liquidi
Resumo:
Il plasma è denominato quarto stato della materia ed è generalmente definito come un gas ionizzato costituito da elettroni e ioni. In ambito industriale i plasmi hanno trovato impiego per diversi tipi di applicazione quali il trattamento di superfici, la degradazione e lo smaltimento di rifiuti, il taglio di materiali, primi fra tutti i metalli. In particolare i plasmi atmosferici di non equilibrio, che possiedono la caratteristica di mantenere una temperatura macroscopica paragonabile a quella ambiente, sono studiati anche per applicazioni in campo biomedicale, oltre che in quello industriale. Da alcuni anni sono quindi oggetto di indagine per le caratteristiche di sterilizzazione di fluidi o solidi, per la coagulazione e il trattamento di lesioni e lacerazioni, per trattamenti su superfici quali la pelle, per il trattamento di cellule tumorali e staminali o per interfacce dispositivi biomedicali – corpo umano. Questo nuovo settore di ricerca, in grande sviluppo, viene comunemente definito Plasma & Medicine. Poiché in ambito biomedicale, un trattamento plasma può interessare diverse tipologie di substrati biologici e materiali, è stato scelto come obiettivo della tesi la caratterizzazione di una sorgente di plasma di non equilibrio a pressione atmosferica, denominata Plasma Jet, posta ad interagire con substrati di diversa natura (metallico, dielettrico, liquido). La sorgente utilizzata è in grado di produrre un plasma freddo e biocompatibile, generando diverse specie chimiche che garantiscono effetti molto interessanti (sterilizzazione, accelerazione della coagulazione sanguigna, cura di infezioni) per un utilizzo a contatto con il corpo umano o con componenti ingegneristiche che devono venire ad interagire con esso, quali stent, cateteri, bisturi. La caratterizzazione è stata effettuata mediante l’ausilio di due tecniche diagnostiche: la Schlieren Imaging, che permette di studiare la fluidodinamica del gas, OES (Optical Emission Spettroscopy), che permette di analizzare la composizione chimica della piuma di plasma e di determinare le specie chimiche che si producono. Questo elaborato si propone quindi di fornire una breve introduzione sul mondo dei plasmi e sulle loro caratteristiche, citando alcuni dei settori in cui viene utilizzato, industriali e biomedicali, con particolare attenzione per questi ultimi. Successivamente saranno riportati i setup utilizzati per le acquisizioni e una discussione sui risultati ottenuti dalle diverse tecniche diagnostiche utilizzate sul Jet durante i trattamenti. In ultimo sono poi riportate le conclusioni in modo da presentare le caratteristiche più importanti del comportamento della sorgente.
Resumo:
Riassunto Il linfoma è una delle neoplasie più diffuse nel gatto. Questa neoplasia è stata classificata in base alla localizzazione anatomica nella forma Mediastinica (che interessa il timo e/o i linfonodi mediastinici), Alimentare, Multicentrica (che interessa diversi linfonodi e/o la milza e/o il fegato, Extranodale (che coinvolge i reni, SNC o la cute). Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da diverse sottopopolazioni, che sono definite tramite immunofenotipizzazione ottenuta mediante tecniche immunoistochimiche (IHC), così che possano essere classificate come cellule B o T o non B/non T. I gatti infetti dal virus della leucemia felina (FeLV, Gammaretrovirus) presentano elevata incidenza di linfomi rispetto ai gatti non infetti. I meccanismi proposti di sviluppo neoplastico sono mutagenesi inserzionali o stimolazione persistente delle cellule immunitarie dell’ospite da parte di antigeni virali, i quali possono promuovere la trasformazione in senso maligno dei linfociti. Lo scopo di questo lavoro è stato esaminare i rilievi patologici, l’espressione di FeLV e l’immonofenotipo (B, T, nonB/nonT) nei reni felini affetti da linfoma. Abbiamo effettuato colorazione Ematossilina- Eosina ed Immunoistochimica per FeLV gp70, CD3 e CD79. Nello studio sono stati inclusi i tessuti di 49 gatti presentati all’Unità Operativa di Anatomia Patologica e Patologia Generale del Dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università degli studi di Parma. Il 39% dei casi (19/49) sono caratterizzati dalla presenza di lesioni linfomatose a livello renale. Questa popolazione è costituita dal 52,6% 3 (10/19) maschi e dal 47,4% (9/19) femmine. L’età è compresa tra 8 mesi e 17 anni ed in particolare 26,6% (5/19) sono giovani (0-2 anni), 47,4% (9/19) sono adulti (2-10 anni) e 26,3% (5/19) sono anziani (>10 anni). Per quanto riguarda la classificazione anatomica la forma renale appare primitiva in 5 casi (25%), in 8 casi (42%) appare secondaria a linfomi multicentrici, in 3 casi (15,7%) a linfomi mediastinici e in altri 3 casi (15,7%) a linfomi gastrici e intestinali. Per quanto riguarda l’immunofenotipizzazione sono risultati CD3 positivi il 73,7% (14/19) e CD3 negativi il 27,3% (5/19); CD79 alpha positivi il 26,3% (5/19) e CD79 alpha negativi il 73,7% (14/19); l’espressione della proteina gp70 è stata individuata nel 78,9% (15/19) delle neoplasie renali, mentre il 21,1% (4/19) non presentava espressione della proteina. Nei 4 anni presi in considerazione nello studio si evince un’elevata incidenza della localizzazione anatomica renale sul totale di linfomi osservati. Non si è notata correlazione statistica tra linfomi renali, età e sesso dei soggetti presi in esame ma vi è un’elevata percentuale di animali adulti ed anziani affetti dalla patologia. Nella valutazione fenotipica dell’infiltrato neoplastico si è osservata l’elevata espressione di CD3, caratterizzando i linfociti come appartenenti alla sottopopolazione T. Inoltre si è evidenziato come un elevato numero di cellule neoplastiche esprimano gp70; ciò permette di affermare che i linfociti neoplastici sono infettati dal virus FeLV, il quale inoltre è in attiva replicazione. I marker CD3 e gp70 sono risultati fortemente correlati statisticamente; si può affermare perciò che l’espansione clonale dei linfociti T è correlata alla presenza e replicazione del virus.
Resumo:
Con lo sviluppo di sorgenti capaci di sostenere scariche di non equilibrio a pressione atmosferica è nato un notevole interesse per le applicazioni biomediche del plasma, data la generazione nella scarica di una varietà di agenti efficaci in più ambiti. I plasmi di questo tipo, caratterizzati principalmente da una temperatura macroscopica vicina a quella ambiente, sono infatti già utilizzati, ad esempio, per la sterilizzazione, per il trattamento di polimeri per migliorarne la biocompatibilità, e per l’accelerazione del processo di coagulazione del sangue. In questo lavoro verrà presentata un’altra possibilità applicativa, sempre nel settore della plasma medicine, ovvero l’utilizzo dei plasmi per il trattamento di cellule cancerose, che sta avendo un particolare successo a causa dei risultati ottenuti dai vari gruppi di ricerca che sottintendono un suo possibile futuro nel trattamento di neoplasie. Verrà presentata una breve introduzione alla fisica del plasma, mostrando alcuni parametri che caratterizzano questo stato della materia, concentrandosi in particolare sui plasmi non termici o di non equilibrio, per poi passare al processo di ionizzazione del gas. Nel secondo capitolo sono approfondite due sorgenti per la generazione di plasmi non termici, la scarica a barriera dielettrica e il plasma jet. Il terzo capitolo fornisce una preliminare spiegazione degli agenti generati nella scarica e il rapporto che hanno con la materia con cui interagiscono. L’ultimo capitolo è il fulcro della ricerca, e comprende risultati ottenuti negli ultimi anni da vari gruppi di ricerca di molte nazionalità, e una breve parte riguardante la sperimentazione originale svolta anche in mia presenza dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”, rappresentato principalmente dal professor Carlo Angelo Borghi e dal professor Gabriele Neretti.
Resumo:
L’ischémie aigüe (restriction de la perfusion suite à l’infarctus du myocarde) induit des changements majeurs des propriétés électrophysiologique du tissu ventriculaire. Dans la zone ischémique, on observe une augmentation du potassium extracellulaire qui provoque l’élévation du potentiel membranaire et induit un "courant de lésion" circulant entre la zone affectée et saine. Le manque d’oxygène modifie le métabolisme des cellules et diminue la production d’ATP, ce qui entraîne l’ouverture de canaux potassique ATP-dépendant. La tachycardie, la fibrillation ventriculaire et la mort subite sont des conséquences possibles de l’ischémie. Cependant les mécanismes responsables de ces complications ne sont pas clairement établis. La création de foyer ectopique (automaticité), constitue une hypothèse intéressante expliquant la création de ses arythmies. Nous étudions l’effet de l’ischémie sur l’automaticité à l’aide d’un modèle mathématique de la cellule ventriculaire humaine (Ten Tusscher, 2006) et d’une analyse exhaustive des bifurcations en fonction de trois paramètres : la concentration de potassium extracellulaire, le "courant de lésion" et l’ouverture de canaux potassiques ATP-dépendant. Dans ce modèle, nous trouvons que seule la présence du courant de lésion peut entrainer une activité automatique. Les changements de potassium extracellulaire et du courant potassique ATP-dépendant altèrent toutefois la structure de bifurcation.
Resumo:
Le diabète de type 2 (DT2) apparaît lorsque la sécrétion d’insuline par les cellules β des îlots du pancréas ne parvient plus à compenser la résistance à l’insuline des organes cibles. Parmi les médicaments disponibles pour traiter le DT2, deux classes agissent en améliorant la sensibilité à l’insuline : les biguanides (metformine) et les thiazolidinediones (pioglitazone et rosiglitazone). Des études suggèrent que ces médicaments protègent également la fonction des cellules β. Dans le but d’identifier des mécanismes par lesquels les médicaments insulinosensibilisateurs protègent les cellules β, nous avons étudié les effets aigus de la metformine et de la pioglitazone sur le métabolisme et la fonction des cellules INS 832/13, sécrétrices d’insuline et des îlots pancréatiques isolés de rats. Nous avons aussi validé in vivo avec des rats Wistar les principales observations obtenues en présence de pioglitazone grâce à des clamps glucidiques et par calorimétrie indirecte. Le traitement aigu des cellules β avec de la pioglitazone ou de la metformine inhibe la sécrétion d’insuline induite par le glucose en diminuant la sensibilité des cellules au glucose (inhibition en présence de concentrations intermédiaires de glucose seulement). Dans les mêmes conditions, les traitements inhibent aussi plusieurs paramètres du métabolisme mitochondrial des nutriments et, pour la pioglitazone, du métabolisme des lipides. Les composés affectent le métabolisme en suivant un patron d’inhibition similaire à celui observé pour la sécrétion d’insuline, que nous avons nommé « décélération métabolique ». La capacité de la pioglitazone à inhiber la sécrétion d’insuline et à ralentir le métabolisme mitochondrial de façon aigüe se confirme in vivo. En conclusion, nous avons identifié la décélération métabolique de la cellule β comme nouveau mode d’action pour les médicaments insulinosensibilisateurs. La décélération métabolique causée par les agents insulinosensibilisateurs les plus utilisés semble provenir d’une inhibition du métabolisme mitochondrial et pourrait être impliquée dans les bienfaits de ceux-ci dans un contexte de stress métabolique. Le fait que les deux agents insulinosensibilisateurs étudiés agissent à la fois sur la sensibilité à l’insuline et sur la sécrétion d’insuline, les deux composantes majeures du DT2, pourrait expliquer pourquoi ils sont parmi les agents antidiabétiques les plus efficaces. La décélération métabolique est une approche thérapeutique à considérer pour le traitement du DT2 et d’autres maladies métaboliques.
Resumo:
Le diabète de type 2 (DT2) est une maladie métabolique complexe causée par des facteurs génétiques mais aussi environnementaux, tels la sédentarité et le surpoids. La dysfonction de la cellule β pancréatique est maintenant reconnue comme l’élément déterminant dans le développement du DT2. Notre laboratoire s’intéresse à la sécrétion d’insuline par la cellule β en réponse aux nutriments calorigéniques et aux mécanismes qui la contrôle. Alors que la connaissance des mécanismes responsables de l’induction de la sécrétion d’insuline en réponse aux glucose et acides gras est assez avancée, les procédés d’inhibition de la sécrétion dans des contextes normaux ou pathologiques sont moins bien compris. L’objectif de la présente thèse était d’identifier quelques-uns de ces mécanismes de régulation négative de la sécrétion d’insuline dans la cellule β pancréatique, et ce en situation normale ou pathologique en lien avec le DT2. La première hypothèse testée était que l’enzyme mitochondriale hydroxyacyl-CoA déshydrogénase spécifique pour les molécules à chaîne courte (short-chain hydroxyacyl-CoA dehydrogenase, SCHAD) régule la sécrétion d’insuline induite par le glucose (SIIG) par la modulation des concentrations d’acides gras ou leur dérivés tels les acyl-CoA ou acyl-carnitine dans la cellule β. Pour ce faire, nous avons utilisé la technologie des ARN interférants (ARNi) afin de diminuer l’expression de SCHAD dans la lignée cellulaire β pancréatique INS832/13. Nous avons par la suite vérifié chez la souris DIO (diet-induced obesity) si une exposition prolongée à une diète riche en gras activerait certaines voies métaboliques et signalétiques assurant une régulation négative de la sécrétion d’insuline et contribuerait au développement du DT2. Pour ce faire, nous avons mesuré la SIIG, le métabolisme intracellulaire des lipides, la fonction mitochondriale et l’activation de certaines voies signalétiques dans les îlots de Langerhans isolés des souris normales (ND, normal diet) ou nourries à la dière riche en gras (DIO) Nos résultats suggèrent que l’enzyme SCHAD est importante dans l’atténuation de la sécrétion d’insuline induite par le glucose et les acides aminés. En effet, l’oxydation des acides gras par la protéine SCHAD préviendrait l’accumulation d’acyl-CoA ou de leurs dérivés carnitine à chaîne courtes potentialisatrices de la sécrétion d’insuline. De plus, SCHAD régule le métabolisme du glutamate par l’inhibition allostérique de l’enzyme glutamate déshydrogénase (GDH), prévenant ainsi une hyperinsulinémie causée par une sur-activité de GDH. L’étude de la dysfonction de la cellule β dans le modèle de souris DIO a démontré qu’il existe une grande hétérogénéité dans l’obésité et l’hyperglycémie développées suite à la diète riche en gras. L’orginialité de notre étude réside dans la stratification des souris DIO en deux groupes : les faibles et forts répondants à la diète (low diet responders (LDR) et high diet responder (HDR)) sur la base de leur gain de poids corporel. Nous avons mis en lumières divers mécanismes liés au métabolisme des acides gras impliqués dans la diminution de la SIIG. Une diminution du flux à travers le cycle TG/FFA accompagnée d’une augmentation de l’oxydation des acides gras et d’une accumulation intracellulaire de cholestérol contribuent à la diminution de la SIIG chez les souris DIO-HDR. De plus, l’altération de la signalisation par les voies AMPK (AMP-activated protein kinase) et PKC epsilon (protéine kinase C epsilon) pourrait expliquer certaines de ces modifications du métabolisme des îlots DIO et causer le défaut de sécrétion d’insuline. En résumé, nous avons mis en lumière des mécanismes importants pour la régulation négative de la sécrétion d’insuline dans la cellule β pancréatique saine ou en situation pathologique. Ces mécanismes pourraient permettre d’une part de limiter l’amplitude ou la durée de la sécrétion d’insuline suite à un repas chez la cellule saine, et d’autre part de préserver la fonction de la cellule β en retardant l’épuisement de celle-ci en situation pathologique. Certaines de ces voies peuvent expliquer l’altération de la sécrétion d’insuline dans le cadre du DT2 lié à l’obésité. À la lumière de nos recherches, le développement de thérapies ayant pour cible les mécanismes de régulation négative de la sécrétion d’insuline pourrait être bénéfique pour le traitement de patients diabétiques.
Resumo:
Le diabète de type 2 (DT2) se caractérise par une production insuffisante d'insuline par le pancréas ainsi qu'une résistance des tissus périphériques à l'action de l'insuline. Dans les cellules bêta pancréatiques, le glucose stimule la production de l'insuline en induisant la transcription de son gène et la traduction ainsi que la sécrétion de sa protéine. Paradoxalement, une exposition prolongée et simultanée de ces cellules à de hautes concentrations de glucose en présence d'acides gras conduit à la détérioration de la fonction bêta pancréatique et au développement du DT2. Toutefois, les mécanismes moléculaires responsables de ces effets du glucose ne sont que partiellement connus. L'objectif du travail décrit dans cette thèse est d'identifier les mécanismes responsables de la régulation de la transcription du gène de l'insuline. PDX-1 (de l’anglais pour pancreatic and duodenal homeobox 1) est un facteur de transcription majeur et essentiel tant pour le développement du pancréas que pour le maintien de sa fonction à l'état adulte. En réponse au glucose, PDX-1 se lie au promoteur du gène de l'insuline et induit sa transcription. Ceci est inhibé par l'acide gras palmitate. Dans la première partie des travaux effectués dans le cadre de cette thèse, nous avons identifié deux mécanismes de régulation de la transcription du gène de l'insuline: le premier via ERK1/2 (de l'anglais pour extracellular-signal-regulated protein kinases 1 and 2) et le second par l’enzyme PASK (pour per-arnt-sim kinase). Nous avons également mis en évidence l'existence d'un troisième mécanisme impliquant l'inhibition de l'expression du facteur de transcription MafA par le palmitate. Nos travaux indiquent que la contribution de la signalisation via PASK est majeure. L'expression de PASK est augmentée par le glucose et inhibée par le palmitate. Sa surexpression dans les cellules MIN6 et les îlots isolés de rats, mime les effets du glucose sur l'expression du gène de l'insuline ainsi que sur l'expression de PDX-1 et prévient les effets délétères du palmitate. Dans la deuxième partie de la thèse, nous avons identifié un nouveau mécanisme par lequel PASK augmente la stabilité protéique de PDX-1, soit via la phosphorylation et l'inactivation de la protéine kinase GSK3 bêta (de l'anglais pour glycogen synthase kinase 3 beta). Le glucose induit la translocation de PDX-1 du cytoplasme vers le noyau, ce qui est essentiel à sa liaison au promoteur de ses gènes cibles. L'exclusion nucléaire de PDX-1 a été observée dans plusieurs modèles ex vivo et in vivo de dysfonction de la cellule bêta pancréatique. Dans le dernier volet de cette thèse, nous avons démontré l'importance de l'utilisation de cellules primaires (îlots isolés et dispersés) pour étudier la translocation nucléaire de PDX-1 endogène étant donné que ce mode de régulation est absent dans les lignées insulino-sécrétrices MIN6 et HIT-T15. Ces études nous ont permis d'identifier et de mieux comprendre les mécanismes régulant la transcription du gène de l'insuline via le facteur de transcription PDX-1. Les cibles moléculaires ainsi identifiées pourraient contribuer au développement de nouvelles approches thérapeutiques pour le traitement du diabète de type 2. Mots-clés : Diabète, îlots de Langerhans, cellule bêta pancréatique, gène de l'insuline, PDX-1, PASK, GSK3 bêta, ERK1/2, PKB, glucose, palmitate.