950 resultados para Memorie non volatili, Memorie magnetoresistive, Memorie ferroelettriche, Memorie a cambiamento di fase


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A motivação das decisões judiciais representa uma das principais garantias da sociedade no Estado Democrático de Direito. O objetivo deste trabalho é o estudo da fundamentação das decisões judiciais, não apenas como requisito do mais importante ato processual, de interesse apenas das partes, mas, sim, e principalmente, como uma garantia constitucional, porque de interesse social. A motivação, na concepção social do processo, como instrumento de pacificação, pode ser considerada como meio de justificação na atividade judicial de apreciação dos fatos e do Direito. Na ampliação do seu significado, vista como garantia, a motivação torna-se instrumento de legitimação das decisões judiciais, como atos de poder, na medida em que obriga o julgador a exteriorizar os fundamentos e as razões que justificaram uma escolha, a de ter sido tomada uma determinada solução para a causa posta em julgamento. Sua importância prática é acentuada, uma vez que por meio dessa garantia torna-se possível às partes o conhecimento não apenas da forma, mas, sobretudo, do conteúdo que integra a decisão judicial, possibilitando valorar se o direito à prova e o argumento jurídico sobre a questão litigiosa foram respeitados e analisados. Daí se afirmar que a motivação é um importante instrumento de realização das demais garantias processuais e constitucionais. Além disso, a motivação funciona como instrumento de controle na atividade judicial de valoração dos fatos, mormente para assegurar às partes o direito a prova, e da valoração dos textos normativos, na medida em que reconhecido o papel criativo dos juízes.

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L'utilizzo del materiale è concesso ai soli studenti iscritti al corso nell'anno accademico in corso, in quanto esso è coperto da copyright internazionale; la Facoltà di Economia di Forlì ha già provveduto a sostenere i relativi costi per gli studenti iscritti. Qualora altri studenti non appartenenti al corso fossero interessati a partecipare, dovranno mettersi in contatto con il prof. Emanuele Padovani per regolarizzare il pagamento dei diritti d'autore. Per ogni altra informazione sull'utilizzo del materiale e sul copyright, si rinvia alla prima pagina dell'E-packet. ENGLISH VERSION: You can use the E-packet only if you are enrolled in this course for the current academic year, because it is copyrighted under international copyright laws and the Faculty of Economics of Forlì has paid just the amount for this year's students. If you are interested in this material, you can ask information to Professor Emanuele Padovani. For any further information on the use of this material, please read the disclaimer contained in the first page of it.

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Questo è il syllabus completo del corso: stampatelo e portatelo sempre a lezione! Al fine di evitare duplicazioni, evitate di stampare le pagine della Guida dello Studente. ENGLISH VERSION: This is the complete syllabus: print it and keept it always with you when you have classes! Do not print out the pages contained in the Student's guide to avoid redundancies.

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La ricerca presentata è un’ampia esplorazione delle possibili applicazioni di concetti, metodi e procedure della Fuzzy Logic all’Ingegneria dei Materiali. Tale nuovo approccio è giustificato dalla inadeguatezza dei risultati conseguiti con i soli metodi tradizionali riguardo alla reologia ed alla durabilità, all’utilizzo di dati di laboratorio nella progettazione e alla necessità di usare un linguaggio (informatizzabile) che consenta una valutazione congiunta degli aspetti tecnici, culturali, economici, paesaggistici della progettazione. – In particolare, la Fuzzy Logic permette di affrontare in modo razionale l’aleatorietà delle variabili e dei dati che, nel settore specifico dei materiali in opera nel costruito dei Beni Culturali, non possono essere trattati con i metodi statistici ordinari. – La scelta di concentrare l’attenzione su materiali e strutture in opera in siti archeologici discende non solo dall’interesse culturale ed economico connesso ai sempre più numerosi interventi in questo nuovo settore di pertinenza dell’Ingegneria dei Materiali, ma anche dal fatto che, in tali contesti, i termini della rappresentatività dei campionamenti, della complessità delle interazioni tra le variabili (fisiche e non), del tempo e quindi della durabilità sono evidenti ed esasperati. – Nell’ambito di questa ricerca si è anche condotto un ampio lavoro sperimentale di laboratorio per l’acquisizione dei dati utilizzati nelle procedure di modellazione fuzzy (fuzzy modeling). In tali situazioni si è operato secondo protocolli sperimentali standard: acquisizione della composizione mineralogica tramite diffrazione di raggi X (XRD), definizione della tessitura microstrutturale con osservazioni microscopiche (OM, SEM) e porosimetria tramite intrusione forzata di mercurio (MIP), determinazioni fisiche quali la velocità di propagazione degli ultrasuoni e rotoviscosimetria, misure tecnologiche di resistenza meccanica a compressione uniassiale, lavorabilità, ecc. – Nell’elaborazione dei dati e nella modellazione in termini fuzzy, la ricerca è articolata su tre livelli: a. quello dei singoli fenomeni chimico-fisici, di natura complessa, che non hanno trovato, a tutt’oggi, una trattazione soddisfacente e di generale consenso; le applicazioni riguardano la reologia delle dispersioni ad alto tenore di solido in acqua (calci, cementi, malte, calcestruzzi SCC), la correlazione della resistenza a compressione, la gelività dei materiali porosi ed alcuni aspetti della durabilità del calcestruzzo armato; b. quello della modellazione della durabilità dei materiali alla scala del sito archeologico; le applicazioni presentate riguardano i centri di cultura nuragica di Su Monte-Sorradile, GennaMaria-Villanovaforru e Is Paras-Isili; c. quello della scelta strategica costituita dalla selezione del miglior progetto di conservazione considerando gli aspetti connessi all’Ingegneria dei Materiali congiuntamente a quelli culturali, paesaggistici ed economici; le applicazioni hanno riguardato due importanti monumenti (Anfiteatro e Terme a Mare) del sito Romano di Nora-Pula.

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Il 17 maggio 1977 è entrata in vigore all'interno dell'Unione europea la Sesta Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, comunemente nota come Sesta Direttiva, in “materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme”. Agli Stati membri veniva richiesto di modificare i loro sistemi IVA in accordo con le nuove regole delineate dalla Direttiva. La Sesta Direttiva, scritta negli anni Settanta, non conteneva alcuna regolamentazione relativa ai servizi di comunicazione e telecomunicazione: nei primi anni Novanta, con l'emergere della Società dell'Informazione, divenne chiaro che questa mancanza cominciava a pesare negativamente sulla competitività degli operatori europei. Il 26 giugno 1999, al termine di un lungo processo, venne adottata la Direttiva del Consiglio 1999/59/CE, che emendava la Direttiva 77/388/CEE per quanto atteneva alla regolamentazione in materia di IVA applicabili ai servizi di telecomunicazione . Poi, il 15 maggio 2002 è entrata in vigore la Direttiva del Consiglio 2002/38/CE che ha introdotto sostanziali cambiamenti pro tempore alla Direttiva 77/388/CEE, ampliando gli emendamenti introdotti dalla precedente Direttiva 1999/59/EC, e stabilendo nuove regole in materia di servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici. La recente rifusione della Sesta Direttiva, 2006/112/CE del 29 novembre 2006 sul sistema IVA, non ha modificato il quadro legislativo comunitario in materia di servizi di telecomunicazioni e servizi di radiodiffusione e di televisione e di servizi prestati per via elettronica: la Direttiva del Consiglio 2006/138/CE, adottata il 19 dicembre 2006 a emendamento della 2006/112/CE, ha confermato che la regolamentazione IVA applicabile ai servizi di comunicazione radio-televisivi e a certi servizi forniti per via elettronica resteranno soggetti a questo regime fino al 31 dicembre 2008.

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Negli impianti utilizzati per la produzione di energia elettrica che sfruttano l'energia solare, quali la tecnologia solare a concentrazione (Solare Termodinamico) sviluppata da ENEA, per minimizzare le dispersioni di calore è necessaria una elevata selettività spettrale. Per ottimizzare l'efficienza dell'impianto è quindi necessario lo sviluppo di materiali innovativi, in grado di minimizzare la quantità di energia dispersa per riflessione. In questo studio, per incrementare la trasmittanza solare dei componenti in vetro presenti nei tubi ricevitori dell'impianto, sono state utilizzate tipologie diverse di rivestimenti antiriflesso (multistrato e a singolo strato poroso). I rivestimenti sono stati ottenuti mediante via umida, con tecnica di sol-gel dip-coating. I sol coprenti sono stati preparati da alcossidi o sali metallici precursori degli ossidi che costituiscono il rivestimento. Sono state approfondite sia la fase di sintesi dei sol coprenti, sia la fase di deposizione sul substrato, che ha richiesto la progettazione e realizzazione di una apparecchiatura prototipale, ossia di un dip-coater in grado di garantire un accurato controllo della velocità di emersione e dell'ambiente di deposizione (temperatura e umidità). Il materiale multistrato applicato su vetro non ha migliorato la trasmittanza del substrato nell'intervallo di lunghezze d'onda dello spettro solare, pur presentando buone caratteristiche antiriflesso nell'intervallo dell'UV-Vis. Al contrario, l'ottimizzazione del rivestimento a base di silice porosa, ha portato all'ottenimento di indici di rifrazione molto bassi (1.15 to 1.18) e ad un incremento della trasmittanza solare dal 91.5% al 96.8%, efficienza superiore agli attuali rivestimenti disponibili in commercio.

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PREMESSA: La progressione della recidiva d’epatite C è accelerata nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato e ciò ha portato alla necessità di sviluppare nuove e validate metodiche non invasive per la quantificazione e la misura della fibrosi epatica. SCOPI: Stabilire l’efficacia dell’elastometria epatica (Fibroscan®) e dei parametri sierici di fibrosi, attualmente disponibili nella pratica clinica, per predire il grado di fibrosi nei pazienti sottoposti a trapianto epatico. METODI: La correlazione fra fibrosi epatica, determinata mediante biopsia epatica ed esame istologico, e Fibroscan® o indici clinico-sierologici di fibrosi (Benlloch, Apri, Forns, Fibrotest and Doppler resistance index), è stata studiata in pazienti che avevano ricevuto un trapianto ortotopico di fegato con evidenza di recidiva d’epatite da HCV. Un totale di 36 pazienti, con la seguente classificazione istologica: fibrosi secondom METAVIR F1=24, F2=8, F3=3, F4=1, sono stati arruolati nella popolazione oggetto di studio. Un totale di 29 individui volontari sani sono serviti come controllo. Le differenze fra gli stadi di fibrosi sono state calcolate mediante analisi statistica non parametrica. Il miglior cut-off per la differenziazione di fibrosi significativa (F2-F4) è stato identificato mediante l’analisi delle curve ROC. RISULTATI: La rigidità epatica ha presentato valori di 4.4 KPa (2.7-6.9) nei controlli (mediane e ranges), con valori in tutti i soggeti <7.0 KPa; 7.75 KPa (4.2-28.0) negli F1; 16.95 KPa (10.2-31.6) negli F2; 21.10 KPa nell’unico paziente F4 cirrotico. Le differenze sono state statisticamente significative per i soggetti controllo versus F1 e F2 (p<0.0001) e per F1 versus F2 (p<0.0001). Un cut-off elastografico di 11.2 KPagarantisce 88% di Sensibilità, 90% di Specificità, 79% di PPV e 95% di NPV nel differenziare i soggetti F1 dagli F2-F4. Le AUROC, relativamente alla capacità di discriminare fra i differenti gradi di fibrosi, evidenziavano un netto vantaggio per il Fibroscan® rispetto ad ognuno degli indici non invasivi di fibrosi. CONCLUSIONI: L’elastometria epatica presenta una buona accuratezza diagnostica nell’identificare pazienti con fibrosi epatica di grado significativo, superiore a quella di tutti gli altri test non invasivi al momento disponibili nella clinica, nei pazienti portatori di trapianto epatico ortotopico da cadavere con recidiva di HCV.

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La variabilità genetica è un importante strumento per lo studio e la conservazione della biodiversità in specie rare e minacciate di estinzione. Durante il mio dottorato mi sono quindi occupata di mettere a punto diverse metodologie molecolari al fine di valutare la diversità genetica in due specie rare della flora italiana che presentano problematiche diverse e specifiche. I marcatori arbitrari RAPD e i marcatori semi-arbitrari ISSR sono stati utilizzati per valutare la diversità genetica in Quercus crenata Lam. e per confermare l’ipotesi della sua origine ibridogena dalle due specie presunte parentali Quercus cerris L. e Quercus suber L., essendo Q. crenata presente in Italia settentrionale dove Q. suber è attualmente assente. I marcatori SSR o microsatelliti sono invece stati messi a punto su una specie a rischio di estinzione, endemica dell’Appennino Tosco-Emiliano, Primula apennina Widmer, applicando una metodologia specifica, basata sulla costruzione di una libreria genomica arricchita per l’isolamento di primer specifici. I marcatori RAPD e ISSR, utilizzati su un totale di 85 campioni, hanno mostrato alti livelli di diversità molecolare entro le specie studiate, eccetto per Q. suber le cui popolazioni rappresentano il margine orientale di distribuzione della specie, per questo più sottoposte ad impoverimento genetico. Oltre alla cluster analysis (UPGMA) e alla Analisi delle Componenti Principali effettuate per entrambi i marcatori, che confermano l’ipotesi dell’origine ibrida degli individui di Q. crenata diffusi in Italia Settentrionale, sono stati calcolati l’indice di ibridità basato sul maximum likelihood, che dimostra una introgressione asimmetrica di Q. crenata verso il parentale caratterizzato da superiorità demografica (Q. cerris) e il test di Mantel. Quest’ultimo ha permesso di confrontare i due marcatori RAPD e ISSR utilizzati ottenendo una bassa correlazione, a conferma del fatto che, amplificando tratti differenti del DNA nucleare, i dati non sono sovrapponibili, sebbene forniscano risultati analoghi. Per l’isolamento di loci microsatelliti ipervariabili ho utilizzato il protocolllo FIASCO (Fast isolation by AFLP of sequences containing repeats- Zane et al. 2002) che permette di costruire una libreria genomica arricchita partendo dal DNA estratto da P. apennina. Tale procedura ha previsto la digestione del DNA genomico per la produzione di una miscela di frammenti di DNA. Tramite ibridazione con opportune sonde sono stati isolati i frammenti contenenti i microsatelliti. Sequenziando i cloni ricombinanti, ho ottenuto sequenze contenenti repeats sulle cui regioni fiancheggianti sono stati costruiti 15 coppie di primer che potranno, in seguito, essere utilizzate per definire la quota di riproduzione clonale in P. apennina e per valutare la diversità genetica delle popolazioni che coprono l’areale di distribuzione della specie. Data la loro natura altamente variabile e la loro abbondanza nel DNA, gli SSR saranno, come i marcatori RAPD e gli ISSR, ugualmente validi per lo studio della variabilità genetica e per l’analisi di problematiche specifiche legate alle specie rare.

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Oltre un miliardo di persone non ha oggi accesso all’acqua potabile; più di due miliardi è il numero di coloro che vivono in condizioni igienico-sanitarie realmente proibitive. Sono 80 i paesi nel mondo (con il 40% della popolazione totale) in cui si riscontra difficoltà di approvvigionamento e presenza di risorse idriche che mancano dei requisiti che dovrebbero essere assicurati per la tutela della salute: quotidianamente e sistematicamente il diritto di accesso all’acqua, che nessun individuo dovrebbe vedersi negato, viene violato. Scarsità di acqua e non omogenea distribuzione sulla superficie terrestre sono fattori che concorrono alla crisi della risorsa, cui contribuiscono processsi di natura ambientale (cambiamenti climatici, desertificazione), di natura economica (le sorti dell’industria agroalimentare, la globalizzazione degli scambi, il bisogno crescente di energia), di natura sociale (migrazioni, urbanizzazione, crescita demografica, epidemie), di natura culturale (passaggio dal rurale all’urbano, dall’agricoltura di sussistenza a quella di profitto). Nell’ottica di uno sviluppo sostenibile un aumento indiscriminato dell’offerta non può costituire soluzione al continuo incremento della domanda di acqua. Si rende pertanto necessaria la definizione di politiche e strumenti di cambiamento nei modelli di consumo e nella pianificazione che consentano una riduzione degli squilibri nella distribuzione e nella gestione della risorsa a livello domestico e civile, industriale, agricolo. L’uso efficiente, e quindi sostenibile, dell’acqua è da perseguirsi secondo le modalità: • Risparmio, inteso come minore consumo di acqua all’inizio del ciclo. • Riciclo dell’acqua in circuito chiuso, inteso come riuso dell’acqua di scarico, o uso multiplo dell’acqua. Una idonea utilizzazione dipende da una idonea progettazione, che abbia come finalità: • La destinazione in via prioritaria delle fonti e delle risorse di più elevata qualità agli usi idropotabili, con una graduale sostituzione del consumo per altri usi con risorse di minore pregio. • La regolamentazione dell’uso delle acque sotterranee, mediante la limitazione del ricorso all’impiego di pozzi solo in mancanza di forniture alternative per uso civile, industriale, agricolo. • L’incentivazione ad un uso razionale della risorsa, anche mediante l’attuazione di idonee politiche tariffarie. • L’aumento dell’efficienza delle reti di adduzione e distribuzione, sia civili che irrigue. • La promozione di uso efficiente, riciclo e recupero di acqua nell’industria. • Il miglioramento dell’efficienza ed efficacia delle tecniche di irrigazione. • La promozione del riutilizzo delle acque nei vari settori. • La diffusione nella pratica domestica di apparati e tecnologie progettati per la riduzione degli sprechi e dei consumi di acqua. In ambito agricolo la necessità di un uso parsimonioso della risorsa impone il miglioramento dell’efficienza irrigua, pari appena al 40%. La regione Emilia Romagna a livello locale, Israele a livello internazionale, forniscono ottimi esempi in termini di efficacia dei sistemi di trasporto e di distribuzione, di buona manutenzione delle strutture. Possibili soluzioni verso le quali orientare la ricerca a livello mondiale per arginare la progressiva riduzione delle riserve idriche sono: • Revisione dei costi idrici. • Recupero delle riserve idriche. • Raccolta dell’acqua piovana. • Miglioramento degli impianti di distribuzione idrica. • Scelta di metodi di coltivazione idonei alle caratteristiche locali. • Scelta di colture a basso fabbisogno idrico. • Conservazione della risorsa attraverso un sistema di irrigazione efficiente. • Opere di desalinizzazione. • Trasferimento idrico su vasta scala da un’area all’altra. Si tratta di tecniche la cui attuazione può incrementare la disponibilità media pro capite di acqua, in particolare di coloro i quali non ne posseggono in quantità sufficiente per bere o sono privi di sistemi igienico-sanitari sufficienti.

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Negli ultimi anni la longevità è divenuto un argomento di notevole interesse in diversi settori scientifici. Le ricerche volte ad indagare i meccanismi che regolano i fattori della longevità si sono moltiplicate nell’ultimo periodo interessando, in maniera diversa, alcune regioni del territorio italiano. Lo studio presentato nella tesi ha l’obiettivo di identificare eventuali aggregazioni territoriali caratterizzate da una significativa propensione alla longevità nella regione Emilia-Romagna mediante l’impiego di metodologie di clustering spaziale, alcune delle quali di recente implementazione. La popolazione in esame è costituita dagli individui residenti in Emilia- Romagna nel quinquennio 2000-2004 suddivisa in classi di età, sesso e comune. L’analisi è di tipo puramente spaziale, in cui l’unità geografica elementare è identificata dal comune, ed è stata condotta separatamente per i due sessi. L’identificazione delle aree regionali ad elevata longevità è avvenuta utilizzando quattro metodologie di clustering spaziale, basate sulla teoria della massima verosimiglianza, che si differenziano tra loro per la modalità di ricerca dei potenziali clusters. La differenza consiste nella capacità di identificare aggregazioni territoriali di forma regolare (spatial scan statistic, Kulldorff e Nagarwalla,1995; Kulldorff,1997, 1999) o dall’andamento geometrico “libero” (flexible scan statistic, Tango e Takahashi,2005; algoritmo genetico, Duczmal et al.,2007; greedy growth search, Yiannakoulias et al.,2007). Le caratteristiche di ciascuna metodologia consentono, in tal modo, di “catturare” le possibili conformazioni geografiche delle aggregazioni presenti sul territorio e la teoria statistica di base, comune ad esse, consente di effettuare agevolmente un confronto tra i risultati ottenuti. La persistenza di un’area caratterizzata da un’elevata propensione alla longevità consente, infatti, di ritenere il cluster identificato di notevole interesse per approfondimenti successivi. Il criterio utilizzato per la valutazione della persistenza di un cluster è stato derivato dalla teoria dei grafi, con particolare riferimento ai multigrafi. L’idea è confrontare, a parità di parametri di ricerca, i grafi associati alle aggregazioni spaziali identificate con le diverse metodologie attraverso una valutazione delle occorrenze dei collegamenti esistenti tra le coppie di vertici. Alcune valutazioni di carattere demografico ed un esame della letteratura esistente sugli studi di longevità, hanno indotto alla definizione di una classe (aperta) di età per rappresentare il fenomeno nella nostra ricerca: sono stati considerati gli individui con età superiore o uguale a 95 anni (indicata con 95+). La misura di sintesi utilizzata per descrivere il fenomeno è un indicatore specifico di longevità, mutuato dalla demografia, indicato con Centenarian Rate (CR) (Robine e Caselli, 2005). Esso è definito dal rapporto tra la popolazione 95+ e la popolazione residente, nello stesso comune, al censimento del 1961. L’idea alla base del CR è confrontare gli individui longevi di un istante temporale con quelli presenti, nella stessa area, circa 40 anni prima dell’osservazione, ipotizzando che l’effetto migratorio di una popolazione possa ritenersi trascurabile oltre i 60 anni di età. La propensione alla longevità coinvolge in maniera diversa le aree del territorio dell’Emilia-Romagna. Le province della regione caratterizzate da una maggiore longevità sono Bologna, Ravenna e parte di Forlì-Cesena mentre la provincia di Ferrara si distingue per un livello ridotto del fenomeno. La distinzione per sesso non appare netta: gli uomini con età 95+, numericamente inferiori alle donne, risiedono principalmente nei comuni delle province di Bologna e Ravenna, con qualche estensione nel territorio forlivese, analogamente a quanto accade per la popolazione femminile che mostra, tuttavia, una maggiore prevalenza nei territori di Bologna e Forlì-Cesena, includendo alcune aree del riminese. Le province occidentali della regione, invece, non risultano interessate significativamente da questo fenomeno. Le metodologie di cluster detection utilizzate nello studio hanno prodotto risultati pressoché simili seppur con criteri di ricerca differenti. La spatial scan statistic si conferma una metodologia efficace e veloce ma il vincolo geometrico regolare imposto al cluster condiziona il suo utilizzo, rivelando una scarsa adattabilità nell’identificazione di aggregazioni irregolari. La metodologia FSC ha evidenziato buone capacità di ricerca e velocità di esecuzione, completata da una descrizione chiara e dettagliata dei risultati e dalla possibilità di poter visualizzare graficamente i clusters finali, anche se con un livello minimo di dettaglio. Il limite principale della metodologia è la dimensione ridotta del cluster finale: l’eccessivo impegno computazionale richiesto dalla procedura induce a fissare il limite massimo al di sotto delle 30 aree, rendendola così utilizzabile solo nelle indagini in cui si ipotizza un’estensione limitata del fenomeno sul territorio. L’algoritmo genetico GA si rivela efficace nell’identificazione di clusters di qualsiasi forma ed estensione, seppur con una velocità di esecuzione inferiore rispetto alle procedure finora descritte. Senza un’adeguata selezione dei parametri di ricerca,la procedura può individuare clusters molto irregolari ed estesi, consigliando l’uso di penalizzazione non nulla in fase di ricerca. La scelta dei parametri di ricerca non è comunque agevole ed immediata e, spesso, è lasciata all’esperienza del ricercatore. Questo modo di procedere, in aggiunta alla mancanza di informazioni a priori sul fenomeno, aumenta il grado di soggettività introdotto nella selezione dei parametri influenzando i risultati finali. Infine, la metodologia GGS richiede un carico computazionale nettamente superiore rispetto a quello necessario per le altre metodologie utilizzate e l’introduzione di due parametri di controllo favorisce una maggiore arbitrarietà nella selezione dei valori di ricerca adeguati; inoltre, la recente implementazione della procedura e la mancanza di studi su dati reali inducono ad effettuare un numero maggiore di prove durante la fase di ricerca dei clusters.

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Il traffico veicolare è la principale fonte antropogenica di NOx, idrocarburi (HC) e CO e, dato che la sostituzione dei motori a combustione interna con sistemi alternativi appare ancora lontana nel tempo, lo sviluppo di sistemi in grado di limitare al massimo le emissioni di questi mezzi di trasporto riveste un’importanza fondamentale. Sfortunatamente non esiste un rapporto ottimale aria/combustibile che permetta di avere basse emissioni, mentre la massima potenza ottenibile dal motore corrisponde alle condizioni di elevata formazione di CO e HC. Gli attuali sistemi di abbattimento permettono il controllo delle emissioni da sorgenti mobili tramite una centralina che collega il sistema di iniezione del motore e la concentrazione di ossigeno del sistema catalitico (posto nella marmitta) in modo da controllare il rapporto aria/combustibile (Fig. 1). Le marmitte catalitiche per motori a benzina utilizzano catalizzatori “three way” a base di Pt/Rh supportati su ossidi (allumina, zirconia e ceria), che, dovendo operare con un rapporto quasi stechiometrico combustibile/comburente, comportano una minore efficienza del motore e consumi maggiori del 20-30% rispetto alla combustione in eccesso di ossigeno. Inoltre, questa tecnologia non può essere utilizzata nei motori diesel, che lavorano in eccesso di ossigeno ed utilizzano carburanti con un tenore di zolfo relativamente elevato. In questi ultimi anni è cresciuto l’interesse per il controllo delle emissioni di NOx da fonti veicolari, con particolare attenzione alla riduzione catalitica in presenza di un eccesso di ossigeno, cioè in condizioni di combustione magra. Uno sviluppo recente è rappresentato dai catalizzatori tipo “Toyota” che sono basati sul concetto di accumulo e riduzione (storage/reduction), nei quali l’NO viene ossidato ed accumulato sul catalizzatore come nitrato in condizioni di eccesso di ossigeno. Modificando poi per brevi periodi di tempo le condizioni di alimentazione da ossidanti (aria/combustibile > 14,7 p/p) a riducenti (aria/combustibile < 14,7 p/p) il nitrato immagazzinato viene ridotto a N2 e H2O. Questi catalizzatori sono però molto sensibili alla presenza di zolfo e non possono essere utilizzati con i carburanti diesel attualmente in commercio. Obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di ottimizzare e migliorare la comprensione del meccanismo di reazione dei catalizzatori “storage-reduction” per l’abbattimento degli NOx nelle emissioni di autoveicoli in presenza di un eccesso di ossigeno. In particolare lo studio è stato focalizzato dapprima sulle proprietà del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, in funzione del tipo di precursore e sulle proprietà e composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). Lo studio è stato inizialmente focalizzato sulle proprietà dei precursori del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, sulla composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). E’ stata effettuata una dettagliata caratterizzazione chimico-fisica dei materiali preparati tramite analisi a raggi X (XRD), area superficiale, porosimetria, analisi di dispersione metallica, analisi in riduzione e/o ossidazione in programmata di temperatura (TPR-O), che ha permesso una migliore comprensione delle proprietà dei catalizzatori. Vista la complessità delle miscele gassose reali, sono state utilizzate, nelle prove catalitiche di laboratorio, alcune miscele più semplici, che tuttavia potessero rappresentare in maniera significativa le condizioni reali di esercizio. Il comportamento dei catalizzatori è stato studiato utilizzando differenti miscele sintetiche, con composizioni che permettessero di comprendere meglio il meccanismo. L’intervallo di temperatura in cui si è operato è compreso tra 200-450°C. Al fine di migliorare i catalizzatori, per aumentarne la resistenza alla disattivazione da zolfo, sono state effettuate prove alimentando in continuo SO2 per verificare la resistenza alla disattivazione in funzione della composizione del catalizzatore. I principali risultati conseguiti possono essere così riassunti: A. Caratteristiche Fisiche. Dall’analisi XRD si osserva che l’impregnazione con Pt(NH3)2(NO2)2 o con la sospensione nanoparticellare in DEG, non modifica le proprietà chimico-fisiche del supporto, con l’eccezione del campione con sospensione nanoparticellare impregnata su ossido misto per il quale si è osservata sia la segregazione del Pt, sia la presenza di composti carboniosi sulla superficie. Viceversa l’impregnazione con Ba porta ad una significativa diminuzione dell’area superficiale e della porosità. B. Caratteristiche Chimiche. L’analisi di dispersione metallica, tramite il chemiassorbimento di H2, mostra per i catalizzatori impregnati con Pt nanoparticellare, una bassa dispersione metallica e di conseguenza elevate dimensioni delle particelle di Pt. I campioni impregnati con Pt(NH3)2(NO2)2 presentano una migliore dispersione. Infine dalle analisi TPR-O si è osservato che: Maggiore è la dispersione del metallo nobile maggiore è la sua interazione con il supporto, L’aumento della temperatura di riduzione del PtOx è proporzionale alla quantità dei metalli alcalino terrosi, C. Precursore Metallo Nobile. Nelle prove di attività catalitica, con cicli ossidanti e riducenti continui in presenza ed in assenza di CO2, i catalizzatori con Pt nanoparticellare mostrano una minore attività catalitica, specie in presenza di un competitore come la CO2. Al contrario i catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 presentano un’ottima attività catalitica, stabile nel tempo, e sono meno influenzabili dalla presenza di CO2. D. Resistenza all’avvelenamento da SO2. Il catalizzatore di riferimento, 17Ba1Pt/γAl2O3, mostra un effetto di avvelenamento con formazione di solfati più stabili che sul sistema Ba-Mg; difatti il campione non recupera i valori iniziali di attività se non dopo molti cicli di rigenerazione e temperature superiori ai 300°C. Per questi catalizzatori l’avvelenamento da SO2 sembra essere di tipo reversibile, anche se a temperature e condizioni più favorevoli per il 1.5Mg8.5Ba-1Pt/γAl2O3. E. Capacità di Accumulo e Rigenerabilità. Tramite questo tipo di prova è stato possibile ipotizzare e verificare il meccanismo della riduzione. I catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 hanno mostrato un’elevata capacità di accumulo. Questa è maggiore per il campione bimetallico (Ba-Mg) a T < 300°C, mentre per il riferimento è maggiore per T > 300°C. Per ambedue i catalizzatori è evidente la formazione di ammoniaca, che potrebbe essere utilizzata come un indice che la riduzione dei nitrati accumulati è arrivata al termine e che il tempo ottimale per la riduzione è stato raggiunto o superato. Per evitare la formazione di NH3, sul catalizzatore di riferimento, è stata variata la concentrazione del riducente e la temperatura in modo da permettere alle specie adsorbite sulla superficie e nel bulk di poter raggiungere il Pt prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo. La presenza di CO2 riduce fortemente la formazione di NH3; probabilmente perché la CO2, occupando i siti degli elementi alcalino-terrosi lontani dal Pt, impedisce ai nitriti/nitrati o all’H2 attivato di percorrere “elevate” distanze prima di reagire, aumentando così le possibilità di una riduzione più breve e più selettiva. F. Tempo di Riduzione. Si è migliorata la comprensione del ruolo svolto dalla concentrazione dell’agente riducente e dell’effetto della durata della fase riducente. Una durata troppo breve porta, nel lungo periodo, alla saturazione dei siti attivi, un eccesso alla formazione di NH3 Attraverso queste ultime prove è stato possibile formulare un meccanismo di reazione, in particolare della fase riducente. G. Meccanismo di Riduzione. La mobilità dei reagenti, nitriti/nitrati o H2 attivato è un elemento fondamentale nel meccanismo della riduzione. La vicinanza tra i siti di accumulo e quelli redox è determinante per il tipo di prodotti che si possono ottenere. La diminuzione della concentrazione del riducente o l’aumento della temperatura concede maggiore tempo o energia alle specie adsorbite sulla superficie o nel bulk per migrare e reagire prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo.

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Il sistema viabile rappresenta una parte fondamentale nella dinamica dei trasporti al servizio della mobilità di trasporti e merci. La mobilità, ha fatto registrare ritmi di crescita sostenuti nel corso degli anni. Le trasformazioni sociali, del mercato del lavoro, lo sviluppo produttivo e commerciale, la posizione baricentrica tra le province jonca salentina e brindisina fanno di Manduria, una realtà dove è necessario prestare attenzione al sistema dei trasporti. Tuttavia la rete statale di vecchio stampo che risulta utilizzata, soprattutto da quote di mobilità interprovinciale per questioni di economicità del percorso e dal momento che manca una rete viaria ordinaria funzionale e scorrevole che colleghi in modo capillare il territorio fanno si che la Strada Statale 7ter risulti congestionata in maniera diffusa. La Superstrada di nuova costruzione sarebbe potuta essere un importante arteria stradale allacciandosi alla SS Taranto Brindisi Lecce collegando il sud della provincia Jonica in modo capillare ai comuni della provincia Taranto e Lecce, la quale non è stata ultimata ed avrebbe rappresentato una valida alternativa alla statale esistenti. Oltre a favorire i collegamenti tra il territorio jonico, brindisino e quello salentino, tale intervento sarebbe stato necessario per ridurre la componente di traffico di attraversamento di una serie di centri urbani, tra cui il Comune di Manduria. In questa tesi, sulla base dei dati raccolti dall’ultimo censimento nell’ambito provinciale e del Comune di Manduria, verrà implementato il funzionamento del Piano del Traffico stradale del Comune di Manduria e verranno condotte delle simulazioni, con l’ausilio del software di pianificazione di sistemi di trasporto stradale Omnitrans, versione demo, scaricabile gratuitamente dal sito www.omnitrans-international.com. Si ricercheranno stime sul funzionamento della rete, valutando la congestione del traffico ed eventualmente in termini di aumento della sicurezza e riduzione dell’inquinamento atmosferico.

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Lo svolgimento di questa tesi ha riguardato la caratterizzazione di una roccia carbonatica metamorfica, marmo proveniente da un bacino estrattivo delle Alpi Apuane, mediante prove di laboratorio: in particolare, si è esaminato il comportamento di tale materiale sia mediante prove distruttive, sia mediante prove non distruttive. Lo studio è stato condotto su diverse tipologie di campioni (cilindri di diametro differente ma con uguale rapporto tra diametro e altezza, campioni informi di materiale), tutti ottenuti da blocchi informi prelevati nel bacino estrattivo dell’Arnetola, sito nel comune di Vagli Sotto (LU). Sui campioni carotati sono state eseguite più prove standard (distruttive e non), mentre i campioni informi sono stati utilizzati per la determinazione, mediante prova distruttiva, dell’indice di resistenza R.I.H.N. (acronimo di Rock Impact Hardness Number). Tale prova è in grado di fornire utili informazioni sulla resistenza dei materiali rocciosi, risultando particolarmente utile nell’industria estrattiva grazie alla semplice apparecchiatura che dà la possibilità di eseguire un numero elevato di determinazioni nei centri stessi di produzione, con bassi costi unitari. Data la variabilità dei risultati ottenuti, sono state eseguite ulteriori analisi (studio tessiturale in sezione sottile, analisi calcimetrica e analisi diffrattometrica) che mettessero in luce la composizione mineralogica e la struttura microscopica del materiale testato, in modo da interpretare i risultati delle prove di laboratorio effettuate. Alla luce dei risultati ottenuti, sono state elaborate alcune correlazioni tra le varie prove, facendo anche uso di alcuni abachi.

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La definizione di “benessere animale” e le modalità di determinazione di tale parametro sono ancora ampiamente dibattute. C’è, però, una generale concordanza sul fatto che una condizione di malessere dia origine a variazioni fisiologiche e comportamentali che possono essere rilevate e misurate. Tra i parametri endocrini, il più studiato è, senza dubbio, il cortisolo, in quanto connesso con l’attivazione dell’asse ipotalamico-pituitario-surrenale in condizioni di stress e quindi ritenuto indicatore ideale di benessere, benché debba essere utilizzato con cautela in quanto un aumento dei livelli di questo ormone non si verifica con ogni tipo di stressor. Inoltre, si deve considerare che la raccolta del campione per effettuare le analisi, spesso implica il confinamento ed il contenimento degli animali e può essere, quindi, essa stessa un fattore stressante andando ad alterare i risultati. Alla luce delle suddette conoscenze gli obiettivi scientifici di questa ricerca, condotta sul gatto e sul cane, sono stati innanzitutto validare il metodo di dosaggio di cortisolo dal pelo e stabilire se tale dosaggio può rappresentare un indicatore, non invasivo, di benessere dell’animale (indice di “stress cronico”). In seguito, abbiamo voluto individuare i fattori di stress psico-sociale in gatti che vivono in gattile, in condizioni di alta densità, analizzando i correlati comportamentali ed ormonali dello stress e del benessere in questa condizione socio-ecologica, ricercando, in particolare, l’evidenza ormonale di uno stato di stress prolungato e la messa in atto di strategie comportamentali di contenimento dello stesso e il ruolo della marcatura visivo-feromonale, inoltre abbiamo effettuato un confronto tra oasi feline di diversa estensione spaziale per valutare come varia lo stress in rapporto allo spazio disponibile. Invece, nel cane abbiamo voluto evidenziare eventuali differenze dei livelli ormonali tra cani di proprietà e cani di canili, tra cani ospitati in diversi canili e tra cani che vivono in diverse realtà familiari; abbiamo voluto valutare gli effetti di alcuni arricchimenti sui cani di canile ed, infine, abbiamo analizzato cani sottoposti a specifici programmi si addestramento. Il primo importante ed originale risultato raggiunto, che risponde al primo obiettivo della ricerca, è stato la validazione del dosaggio radioimmunologico di cortisolo in campioni di pelo. Questo risultato, a nostro avviso, apre una nuova finestra sul campo della diagnostica endocrinologica metabolica. Attualmente, infatti, il monitoraggio ormonale viene effettuato su campioni ematici la cui raccolta prevede un elevato stress (stress da prelievo) per l’animale data l'invasività dell'operazione che modifica l’attività di ipotalamo-ipofisi-surrene e, dunque, provoca repentine alterazioni delle concentrazioni ormonali. Questa metodica offre, quindi, il vantaggio dell’estrema semplicità di raccolta del campione e, in più, il bassissimo costo del materiale utilizzato. Dalle ricerche condotte sui gatti di gattile sono scaturite preziose indicazioni per future indagini sullo stress e sul comportamento sociale felino. I risultati dell’analisi congiunta del comportamento e delle concentrazioni ormonali hanno evidenziato che la disponibilità di postazioni di marcatura visivo-feromonale ha un effetto positivo sia sugli indicatori comportamentali, sia su quelli ormonali di stress. I risultati dell’analisi delle concentrazioni di cortisolo, derivanti dal confronto tra sette oasi feline di diversa estensione spaziale hanno permesso di evidenziare un aumento dei livelli dell’ormone inversamente proporzionale allo spazio disponibile. Lo spazio disponibile, però, non è l’unico fattore da prendere in considerazione al fine di assicurare il benessere dell’animale infatti, nelle colonie che presentavano instabilità sociale e variabilità territoriale il cortisolo aveva valori elevati nonostante le notevoli disponibilità di spazio. Infine, si è potuto costatare come anche lo stare appartati, aumenti proporzionalmente con l’aumentare dello spazio. Questo comportamento risulta essere molto importante in quanto mitiga lo stress ed è da prendere in considerazione nell’allestimento di colonie feline. Infatti, nelle colonie di dimensioni ridotte dove lo stress è già alto, l’impossibilità dei soggetti di appartarsi può contribuire a peggiorare la situazione; ecco perché si dovrebbero creare luoghi artificiali per fornire ai gatti la possibilità di appartarsi, magari sfruttando gli spazi sopraelevati (tetti, alberi, ecc.). Per quanto riguarda il confronto tra cani di proprietà e cani di canile non sono state evidenziate differenze significative nei livelli di cortisolo nel pelo mentre abbiamo rilevato che quest’ultimi sono influenzati dalla disponibilità di spazio: infatti sia i cani di proprietà che vivevano in giardino, sia i cani dei canili che praticavano lo sgambamento presentavano livelli di cortisolo nel pelo più bassi rispetto, rispettivamente, ai cani di proprietà che vivevano in appartamento o appartamento/giardino e a quelli di canile che non praticavano lo sgambamento. L’arricchimento ambientale fornito ai cani di canile ha esercitato un’influenza positiva riducendo i livelli di cortisolo e migliorando la docilità dei soggetti, favorendone un’eventuale adozione. Si è inoltre messo in luce che i programmi di addestramento, eseguiti con tecniche “gentili”, non comportano situazioni stressanti per l’animale e aiutano i cani ad esprimere doti di equilibrio che rimarrebbero altrimenti celate dagli aspetti più istintivi del carattere. D’altra parte, l’impegno agonistico prima di una competizione e il livello di addestramento raggiunto dai cani, influenzano le concentrazioni di cortisolo a riposo e durante l’esercizio fisico. Questi risultati possono sicuramente dare utili suggerimenti per la gestione e la cura di gatti e cani al fine di migliorarne le condizioni di benessere.

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Il tema della casa, e più in generale dell’abitare, è argomento tornato al centro del dibattito sociale più di quanto non sia avvenuto in campo tecnico‐architettonico. Sono infatti abbastanza evidenti i limiti delle proposte che nel recente passato sono state, di norma, elaborate nelle nostre città, proposte molto spesso incapaci di tener conto delle molteplici dimensioni che l’evoluzione dei costumi e della struttura urbana e sociale ha indotto anche nella sfera della residenza e che sono legate a mutate condizioni lavorative, alla diversità di cultura e di religione di nuovi gruppi etnici insediati, alla struttura dei nuclei familiari (ove ancora esistano) ed a molti altri fattori; cambiate le esigenze, un tempo composte nella struttura della famiglia, sono cambiati desideri e richieste mentre l’apparato normativo è rimasto strutturato su modelli sociali ed economici superati. Il tema dunque assume, oggi più che mai, connotazioni con forti relazioni fra problematiche funzionali, tecnologiche e simboliche. Stimolata da queste osservazioni generali, la ricerca si è mossa partendo da un’analisi di casi realizzati nel periodo storico in cui si è esaurita, in Italia, l’emergenza abitativa post‐bellica, nell’intento di riconsiderare l’approccio vitale che era stato messo in campo in quella drammatica circostanza, ma già consapevole che lo sviluppo che avrebbe poi avuto sarebbe stato molto più circoscritto. La tesi infatti, dopo aver osservato rapidamente la consistenza tipologica ed architettonica di quegli interventi, per trarne suggestioni capaci di suggerire un credibile e nuovo prototipo da indagare, attraverso un’analisi comparativa sugli strumenti oggi disponibili per la comunicazione e gestione del progetto, si è soffermata sulla potenzialità delle nuove tecnologie dell'informazione (IT). Non si può infatti non osservare che esse hanno modificato non solo il modo di vivere, di lavorare, di produrre documenti e di scambiare informazioni, ma anche quello di controllare il processo di progetto. Il fenomeno è tuttora in corso ma è del tutto evidente che anche l'attività progettuale, seppure in un settore quale è quello dell'industria edilizia, caratterizzato da una notevole inerzia al cambiamento e restio all'innovazione, grazie alle nuove tecnologie ha conosciuto profonde trasformazioni (già iniziate con l’avvento del CAD) che hanno accelerato il progressivo mutamento delle procedure di rappresentazione e documentazione digitale del progetto. Su questo tema quindi si è concentrata la ricerca e la sperimentazione, valutando che l'”archivio di progetto integrato”, (ovvero IPDB ‐ Integrated Project Database) è, probabilmente, destinato a sostituire il concetto di CAD (utilizzato fino ad ora per il settore edilizio ed inteso quale strumento di elaborazione digitale, principalmente grafica ma non solo). Si è esplorata quindi, in una prima esperienza di progetto, la potenzialità e le caratteristiche del BIM (Building Information Model) per verificare se esso si dimostra realmente capace di formulare un archivio informativo, di sostegno al progetto per tutto il ciclo di vita del fabbricato, ed in grado di definirne il modello tridimensionale virtuale a partire dai suoi componenti ed a collezionare informazioni delle geometrie, delle caratteristiche fisiche dei materiali, della stima dei costi di costruzione, delle valutazioni sulle performance di materiali e componenti, delle scadenze manutentive, delle informazioni relative a contratti e procedure di appalto. La ricerca analizza la strutturazione del progetto di un edificio residenziale e presenta una costruzione teorica di modello finalizzata alla comunicazione e gestione della pianificazione, aperta a tutti i soggetti coinvolti nel processo edilizio e basata sulle potenzialità dell’approccio parametrico.