943 resultados para Rischio Natech, Terremoti, Alluvioni, Vulnerabilità, Serbatoi di stoccaggio


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Negli ultimi anni l’attenzione di legislatori e degli Organi di Vigilanza, in base alle riforme regolamentari attivate in risposta alla crisi economica, si sono focalizzate sulle pratiche di risk management delle Banche, sottolineando l’importanza dei sistemi di controllo e gestione dei rischi. Il presente lavoro nasce con l’intento di analizzare e valutare le caratteristiche salienti del processo di assunzione e gestione dei rischi nel sistema economico finanziario attuale. Numerosi e autorevoli esperti, come gli operatori del Financial Stability Board , Institute of International Finance e Senior Supervisory Group, si sono espressi sulle cause della crisi finanziaria ed hanno sollevato dubbi circa la qualità delle azioni intraprese da alcuni manager, sulle loro politiche gestionali e sulla comprensione delle reali condizioni in cui versavano le loro Banche (in termini di esposizione ai rischi, report da aggregazione dati su performance aziendali e qualità dei dati aggregati) , si è ritenuto giusto dal punto di vista teorico approfondire in particolare i temi del Risk Appetite e Risk Tolerance, novità introdotte nelle diverse direttive e normative in risposta alle citate ed ambigue politiche di gestione ed assunzione rischi. I concetti, qui introdotti, di appetito e tolleranza al rischio conducono ad una ampia sfera di riferimento che guarda alla necessità di fissare degli obiettivi di rischio e loro limiti per poter meglio controllare e valutare la stabilità economica/finanziaria e stimare gli effetti di condizioni peggiorative (reali o soltanto teoriche, come gli stress test) sulla solvibilità e profittabilità delle Banche nazionali ed internazionali. Inoltre, ad integrazione di quanto precedentemente esposto sarà illustrata una survey sulla disclosure delle principali Banche europee in relazione alle informazioni sul Risk Appetite e sul Risk Tolerance.

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Verifica di vulnerabilità sismica di una struttura in cemento armato composta da telai longitudinali e setti. La conoscenza della struttura si è basata su sopralluoghi e, non essendo in possesso di informazioni strutturali per gli elementi resistenti, sulla base di un "progetto simulato". Per ogni elemento resistente sono state svolte analisi e verifiche statiche e sismiche riscontrando una carenza degli elementi orizzontali. La modellazione è stata eseguita sia manualmente che con un programma di calcolo agli elementi finiti.

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Lo studio della deidrogenazione catalitica di idrocarburi affronta uno dei problemi principali per l'applicazione delle fuel cells in aeromobili. La conversione di miscele di idrocarburi in H2 può essere eseguita in loco, evitando le difficoltà di stoccaggio dell'idrogeno: l'H2 prodotto è privo di CO e CO2 e può essere alimentato direttamente alle celle a combustibile per dare energia ai sistemi ausiliari, mentre i prodotti deidrogenati, mantenendo le loro originali caratteristiche possono essere riutilizzati come carburante. In questo un lavoro è stato effettuato uno studio approfondito sulla deidrogenazione parziale (PDH) di diverse miscele di idrocarburi e carburante avio JetA1 desolforato utilizzando Pt-Sn/Al2O3, con l'obiettivo di mettere in luce i principali parametri (condizioni di reazione e composizione di catalizzatore) coinvolti nel processo di deidrogenazione. Inoltre, la PDH di miscele idrocarburiche e di Jet-A1 ha evidenziato che il problema principale in questa reazione è la disattivazione del catalizzatore, a causa della formazione di residui carboniosi e dell’avvelenamento da zolfo. Il meccanismo di disattivazione da residui carboniosi è stato studiato a fondo, essendo uno dei principali fattori che influenzano la vita del catalizzatore e di conseguenza l'applicabilità processo. Alimentando molecole modello separatamente, è stato possibile discriminare le classi di composti che sono coinvolti principalmente nella produzione di H2 o nell’avvelenamento del catalizzatore. Una riduzione parziale della velocità di disattivazione è stata ottenuta modulando l'acidità del catalizzatore al fine di ottimizzare le condizioni di reazione. I catalizzatori Pt-Sn modificati hanno mostrato ottimi risultati in termini di attività, ma soffrono di una disattivazione rapida in presenza di zolfo. Così, la sfida finale di questa ricerca era sviluppare un sistema catalitico in grado di lavorare in condizioni reali con carburante ad alto tenore di zolfo, in questo campo sono stati studiati due nuove classi di materiali: Ni e Co fosfuri supportati su SiO2 e catalizzatori Pd-Pt/Al2O3.

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La caratterizzazione di sedimenti contaminati è un problema complesso, in questo lavoro ci si è occupati di individuare una metodologia di caratterizzazione che tenesse conto sia delle caratteristiche della contaminazione, con analisi volte a determinare il contenuto totale di contaminanti, sia della mobilità degli inquinanti stessi. Una adeguata strategia di caratterizzazione può essere applicata per la valutazione di trattamenti di bonifica, a questo scopo si è valutato il trattamento di soil washing, andando ad indagare le caratteristiche dei sedimenti dragati e del materiale in uscita dal processo, sabbie e frazione fine, andando inoltre a confrontare le caratteristiche della sabbia in uscita con quelle delle sabbie comunemente usate per diverse applicazioni. Si è ritenuto necessario indagare la compatibilità dal punto di vista chimico, granulometrico e morfologico. Per indagare la mobilità si è scelto di applicare i test di cessione definiti sia a livello internazionale che italiano (UNI) e quindi si sono sviluppate le tecnologie necessarie alla effettuazione di test di cessione in modo efficace, automatizzando la gestione del test a pHstat UNI CEN 14997. Questo si è reso necessario a causa della difficoltà di gestire il test manualmente, per via delle tempistiche difficilmente attuabili da parte di un operatore. Le condizioni redox influenzano la mobilità degli inquinanti, in particolare l’invecchiamento all’aria di sedimenti anossici provoca variazioni sensibili nello stato d’ossidazione di alcune componenti, incrementandone la mobilità, si tratta quindi di un aspetto da considerare quando si individuano le adeguate condizioni di stoccaggio-smaltimento, si è eseguita a questo scopo una campagna sperimentale.

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A fronte dal recepimento del direttiva SHR nel nostro ordinamento, realizzato dal d.lgs. 27/2010, il presente lavoro si propone anzitutto di analizzare l'attuale ruolo della delega di voto - sollecitata e non - per poi verificare quale sia l'interesse concretamente sotteso a un voto così esercitato, con particolare attenzione alla sollecitazione di deleghe di voto, oggi destinata espressamente (per la prevalente dottrina) a consentire al promotore il perseguimento di interessi propri. Le considerazioni riguardo all'interesse concretamente sotteso al voto esercitato per delega portano a vagliarne la rilevanza ai fini della nozione di controllo, ex art. 2359 c.c., la quale esclude espressamente dai voti rilevanti esclusivamente quelli esercitati "per conto terzi", e non, dunque, anche quelli esercitati nell'interesse proprio da un soggetto non titolare della partecipazione. Viene quindi affrontata la principale critica ad un controllo raggiunto per tale via e, più in generale, attraverso una delle varie forme di dissociazione tra titolarità della partecipazione e legittimazione all'esercizio del voto ad essa relativo, ovvero la apparente mancanza di stabilità. Considerando tuttavia che ogni ipotesi di controllo c.d. di fatto per definizione non gode di stabilità se non si scelga di ammettere una valutazione di tale requisito necessariamente prognostica ed ex ante, si giunge alla conclusione che la fattispecie di un controllo acquisito tramite sollecitazione di deleghe si distingue da altre ipotesi di controllo di fatto esclusivamente per la maggiore difficoltà dell'accertamento in fatto del requisito della stabilità. Si affronta infine la possibilità di garantire il diritto di exit (ovvero una tutela risarcitoria) del socio di minoranza che veda modificate le condizioni di rischio del proprio investimento a causa di una modifica del soggetto controllante derivante da sollecitazione di deleghe, tramite applicazione diretta della disciplina OPA ovvero riconducendo la fattispecie all'art. 2497quater, lett. d, ove ne ricorrano i presupposti.

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Il lavoro affronta il tema degli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi che possono essere emessi dalle società per azioni, alla luce della disciplina introdotta dalla riforma del diritto societario. Lo studio è diretto a fornire un inquadramento sistematico di queste modalità di finanziamento rispetto alla dicotomia azioni-obbligazioni, anche sotto il profilo contabile, per poi individuare le conseguenti implicazioni in termini di disciplina applicabile. Affrontando il dibattito dottrinale sulla collocazione complessiva degli strumenti ibridi rispetto alle forme di finanziamento tradizionali, si sposa l’opinione secondo cui tutti gli strumenti finanziari non possono essere ricompresi in una categoria unitaria, ma occorre mantenere distinti gli strumenti finanziari partecipativi indicati dall’art. 2346, comma 6, c.c., dagli altri strumenti finanziari ex art. 2411, comma 3, c.c., riconoscendo nei primi delle modalità di raccolta assimilabili al capitale di rischio e nei secondi delle forme di provvista di capitale di debito. Il connotato distintivo tra strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi viene individuato non nell’attribuzione di diritti amministrativi – che possono anche non essere assegnati ai titolari di strumenti di cui all’art. 2346, comma 6 – bensì nell’assenza o nella presenza di un obbligo di rimborso dell’apporto fornito all’impresa. Il lavoro esamina inoltre vari profili di disciplina di entrambe le categorie di strumenti, concentrandosi prevalentemente sui diritti patrimoniali ad essi attribuibili, tra cui la partecipazione agli utili e alle perdite e i diritti in sede di liquidazione. Infine si esaminano le previsioni recentemente introdotte dal d.l. n. 83/2012 in tema di titoli obbligazionari, al fine di valutarne l’impatto sull’impianto complessivo della disciplina vigente. In particolare, viene data attenzione alle nuove disposizioni relative alle obbligazioni subordinate e/o partecipative che possono essere emesse dalle società non quotate, mettendo in evidenza le criticità dal punto di vista sistematico in tema di possibile partecipazione agli utili degli obbligazionisti.

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Nella tesi che si presenta si è determinata la riduzione percentuale di vulnerabilità sismica di un edificio residenziale, sito a Reggiolo (RE), in seguito ad interventi di riabilitazione e miglioramento sismico con l'introduzione di setti e travi di coronamento in cemento armato. Il punto di partenza è l'analisi delle caratteristiche geometriche dell'edificio, ottenute mediante gli elaborati originali, e le caratteristiche meccaniche dei materiali che compongono la struttura, ottenute mediante prove in situ distruttive e non distruttive. Il punto successivo è stato la creazione di un modello numerico dell'edificio pre-intervento utilizzando il programma commerciale PROSAP, su cui si è eseguita un'analisi dinamica lineare con spettro di progetto da cui si sono determinare le principali criticità e inadeguatezze della struttura nei confronti di un carico sismico. Lo studio è passato alla struttura post-intervento modellando la presenza dei setti verticali e delle travi di coronamento. Dal confronto fra l'analisi dinamica lineare pre e post-intervento si è dedotto un elevato miglioramento sismico con passaggio da un indice di vulnerabilità iniziale pari a 0.02 ad un indice post-intervento pari a 1. Per validare numericamente questi risultati si è eseguita una analisi statica non lineare (pushover) dell'edificio pre-intervento.

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The so called cascading events, which lead to high-impact low-frequency scenarios are rising concern worldwide. A chain of events result in a major industrial accident with dreadful (and often unpredicted) consequences. Cascading events can be the result of the realization of an external threat, like a terrorist attack a natural disaster or of “domino effect”. During domino events the escalation of a primary accident is driven by the propagation of the primary event to nearby units, causing an overall increment of the accident severity and an increment of the risk associated to an industrial installation. Also natural disasters, like intense flooding, hurricanes, earthquake and lightning are found capable to enhance the risk of an industrial area, triggering loss of containment of hazardous materials and in major accidents. The scientific community usually refers to those accidents as “NaTechs”: natural events triggering industrial accidents. In this document, a state of the art of available approaches to the modelling, assessment, prevention and management of domino and NaTech events is described. On the other hand, the relevant work carried out during past studies still needs to be consolidated and completed, in order to be applicable in a real industrial framework. New methodologies, developed during my research activity, aimed at the quantitative assessment of domino and NaTech accidents are presented. The tools and methods provided within this very study had the aim to assist the progress toward a consolidated and universal methodology for the assessment and prevention of cascading events, contributing to enhance safety and sustainability of the chemical and process industry.

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Analisi degli aggregati edilizi del centro storico della città di Lucera (FG), al fine di definire una classificazione della vulnerabilità sismica di tutto il centro.

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Nell’ambito di un progetto di ricerca sui sistemi di accumulo dell’energia elettrica, in corso di avvio al “Laboratorio di microreti di generazione e accumulo” di Ravenna, è stato sviluppato un modello di calcolo in grado di simulare il comportamento di un elettrolizzatore.Il comportamento di un generico elettrolizzatore è stato modellato mediante una serie di istruzioni e relazioni matematiche, alcune delle quali ricavate tramite un’analisi dettagliata della fisica del processo di elettrolisi, altre ricavate empiricamente sulla base delle prove sperimentali e dei dati presenti nella bibliografia. Queste espressioni sono state implementate all’interno di un codice di calcolo appositamente sviluppato, realizzato in linguaggio Visual Basic, che sfrutta come base dati i fogli di calcolo del software Microsoft Excel per effettuare la simulazione. A partire dalle caratteristiche dell’elettrolizzatore (pressione e temperatura di esercizio, dimensione degli elettrodi, numero di celle e fattore di tuning, più una serie di coefficienti empirici) e dell’impianto generale (potenza elettrica disponibile e pressione di stoccaggio), il modello è in grado di calcolare l’idrogeno prodotto e l’efficienza globale di produzione e stoccaggio. Il modello sviluppato è stato testato sia su di un elettrolizzatore alcalino, quello del progetto PHOEBUS, basato su una tecnologia consolidata e commercialmente matura, sia su di un apparecchio sperimentale di tipo PEM in fase di sviluppo: in entrambi i casi i risultati forniti dal modello hanno trovato pieno riscontro coi dati sperimentali.

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La presente tesi si pone l’obiettivo di analizzare le principali metodologie per la stima delle conseguenze degli scenari incidentali propri degli stabilimenti che producono, operano o sono oggetto di stoccaggio di materiale esplosivo. Le sostanze esplosive sono utilizzate in innumerevoli attività civili, industriali e militari e considerando la loro intrinseca pericolosità, derivante dalla capacità di generare in uno spazio ridottissimo e in un tempo brevissimo una enorme quantità di energia, sono soggetti a tutta una serie di norme. Tali norme non solo classificano gli esplosivi ma ne regolamentano ogni utilizzo, dalla produzione, ai vari impieghi, allo stoccaggio fino allo smaltimento. Gli stabilimenti che detengono esplosivi possono essere classificati come a rischio di incidente rilevante e in quanto tali si trovano a dover sottostare alle varie direttive Seveso, da questo punto di vista si analizzano le caratteristiche a livello nazionale e regionale degli stabilimenti R.I.R. che operano con esplosivi. All’interno della tesi viene svolta un’analisi storica degli incidenti che hanno interessato gli stabilimenti che detengono esplosivi negli ultimi anni a livello mondiale, in modo tale da poter valutare quali eventi incidentali possano riguardare questa specifica classe di stabilimenti. Vengono poi presentati i principali approcci metodologici utilizzati per poter valutare le conseguenze degli scenari incidentali. Nello specifico vengono descritte le metodologie della normativa italiana T.U.L.P.S., del documento francese Sècuritè Pirotecnique, dell’Air Force Manual americano e alcuni metodi basati sull’equivalenza al TNT rintracciabili nella letteratura specifica. Le metodologie elencate precedentemente vengono poi applicate ad un caso di studio costituito da uno stabilimento fittizio caratterizzato da specifiche quantità di esplosivi suddivise in vari locali, localizzati in un ipotetico territorio. Dalla valutazione dei risultati ottenuti dall’applicazione dei vari approcci metodologici al caso studio è emerso un auspicabile proseguimento delle indagini relative alle metodologie relative alla quantificazione delle conseguenze degli scenari incidentali propri degli stabilimenti che detengono esplosivi con l’obiettivo di giungere ad una maggior standardizzazione dei metodi di calcolo che possa poi riflettersi anche in indicazioni uniformi a livello normativo.

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La tesi affronta il problema di Finanza Matematica dell'asset allocation strategica che consiste nel processo di ripartizione ottimale delle risorse tra diverse attività finanziarie presenti su un mercato. Sulla base della teoria di Harry Markowitz, attraverso passaggi matematici rigorosi si costruisce un portafoglio che risponde a dei requisiti di efficienza in termini di rapporto rischio-rendimento. Vengono inoltre forniti esempi di applicazione elaborati attraverso il software Mathematica.

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Uno dei più importanti problemi irrisolti nel settore ceramico è il trasporto dell’atomizzato che è attualmente trasportato mediante nastri trasportatori che prelevano il materiale dal basso all’uscita dell’atomizzatore per poi coprire lunghe distanze, attraversando l'ambiente di lavoro fino ai silos di stoccaggio. Questo tipo di trasporto seppur basato su una tecnologia affidabile produce polveri sottili, causando inquinamento nell’ambiente di lavoro e generando rischi per la salute dei lavoratori (silicosi). Questa tesi si prefigge di descrivere questo innovativo sistema di trasporto pneumatico per l’industria ceramica e di gettare alcune basi per risolvere il problema del deterioramento del materiale sia dal punto di vista granulometrico sia dal punto di visto igrometrico dovuto a problemi relativi alla linea di trasporto. Questo approccio, basato sul controllo di parametri fluidodinamici e termoigrometrici, è stato possibile grazie allo studio del trasporto pneumatico su un impianto di prova e all’utilizzo di un software di simulazione (TPSimWin) basato su studi precedenti riguardo al trasporto di un flusso bifase gas-solido.

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Del granulato di ossido di stronzio (anche nella formula carbonato) è stato testato come nuovo possibile materiale di utilizzo per la cattura ad alta temperatura di diossido di carbonio da effluenti gassosi di scarto. Sono stati condotti diversi esperimenti con strumentazioni già preposte, quali test termogravimetrici, microscopia elettronica (SEM) e Xray (XRD). Mentre per la sperimentazione in quantità più rilevanti di materiale è stato costruito un impianto a letto fisso ex novo. Le prove TG hanno evidenziato una capacità media di sorbente parti a circa il 5% in massa di ossido, a temperature tra i 1100°C e i 1200°C, in situazione di regime (dopo numerosi cicli di carb/calc), con una buona conservazione nel tempo delle proprietà adsorbitive, mentre per le prove a letto fisso, si è registrato un calo di valori variabile tra il 3 e il 4%, con un netto miglioramento nel caso di calcinazione in vapore surriscaldato fino al 5%. Il trattamento in vapore ha sortito l’importante effetto di calcinazione del diossido di carbonio dal sorbente, quindi facilmente separabile dal flusso in uscita, misurato tramite cattura in una soluzione di idrossido di bario. Importanti fenomeni di sintering e densificazione hanno portato ad occludere completamente la camera di reazione sviluppando notevoli sovrappressioni interne. Tali fenomeni sono stati approfonditi tramite analisi SEM e XRD. Si è constatato un aumento notevole della grandezza dei granuli in caso di trattamento in vapore con la formazione di legami stabili e con conservazione della porosità. Nel caso di trattamento senza vapore surriscaldato i granuli hanno sinterizzato tramite formazione di legami, ma sempre con conservazione della macroporosità. Il lavoro di tesi è stato inquadrato nel contesto tecnologico al riguardo le tecniche CCS esistenti ed in progetto, con un attento studio bibliografico riguardo lo stato dell’arte, impianti esistenti, costi, metodi di cattura usati, metodologie di trasporto dei gas, metodologie di stoccaggio esistenti e in progetto. Si sono considerati alcuni aspetti economici per sviluppare un modello previsionale di spesa per una possibile applicazione di cattura per un impianto di produzione energetica. Con la progettazione e dimensionamento di un sistema integrato di adsorbimento tramite l’accoppiamento di 2 reattori dedicati ai cicli di carbonatazione e calcinazione del materiale sorbente. Infine si sono considerati gli aspetti salienti dello stoccaggio del diossido di carbonio in reservoir tramite le tecniche di EOR e EGR (Enhanced Oil/Gas Recovery) utilizzando la stessa CO2 come fluido spiazzante degli idrocarburi in posto. Concludendo il lavoro di tesi e di sperimentazione ha contribuito in modo tangibile allo scopo prefissato, andando a caratterizzare un nuovo materiale per la cattura di diossido di carbonio da effluenti gassosi ad alta temperatura, ed andando a verificare un’importante fenomeno rigenerativo non previsto delle capacità sorbitive dei materiali sottoposti a test.

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Metodologia e criteri di verifica di vulnerabilità sismica di un edificio esistente in muratura di proprietà del comune di Bologna.