93 resultados para MAGNESIO


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L'utilizzo dell'idrogeno come vettore energetico �è negli ultimi anni uno dei temi in maggior rilievo riguardo la sostenibilit�à energetica, questo per via della sua abbondanza in natura, della sua elevata energia chimica per unità di massa, e della non tossicità dei prodotti della sua combustione. Tuttavia non si conosce ancora una maniera e�fficiente di immagazzinarlo per poterlo utilizzare per applicazioni mobili. In questo lavoro di tesi sono state cresciute, e analizzate mediante microscopia elettronica, nanoparticelle di magnesio decorate con metalli di transizione (Pd e Ti), che si collocano tra i candidati più promettenti per lo stoccaggio di idrogeno a stato solido.

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Le nanoparticelle polimeriche offrono grandi vantaggi nella nanomedicina in quanto fungono da carrier per il Drug Delivery e possono essere molto utili per le malattie ancor oggi difficili da trattare quali le neurodegenerative come l’Alzheimer. In questo progetto di tesi sono stati creati nanocarrier polimerici utilizzando come polimero un copolimero a blocchi anfifilico noto come PLGA-b-PEG: con varie tecniche si sono ottenute micelle polimeriche nelle quali sono stati intrappolati come principi attivi sia un farmaco, il liraglutide, sia nanoparticelle di magnesio; il primo può ridurre le placche β-amiloidee, tipiche cause dell’Alzheimer, mentre le seconde possono aumentare la plasticità sinaptica anch’essa legata all’Alzheimer. Inoltre è stato sintetizzato e intrappolato anche un promettente agente diagnostico, ovvero nanoparticelle di ferro, utile per aumentare la sensibilità di tecniche di imaging quali MRI e per la rivelazione precoce di malattie. Tutti i sistemi sono stati caratterizzati con tecniche specifiche per valutare i parametri chiave quali dimensione, polidispersità, carica superficiale e concentrazione dei componenti e successivamente sono state utilizzate per studi biologici effettuati da collaboratori esterni. Tutto questo ha come obiettivo futuro la creazione di un carrier teranostico che racchiuderà al suo interno l’agente terapeutico e l’agente diagnostico per combinare i due effetti principali in un unico carrier.

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Questo lavoro riguarda la sintesi e caratterizzazione di nanoparticelle basate sul magnesio per l'immagazzinamento di idrogeno. Le nanoparticelle sono state cresciute mediante Inert Gas Condensation, una tecnica aerosol in cui il materiale viene sublimato e diretto verso i substrati tramite un flusso di gas inerte, e caratterizzate attraverso microscopia elettronica e diffrazione di raggi X. Queste operazioni sono state eseguite presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università di Bologna. Sono stati sintetizzati due tipi di particelle: nel primo il magnesio viene deposto direttamente sul substrato, nel secondo esso incontra un flusso di ossigeno prima di depositarsi sulla superficie. In questo modo si formano delle particelle con struttura core-shell in cui la parte interna è formata da magnesio e quella esterna dal suo ossido. La presenza di una shell consistente dovrebbe permettere, secondo il modello di deformazioni elastiche, di diminuire il valore assoluto dell'entropia di formazione dell'idruro di magnesio, condizione necessaria affinché il desorbimento di idrogeno possa avvenire in maniera più agevole rispetto a quanto non accada col materiale bulk. Tutti i campioni sono stati ricoperti di palladio, il quale favorisce la dissociazione della molecola di idrogeno. La capacità di assorbimento dell'idrogeno da parte dei campioni è stata studiata mediante idrogenografia, una tecnica ottica recentemente sviluppata in cui la quantità di gas assorbita dal materiale è legata alla variazione di trasmittanza ottica dello stesso. Le misure sono state eseguite presso l'Università Tecnica di Delft. I risultati ottenuti evidenziano che le nanoparticelle di solo magnesio mostrano dei chiari plateau di pressione corrispondenti all'assorbimento di idrogeno, tramite cui sono stati stimati i valori di entalpia di formazione. Al contrario, i campioni con struttura core-shell, la cui crescita rappresenta di per sé un risultato interessante, non presentano tale comportamento.

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Nel presente lavoro viene descritto come è stata ottimizzata, a livello software e hardware, la procedura di controllo della pressione in uno strumento manometrico utilizzato per la misura della quantità di idrogeno assorbita e desorbita da parte di metalli. Dopo una breve introduzione sulle caratteristiche dell'idrogeno che lo rendono così appetibile dal punto di vista energetico, viene esposta la teoria alla base del processo di formazione di idruri metallici. Vengono dunque descritte le due principali tecniche di caratterizzazione di questi sistemi, ovvero le cinetiche e le isoterme pressione-composizione (PCI), e il metodo di misura adottato, ovvero quello volumetrico. Successivamente si passa alla descrizione delle componenti hardware del sistema, per poi soffermarsi sull'analisi dettagliata dell'algoritmo del software implementato, spiegando i problemi affrontati e le soluzioni adottate, riportando anche alcune formule utili ricorrenti. Infine, vengono esposti i risultati ottenuti da misure di cinetiche e PCI per il sistema MgH2 (idruro di magnesio).

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Oggi il mercato mondiale dell'anidride maleica (AM) è in continua espansione grazie ad un numero sempre crescente di applicazioni finali e sviluppo di nuove tecnologie industriali. La AM viene impiegata nella produzione di resine poliestere insature e resine alchidiche e nella produzione di chemicals a più alto valore aggiunto. Il processo di sintesi è tutt’ora basato sull'ossidazione selettiva del benzene e del n-butano. Con l’aumento delle emissione di gas serra, legate all’impiego di materie di origine fossile e la loro continua diminuzione, si stanno studiando nuovi processi basati su materie derivanti da fonti rinnovali. Tra i vari processi studiati vi è quello per la sintesi di AM, i quali utilizzano come molecola di furfurale, 5-idrossimetilfurfurale e 1-butanolo; tutte queste presentano però il problema di un costo superiore rispetto alle molecole tutt’ora usate. Ad oggi una delle molecole ottenibili da fonti rinnovabili avente un costo competitivo alle materie derivanti da fonti fossili è il bio-etanolo. Essendo nota la possibilità di trasformare dell’etanolo in composti a 4 atomi di carbonio (C4) come 1-butanolo (reazione di Guerbet) e in 1,3- butadiene (processo Lebedev) su ossidi misti Mg/Si e la loro trasformazioni in AM, è’ dunque possibile ipotizzare un processo operante in fase gas che accoppi entrambi i processi. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di effettuare uno studio su sistemi catalitici mediante differenti approcci impiantistici. Il primo ha previsto l’impiego di un sistema detto “a cascata” nel quale è stato accoppiato il sistema misto a base di Mg/Si/O, per la trasformazione dell’etanolo a C4, e il pirofosfato di vanadile (VPP), per l’ossidazione selettiva di quest’ultimi in AM. Il secondo approccio ha previsto l’impiego di un unico sistema multifunzionale in grado di catalizzare tutti gli step necessari. In quest’ultimo caso, i sistemi studiati sono stati il Mg2P2O7 ed un sistema costituito da VPP DuPont sul quale è stato depositato MgO. I catalizzatori sono stati caratterizzati mediante diffrattometria a raggi X, spettroscopia Raman e analisi dell’area superficiale mediante metodo BET, mentre i test catalitici sono stati condotti su un impianto di laboratorio con un reattore assimilabile ad un modello di tipo PFR.

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Uno dei concetti chiave dell'impiego della nanotecnologia è quello dell'ingegnerizzazione dei materiali alla nano-scala. Si procede così alla realizzazione di materiali aventi morfologia, struttura e composizione ottimizzate per migliorarne specifiche proprietà in maniera controllata. In questo lavoro sono stati realizzati campioni nanoparticellari a base di magnesio con la tecnica (R-)IGC (Reactive or Inert Gas Condensation) allo scopo di studiare come l'atmosfera nella quale vengono sintetizzati ne influenzi le proprietà morfologiche e strutturali, al fine di poterne controllare la crescita per impieghi specifici. In particolare, si sono voluti analizzare i risultati ottenuti in diverse situazioni: nel caso in cui la sintesi avvenga in un'atmosfera contenente una piccola concentrazione di ossigeno e nel caso della coevaporazione di magnesio e titanio in atmosfera inerte o contenente idrogeno. I campioni sono poi stati analizzati dal punto di vista morfologico, composizionale e strutturale mediante microscopia a scansione elettronica e diffrazione a raggi X. E' stato mostrato che la presenza controllata di ossigeno durante la sintesi permette di realizzare strutture core-shell di dimensione media 40nm e che la co-evaporazione di magnesio e titanio permette la sintesi di nanoparticelle di dimensioni medie anche inferiori ai 12nm. La presenza di idrogeno durante l'evaporazione permette inoltre di crescere nanoparticelle contenenti idruro di titanio senza dover ricorrere ad una idrurazione successiva. Le proprietà termodinamiche e cinetiche di (de)-idrurazione dei campioni sintetizzati sono state misurate utilizzando sia un apparato barometrico Sievert, sia effettuando un'analisi direttamente nel sito di crescita. I campioni realizzati non mostrano una termodinamica significativamente diversa da quella del magnesio bulk, mentre le cinetiche dei processi di assorbimento e desorbimento risultano notevolmente più rapide.

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La industria vitivinícola genera efluentes sólidos y líquidos en cantidad apreciable. Los sólidos son aprovechados en distintas aplicaciones e inclusive tienen valor comercial. En cambio, los líquidos pueden originar problemas cuando es necesario decidir cómo desecharlos o transformarlos en desechables. En Mendoza (Argentina), es común enviarlos después de su decantación a cauces y campos abiertos. En ambos casos aparece un serio riesgo de contaminación. Visto que generalmente se desconoce la composición de tales efluentes, este trabajo pretende caracterizarlos físico-químicamente en el período de elaboración de vinos, determinando: pH, conductividad eléctrica, DBO, DQO, cloruros, sulfatos, carbonatos y bicarbonatos, calcio, magnesio, sodio y potasio. La calidad de los efluentes varía notablemente con el agua empleada en los lavados, que aporta mayoritariamente aniones y cationes. Cuando el agua de lavado es abundante, los valores de pH, DBO y DQO de los efluentes permiten su eliminación junto con otros residuos cloacales o en campo abierto.

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El objetivo de este trabajo fue comparar el poder de neutralización de enmiendas calcáreo- magnésicas y evaluar su efecto sobre el complejo de intercambio catiónico en suelos de la pampa llana santafesina. Para ello, se aplicaron tres enmiendas (caliza, dolomita y enmienda mezcla) a dos dosis (neutralización del 100% y 150% del hidrógeno de intercambio). Se evaluó: pH actual, pH potencial, hidrógeno, calcio y magnesio intercambiable luego de 60 días de incubación. El pH actual no mostró diferencias entre dosis, mientras que el incremento de pH de las enmiendas fue caliza > dolomita > mezcla. El pH potencial fue más sensible al tipo de enmienda y dosis. Todos los tratamientos redujeron el nivel de insaturación, aunque ninguno neutralizó la totalidad del hidrógeno intercambiable. En relación con el calcio intercambiable, todos los tratamientos produjeron aumentos y la mayor saturación cálcica se obtuvo con la aplicación de caliza o enmienda mezcla con la dosis necesaria para neutralizar 1,5 veces el hidrógeno intercambiable. En cuanto al magnesio, las enmiendas dolomita y mezcla aumentaron significativamente el contenido independientemente de la dosis. La información aquí presentada es de utilidad para la prescripción de enmiendas calcáreo- magnésica en los suelos de la Pampa llana santafesina.

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Trace element analyses (first-series transition elements, Ti, Rb, Sr, Zr, Y, Nb, and REE) were carried out on whole rocks and minerals from 10 peridotite samples from both Conical Seamount in the Mariana forearc and Torishima Forearc Seamount in the Izu-Bonin forearc using a combination of XRF, ID-MS, ICP-MS, and ion microprobe. The concentrations of incompatible trace elements are generally low, reflecting the highly residual nature of the peridotites and their low clinopyroxene content (<2%). Chondrite-normalized REE patterns show extreme U shapes with (La/Sm)n ratios in the range of 5.03-250.0 and (Sm/Yb)n ratios in the range of 0.05-0.25; several samples show possible small positive Eu anomalies. LREE enrichment is common to both seamounts, although the peridotites from Conical Seamount have higher (La/Ce)n ratios on extended chondrite-normalized plots, in which both REEs and other trace elements are organized according to their incompatibility with respect to a harzburgitic mantle. Comparison with abyssal peridotite patterns suggests that the LREEs, Rb, Nb, Sr, Sm, and Eu are all enriched in the Leg 125 peridotites, but Ti and the HREEs exhibit no obvious enrichment. The peridotites also give positive anomalies for Zr and Sr relative to their neighboring REEs. Covariation diagrams based on clinopyroxene data show that Ti and the HREEs plot on an extension of an abyssal peridotite trend to more residual compositions. However, the LREEs, Rb, Sr, Sm, and Eu are displaced off this trend toward higher values, suggesting that these elements were introduced during an enrichment event. The axis of dispersion on these plots further suggests that enrichment took place during or after melting and thus was not a characteristic of the lithosphere before subduction. Compared with boninites sampled from the Izu-Bonin-Mariana forearc, the peridotites are significantly more enriched in LREEs. Modeling of the melting process indicates that if they represent the most depleted residues of the melting events that generated forearc boninites they must have experienced subsolidus enrichment in these elements, as well as in Rb, Sr, Zr, Nb, Sm, and Eu. The lack of any correlation with the degree of serpentinization suggests that low-temperature fluids were not the prime cause of enrichment. The enrichment in the high-field-strength elements also suggests that at least some of this enrichment may have involved melts rather than aqueous fluids. Moreover, the presence of the hydrous minerals magnesio-hornblende and tremolite and the common resorption of orthopyroxene indicate that this high-temperature peridotite-fluid interaction may have taken place in a water-rich environment in the forearc following the melting event that produced the boninites. The peridotites from Leg 125 may therefore contain a record of an important flux of elements into the mantle wedge during the initial formation of forearc lithosphere. Ophiolitic peridotites with these characteristics have not yet been reported, perhaps because the precise equivalents to the serpentinite seamounts have not been analyzed.

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Five heavy mineral associations occur in the Paleocene and Eocene sediments recovered during Leg 81 of the Deep Sea Drilling Project (DSDP) in the SW Rockall area. Association 1, consisting of augite, iddingsite, and olivine, was derived from the basaltic rocks of the northern part of the Rockall Plateau. Association 2 consists of epidote group minerals, including piedmontite, and amphiboles of actinolite, actinolitic hornblende, and magnesio-hornblende compositions, and was derived from the metamorphic basement of south Greenland. Association 3 comprises garnet, augite, apatite, and edenitic and pargasitic amphiboles and has a provenance in the southern Rockall Plateau. Associations 4 (garnet, apatite, edenitic/pargasitic amphiboles) and 5 (garnet, apatite) are intrastratal solution derivatives of Association 3, with successive removal of first pyroxene and then amphibole with increasing depth of burial. Throughout the SW Rockall Plateau area there is a significant change in the spectrum of the above assemblages in the lower part of the Eocene. This change has been noted at Sites 403, 404, 553, and 555 and is defined by the last appearance of Association 2. This level therefore marks the cessation of sediment supply from southern Greenland and is the result of the final separation of Rockall and Greenland immediately prior to magnetic Anomaly 24.

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The compositions, mineralogies, and textures of gabbros recovered in polymict breccias in Hole 453 indicate that they are the cumulus assemblages of calc-alkalic crystal fractional on that occurred beneath the West Mariana Ridge. They are among a class of gabbros known only from other calc-alkalic associations (e.g., the Lesser Antilles and the Peninsular Ranges batholith of Southern California) and differ from gabbros of stratiform complexes, ophiolites, and the ocean crust. Particularly abundant in the Hole 453 breccias are olivine-bearing gabbros with extremely calcic Plagioclase (An94-97) but with fairly iron-rich olivines (Fo76-77). Other gabbros contain biotite and amphibole and occur in breccias with fairly high-grade greenschist facies (amphibole-chlorite-stilpnomelane) metabasalts. One unusual gabbro has experienced almost complete subsolidus recrystallization to an assemblage of aluminous magnesio-hornblende, anorthite, and green hercynitic spinel. This reaction, the extremely calcic Plagioclase, the occurrence of biotite and amphibole, and the association with greenschist facies metamorphic rocks suggest that crystallization of the gabbros occurred at elevated P(H2O). Comparisons with other calc-alkalic gabbro suites suggest pressures in excess of 4 kbar (about 12 km depth). The gabbros were exposed by the early stages of opening of the Mariana Trough and imply that considerable uplift may have attended rifting. They were also subjected to hydrothermal alteration after breccia formation, resulting in formation of chlorite, epidote, actinolite, and prehnite. Temperatures of at least 200°C - and probably 350°C - were reached, and most likely could not have been attained without extrusion or intrusion of magmas nearby, even though no such rocks were cored.

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Dolerites sampled from the lower sheeted dikes from Hole 504B during Ocean Drilling Program Legs 137 and 140, between 1562.4 and 2000.4 mbsf, were examined to document the mineralogy, petrography, and mineral parageneses associated with secondary alteration, to constrain the thermal history and composition of hydrothermal fluids. The main methods used were mineral chemical analyses by electron microprobe, X-ray diffraction, and cathodoluminescence microscopy. Temperatures of alteration were estimated on the basis of single and/or coexisting mineral chemistry. Permeability is important in controlling the type and extent of alteration in the studied dike section. At the meter-scale, intervals of weakly altered dolerites containing fresh olivine are interpreted as having experienced restricted exposure to hydrothermal fluids. At the centimeter- or millimeter-scale, alteration patches and extensively altered halos adjacent to veins reflect the permeability related to intergranular primary porosity and cracks. Most of the sheeted dike alteration in this case resulted from non-focused, pervasive fluid-rock interaction. This study confirms and extends the previous model for hydrothermal alteration at Hole 504B: hydrothermal alteration at the ridge axis followed by seawater recharge and off-axis alteration. The major new discoveries, all related to higher temperatures of alteration, are: (1) the presence of hydrothermal plagioclase (An80-95), (2) the presence of deuteric and/or hydrothermal diopside, and (3) the general increasing proportion of amphiboles, and particularly magnesio-hornblende with depth. We propose that the dolerites at Hole 504B were altered in five stages. Stage 1 occurred at high temperatures (less than 500° to 700°C) and involved late-magmatic formation of Na- and Ti-rich diopside, the hydrothermal formation of Na, Ti-poor diopside and the hydrothermal formation of an assemblage of An-rich plagioclase + hornblende. Stage 2 occurred at lower temperatures (250°-320°C) and is characterized by the appearance of actinolite, chlorite, chlorite-smectite, and/or talc (in low permeability zones) and albite. During Stage 3, quartz and epidote precipitated from evolved hydrothermal fluids at temperatures between 310° and 320°C. Anhydrite appeared during Stage 4 and likely precipitated directly from heated seawater. Stage 5 occurred off-axis at low temperatures (250°C) with laumontite and prehnite from evolved fluids.

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Objetivo Analizar y valorar la dieta de un grupo de alumnas de E.S.O de Madrid, y profundizar en la relación entre patrones de alimentación, rendimiento físico y rendimiento académico. Material y métodos Estudio descriptivo y transversal, de una muestra de 16 adolescentes de sexo femenino (15–18 años) del Instituto de Educación Secundaria de Sevilla la Nueva. Se realizó un análisis prospectivo de la dieta de 72 horas, medición antropométrica, un cuestionario de actividad física y otro general. Resultados Se observó un IMC medio de 20,9. El grupo presentó altos niveles de actividad física, con una media de 4 horas semanales (excluyendo las horas de Educación Física). El rendimiento académico se consideró como bueno, con una calificación media de 7. En promedio, la ingesta calórica total de las estudiantes fue de 2131±517 Kcal. El consumo energético se distribuye: 42% lípidos, 42% hidratos de carbono y 16% proteínas. Las grasas saturadas aportaron el 14% de la ingesta calórica, y el colesterol superó los valores recomendados. La ingesta de fibra, calcio, hierro, magnesio, vitamina D y vitamina E estaban por debajo de las recomendaciones. Conclusiones La dieta de las estudiantes de secundaria de Sevilla la Nueva es normocalórica, con un aporte excesivo de lípidos, en especial de grasas saturadas y colesterol, y un aporte deficitario de hidratos de carbono y ciertos micronutrientes como el Ca, Mg, Fe, la vitamina D y E. El hecho de realizar más horas semanales de EF no empeora el rendimiento académico y mejora la calificación en la materia de EF.

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The present work studies the resistant of the concrete against magnesium sulfate (MgSO4) and compare the results with values obtained previously of the same concretes exposed to sodium sulfate (Na2SO4). Thus, it is possible analyze the influence of the cation type. To that end, four different concrete mixes were made with sulfur resistant cement and mineral admixtures (silica fume, fly ash and blast furnace slag). The concretes were submerged for different period in magnesium sulfate (MgSO4). After that, different tests were carried out to define mechanical and microstructural properties. The results obtained were compared with reference values of concretes cured in calcium hydroxide [Ca(OH)2]. According to the results, the concrete with blast furnace slag presented the best behavior front MgSO4, meanwhile the concretes with silica fume and fly ash were the most susceptible. The resistance of the concrete with blast furnace slag could be attributed to the characteristics of the hydrated silicates formed during the hydration time, which include aluminum in the chemical chain that hinder its chemical decomposition during the attack of magnesium. The magnesium sulfate solution was most aggressive than sodium sulfate solution. El presente trabajo estudia la resistencia de hormigones al ataque de sulfatos provenientes de sulfato magnésico (MgSO4) y compara estos valores con resultados previos de los mismos hormigones atacados con sulfato sódico (Na2SO4). De esta manera se estudia la interacción del catión que acompaña al ion sulfato durante su afectación a la matriz cementicia. Para lo anterior, se diseñaron cuatro dosificaciones empleando cementos sulforresistentes y adiciones minerales (humo de sílice, ceniza volante y escoria de alto horno). Los hormigones se sumergieron, por distintos periodos de tiempo, en disolución de sulfato magnésico (MgSO4) de concentración 1M, para después realizarles ensayos mecánicos y a nivel microestructural. Los valores obtenidos se compararon con los obtenidos en el hormigón de referencia curado en hidróxido cálcico. El hormigón con escoria de alto horno presentó el mejor comportamiento frente a MgSO4, siendo las mezclas de humo de sílice y ceniza volante las más susceptibles. La resistencia del hormigón con escoria se atribuye a las características de los silicatos hidratados formados durante la hidratación, los cuales incorporan aluminio en las cadenas impidiendo su descomposición ante un ataque por magnesio. El medio con sulfato magnésico mostro una mayor agresividad que el medio con sulfato sódico.

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Dentro de los materiales estructurales, el magnesio y sus aleaciones están siendo el foco de una de profunda investigación. Esta investigación está dirigida a comprender la relación existente entre la microestructura de las aleaciones de Mg y su comportamiento mecánico. El objetivo es optimizar las aleaciones actuales de magnesio a partir de su microestructura y diseñar nuevas aleaciones. Sin embargo, el efecto de los factores microestructurales (como la forma, el tamaño, la orientación de los precipitados y la morfología de los granos) en el comportamiento mecánico de estas aleaciones está todavía por descubrir. Para conocer mejor de la relación entre la microestructura y el comportamiento mecánico, es necesaria la combinación de técnicas avanzadas de caracterización experimental como de simulación numérica, a diferentes longitudes de escala. En lo que respecta a las técnicas de simulación numérica, la homogeneización policristalina es una herramienta muy útil para predecir la respuesta macroscópica a partir de la microestructura de un policristal (caracterizada por el tamaño, la forma y la distribución de orientaciones de los granos) y el comportamiento del monocristal. La descripción de la microestructura se lleva a cabo mediante modernas técnicas de caracterización (difracción de rayos X, difracción de electrones retrodispersados, así como con microscopia óptica y electrónica). Sin embargo, el comportamiento del cristal sigue siendo difícil de medir, especialmente en aleaciones de Mg, donde es muy complicado conocer el valor de los parámetros que controlan el comportamiento mecánico de los diferentes modos de deslizamiento y maclado. En la presente tesis se ha desarrollado una estrategia de homogeneización computacional para predecir el comportamiento de aleaciones de magnesio. El comportamiento de los policristales ha sido obtenido mediante la simulación por elementos finitos de un volumen representativo (RVE) de la microestructura, considerando la distribución real de formas y orientaciones de los granos. El comportamiento del cristal se ha simulado mediante un modelo de plasticidad cristalina que tiene en cuenta los diferentes mecanismos físicos de deformación, como el deslizamiento y el maclado. Finalmente, la obtención de los parámetros que controlan el comportamiento del cristal (tensiones críticas resueltas (CRSS) así como las tasas de endurecimiento para todos los modos de maclado y deslizamiento) se ha resuelto mediante la implementación de una metodología de optimización inversa, una de las principales aportaciones originales de este trabajo. La metodología inversa pretende, por medio del algoritmo de optimización de Levenberg-Marquardt, obtener el conjunto de parámetros que definen el comportamiento del monocristal y que mejor ajustan a un conjunto de ensayos macroscópicos independientes. Además de la implementación de la técnica, se han estudiado tanto la objetividad del metodología como la unicidad de la solución en función de la información experimental. La estrategia de optimización inversa se usó inicialmente para obtener el comportamiento cristalino de la aleación AZ31 de Mg, obtenida por laminado. Esta aleación tiene una marcada textura basal y una gran anisotropía plástica. El comportamiento de cada grano incluyó cuatro mecanismos de deformación diferentes: deslizamiento en los planos basal, prismático, piramidal hc+ai, junto con el maclado en tracción. La validez de los parámetros resultantes se validó mediante la capacidad del modelo policristalino para predecir ensayos macroscópicos independientes en diferentes direcciones. En segundo lugar se estudió mediante la misma estrategia, la influencia del contenido de Neodimio (Nd) en las propiedades de una aleación de Mg-Mn-Nd, obtenida por extrusión. Se encontró que la adición de Nd produce una progresiva isotropización del comportamiento macroscópico. El modelo mostró que este incremento de la isotropía macroscópica era debido tanto a la aleatoriedad de la textura inicial como al incremento de la isotropía del comportamiento del cristal, con valores similares de las CRSSs de los diferentes modos de deformación. Finalmente, el modelo se empleó para analizar el efecto de la temperatura en el comportamiento del cristal de la aleación de Mg-Mn-Nd. La introducción en el modelo de los efectos non-Schmid sobre el modo de deslizamiento piramidal hc+ai permitió capturar el comportamiento mecánico a temperaturas superiores a 150_C. Esta es la primera vez, de acuerdo con el conocimiento del autor, que los efectos non-Schmid han sido observados en una aleación de Magnesio. The study of Magnesium and its alloys is a hot research topic in structural materials. In particular, special attention is being paid in understanding the relationship between microstructure and mechanical behavior in order to optimize the current alloy microstructures and guide the design of new alloys. However, the particular effect of several microstructural factors (precipitate shape, size and orientation, grain morphology distribution, etc.) in the mechanical performance of a Mg alloy is still under study. The combination of advanced characterization techniques and modeling at several length scales is necessary to improve the understanding of the relation microstructure and mechanical behavior. Respect to the simulation techniques, polycrystalline homogenization is a very useful tool to predict the macroscopic response from polycrystalline microstructure (grain size, shape and orientation distributions) and crystal behavior. The microstructure description is fully covered with modern characterization techniques (X-ray diffraction, EBSD, optical and electronic microscopy). However, the mechanical behaviour of single crystals is not well-known, especially in Mg alloys where the correct parameterization of the mechanical behavior of the different slip/twin modes is a very difficult task. A computational homogenization framework for predicting the behavior of Magnesium alloys has been developed in this thesis. The polycrystalline behavior was obtained by means of the finite element simulation of a representative volume element (RVE) of the microstructure including the actual grain shape and orientation distributions. The crystal behavior for the grains was accounted for a crystal plasticity model which took into account the physical deformation mechanisms, e.g. slip and twinning. Finally, the problem of the parametrization of the crystal behavior (critical resolved shear stresses (CRSS) and strain hardening rates of all the slip and twinning modes) was obtained by the development of an inverse optimization methodology, one of the main original contributions of this thesis. The inverse methodology aims at finding, by means of the Levenberg-Marquardt optimization algorithm, the set of parameters defining crystal behavior that best fit a set of independent macroscopic tests. The objectivity of the method and the uniqueness of solution as function of the input information has been numerically studied. The inverse optimization strategy was first used to obtain the crystal behavior of a rolled polycrystalline AZ31 Mg alloy that showed a marked basal texture and a strong plastic anisotropy. Four different deformation mechanisms: basal, prismatic and pyramidal hc+ai slip, together with tensile twinning were included to characterize the single crystal behavior. The validity of the resulting parameters was proved by the ability of the polycrystalline model to predict independent macroscopic tests on different directions. Secondly, the influence of Neodymium (Nd) content on an extruded polycrystalline Mg-Mn-Nd alloy was studied using the same homogenization and optimization framework. The effect of Nd addition was a progressive isotropization of the macroscopic behavior. The model showed that this increase in the macroscopic isotropy was due to a randomization of the initial texture and also to an increase of the crystal behavior isotropy (similar values of the CRSSs of the different modes). Finally, the model was used to analyze the effect of temperature on the crystal behaviour of a Mg-Mn-Nd alloy. The introduction in the model of non-Schmid effects on the pyramidal hc+ai slip allowed to capture the inverse strength differential that appeared, between the tension and compression, above 150_C. This is the first time, to the author's knowledge, that non-Schmid effects have been reported for Mg alloys.