956 resultados para Territorial productive specialization
Resumo:
[ES] Los graves problemas territoriales existentes en Canarias han motivado un continuo desarrollo normativo autonómico desde los ochenta que culminó con la aprobación en 2000 de un Texto Refundido de las leyes de ordenación del territorio en el que se intentó estructurar jerárquicamente la ordenación territorial, el planeamiento urbanístico y la protección de los espacios naturales. Además de dotarse con instrumentos propios de ordenación, la presente década se ha caracterizado por la definición normativa de un modelo de desarrollo sostenible a través de la formulación de unas Directrices de ordenación. En este artículo abordamos el análisis de las características de la ordenación territorial en Canarias y del modelo de desarrollo promulgado, con el fin de manifestar su escasa capacidad de intervención al mismo tiempo que aportamos una reflexión sobre las nuevas orientaciones anti-cíclicas aprobadas recientemente y que pueden suponer el desmoronamiento de parte del modelo de desarrollo construido en la presente década.
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[ES] En Canarias, en las últimas dos décadas se ha generalizado en la actividad de ordenación territorial el empleo de las denominadas unidades de diagnóstico, que fueron reguladas en 1995 por el Decreto 35/95 de Evaluación Ambiental (hoy derogado). Las unidades ambientales homogéneas se han convertido en una herramienta del planificador. La validez de las mismas, los problemas y ventajas que ofrecen en la práctica, es analizada en este artículo de cara a la ordenación y gestión litorales. Desde la praxis se valora la eficacia de esta metodología en las costas orientales de Canarias y su posible extrapolación a otros territorios continentales, comprobando su validez y eficacia en las cercanas costas saharianas y su espacio litoral.
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Memoria de Licenciatura (Tesina) defendida en la Facultad de Geografía e Historia de la Universidad de Las Palmas de Gran Canaria el 22 de febrero de 1995. Calificación: Sobresaliente por unanimidad.
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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.
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[ES]Esta comunicación presenta los resultados obtenidos de la aplicación de dos proyectos de innovación docente (PID) en la asignatura de geografía humana de Planificación y Gestión Territorial de Destinos Turísticos, que se imparte en tercer curso del grado de turismo de La Universidad de La Laguna. El objetivo de los proyectos es que los alumnos adquirieran un aprendizaje práctico continuado de la asignatura a través del uso turístico de los geomorfositios volcánicos de Tenerife y de la promoción turística oficial en youtube.
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The intensity of regional specialization in specific activities, and conversely, the level of industrial concentration in specific locations, has been used as a complementary evidence for the existence and significance of externalities. Additionally, economists have mainly focused the debate on disentangling the sources of specialization and concentration processes according to three vectors: natural advantages, internal, and external scale economies. The arbitrariness of partitions plays a key role in capturing these effects, while the selection of the partition would have to reflect the actual characteristics of the economy. Thus, the identification of spatial boundaries to measure specialization becomes critical, since most likely the model will be adapted to different scales of distance, and be influenced by different types of externalities or economies of agglomeration, which are based on the mechanisms of interaction with particular requirements of spatial proximity. This work is based on the analysis of the spatial aspect of economic specialization supported by the manufacturing industry case. The main objective is to propose, for discrete and continuous space: i) a measure of global specialization; ii) a local disaggregation of the global measure; and iii) a spatial clustering method for the identification of specialized agglomerations.
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The PhD project was focused on the study of the poultry welfare conditions and improvements. The project work was divided into 3 main research activities. A) Field evaluation of chicken meat rearing conditions kept in intensive farms. Considering the lack of published reports concerning the overall Italian rearing conditions of broiler chickens, a survey was carried out to assess the welfare conditions of broiler reared in the most important poultry companies in Italy to verify if they are in accordance with the advices given in the European proposal COM (2005) 221 final. Chicken farm conditions, carcass lesions and meat quality were investigated. 1. The densities currently used in Italy are in accordance with the European proposal COM 221 final (2005) which suggests to keep broilers at a density lower than 30-32 kg live weight/m2 and to not exceed 38-40 kg live weight/m2. 2. The mortality rates in summer and winter agree with the mortality score calculated following the formula reported in the EU Proposal COM 221 final (2005). 3. The incidence of damaged carcasses was very low and did not seem related to the stocking density. 4. The FPD scores were generally above the maximum limit advised by the EU proposal COM 221 final (2005), although the stocking densities were lower than 30-32 kg live weight per m2. 5. It can be stated that the control of the environmental conditions, particularly litter quality, appears a key issue to control the onset of foot dermatitis. B) Manipulation of several farm parameters, such litter material and depth, stocking density and light regimen to improve the chicken welfare conditions, in winter season. 1. Even though 2 different stocking densities were established in this study, the performances achieved from the chickens were almost identical among groups. 2. The FCR was significantly better in Standard conditions contrarily to birds reared in Welfare conditions with lower stocking density, more litter material and with a light program of 16 hours light and 8 hours dark. 3. In our trial, in Standard groups we observed a higher content of moisture, nitrogen and ammonia released from the litter. Therefore it can be assumed that the environmental characteristics have been positively changed by the improvements of the rearing conditions adopted for Welfare groups. 4. In Welfare groups the exhausted litters of the pens were dryer and broilers showed a lower occurrence of FPD. 5. The prevalence of hock burn lesions, like FPD, is high with poor litter quality conditions. 6. The combined effect of a lower stocking density, a greater amount of litter material and a photoperiod similar to the natural one, have positively influenced the chickens welfare status, as a matter of fact the occurrence of FPD in Welfare groups was the lowest keeping the score under the European threshold of the proposal COM 221 final(2005). C) The purpose of the third research was to study the effect of high or low stocking density of broiler chickens, different types of litter and the adoption of short or long lighting regimen on broiler welfare through the evaluation of their productivity and incidence of foot pad dermatitis during the hot season. 1. The feed efficiency was better for the Low Density than for High Density broilers. 2. The appearance of FPD was not influenced by stocking density. 3. The foot examination revealed that the lesions occurred more in birds maintained on chopped wheat straw than on wood shaving. 4. In conclusion, the adoptions of a short light regimen similar to that occurring in nature during summer reduces the feed intake without modify the growth rate thus improving the feed efficiency. Foot pad lesion were not affected neither by stocking densities nor by light regimens whereas wood shavings exerted a favourable effect in preserving foot pad in good condition. D) A study was carried out to investigate more widely the possible role of 25-hydroxycholecalciferol supplemented in the diet of a laying hen commercial strain (Lohmann brown) in comparison of diets supplemented with D3 or with D3 + 25- hydroxycholecalciferol. Egg traits during a productive cycle as well as the bone characteristics of the layers have been as well evaluated to determine if there the vitamin D3 may enhance the welfare status of the birds. 1. The weight of the egg and of its components is often greater in hens fed a diet enriched with 25-hydroxycholecalciferol. 2. Since eggs of treated groups are heavier and a larger amount of shell is needed, a direct effect on shell strength is observed. 3. At 30 and at 50 wk of age hens fed 25 hydroxycholecalciferol exhibited greater values of bone breaking force. 4. Radiographic density values obtained in the trial are always higher in hens fed with 25-hydroxycholecalciferol of both treatments: supplemented for the whole laying cycle (25D3) or from 40 weeks of age onward (D3+25D3).