956 resultados para fotovoltaico, riciclaggio, gestione rifiuti
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The general objective of this research is to explore theories and methodologies of sustainability indicators, environmental management and decision making disciplines with the operational purpose of producing scientific, robust and relevant information for supporting system understanding and decision making in real case studies. Several tools have been applied in order to increase the understanding of socio-ecological systems as well as providing relevant information on the choice between alternatives. These tools have always been applied having in mind the complexity of the issues and the uncertainty tied to the partial knowledge of the systems under study. Two case studies with specific application to performances measurement (environmental performances in the case of the K8 approach and sustainable development performances in the case of the EU Sustainable Development Strategy) and a case study about the selection of sustainable development indicators amongst Municipalities in Scotland, are discussed in the first part of the work. In the second part of the work, the common denominator among subjects consists in the application of spatial indices and indicators to address operational problems in land use management within the territory of the Ravenna province (Italy). The main conclusion of the thesis is that a ‘perfect’ methodological approach which always produces the best results in assessing sustainability performances does not exist. Rather, there is a pool of correct approaches answering different evaluation questions, to be used when methodologies fit the purpose of the analysis. For this reason, methodological limits and conceptual assumptions as well as consistency and transparency of the assessment, become the key factors for assessing the quality of the analysis.
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In the last decades, the increasing significance of “projectivization” (Lundin & Steinthórsson, 2003) has stimulated considerable interest in project-based organizations as new economic actors able to introduce a new logic of organizing work and weakening boundaries in favour of networks of collaborations. In these contexts, work is often delegated to project teams. Deciding whom to put on a project team is one of the biggest challenges faced by a project manager; in particular which characteristics rely on to compose and match effective teams. We address this issue, focusing on the individual flexibility (Raudsepp, 1990), as team composition variable that affects project team performance. Thus, the research question investigated is: Is it better to compose project teams with flexible team members or not flexible project team members to achieve higher levels of project performance? The temporary nature of PBOs involves that after achieving the purpose for which team members are enrolled, they are disbanded but their relationships remain, allowing them to be involved in future projects (Starkey, Barnatt & Tempest, 2000). Pre-existing relationships together with the current relationships create a network of relationships that yields some implications for project teams as well as for team members. We address this issue, exploring the following research question: To what extent is the individual flexibility influenced by the network structure? The conceptual framework is used to articulate the research questions investigated with respect to the Television drama serials production. Their project-team organizing combined with their capacity to dissolve and recreate over time make it an interesting field to develop. We contribute to the organizational literature, providing a clear operationalization of individual flexibility construct and its role on affecting project performance. Second, we contribute to the organizational network literature addressing the effects yielded by the network structure-structural holes and network closure- on the individual flexibility.
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Un problema comune agli Ingegneri Gestionali è quello legato alla necessità di dover sempre spiegare in cosa consista veramente il proprio campo di studi. Amici, conoscenti e parenti non dimostrano mai, infatti, familiarità con il termine. Chi scrive è costretto addirittura ad ammettere di avere una madre che, a pochi giorni dalla discussione dalla Tesi Magistrale, continui ad affermare di non aver ancora capito quale lavoro andrà poi a fare il figlio. Medicina, Giurisprudenza ed Economia sono concetti facili da comprendere; “studiare con approccio quantitativo l'organizzazione e i processi produttivi delle imprese costruendo e applicando modelli per la soluzione dei loro problemi” in effetti lo è un po’ meno. Accade così che si debbano quindi aggiungere altri termini, spiegando l’ingegneria gestionale come insieme di altre discipline: produzione, logistica, marketing, economia aziendale, risorse umane, gestione, progetti... Si dà il caso che questo insieme di altre discipline coincida in larga parte con una branca ancora più oscura ai più: l’event management. Questo lavoro di Tesi è incentrato proprio sulla gestione di un evento: gli FPA Worlds 2012, i Mondiali di Frisbee Freestyle 2012 tenutisi a Riccione dal 2 al 5 agosto. L’autore, nell’ambito del suo percorso di Tirocinio, ne è stato l’event manager, ovvero il massimo responsabile e organizzatore, andando a far confluire esperienze, conoscenze e passioni personali con la coronazione degli studi universitari. L’intero progetto lo ha coinvolto dal luglio 2010 al settembre 2012, all’interno di un’azienda riminese con cui già collaborava dal 2009. La Tesi, di carattere prettamente sperimentale, va quindi ad esporre i processi gestionali “nascosti” dietro ad un evento che ha riscosso successo di pubblico e mediatico, affiancando in ognuno dei capitoli tematici modelli teorici e risultati pratici. La vastità di conoscenze, competenze e strumenti utilizzati ha reso quest’esperienza altamente stimolante, così come le numerose sfide che si sono succedute nel difficile percorso per organizzare il miglior Mondiale di Frisbee Freestyle di sempre.
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Lo scopo del progetto di tesi è stato quello di indagare come è variato nel tempo l’impatto dell’impianto di incenerimento situato a Coriano, in provincia di Rimini, a seguito dell’introduzione di soluzioni tecnologiche sempre più evolute al fine di una maggiore tutela ambientale. Lo studio è stata condotto utilizzando la tecnica del Valutazione del Ciclo di Vita (LCA, Life Cycle Assesment), che consente di quantificare gli impatti utilizzando indicatori precisi e di considerare il processo in tutti i suoi dettagli. I risultati evidenziano una progressiva diminuzione dell’impatto complessivo dell’impianto, dovuto sia alle operazioni di adeguamento relative alle attività di incenerimento, sia all’introduzione di un sistema sempre più efficiente di recupero energetico. I confini del sistema sono infatti stati ampliati per poter includere nello studio l’energia elettrica generata dal recupero del calore prodotto durante la combustione. Sono stati valutati rapporti causa-effetto tra i risultati ottenuti ed alcune informazioni correlate al processo, quali composizione dei rifiuti e variazione temporale del mix energetico in Italia. Sono infine state effettuate valutazioni relativamente alla comparazione dell’impianto studiato con altre realtà territoriali ed impiantistiche e sono state prese in esame alcune tra le tecnologie più innovative applicabili al processo, soprattutto per quel che riguarda la depurazione dei fumi.
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L’evoluzione dei sensori multispettrali e la prospettiva di sviluppo dei sensori iperspettrali nel campo del telerilevamento ottico offrono nuovi strumenti per l’indagine del territorio e rinnovano la necessità di ridefinire potenzialità, limiti e accuratezza delle metodologie tradizionali. Nel caso delle immagini iperspettrali, in particolare, l’elevatissima risoluzione spettrale apre nuove possibilità di sviluppo di modelli fisicamente basati per correlare grandezze radiometriche con indicatori fisico-chimici caratteristici delle superfici osservate, a prezzo però di maggiori oneri nella gestione del dato. Il presente lavoro mira appunto ad esaminare, per alcune applicazioni di carattere ambientale e attraverso casi di studio specifici, le criticità del problema del rilevamento da remoto nel suo complesso: dai problemi di correzione radiometrica delle immagini, all'acquisizione di dati di calibrazione sul campo, infine all'estrazione delle informazioni di interesse dal dato telerilevato. A tal fine sono stati sperimentati diversi modelli di trasferimento radiativo ed è stata sviluppata un’interfaccia per la gestione del modello 6SV. Per quest’ultimo sono state inoltre sviluppate routine specifiche per il supporto dei sensori Hyperion e World View 2. La ricerca svolta intende quindi offrire un contributo alla definizione di procedure operative ripetibili, per alcune applicazioni intimamente connesse all’indagine conoscitiva ed al monitoraggio dei processi in atto sul territorio. Nello specifico, si è scelto il caso di studio dell’oasi del Fayyum, in Egitto, per valutare il contenuto informativo delle immagini satellitari sotto tre diversi profili, soltanto in apparenza distinti: la classificazione della litologia superficiale, la valutazione dello stato di qualità delle acque ed il monitoraggio delle opere di bonifica. Trattandosi di un’oasi, le aree coltivate del Fayyum sono circondate dai suoli aridi del deserto libico. La mancanza di copertura vegetale rappresenta una condizione privilegiata per l’osservazione della litologia superficiale da remoto, auspicabile anche per la scarsa accessibilità di alcune aree. Il fabbisogno idrico dell’oasi è garantito dall’apporto di acque del fiume Nilo attraverso una rete di irrigazione che ha, come recettore finale, il lago Qarun, situato nella porzione più depressa dell’oasi. Questo lago, privo di emissari, soffre enormi problemi di salinizzazione, visto il clima iper-arido in cui si trova, e di inquinamento da fertilizzanti agricoli. Il problema della sostenibilità ambientale dello sfruttamento agricolo intensivo dell’oasi è un problema di deterioramento della qualità dell’acqua e della qualità dei suoli. È un problema che richiede una adeguata conoscenza del contesto geologico in cui questi terreni sono inseriti ed una capacità di monitoraggio degli interventi di bonifica ed estensione delle coltivazioni in atto; entrambe conoscenze necessarie alla definizione di un piano di sviluppo economico sostenibile. Con l’intento di contribuire ad una valutazione delle effettive potenzialità del telerilevamento come strumento di informazione territoriale, sono state sperimentate tecniche di classificazione di immagini multispettrali ASTER ed iperspettrali Hyperion di archivio per discriminare la litologia superficiale sulle aree adiacenti al lago Qarun nell’oasi del Fayyum. Le stesse immagini Hyperion di archivio più altre appositamente acquisite sono state utilizzate, assieme ad immagini multispettrali ALI, per la valutazione qualitativa e quantitativa di parametri di qualità delle acque, attraverso l’applicazione di modelli empirici di correlazione. Infine, per valutare l’ipotesi che il deterioramento della qualità delle acque possa essere correlato ai processi di bonifica ed estensione delle coltivazioni in atto negli ultimi decenni, le immagini dell’archivio Landsat sono state utilizzate per analisi di change detection. Per quanto riguarda il problema della validazione dei risultati, si è fatto uso di alcuni dati di verità a terra acquisiti nel corso di un survey preliminare effettuato nell’Ottobre 2010. I campioni di roccia prelevati e le misure di conducibilità elettrica delle acque del lago, benché in numero estremamente limitato per la brevità della missione e le ovvie difficoltà logistiche, consentono alcune valutazioni preliminari sui prodotti ottenuti dalle elaborazioni. Sui campioni di roccia e sabbie sciolte, in particolare, sono state effettuate misure di riflettività in laboratorio ed analisi mineralogiche dettagliate. Per la valutazione della qualità delle acque, più precisamente delle concentrazioni di clorofilla, la metodologia utilizzata per il caso di studio egiziano è stata applicata anche sul tratto costiero adriatico antistante le foci dei fiumi Tronto e Salinello. In questo sito sono state effettuate misure in situ di conducibilità elettrica ed il prelievo di campioni di acqua per la determinazione in laboratorio delle concentrazioni di clorofilla. I risultati ottenuti hanno evidenziato le potenzialità offerte dall’informazione spettrale contenuta nelle immagini satellitari e consentono l’individuazione di alcune pratiche operative. D’altro canto hanno anche messo in luce le carenze dei modelli attualmente esistenti, nonché le criticità legate alla correzione atmosferica delle grandezze radiometriche rilevate.
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Nel corso del tirocinio di tesi si sono studiate nuove metodologie per la produzione di enzimi idrolitici per matrici lignocellulosiche vegetali di scarto. In primis è stato valutato un nuovo metodo di produzione enzimatica utilizzando il fungo basidiomicete Pleurotus ostreatus all’interno di un fermentatore in stato solido (SSF) movimentando periodicamente il substrato mediante un'estrusione meccanica e confrontando i risultati con esperimenti analoghi ma privi di estrusione. In seguito si è valutata l’attività enzimatica prodotta dal fungo Agaricus bisporus (il comune Champignons) cresciuto tramite una fermentazione in stato solido priva di qualsiasi movimentazione. Infine gli estratti enzimatici ricavati dalle prove precedenti sono stati utilizzati allo scopo di idrolizzare matrici vegetali di scarto provenienti dall’industria cerealicola e viti-vinicola. I risultati del lavoro risultano promettenti e si osserva come sia gli estratti ricavati da fermentazioni su stato solido dinamiche (con Pleurotus) che quelle su stato solido statiche (con Agaricus) sono in grado di favorire l’idrolisi e la degradazione delle matrici vegetali favorendo la fuoriuscita di componenti di interesse come zuccheri riducenti e polifenoli.
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Lo scopo del lavoro è di seguire, attraverso la disamina di fonti edite e inedite, le particolarità che, in età moderna, caratterizzarono la “via veneziana” al riscatto dei sudditi veneti che fossero detenuti a vario titolo dai “turchi”, e soprattutto dagli stati «barbareschi» della costa settentrionale africana. In particolare, lo studio si propone di concentrarsi sull'azione dei Provveditori sopra ospedali e luoghi pii. Tale magistratura, formata da tre patrizi ed esistente fin dal 1561 per tutelare gli ospedali maggiori veneziani e le molte altre istituzioni di ricovero esistenti in città, e nel contempo vigilare sulla loro corretta gestione amministrativa ed economica, dal 1588 e fino alla caduta della Repubblica nel 1797 fu incaricata anche del riscatto, aggiungendo quindi alla propria precedente denominazione la formula e al riscatto degli schiavi. A un organo dello Stato veniva dunque assegnata una funzione di controllo e superiore organizzazione, volta ad evitare il disperdersi delle sollecitate donazioni private ed un’eventuale scorretta gestione delle stesse. Il lavoro si focalizza poi sulle modalità con cui avveniva materialmente il riscatto dei sudditi veneti, o “esteri” ma al servizio veneto, che versassero in una condizione di bisogno, seguendo l'azione degli intermediari (spesso mercanti, cristiani o ebrei, o consoli di varie nazioni) che vivevano o si recavano nel territorio delle Reggenze nordafricane e contrattavano il prezzo necessario. Infine la ricerca, concentrandosi sul XVIII secolo, mira a valutare il quadro dei rapporti tra il governo veneziano, la Scuola veneziana della Trinità, dedita al riscatto, e i padri Trinitari, stabilitisi nel 1723 negli Stati veneti. Solo abbastanza tardi, infatti, e per un limitato arco di anni (fino al 1735), anche Venezia, sulla scorta di quanto da tempo praticato da altre potenze europee, decise – per ragioni principalmente di risparmio – di affidarsi per la gestione delle operazioni di riscatto ai religiosi.
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Questa tesi ha come scopo l’analisi approfondita dei diversi servizi di push notification per dispositivi mobile e la progettazione di una componente integrabilem in una private cloud per l’inoltro e la gestione delle push notification.
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Questa tesi tratta di scambio di dati aperti (open data exchange). In particolare, tratta di intervalli temporali con annesse informazioni di vario tipo. Le attività commerciali, come aziende, bar, ristoranti, cinema, teatri, e via dicendo, hanno bisogno di un modo comune per poter condividere i dati inerenti ai propri orari (timetable). Lo scopo di questa tesi è quello di mostrare un modello efficiente, compatto e completo per poter condividere tali informazioni con l'ausilio di formati standard (XML). Oggi giorno esistono diverse soluzioni atte a far fronte a questa necessità ma si tratta di soluzioni incomplete e che gestiscono tali informazioni separatamente. Il problema sorto è quello di avere un'unica struttura che posso unificare informazioni di diverso carattere con gli orari di un'attività: un cinema ha la necessità di fornire orari di diverse proiezioni svolte in sale diverse, una tournée dovrà poter specificare le coordinate geografiche del prossimo evento e così discorrendo.
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Lo sviluppo negli ultimi decenni di strumentazioni sempre più pratiche, versatili, veloci ed economicamente accessibili, ha notevolmente incrementato la capacità delle aziende, in particolar modo quelle operanti nel settore dell'industria alimentare, nel cogliere le potenzialità di una tecnologia che applica rigore scientifico a una materia a lungo considerata liminale e di secondaria rilevanza, quale quella cromatica. A fronte di ciò, si è ritenuto opportuno introdurre strumenti di misura formalizzati a livello internazionale, atti a individuare e verificare parametri di colore, i quali attestassero la qualità della materia prima utilizzata, nonché riconducibili a una tecnologia di produzione di massa. L’attuale progetto deriva dalla necessità di un’azienda produttrice di concentrati in pasta e semi-lavorati in polvere per la gelateria e la pasticceria, di introdurre un sistema di misurazione oggettiva del colore, che vada a sostituirsi a una valutazione soggettiva, a lungo ritenuta come unico metodo valido di analisi. Il ruolo rivestito all’interno di tale azienda ha consentito, grazie anche al supporto fornito dal Controllo Qualità, la realizzazione di un elaborato finale di sintesi, contenente i risultati delle analisi colorimetriche condotte su alcune paste concentrate. A partire dunque dalla letteratura scientifica elaborata in materia, si è proceduto inizialmente, alla realizzazione di una parte generale riguardante la descrizione del colore, delle sue proprietà e manifestazioni, e dei metodi di misurazione, ripercorrendo le tappe dalla nascita delle prime teorie fino all’adozione di uno spazio di colore universale; una seconda sperimentale, in cui si elaborano- tramite software statistici (Anova , Spectra Magic Nx)- i parametri colorimetrici e il pH dei singoli campioni. In particolare, la determinazione del colore su paste concentrate, ha permesso di valutare in maniera oggettiva le variazioni di colore in termini di coordinate L*, a*, b*, che avvengono durante il periodo di conservazione (24-36 mesi). Partendo dai dati oggettivi di colore, sono state definite semplici equazioni che descrivono l'andamento dei parametri in funzione dei mesi di conservazione e del pH del prodotto. Nell’ottica del miglioramento della gestione della qualità delle aziende specializzate nella produzione di semilavorati-concentrati per le gelaterie, il presente lavoro ha fornito uno spunto per la realizzazione e l’applicazione di un sistema di controllo del colore durante la conservazione del prodotto; ha anche permesso di definire le linee per un sistema di analisi colorimetrica utile alla messa a punto di un database aziendale comprensivo d’indici, stime e annotazioni. Tale database dovrà essere mirato all’ottenimento di un sempre più alto livello di qualità del prodotto, suggerendo allo stesso tempo possibili interventi correttivi (maggior standardizzazione del colore e possibile definizione di un adeguato intervallo di tolleranza), ma anche a un miglioramento nella gestione di problematiche in fase di produzione e quindi, l’incremento della capacità produttiva con conseguente riduzione dei tempi di evasione degli ordini. Tale contributo ha consentito a delineare le future prospettive di sviluppo favorendo l’implementazione (nella realtà aziendale) di un approccio strumentale e quindi oggettivo, in relazione alle più comuni problematiche di tipo colorimetrico, al fine di migliorare il valore qualitativo del prodotto.
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L’idea iniziale di questo lavoro era di tentare un approccio ad una tematica che, per la cronologia scelta, era stata decisamente poco studiata. Il Quattrocento e gli arcivescovi di Ravenna sembravano formare una diade promettente per i risultati che avrebbe potuto dare in termini di riscoperta dell’antico in ambito urbano, di rinascita umanistica e dei valori culturali che, nel particolare deposito memoriale ravennate, avrebbe potuto configurarsi in maniera particolarmente interessante dati i caratteri di unicità che la città – già imperiale, regia ed esarcale – porta inscritti nella sua identità. Le fonti primarie, rivolte all’analisi della politica degli arcivescovi ravennati per la conservazione e l’innovazione della facies urbana cittadina e ricercate anche all’interno del quadro istituzionale/amministrativo e culturale veneziano e della Ferrara estense, dalla cui società e cultura provengono i più importanti arcivescovi ravennati del periodo, hanno restituito il riflesso di una identità cittadina e urbica indebolita. Una difficoltà oggettiva è venuta da un carattere costante delle consuetudini clericali del tempo, la non residenza del presule nella sua chiesa locale, cui neppure il vescovo ravennate ha fatto eccezione. L’ipotesi di partenza finisce dunque per essere sfumata: le dinamiche della gestione e conservazione del patrimonio monumentale e artistico della città non appaiono più in mano all’arcivescovo, ma ad una pluralità di amministratori ed utilizzatori anche del frammentato mondo ecclesiale cittadino. Vengono peraltro messe in luce le attitudini e la sensibilità tutta umanistica di taluni vescovi – Bartolomeo Roverella in particolare -, qualità che non paiono estendersi fuori dalla vita personale dei presuli e meno ancora fino alla città della loro diocesi, ma che indagate in maniera organica e legate alle testimonianze materiali fino ad oggi disperse e per la prima volta riunite nel presente lavoro, apportano nuova luce e aprono la strada a ulteriori lavori di approfondimento.
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L’università di Bologna, da sempre attenta alle nuove tecnologie e all’innovazione, si è dotata nel 2010 di un Identity Provider (IDP), ovvero un servizio per la verifica dell’identità degli utenti dell’organizzazione tramite username e password in grado di sollevare le applicazioni web (anche esterne all’organizzazione) dall’onere di verificare direttamente le credenziali dell’utente delegando totalmente la responsabilità sul controllo dell’identità digitale all’IDP. La soluzione adottata (Microsoft ADFS) si è dimostrata generalmente semplice da configurare e da gestire, ma ha presentato problemi di integrazione con le principali federazioni di identità regionali e italiane (FedERa e IDEM) a causa di una incompatibilità con il protocollo SAML 1.1, ancora utilizzato da alcuni dei servizi federati. Per risolvere tale incompatibilità il "CeSIA – Area Sistemi Informativi e Applicazioni" dell’Università di Bologna ha deciso di dotarsi di un Identity Provider Shibboleth, alternativa open source ad ADFS che presenta funzionalità equivalenti ed è in grado di gestire tutte le versioni del protocollo SAML (attualmente rilasciato fino alla versione 2.0). Il mio compito è stato quello di analizzare, installare, configurare e integrare con le federazioni IDEM e FedERa un’infrastruttura basata sull’IDP Shibboleth prima in test poi in produzione, con la collaborazione dei colleghi che in precedenza si erano occupati della gestione della soluzione Microsoft ADFS. Il lavoro che ho svolto è stato suddiviso in quattro fasi: - Analisi della situazione esistente - Progettazione della soluzione - Installazione e configurazione di un Identity Provider in ambiente di test - Deploy dell’Identity Provider in ambiente di produzione
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Numerosi studi hanno messo in evidenza che la struttura delle comunità macrobentoniche delle spiagge sabbiose dipende da una serie di forzanti fisiche; queste ultime interagendo tra loro determinano la morfodinamica della spiagge stesse. Lo scopo di questo lavoro consiste nell’analisi dei popolamenti macrobentonici di due siti presenti lungo la costa emiliano - romagnola, che differiscono per caratteristiche morfodinamiche, grado di antropizzazione e modalità gestionali di difesa dall’erosione costiera. I siti oggetto di studio sono Lido Spina e Bellocchio; il primo è soggetto ad interventi di ripascimento periodici, mentre il secondo rappresenta un’opportunità rara, per lo studio degli effetti del retreat, in quanto è in forte erosione da molti anni ma, essendo inserito all’interno di una riserva naturale, non è sottoposto ad alcuna misura di gestione. Sono state analizzate le comunità macrobentoniche e le variabili abiotiche (mediana e classazione del sedimento, ampiezza della zona intertidale, pendenza della spiaggia, contenuto di sostanza organica totale presente nel sedimento e i principali parametri chimico-fisici). I risultati del presente studio hanno evidenziato un’elevata eterogeneità della struttura di comunità all’interno del sito di Bellocchio rispetto a Spina; inoltre i popolamenti presenti a Bellocchio mostrano una netta differenza tra i due livelli mareali. Per quanto riguarda i descrittori abiotici, i due siti differiscono per ampiezza della zona intertidale e pendenza della spiaggia; in particolare Lido Spina presenta una condizione di minore dissipatività, essendo caratterizzata da un profilo più ripido e una granulometria più grossolana rispetto a Bellocchio. Nel complesso le caratteristiche granulometriche (mediana e classazione) e il contenuto di materia organica rappresentano le variabili ambientali maggiormente responsabili delle differenze osservate tra i popolamenti macrobentonici analizzati. Al fine di valutare la resistenza dell’habitat intertidale agli eventi naturali di disturbo (storm surge e flooding), sono state effettuare delle simulazioni considerando lo scenario attuale (SLR=0), mediante un modello ibrido fuzzy naive Bayes. I risultati indicano una maggiore resistenza delle comunità presenti nel sito di Spina, in quanto non si hanno variazioni significative del numero medio di taxa e di individui; viceversa le simulazioni relative a Bellocchio mostrano una diminuzione del numero medio di taxa e aumento del numero medio di individui, sottolineando una maggiore vulnerabilità delle comunità macrobentoniche presenti in questo sito. L’inasprimento dei fenomeni estremi potrebbe quindi avere un effetto negativo sulla diversità della componente macrobentonica, soprattutto per gli ambienti di transizione già interessati da fenomeni erosivi, come nel caso di Bellocchio. La perdita di specie, che svolgono processi ecosistemici particolarmente importanti, come il riciclo di nutrienti, potrebbe favorire l’aumento di abbondanza di specie opportunistiche, l’insediamento di specie alloctone, con la conseguente alterazione, se non scomparsa delle principali funzioni ecologiche svolte da questi ecosistemi costieri.