947 resultados para Materiali compositi, CFRP, Combined Loading Compression (CLC) test method
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Abstract. This thesis presents a discussion on a few specific topics regarding the low velocity impact behaviour of laminated composites. These topics were chosen because of their significance as well as the relatively limited attention received so far by the scientific community. The first issue considered is the comparison between the effects induced by a low velocity impact and by a quasi-static indentation experimental test. An analysis of both test conditions is presented, based on the results of experiments carried out on carbon fibre laminates and on numerical computations by a finite element model. It is shown that both quasi-static and dynamic tests led to qualitatively similar failure patterns; three characteristic contact force thresholds, corresponding to the main steps of damage progression, were identified and found to be equal for impact and indentation. On the other hand, an equal energy absorption resulted in a larger delaminated area in quasi-static than in dynamic tests, while the maximum displacement of the impactor (or indentor) was higher in the case of impact, suggesting a probably more severe fibre damage than in indentation. Secondly, the effect of different specimen dimensions and boundary conditions on its impact response was examined. Experimental testing showed that the relationships of delaminated area with two significant impact parameters, the absorbed energy and the maximum contact force, did not depend on the in-plane dimensions and on the support condition of the coupons. The possibility of predicting, by means of a simplified numerical computation, the occurrence of delaminations during a specific impact event is also discussed. A study about the compressive behaviour of impact damaged laminates is also presented. Unlike most of the contributions available about this subject, the results of compression after impact tests on thin laminates are described in which the global specimen buckling was not prevented. Two different quasi-isotropic stacking sequences, as well as two specimen geometries, were considered. It is shown that in the case of rectangular coupons the lay-up can significantly affect the damage induced by impact. Different buckling shapes were observed in laminates with different stacking sequences, in agreement with the results of numerical analysis. In addition, the experiments showed that impact damage can alter the buckling mode of the laminates in certain situations, whereas it did not affect the compressive strength in every case, depending on the buckling shape. Some considerations about the significance of the test method employed are also proposed. Finally, a comprehensive study is presented regarding the influence of pre-existing in-plane loads on the impact response of laminates. Impact events in several conditions, including both tensile and compressive preloads, both uniaxial and biaxial, were analysed by means of numerical finite element simulations; the case of laminates impacted in postbuckling conditions was also considered. The study focused on how the effect of preload varies with the span-to-thickness ratio of the specimen, which was found to be a key parameter. It is shown that a tensile preload has the strongest effect on the peak stresses at low span-to-thickness ratios, leading to a reduction of the minimum impact energy required to initiate damage, whereas this effect tends to disappear as the span-to-thickness ratio increases. On the other hand, a compression preload exhibits the most detrimental effects at medium span-to-thickness ratios, at which the laminate compressive strength and the critical instability load are close to each other, while the influence of preload can be negligible for thin plates or even beneficial for very thick plates. The possibility to obtain a better explanation of the experimental results described in the literature, in view of the present findings, is highlighted. Throughout the thesis the capabilities and limitations of the finite element model, which was implemented in an in-house program, are discussed. The program did not include any damage model of the material. It is shown that, although this kind of analysis can yield accurate results as long as damage has little effect on the overall mechanical properties of a laminate, it can be helpful in explaining some phenomena and also in distinguishing between what can be modelled without taking into account the material degradation and what requires an appropriate simulation of damage. Sommario. Questa tesi presenta una discussione su alcune tematiche specifiche riguardanti il comportamento dei compositi laminati soggetti ad impatto a bassa velocità. Tali tematiche sono state scelte per la loro importanza, oltre che per l’attenzione relativamente limitata ricevuta finora dalla comunità scientifica. La prima delle problematiche considerate è il confronto fra gli effetti prodotti da una prova sperimentale di impatto a bassa velocità e da una prova di indentazione quasi statica. Viene presentata un’analisi di entrambe le condizioni di prova, basata sui risultati di esperimenti condotti su laminati in fibra di carbonio e su calcoli numerici svolti con un modello ad elementi finiti. È mostrato che sia le prove quasi statiche sia quelle dinamiche portano a un danneggiamento con caratteristiche qualitativamente simili; tre valori di soglia caratteristici della forza di contatto, corrispondenti alle fasi principali di progressione del danno, sono stati individuati e stimati uguali per impatto e indentazione. D’altro canto lo stesso assorbimento di energia ha portato ad un’area delaminata maggiore nelle prove statiche rispetto a quelle dinamiche, mentre il massimo spostamento dell’impattatore (o indentatore) è risultato maggiore nel caso dell’impatto, indicando la probabilità di un danneggiamento delle fibre più severo rispetto al caso dell’indentazione. In secondo luogo è stato esaminato l’effetto di diverse dimensioni del provino e diverse condizioni al contorno sulla sua risposta all’impatto. Le prove sperimentali hanno mostrato che le relazioni fra l’area delaminata e due parametri di impatto significativi, l’energia assorbita e la massima forza di contatto, non dipendono dalle dimensioni nel piano dei provini e dalle loro condizioni di supporto. Viene anche discussa la possibilità di prevedere, per mezzo di un calcolo numerico semplificato, il verificarsi di delaminazioni durante un determinato caso di impatto. È presentato anche uno studio sul comportamento a compressione di laminati danneggiati da impatto. Diversamente della maggior parte della letteratura disponibile su questo argomento, vengono qui descritti i risultati di prove di compressione dopo impatto su laminati sottili durante le quali l’instabilità elastica globale dei provini non è stata impedita. Sono state considerate due differenti sequenze di laminazione quasi isotrope, oltre a due geometrie per i provini. Viene mostrato come nel caso di provini rettangolari la sequenza di laminazione possa influenzare sensibilmente il danno prodotto dall’impatto. Due diversi tipi di deformate in condizioni di instabilità sono stati osservati per laminati con diversa laminazione, in accordo con i risultati dell’analisi numerica. Gli esperimenti hanno mostrato inoltre che in certe situazioni il danno da impatto può alterare la deformata che il laminato assume in seguito ad instabilità; d’altra parte tale danno non ha sempre influenzato la resistenza a compressione, a seconda della deformata. Vengono proposte anche alcune considerazioni sulla significatività del metodo di prova utilizzato. Infine viene presentato uno studio esaustivo riguardo all’influenza di carichi membranali preesistenti sulla risposta all’impatto dei laminati. Sono stati analizzati con simulazioni numeriche ad elementi finiti casi di impatto in diverse condizioni di precarico, sia di trazione sia di compressione, sia monoassiali sia biassiali; è stato preso in considerazione anche il caso di laminati impattati in condizioni di postbuckling. Lo studio si è concentrato in particolare sulla dipendenza degli effetti del precarico dal rapporto larghezza-spessore del provino, che si è rivelato un parametro fondamentale. Viene illustrato che un precarico di trazione ha l’effetto più marcato sulle massime tensioni per bassi rapporti larghezza-spessore, portando ad una riduzione della minima energia di impatto necessaria per innescare il danneggiamento, mentre questo effetto tende a scomparire all’aumentare di tale rapporto. Il precarico di compressione evidenzia invece gli effetti più deleteri a rapporti larghezza-spessore intermedi, ai quali la resistenza a compressione del laminato e il suo carico critico di instabilità sono paragonabili, mentre l’influenza del precarico può essere trascurabile per piastre sottili o addirittura benefica per piastre molto spesse. Viene evidenziata la possibilità di trovare una spiegazione più soddisfacente dei risultati sperimentali riportati in letteratura, alla luce del presente contributo. Nel corso della tesi vengono anche discussi le potenzialità ed i limiti del modello ad elementi finiti utilizzato, che è stato implementato in un programma scritto in proprio. Il programma non comprende alcuna modellazione del danneggiamento del materiale. Viene però spiegato come, nonostante questo tipo di analisi possa portare a risultati accurati soltanto finché il danno ha scarsi effetti sulle proprietà meccaniche d’insieme del laminato, esso possa essere utile per spiegare alcuni fenomeni, oltre che per distinguere fra ciò che si può riprodurre senza tenere conto del degrado del materiale e ciò che invece richiede una simulazione adeguata del danneggiamento.
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L’uso dei materiali compositi è andato aumentando negli ultimi decenni per la loro elevata rigidezza, la resistenza specifica e il possibile risparmio, notevole in termini di peso dell’intera struttura. Tali materiali introducono però nuove problematiche riguardanti le modalità di danneggiamento e il comportamento a fatica. Mentre questi fenomeni sono relativamente ben compresi nei materiali metallici, per una struttura in composito non esistono ancora modelli in grado di predire con sufficiente affidabilità l’evoluzione del danneggiamento. Negli ultimi anni la ricerca si è focalizzata sullo sviluppo di sistemi in grado di rilevare la presenza e l’evoluzione del danno, definiti Structural Health Monitoring Systems, ovvero sistemi di monitoraggio strutturale. Il danneggiamento strutturale può così essere individuato e identificato per mezzo di sensori distribuiti integrati nella struttura stessa, aventi la possibilità di trasmettere queste informazioni a un sistema di analisi esterno permettendo di valutare lo stato di degrado della struttura in tempo reale. In questo contesto si inseriscono le attività di ricerca sulle strutture intelligenti che, inglobando al loro interno opportune tipologie di sensori e attuatori, sono in grado di monitorare l’ambiente fisico operativo, raccoglierne e interpretarne le informazioni per poi rispondere ai cambiamenti della struttura in modo appropriato attraverso gli attuatori. L’impiego di sensori e attuatori inglobati nelle strutture offre molteplici vantaggi rispetto ai sistemi di trasduzione e attuazione convenzionali. L’attività di ricerca condotta in questa tesi è rivolta all’indagine di tecniche di SHM per mezzo di sensori a fibra ottica. Essi presentano molteplici peculiarità che li rendono i candidati ideali per queste applicazioni. Esistono diversi tipi di sensori che utilizzano le fibre ottiche. Nel presente lavoro si sono utilizzati sensori di deformazione basati sui reticoli di Bragg (FBG) chirped. Questi sensori sono costituiti da un reticolo inscritto all’interno della fibra, che ha l’effetto di riflettere solo alcune lunghezze d’onda della luce incidente. Se le proprietà geometriche del reticolo cambiano per effetto di una deformazione, cambia anche la forma dello spettro riflesso. Inoltre, con il tipo di sensore usato, è possibile correlare lo spettro con la posizione di eventuali danneggiamenti interni al materiale. Gli obbiettivi di questa ricerca sono di verificare gli effetti della presenza di una fibra ottica sulle caratteristiche meccaniche di un laminato e di trovare un legame tra la risposta in frequenza del sensore FBG e lo stato tensionale e il grado di danneggiamento di un componente in composito.
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In letteratura sono presenti numerosi studi che descrivono i fattori che influenzano la vita a fatica di un laminato in CFRP e le modalità di propagazione ed accrescimento a fatica di un difetto. Tuttavia non sono presenti studi approfonditi che leghino l’effetto che può avere la grammatura, sulla vita a fatica del laminato. Il lavoro sperimentale oggetto di questa tesi vuole intendersi un lavoro preliminare, a carattere esplorativo, sullo studio della sensibilità della grammatura sulla resistenza a fatica di laminati in CFRP, attraverso test di flessione a fatica su due configurazioni di provini di grammature differenti (600 e 800 gr/m^2), con e senza inserimento di un difetto artificiale rappresentato da un intaglio sugli ultimi strati del laminato e test di flessione eseguito in accordo allo standard ASTM D2344/D2344M. I test a fatica hanno evidenziato una sensibile riduzione della vita per i provini senza difetto realizzati con l’800 gr/m^2 rispetto a quelli realizzati con il 600 gr/m^2. Per quanto concerne la tolleranza al danno, i provini realizzati con 600 gr/m^2 hanno evidenziato una sensibilità maggiore all’effetto di intaglio, pur avendo un comportamento migliore rispetto a quelli realizzati con l’800 gr/m^2.
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Valutazione degli effetti ambientali sulle caratteristiche meccaniche di materiali compositi avanzati. Laminati in fibra di carbonio e resina epossidica, sottoposti a cicli termici, sono stati analizzati per determinare le resistenze strutturali degli stessi. I valori ottenuti sono stati comparati con materiale non invecchiato.
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Introduction Previous studies on the influence of torsion and combined torsion-compression loading revealed a positive effect on the cell viability when a repetitive short-term torsion was applied at a physiological magnitude to intervertebral disc organ culture.1 However, after an extended period (8 hours) of combined torsion-compression loading, substantial cell death was detected in the nucleus pulposus (NP).2 In this follow-up study, we aimed to investigate the relationship, if any, between the duration of torsion applied to the intervertebral disc (IVD) and the level of NP cell viability. Materials and Methods Bovine caudal discs were harvested and cultured in a custom-built multiaxis dynamic loading bioreactor.2 Torsion (± 2 degrees) was applied to the samples at a frequency of 0.2 Hz. Torsion was applied for durations of 0, 1, 4, and 8 h/d, repeated over 7 days. After the last day of loading, disc tissue was dissected for analysis of cell viability and gene expression. Results Disc NP cell viability remained above 85% after torsional loading for 0, 1, or 4 h/d. Viability was statistical significantly reduced to below 70% when torsion was applied for 8 h/d (p = 0.03) (Table 1). The daily duration of torsional loading did not affect the AF cell viability (> 80% for all loading durations). The trend of collagen 2 gene upregulation and matrix metalloproteases 13 downregulation with an increasing duration of torsion was observed in both NP and AF (Fig. 1).Conclusion We have demonstrated that an extended duration of torsion could inhibit the survival of NP cells within the IVD in organ culture. Acknowledgments Funds from the Orthopedic Department of the Insel University Hospital of Bern and a private donation from Prof. Dr. Paul Heini, Spine Surgeon, Sonnenhof Clinic Bern were received to support this work. Disclosure of Interest None declared References References 1 Chan SC, Ferguson SJ, Wuertz K, Gantenbein-Ritter B. Biological response of the intervertebral disc to repetitive short-term cyclic torsion. Spine 2011;36(24):2021–2030 2 Chan SC, Walser J, Käppeli P, Shamsollahi MJ, Ferguson SJ, Gantenbein-Ritter B. Region specific response of intervertebral disc cells to complex dynamic loading: an organ culture study using a dynamic torsion-compression bioreactor. PLoS ONE 2013;8(8):e72489
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Lo scopo del presente elaborato di tesi è quello di ottimizzare il recupero, tramite pirogassificazione, delle fibre di carbonio derivanti da scarti e rifiuti di materiali compositi. Inoltre è stato valutato il riutilizzo delle fibre di carbonio riciclate per la produzione di materiali compositi di seconda generazione. Sono stati investigati diversi agenti di sizing per valutare un eventuale miglioramento dell'adesione fibra-matrice. Sulle singole fibre di carbonio riciclate è stata effettuata la caratterizzazione meccanica (prove a trazione) e morfologica (SEM). Inoltre, i materiali compositi realizzati sono stati caratterizzati meccanicamente (prove a trazione, a flessione e DMA), termicamente (TGA, DSC) e morfologicamente (SEM).
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I materiali compositi a matrice polimerica rinforzati con fibra di carbonio (CFRP) si stanno sviluppando in maniera esponenziale negli ultimi anni, con una crescita del 20 – 25% annua, tanto che si prevede una domanda di circa 194.000 tonnellate entro il 2022 per cui è evidente che negli anni a venire dovranno essere smaltiti diversi rifiuti realizzati con tale materiale. Lo stato attuale relativo al riciclo dei CFRP prevede, per la maggior parte di essi, di essere conferiti in discarica o inviati all’inceneritore per ottenere un recupero energetico grazie alla presenza della matrice a base polimerica ma questo non consente il recupero della fibra per cui non è una tecnica che sfrutta l’alto valore del rifiuto. È proprio per questo motivo che si stanno sviluppando diverse metodologie di riciclo dei materiali compositi fibro – rinforzati nell’ottica dell’economia circolare, in particolare, si distinguono in riciclo meccanico, termico e chimico in base ai principi che stanno alla base degli stessi. Si precisa che su scala commerciale è stato realizzato solamente il riciclo termico tramite pirolisi mentre per tutte le altre tecniche si è ancora in fase di sperimentazione e di ricerca in laboratorio. L’obiettivo dell’elaborato di tesi è quello di valutare e approfondire il riciclo dei materiali compositi in fibra di carbonio in modo tale da studiare e validare sperimentalmente due componenti realizzati in materiale composito rinforzato con fibra di carbonio riciclata per poterli confrontare con i medesimi componenti realizzati in fibra nuova così da trarre delle conclusioni in merito alle proprietà meccaniche di rigidezza e resistenza ottenibili. Il lavoro di tesi è stato svolto all’interno dell’azienda Bucci Composites S.p.A. con sede a Faenza, la quale si occupa di progettazione e realizzazione di diversi componenti in materiale composito avanzato per diverse aziende clienti provenienti dai settori automotive, aerospaziale, nautico e industriale più in generale.
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Methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) and coagulase-negative Staphylococcus spp (CNS) are the most common pathogens that cause serious long term infections in patients. Despite the existence of new antimicrobial agents, such as linezolid, vancomycin (VAN) remains the standard therapy for the treatment of infections caused by these multidrug-resistant strains. However, the use of VAN has been associated with a high frequency of therapeutic failures in some clinical scenarios, mainly with decreasing concentration of VAN. This work aims to evaluate the synergic potential of VAN plus sulfamethoxazole/trimethoprim (SXT), VAN plus rifampin (RIF) and VAN plus imipenem (IPM) in sub-minimum inhibitory concentrations against 22 clinical strains of MRSA and CNS. The checkerboard method showed synergism of VAN/RIF and VAN/SXT against two and three of the 22 strains, respectively. The combination of VAN with IPM showed synergistic effects against 21 out of 22 strains by the E-test method. Four strains were analyzed by the time-kill curve method and synergistic activity was observed with VAN/SXT, VAN/RIF and especially VAN/IPM in sub-inhibitory concentrations. It would be interesting to determine if synergy occurs in vivo. Evidence of in vivo synergy could lead to a reduction of the standard VAN dosage or treatment time.
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Introduction: According to guidelines, patients with coronary artery disease (CAD) should undergo revascularization if myocardial ischemia is present. While coronary angiography (CXA) allows the morphological assessment of CAD, the fractional flow reserve (FFR) has proved to be a complementary invasive test to assess the functional significance of CAD, i.e. to detect ischemia. Perfusion Cardiac Magnetic Resonance (CMR) has turned out to be a robust non-invasive technique to assess myocardial ischemia. The objective: is to compare the cost-effectiveness ratio - defined as the costs per patient correctly diagnosed - of two algorithms used to diagnose hemodynamically significant CAD in relation to the pretest likelihood of CAD: 1) aCMRto assess ischemia before referring positive patients to CXA (CMR + CXA), 2) a CXA in all patients combined with a FFR test in patients with angiographically positive stenoses (CXA + FFR). Methods: The costs, evaluated from the health care system perspective in the Swiss, German, the United Kingdom (UK) and the United States (US) contexts, included public prices of the different tests considered as outpatient procedures, complications' costs and costs induced by diagnosis errors (false negative). The effectiveness criterion wasthe ability to accurately identify apatient with significantCAD.Test performancesused in the model were based on the clinical literature. Using a mathematical model, we compared the cost-effectiveness ratio for both algorithms for hypothetical patient cohorts with different pretest likelihood of CAD. Results: The cost-effectiveness ratio decreased hyperbolically with increasing pretest likelihood of CAD for both strategies. CMR + CXA and CXA + FFR were equally costeffective at a pretest likelihood of CAD of 62% in Switzerland, 67% in Germany, 83% in the UK and 84% in the US with costs of CHF 5'794, Euros 1'472, £ 2'685 and $ 2'126 per patient correctly diagnosed. Below these thresholds, CMR + CXA showed lower costs per patient correctly diagnosed than CXA + FFR. Implications for the health care system/professionals/patients/society These results facilitate decision making for the clinical use of new generations of imaging procedures to detect ischemia. They show to what extent the cost-effectiveness to diagnose CAD depends on the prevalence of the disease.
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Standard Test Methods (e.g. ASTM, DIN) for materials characterization in general, and for fatigue in particular, do not contemplate specimens with complex geometries, as well as the combination of axial and in-plane bending loads in their methodologies. The present study refers to some patents and the new configuration or configurations of specimens (non-standardized by the status quo of test methods) and a device developed to induce axial and bending combined forces resultants from axial loads applied by any one test equipment (dynamic or monotonic) which possesses such limitation, towards obtaining more realistic results on the fatigue behavior, or even basic mechanical properties, from geometrically complex structures. Motivated by a specific and geometrically complex aeronautic structure (motor-cradle), non-standardized welded tubular specimens made from AISI 4130 steel were fatigue-tested at room temperature, by using a constant amplitude sinusoidal load of 20 Hz frequency, load ratio R = 0.1 with and without the above referred auxiliary fatigue apparatus. The results showed the fatigue apparatus was efficient for introducing higher stress concentration factor at the welded specimen joints, consequently reducing the fatigue strength when compared to other conditions. From the obtained results it is possible to infer that with small modifications the proposed apparatus will be capable to test a great variety of specimen configurations such as: squared tubes and plates with welded or melted junctions, as well as other materials such as aluminum, titanium, composites, polymeric, plastics, etc. © 2009 Bentham Science Publishers Ltd.
The effect of locked screw angulation on the biomechanical properties of the S.P.S. Free-Block plate
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Objectives: Among the locked internal fixators is one denominated S.P.S. (Synthesis Pengo System) Free-Block, which was designed with a locking ring that allows the screw to be locked and positioned obliquely. Due to the paucity of biomechanical studies on this system, the present work aimed to evaluate the influence of locked screw angulation on the resistance of the S.P.S. Free--Block plate. Methods: Forty synthetic bone cylinders with 10 mm fracture gap were used. Forty seven-hole 3.5 mm stainless steel plates (two AO-like dynamic compression holes and five locked holes) were assembled according to the orientation of the locked screws: mono cortical screws were positioned at 90° to the long axis of the cylinder (Group 1), and monocortical screws were positioned at 70° to its cylinder long axis (Group 2). In both groups, AO-like dynamic compression hole screws were positioned bicortically and neutrally. For each group, six specimens were tested until failure, three in bending and three in compression, to determine the loads for fatigue testing. Subsequently, for each group, 14 specimens were tested for failure --seven by bending and seven in compression. Results: No significant failure differences were observed between Groups 1 and 2 under static-loading or fatigue test. Clinical significance: In a fracture gap model the orientation of the locked monocortical screws did not show any influence on the mechanical performance of the S.P.S. Free-Block to tests of axial compression and four-point bending. © Schattauer 2013.
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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)
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The approach of the subject matter in this work relies on the fact that the reliability of methods for performance analysis of materials proves critical for the result. This work focused on the development and presentation of the methodology for lifting probability curves for fatigue test (SN) according to standard E739, this focus is justified by the fact that the results in fatigue test show considerable dispersion making it difficult to reading and interpretation of data, this dispersion arises because the phenomenon of rupture is strongly influenced by internal characteristics of the material, we can then have much data ranging from test to test. Thus we set out originally for a brief study of aluminum alloys in question, as well as the treatments to which they were subjected. We also studied the behavior of materials when subjected to cyclic loading, which configures process of fatigue failure, and even fatigue test method in question. This statistical analysis is based on the ASTM E739 standard, so its contents was studied in detail so that we could present in detail the methodology and raise SN curves for different aluminum alloy 7012 subjected to fatigue test. Data were collected from tests conducted in the department of materials from two samples of aluminum alloy 7012 solubilized and precipitated by different time intervals and assayed temperature fatigue-type traction-compression, these data were then analyzed and used to survey curves using the base as E739. After lifting the curve analyzed the characteristics of the test samples and their correlation with the test results. We confirmed the effectiveness of the method of statistical analysis by ASME E739, which allowed the reading of data without this method would be very difficult to have a reading and comparison of the results for the two types... (Complete abstract click electronic access below)
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In questa tesi si è voluta porre l’attenzione sulla suscettibilità alle alte temperature delle resine che li compongono. Lo studio del comportamento alle alte temperature delle resine utilizzate per l’applicazione dei materiali compositi è risultato un campo di studio ancora non completamente sviluppato, nel quale c’è ancora necessità di ricerche per meglio chiarire alcuni aspetti del comportamento. L’analisi di questi materiali si sviluppa partendo dal contesto storico, e procedendo successivamente ad una accurata classificazione delle varie tipologie di materiali compositi soffermandosi sull’ utilizzo nel campo civile degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) e mettendone in risalto le proprietà meccaniche. Considerata l’influenza che il comportamento delle resine riveste nel comportamento alle alte temperature dei materiali compositi si è, per questi elementi, eseguita una classificazione in base alle loro proprietà fisico-chimiche e ne sono state esaminate le principali proprietà meccaniche e termiche quali il modulo elastico, la tensione di rottura, la temperatura di transizione vetrosa e il fenomeno del creep. Sono state successivamente eseguite delle prove sperimentali, effettuate presso il Laboratorio Resistenza Materiali e presso il Laboratorio del Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali, su dei provini confezionati con otto differenti resine epossidiche. Per valutarne il comportamento alle alte temperature, le indagini sperimentali hanno valutato dapprima le temperature di transizione vetrosa delle resine in questione e, in seguito, le loro caratteristiche meccaniche. Dalla correlazione dei dati rilevati si sono cercati possibili legami tra le caratteristiche meccaniche e le proprietà termiche delle resine. Si sono infine valutati gli aspetti dell’applicazione degli FRP che possano influire sul comportamento del materiale composito soggetto alle alte temperature valutando delle possibili precauzioni che possano essere considerate in fase progettuale.
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L’utilizzo di materiali compositi come i calcestruzzi fibrorinforzati sta diventando sempre più frequente e diffuso. Tuttavia la scelta di nuovi materiali richiede una approfondita analisi delle loro caratteristiche e dei loro comportamenti. I vantaggi forniti dall’aggiunta di fibre d’acciaio ad un materiale fragile, quale il calcestruzzo, sono legati al miglioramento della duttilità e all'aumento di assorbimento di energia. L’aggiunta di fibre permette quindi di migliorare il comportamento strutturale del composito, dando vita ad un nuovo materiale capace di lavorare non solo a compressione ma anche in piccola parte a trazione, ma soprattutto caratterizzato da una discreta duttilità ed una buona capacità plastica. Questa tesi ha avuto come fine l’analisi delle caratteristiche di questi compositi cementizi fibrorinforzati. Partendo da prove sperimentali classiche quali prove di trazione e compressione, si è arrivati alla caratterizzazione di questi materiali avvalendosi di una campagna sperimentale basata sull’applicazione della norma UNI 11039/2003. L’obiettivo principale di questo lavoro consiste nell’analizzare e nel confrontare calcestruzzi rinforzati con fibre di due diverse lunghezze e in diversi dosaggi. Studiando questi calcestruzzi si è cercato di comprendere meglio questi materiali e trovare un riscontro pratico ai comportamenti descritti in teorie ormai diffuse e consolidate. La comparazione dei risultati dei test condotti ha permesso di mettere in luce differenze tra i materiali rinforzati con l’aggiunta di fibre corte rispetto a quelli con fibre lunghe, ma ha anche permesso di mostrare e sottolineare le analogie che caratterizzano questi materiali fibrorinforzati. Sono stati affrontati inoltre gli aspetti legati alle fasi della costituzione di questi materiali sia da un punto di vista teorico sia da un punto di vista pratico. Infine è stato sviluppato un modello analitico basato sulla definizione di specifici diagrammi tensione-deformazione; i risultati di questo modello sono quindi stati confrontati con i dati sperimentali ottenuti in laboratorio.