983 resultados para LABOUR LAW


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Le travail domestique est une des formes d’emploi les plus anciennes au monde. Au Brésil, ce type de service tire son origine de l’esclavage, technique d’exploitation économique qui a marqué l’histoire du pays durant environ 400 (quatre cents) ans. Encore au XXIème siècle, le travail domestique est sous-évalué et peine à être reconnu comme un vrai travail. La législation nationale a progressé au point de reconnaitre aux employés de maison les mêmes droits dont jouissent les autres salariés (amendement constitutionnel, 2013). Le droit international du travail joue un rôle crucial dans l’encadrement de la situation des travailleuses domestiques au monde. La Convention concernant le travail décent pour les travailleurs et travailleuses domestiques (n° 189) et la Recommandation n° 201 l’accompagnant de l’Organisation internationale du travail (OIT) occupent une place importante dans la promotion du travail décent aux travailleurs domestiques. Malgré l’existence de normes – nationales et internationales – importantes, la problématique de la condition de travail et de vie des travailleuses domestiques au Brésil va au-delà de la législation, impliquant la notion culturelle de dévalorisation du travail domestique, cette même conception qui associe le travail à domicile à l’esclavage.

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El mundo del trabajo no ha gozado de una amplia representación a lo largo de la historia del cine. No obstante, un análisis de los films que han tratado directa o indirectamente dicha temática durante un período histórico determinado puede contribuir a arrojar importantes conclusiones sobre la manera en que se hizo frente social y jurídicamente a esta importante actividad humana. En concreto, el análisis del cine durante el franquismo nos posibilita contemplar aspectos tan importantes como la incorporación de la mujer al mundo del trabajo, la represión del hecho sindical o la crisis de empleo en el primer franquismo

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Dissertação de Mestrado, Ciências Económicas e Empresariais, 8 de Julho de 2016, Universidade dos Açores.

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Le travail domestique est une des formes d’emploi les plus anciennes au monde. Au Brésil, ce type de service tire son origine de l’esclavage, technique d’exploitation économique qui a marqué l’histoire du pays durant environ 400 (quatre cents) ans. Encore au XXIème siècle, le travail domestique est sous-évalué et peine à être reconnu comme un vrai travail. La législation nationale a progressé au point de reconnaitre aux employés de maison les mêmes droits dont jouissent les autres salariés (amendement constitutionnel, 2013). Le droit international du travail joue un rôle crucial dans l’encadrement de la situation des travailleuses domestiques au monde. La Convention concernant le travail décent pour les travailleurs et travailleuses domestiques (n° 189) et la Recommandation n° 201 l’accompagnant de l’Organisation internationale du travail (OIT) occupent une place importante dans la promotion du travail décent aux travailleurs domestiques. Malgré l’existence de normes – nationales et internationales – importantes, la problématique de la condition de travail et de vie des travailleuses domestiques au Brésil va au-delà de la législation, impliquant la notion culturelle de dévalorisation du travail domestique, cette même conception qui associe le travail à domicile à l’esclavage.

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Il danno da perdita di chance rappresenta la categoria giuridica di cui la giurisprudenza si serve per ampliare i confini della tutela risarcitoria, in diversi casi in cui, alla stregua dell’impostazione dogmatica tradizionale, non potrebbe dirsi configurabile un danno-conseguenza (né sotto forma di danno emergente, né sotto forma di lucro cessante). Lo studio, una volta delimitato il campo dell’indagine e dato conto delle opinioni dottrinali sulla ricostruzione della figura, ha preso le mosse dall’illustrazione degli orientamenti della giurisprudenza, la quale, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, è andata via via applicando l’istituto nei settori del diritto del lavoro, della responsabilità professionale (in particolare dell’avvocato), e del danno alla persona (nel quale ultimo si è messo in luce come il danno da perdita di chance possa rivestire funzione unicamente descrittiva di tipologie di pregiudizio riconducibili alle “tradizionali” voci di danno). Nel secondo capitolo si è analiticamente esaminata la fattispecie del danno da perdita di chance, alla luce delle categorie e dei principi generali della responsabilità civile, vagliando i margini di “armonizzabilità” dell’istituto rispetto alle classificazioni in termini di danno emergente/lucro cessante, danno presente/futuro, danno-evento/danno-conseguenza, nonché rispetto alle regole sulla causalità, al requisito dell’ingiustizia del danno, e alle tecniche di liquidazione del danno. Nell’ultimo capitolo, si è proceduto, poi, a “calare” l’istituto del danno da perdita di chance nel “sottosettore” della responsabilità sanitaria, sottoponendo a verifica la “tenuta teorica” della sua “variante” non patrimoniale al cospetto della recente novella legislativa rappresentata dalla l. n. 24/17, nonché degli orientamenti giurisprudenziali che, negli ultimi due anni, hanno interessato i temi dell’onere della prova del nesso causale e dello stesso danno da perdita di chance non patrimoniale. A conclusione dello studio, si sono svolte, infine, alcune considerazioni sulle criticità che precludono un’armonica “riconduzione a sistema” dell’istituto, consigliandone il definitivo abbandono.

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La dimensione giuridica del tempo, cioè il ruolo del tempo nel diritto, ha contribuito a far emergere il lavoro quale concetto legale astratto dal prestatore, funzionale alla sua alienazione. Rompere l’unitarietà del tempo della persona, per consacrarne una parte al lavoro, ha dato ai rapporti di potere tra gli individui una forma giuridica in grado di legittimarli. Il primo capitolo si sofferma sulla costruzione legale del lavoro subordinato attraverso la definizione del suo tempo. Tra gli elementi essenziali del contratto tipizzato dall’art. 2094 c.c., il tempo nella causa, oltre a mostrare la non istantaneità dello scambio e la indeterminatezza del regolamento contrattuale, non assurge a criterio discretivo dalle collaborazioni o dal lavoro autonomo. Se dalla causa si passa ad indagare l’oggetto, l’interprete si imbatte nel pudore di svelare quale sia il vero elemento su cui incide il contratto, la persona del lavoratore, che induce a prediligere la finzione di allontanare l’attività dal corpo di chi la produce: l’orario è la tecnica giuridica che rende possibile la partecipazione del lavoro ad una logica di scambio. Il secondo e il terzo capitolo si concentrano sulla regolazione e interpretazione del tempo di lavoro in chiave diacronica. La legislazione lavoristica ha trovato i propri albori nella disciplina eteronoma dell’orario, come strumento per tutelare i prestatori dagli eccessi mercantilistici. L’attuale quadro normativo è molto attento alle ragioni creditorie ma la giurisprudenza della Corte di giustizia testimonia l’irrequietudine di una materia viva e in movimento. Non è un caso che il legislatore europeo, nei piccoli passi compiuti per rafforzare il diritto sociale comune agli Stati membri, abbia assegnato al tempo un ruolo centrale, come prevedibilità delle condizioni di lavoro (direttiva n. 1152 del 2019), come equilibrio tra attività professionale e vita familiare (direttiva n. 1158 del 2019) e un domani, forse, come diritto alla disconnessione.

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L'elaborato analizza il tema del reddito di cittadinanza, nella sue diverse accezioni, indagandone le interferenze con la disciplina giulavoristica e previdenziale alla luce delle metamorfosi del lavoro. Dopo aver ricostruito la genealogia del concetto di lavoro e, con esso, dei sistemi di sicurezza sociale, esaminiamo de jure condito le misure di sostegno al reddito in Italia, con particolare accento sulla tutela contro la disoccupazione e sul reddito di cittadinanza, senza trascurare, nondimeno, le misure straordinarie messe in campo durante l'emergenza pandemica. Infine, chiedendoci quale significato assuma oggi il lavoro in un contesto caratterizzato da flessibilità e precarietà, analizzeremo dapprima le possibilità di riforma delle misure vigenti nel nostro ordinamento (dagli ammortizzatori sociali al reddito di cittadinanza), spingendoci poi de jure condendo verso la possibile declinazione di un reddito di base incondizionato, provando a ripensare alcune tradizionali categorie giuslavoristiche, a partire dalle nozioni di mansione, tempo di lavoro e retribuzione, chiedendoci se il lavoro possa avere un orizzonte di senso che vada oltre il fare in cambio di un salario.

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In seeking to increase the flexibility of their use of employee time, employers can pursue strategies based on the employment of casual and part-time workers (numerical flexibility) or strategies based on ad hoc variation of the working hours of permanent employees (working time flexibility). Patterns of flexibility strategies and their implications are examined in the context of a highly feminised sector of work-clerical and administrative employment in law and accounting firms. We consider whether, as is often assumed, working time flexibility strategies are generally better for employees because they avoid the substitution of core, high quality jobs with the peripheral, relatively insecure employment often associated with casualisation. Analysing data drawn from a survey of law and accounting firms, we argue that there are three distinct flexibility strategies adopted by employers, and that the choice of strategy is influenced by the size of the firm and the extent of feminisation. The quality of employment conditions associated with each strategy is investigated through an analysis of the determinants of training provision for clerical and administrative workers. Rather than an expected simple linear relationship between increasing casualisation and decreasing training provision, we find that firm size and feminisation are implicated. Larger firms that tend to employ at least some men and use a combination of working time and numerical flexibility strategies tend to provide more training than the small, more fully feminised firms that tend to opt for either casualisation or working time flexibility strategies. This suggests that, from an employee perspective, working time flexibility may not be as benevolent as is often thought.

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In January 2008, China imposed a new labour contract law. This new law is the most significant reform to the law of employment relations in mainland China in more than a decade. The paper provides a theoretical framework on the inter-linkages between labour market regulation, option value and the choice and timing of employment. All in all, the paper demonstrates that the Labour Contract Law in it´s own right will have only small impacts upon employment in the fast-growing Chinese economy. On the contrary, induced increasing unit labour costs represent the real issue and may reduce employment.

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There has been much debate regarding the electoral strategy adopted by New Labour in the lead-up to and then during their time in government. This paper addresses the issue from the perspective of left/right and libertarian/authoritarian considerations by examining data on individual attitudes from the British Social Attitudes survey between 1986 and 2009. The analysis indicates that New Labour’s move towards the right on economic and public policy was the main driver towards attracting new centrist voters and could thus be labelled ‘broadly’ populist. The move towards a tougher stance on law and order was more ‘narrowly’ populist in that it was used more to minimise the reduction in support from Labour’s traditional base on the left than to attract new votes.

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Introduction by Rev. A. Potter.

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This thesis examines the effect of combating of human trafficking as a crime. Special emphasis has been placed on forced labour and the rights of trafficked victims and their protection. The study explores various legislations undertaken at regional, national and international levels and considers rights of trafficked victims under international human rights and Islamic rights. The aim of the thesis is to provide a critical and comparative analysis of the legal systems of the Kingdom of Saudi Arabia (KSA) and the United Kingdom (UK) in terms of human trafficking. The thesis consists of eight chapter; each covering a different aspect of the study. It begins by providing background information regarding the issue of human trafficking and proceeds to examine developments of legal frameworks across the two jurisdictions to combat this crime and penalize the criminals. It seeks to examine the legal system pertaining to human trafficking for forced labour and analyse the three distinct platforms, that is, prevention, protection, and punishment, by comparing the legal systems of the KSA and the UK. The examination of both countries aims to identify the strength and weaknesses of the KSA system as compared to the UK system. Thus, it concludes that the KSA can improve its ranking from Tier 2 watch list to Tier 1 if reforms are introduced in the legislation and enforcement domains. The study also demonstrates how the UK and the KSA portray ‘human trafficking’ in their regional laws. A problem often faced during the information-gathering and investigation stages is the lack of available evidence against traffickers, a particular issue in the KSA. The thesis concludes that the transnational aspect of this phenomenon makes it necessary to establish a thorough and comprehensive legal framework to cover all matters pertaining to this crime, including the protection of victims and punishment of criminals in the KSA and the UK, including immigration and ‘kafala’ strategies that may be of value in future researches.

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Holden utility carrying members of the Federated Ship Painters and Dockers Union during the Labour Day march in 1965, Brisbane, Australia. Anti conscription banners can be seen in the background, and the facade of the Pearl Assurance Building.

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This article presents, discusses and tests the hypothesis that it is the number of parties what can explain the choice of electoral systems, rather than the other way round. Already existing political parties tend to choose electoral systems that, rather than generate new party systems by themselves, will crystallize, consolidate or reinforce previously existing party configurations. A general model develops the argument and presents the concept of 'behavioral-institutional equilibrium' to account for the relation between electoral systems and party systems. The most comprehensive dataset and test of these notions to date, encompassing 219 elections in 87 countries since the 19th century, are presented. The analysis gives strong support to the hypotheses that political party configurations dominated by a few parties tend to establish majority rule electoral systems, while multiparty systems already existed before the introduction of proportional representation. It also offers the new theoretical proposition that strategic party choice of electoral systems leads to a general trend toward proportional representation over time.