999 resultados para Diritto Civile - Brazile
Resumo:
Nella prima parte viene ricostruito il concetto di vincolo espropriativo alla luce dell’elaborazione della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte EDU, giungendo alla conclusione che rientrano in tale concetto le limitazioni al diritto di proprietà che: - derivano da scelte discrezionali dell’Amministrazione non correlate alle caratteristiche oggettive del bene; - superano la normale tollerabilità nel senso che impediscono al proprietario la prosecuzione dell’uso in essere o incidono sul valore di mercato del bene in modo sproporzionato rispetto alle oggettive caratteristiche del bene e all’interesse pubblico perseguito. Ragione di fondo della teoria dei vincoli è censurare l’eccessiva discrezionalità del potere urbanistico, imponendo una maggiore obiettività e controllabilità delle scelte urbanistiche. Dalla teoria dei vincoli consegue altresì che nell’esercizio del potere urbanistico l’Amministrazione, pur potendo differenziare il territorio, deve perseguire l’obiettivo del riequilibrio economico degli interessi incisi dalle sue determinazioni. L’obbligo della corresponsione dell’indennizzo costituisce la prima forma di perequazione urbanistica. Nel terzo e nel quarto capitolo viene analizzata la giurisprudenza civile e amministrativa in tema di vincoli urbanistici, rilevandone la non corrispondenza rispetto all’elaborazione della Corte costituzionale e l’incongruità dei risultati applicativi. Si evidenzia in particolare la necessità del superamento del criterio basato sulla distinzione zonizzazioni-localizzazioni e di considerare conformative unicamente quelle destinazioni realizzabili ad iniziativa privata che in concreto consentano al proprietario di conseguire un’utilità economica proporzionata al valore di mercato del bene. Nel quinto capitolo viene analizzato il rapporto tra teoria dei vincoli e perequazione urbanistica, individuandosi il discrimine tra i due diversi istituti non solo nel consenso, ma anche nella proporzionalità delle reciproche prestazioni negoziali. Attraverso la perequazione non può essere attribuito al proprietario un’utilità inferiore a quella che gli deriverebbe dall’indennità di esproprio.
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La tesi intende offrire una panoramica approfondita dello strumento sommario, ed in particolare di come il legislatore ne abbia fatto uso nel nostro ordinamento, soprattutto nelle recenti riforme del codice di procedura civile. La candidata si sofferma, dapprima, in un’analisi generale circa la definizione del concetto stesso di sommarizzazione, anche attraverso la disamina delle varie posizioni dottrinali e giurisprudenziali emerse, sul punto, negli ultimi anni.
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I compilatori di Giustiniano inserirono la formula Res iudicata pro veritate accipitur, utilizzata da Ulpiano D.1.5.25 come motivazione, nel passo D.50.17.207 delle loro regulae iuris antiqui. Essi non vi inserirono però il principio opposto, di importanza pratica notevolmente maggiore, Res inter alios iudicata aliis non praeiudicat.
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Il concetto di danno punitivo evoca una peculiare forma di risarcimento del danno la cui funzione, lungi dal risolversi in una prospettiva meramente compensativa del soggetto danneggiato, si carica di una valenza punitiva e deterrente. L’obiettivo del presente lavoro è quello di indagare l’ammissibilità e la compatibilità dell’istituto con la sistematica della responsabilità da illecito aquiliano. Un piano di indagine sollecitato dal recente fervore pretorio sul tema, soprattutto in relazione alla verifica dialettica della compatibilità dell’istituto in parola con il concetto di ordine pubblico interno e internazionale: l’attuale impianto normativo dell’illecito aquiliano può legittimamente ambire ad una vocazione polifunzionale e dinamica in una più ampia prospettiva di effettività e completezza della tutela non solo interprivata ma anche superindividuale, nella consapevolezza, che “una responsabilità civile che non accarezzi la deterrenza non è una vera responsabilità civile”.
"Tradizione romanistica" e principi generali del diritto: Il dibattito italiano tra Otto e Novecento
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Il presente lavoro verte sul ruolo svolto dal diritto romano e – più in generale – dalla “tradizione romanistica” all'interno del sistema giuridico nazionale posteriore alla codificazione civile del 1865. L'attenzione è rivolta principalmente all'art. 3 delle Disposizioni preliminari del Codice del 1865 con il suo riferimento ai 'principi generali del diritto' e, dunque, all'analogia iuris. La prima parte dello studio si concentra sull'analisi di alcune voci della scienza giuridica italiana tra Otto e Novecento, nei loro diversi approcci – laddove riscontrabili – rispetto allo studio e al recupero (in chiave moderna) del diritto romano. La seconda parte è invece dedicata all'esame della prassi giudiziaria e, più specificamente, delle Corti di Cassazione. In questa fase si persegue un duplice obiettivo: da un lato, verificare se, ed eventualmente in che misura, il diritto romano possa ancora svolgere un ruolo nella (moderna) giurisprudenza di legittimità; dall'altro, valutare la concreta possibilità, prospettata da una parte della scienza giuridica, di ricorrere in Cassazione per impugnare una sentenza asseritamente contraria ai principi generali del diritto sanciti dall'art. 3 co. 2 delle Preleggi. L'analisi prende dunque le mosse dal contenuto delle singole decisioni della Cassazione, per poi passare all'esegesi dei frammenti di volta in volta richiamati; infine, si concluderà con un'operazione di sintesi volta a valutare, per ciascun caso, la coerenza (giuridica) del ragionamento analogico.
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L’elaborato si propone di analizzare i principali punti di contatto, nell’ordinamento domestico, tra le funzioni esercitate dalla giurisdizione ordinaria civile e le attribuzioni delle Autorità amministrative indipendenti, nel tentativo di delineare un quadro sistematico dei rapporti. Nella prima parte dell’indagine, ci si sofferma sui variegati strumenti di risoluzione delle controversie coniati in seno alle Autorità indipendenti, cercando di sviluppare un’essenziale classificazione per categorie omogenee, al fine di vagliare la compatibilità dei diversi modelli con il dato costituzionale. Successivamente, si sposta l’indagine sulle interferenze emergenti con riferimento a quelle attività delle Authorities assimilabili all’applicazione della legge al caso concreto nel contesto del pubblic enforcement. Tra queste, spicca la delicata questione del valore dei provvedimenti delle Authorities nei (correlati) processi civili risarcitori, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 7, d.lgs. 3/2017, che ha plasmato un inedito «vincolo» per il giudice ordinario all’accertamento dell’AGCM. Alla previsione normativa si associa la tendenza giurisprudenziale a riconoscere una particolare “attitudine probatoria” anche ai provvedimenti di altre Autorità indipendenti, pur in assenza di specifica previsione normativa. Nel corso della trattazione, più che limitarsi ad esprimere una preferenza tra le diverse soluzioni già proposte dalla dottrina, si cerca di gettare le basi per un’interpretazione autonoma e sistematica del fenomeno. Adottando un approccio quanto più possibile interdisciplinare, si cercano di coniugare i punti di approdo della teoria generale dell’accertamento giuridico con quelli, gius-pubblicistici, della categoria dell’accertamento amministrativo. Si passa, infine, a vagliare le condizioni affinché tale ipotetico modello unitario possa ritenersi compatibile con altri valori di rilievo costituzionale e non solo, utilizzando quale parametro di riferimento l’art. 6 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo.
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Dissertação de mestrado em Direito da União Europeia
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But et structure du travail La responsabilité civile des dirigeants sociaux fait déjà l'objet d'une littérature considérable; on constate néanmoins que les auteurs romands qui se sont intéressés à cette question sont finalement assez peu nombreux. D'ailleurs, à notre connaissance, aucun travail de recherche juridique approfondie n'a été récemment consacré en français à cette matière. Pourtant, plusieurs aspects de la responsabilité civile des organes dirigeants demeurent très controversés en doctrine. Parmi d'autres, on pense, par exemple, à la nature juridique de l'action en responsabilité ou à sa mise en oeuvre. Pour ces raisons, il nous paraît souhaitable de procéder, dans une première partie, à un examen approfondi des art. 754 ss CO. A cet égard, nous nous appuierons sur un appareil référentiel aussi complet que possible ; nous tenterons aussi de trancher les points qui ne cessent de diviser les auteurs. La première partie de l'étude compte sept titres. Le premier d'entre eux renferme des considérations tout à fait générales, notamment historiques, destinées à offrir au lecteur certains points de repère préalables, utiles à une bonne compréhension de la matière. Dans le deuxième titre, nous définirons le cercle des personnes légitimées à agir en responsabilité sur la base des art. 754 ss CO. Encore faut-il savoir quels sont les individus contre lesquels l'action en justice peut être intentée ou, en d'autres termes, ce qu'il faut entendre par «organes dirigeants ». C'est précisément la question à laquelle nous nous proposons de répondre dans le troisième titre de cette première partie. Cela étant, la responsabilité civile des dirigeants sociaux obéit à des conditions strictes : le demandeur doit établir un dommage, une violation des devoirs, un lien de causalité adéquate et une faute. Ces quatre conditions cumulatives feront l'objet d'un examen successif dans le quatrième titre. Il arrive aussi que ces conditions soient réunies, mais que, nonobstant, l'action en responsabilité n'aboutisse que partiellement, voire pas du tout. La raison doit être recherchée dans les causes de limitation ou d'exclusion de la responsabilité, en particulier la décharge votée par l'assemblée générale, le consentement du lésé (« volenti non fit injuria»), la prescription ou encore la compensation. C'est l'objet du titre cinquième. L'on relèvera encore que les actions en responsabilité sont généralement dirigées simultanément contre plusieurs dirigeants. On soulève ici la question essentielle de la solidarité entre les défendeurs et du règlement de leurs rapports internes ; nous y reviendrons au titre sixième. Enfin, pour que l'action du demandeur soit recevable, le demandeur doit agir devant le tribunal compétent ratione loci. Les problèmes de for seront donc abordés dans le titre septième. A la lecture de la doctrine, l'on est frappé de constater à quel point les auteurs qui, à ce jour, se sont risqués à rapprocher la responsabilité civile de la responsabilité pénale des organes dirigeants, sont rares. Pourtant, la lutte contre une criminalité économique toujours plus redoutable devrait tendre, ces prochaines années, à augmenter considérablement l'importance pratique du droit pénal des affaires. Dans ces conditions, il paraît impossible de faire abstraction du régime de responsabilité pénale encouru par les dirigeants sociaux. Nous y avons consacré la seconde partie de notre travail. Celle-ci se compose de quatre titres distincts, dont la numérotation s'inscrit dans le prolongement de la première partie. Le titre huitième contient des considérations générales, en particulier sur le rôle que le droit pénal est amené à jouer aujourd'hui dans la vie des affaires. Nous enchaînerons, dans un titre neuvième, avec l'examen des deux fondements envisageables de la responsabilité pénale des dirigeants. Nous traiterons d'abord de leur responsabilité à raison des infractions qu'ils commettent personnellement. Nous nous intéresserons ensuite à leur responsabilité pénale du fait d'autrui. Ces deux sources de responsabilité devront être illustrées. A ce titre, nous examinerons leur portée à la lumière du droit de la société anonyme, eu égard en particulier aux devoirs que le droit commercial met à la charge des dirigeants sociaux. C'est l'objet du titre dixième. Dans le titre onzième, nous procéderons à un bref examen de la responsabilité pénale de l'entreprise. Tout en rappelant les dispositions légales applicables en la matière, nous essayerons de mettre le doigt sur certaines incohérences que présente le système tel qu'il a été adopté par les Chambres fédérales. Nous traiterons ensuite de l'articulation probable entre la responsabilité pénale de l'entreprise et le régime de responsabilité pénale applicable à ses dirigeants physiques. Nous terminerons par rappeler, sous forme de synthèse, les principaux éléments qui se dégagent de notre travail.