999 resultados para Polarité (Linguistique)


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This paper describes and analyses language norms in a storytelling manual published in the Frenchspeaking part of Switzerland. In the manual, storytelling is conceived as a means of persuasion and thus it appears that an appropriate storytelling should lead to believe or to act. What exactly is "appropriateness" in this specific case? In order to examine this issue, this paper addresses three questions: how storytelling is promoted as an efficient communicative technique; which methods are used to propose and support language norms (by showing "what the storyteller should do" and by saying "how he should do so"); and which are the criteria which define an appropriate story (semantic/formal and functional criteria) and an appropriate telling of the story (communicative and linguistic criteria).

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Cette thèse vise une meilleure compréhension des enjeux et rapports de force liés au plurilinguisme dans une institution publique. Son terrain d'investigation est constitué par l'Administration fédérale suisse, propice pour étudier les questions ayant trait à la représentativité linguistique, l'idéologie langagière, la politique linguistique et les pratiques linguistiques sur le lieu de travail. La théorie de la bureaucratie représentative constitue le point de départ de mon cadre théorique. Selon celle-ci, les administrations publiques devraient représenter tous les groupes sociaux de leur pays. Leur personnel devrait « refléter » la diversité de cette population pour des raisons d'égalité, de légitimité et de stabilité politique. Cependant, le critère linguistique est rarement étudié dans ce cadre. Afin de combler ce manque de théorie, je me suis tournée vers la théorie politique, la sociologie des organisations et la sociolinguistique critique. Mes données sont constituées de 49 entretiens semi-directifs menés dans deux offices fédéraux, ainsi que des textes officiels réglementant le plurilinguisme et la représentativité linguistique à l'Administration fédérale. J'ai ainsi confronté les conceptions des collaborateurs sur le plurilinguisme - exprimées dans les entretiens - avec celles de l'institution, reflétées dans sa politique linguistique. Mon analyse a démontré que, selon les acteurs ou le contexte, les enjeux liés au plurilinguisme se situent à des niveaux distincts : lorsque l'institution s'efforce de créer un lieu de travail affichant l'égalité des langues officielles, les collaborateurs perçoivent le plurilinguisme comme un élément parmi d'autres qui influence l'efficacité de leur travail. L'intérêt de cette recherche se situe tout aussi bien au niveau pratique que théorique: d'une part, mes observations définissent certaines «barrières» empêchant les pratiques linguistiques plurilingues et une représentativité linguistique proportionnelle à celle du pays. Elles contribuent ainsi à une réflexion concrète sur la manière de les surmonter. D'autre part, l'application au plurilinguisme, dans une institution publique, de concepts et modèles théoriques issus de disciplines variées permet d'ouvrir un regard neuf sur ceux-ci.

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This article aims to explain how newspapers commented on the movie Good Night, and Good Luck before its release. The media coverage anticipated George Clooney's film as a partisan attack launched against George W. Bush's policy since 9/11. Clooney advocates another reading: the historic confrontation between journalist Edward Murrow and Senator Joseph McCarty permits to reflect on the crucial role that the media play for democracy. Such reflection tries to prevent the dividing of the public sphere into antagonistic camps opposing "friends" to "foes," a division that undermines the possibility of a true pluralism. Our socio-semiotic analysis will focus on the critical work accomplished by the media, and on the way that work determines the collective meaning of a cultural object. Simultaneously, we will discuss the necessary conditions for pluralism in a public sphere.

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La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.

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Les 21, 22 et 23 septembre 2006, le Département d’Études Françaises de l’Université de Turku (Finlande) a organisé une conférence internationale et bilingue (anglais et français) sur le thème de la mobilité académique ; le but de cette rencontre était de rendre possible la tenue d’un forum international et multidisciplinaire, susceptible d’être le siège de divers débats entre les différents acteurs de la mobilité académique (c’estàdire des étudiants, des chercheurs, des personnels enseignants et administratifs, etc.). Ainsi, ont été mis à contribution plus de cinquante intervenants, (tous issus de domaines aussi variés que la linguistique, les sciences de l’éducation, la didactique, l’anthropologie, la sociologie, la psychologie, l’histoire, la géographie, etc.) ainsi que cinq intervenants renommés1. La plupart des thèmes traités durant la conférence couvraient les champs suivants : l’organisation de la mobilité, les obstacles rencontrés par les candidats à la mobilité, l’intégration des étudiants en situation d’échange, le développement des programmes d’études, la mobilité virtuelle, l’apprentissage et l’enseignement des langues, la prise de cosncience interculturelle, le développement des compétences, la perception du système de mobilité académique et ses impacts sur la mobilité effective. L’intérêt du travail réalisé durant la conférence réside notamment dans le fait qu’il ne concentre pas uniquement des perspectives d’étudiants internationaux et en situation d’échange (comme c’est le cas de la plupart des travaux de recherche déjà menés sur ce sujet), mais aussi ceux d’autres corps : enseignants, chercheurs, etc. La contribution suivante contient un premier corpus de dixsept articles, répartis en trois sections : 1. Impacts de la mobilité étudiante ; 2. Formation en langues ; 3. Amélioration de la mobilité académique. À l’image de la conférence, la production qui suit est bilingue : huit des articles sont rédigés en français, et les neuf autres en anglais. Certains auteurs n’ont pas pu assister à la conférence mais ont tout de même souhaité apparaître dans cet ouvrage. Dans la première section de l’ouvrage, Sandrine Billaud tâche de mettre à jour les principaux obstacles à la mobilité étudiante en France (logement, organisation des universités, démarches administratives), et propose à ce sujet quelques pistes d’amélioration. Vient ensuite un article de Dominique Ulma, laquelle se penche sur la mobilité académique régnant au sein des Instituts Universitaires de Formation des Maîtres (IUFM) ; elle s’est tout particulièrement concentrée sur l’enthousiasme des stagiaires visàvis de la mobilité, et sur les bénéfices qu’apporte la mobilité Erasmus à ce type précis d’étudiant. Ensuite, dans un troisième article, Magali Hardoin s’interroge sur les potentialités éducationnelles de la mobilité des enseignantsstagiaires, et tâche de définir l’impact de celleci sur la construction de leur profil professionnel. Après cela arrive un groupe de trois articles, tous réalisés à bases d’observations faites dans l’enseignement supérieur espagnol, et qui traitent respectivement de la portée qu’a le programme de triple formation en langues européennes appliquées pour les étudiants en mobilité (Marián MorónMartín), des conséquences qu’occasionne la présence d’étudiants étrangers dans les classes de traductions (Dimitra Tsokaktsidu), et des réalités de l’intégration sur un campus espagnol d’étudiants américains en situation d’échange (Guadalupe Soriano Barabino). Le dernier article de la section, issu d’une étude sur la situation dans les institutions japonaises, fait état de la situation des programmes de doubles diplômes existant entre des établissements japonais et étrangers, et tente de voir quel est l’impact exact de tels programmes pour les institutions japonaises (Mihoko Teshigawara, Riichi Murakami and Yoneo Yano). La seconde section est elle consacrée à la relation entre apprentissage et enseignement des langues et mobilité académique. Dans un premier article, Martine Eisenbeis s’intéresse à des modules multimédia réalisés à base du film « L’auberge espagnole », de Cédric Klapish (2001), et destinés aux étudiants en mobilité désireux d’apprendre et/ou améliorer leur français par des méthodes moins classiques. Viennent ensuite les articles de Jeanine Gerbault et Sabine Ylönen, lesquels traitent d’un projet européen visant à supporter la mobilité étudiante par la création d’un programme multimédia de formation linguistique et culturelle pour les étudiants en situation de mobilité (le nom du projet est EUROMOBIL). Ensuite, un article de Pascal Schaller s’intéresse aux différents types d’activités que les étudiants en séjour à l’étranger expérimentent dans le cadre de leur formation en langue. Enfin, la section s’achève avec une contribution de Patricia KohlerBally, consacrée à un programme bilingue coordonné par l’Université de Fribourg (Suisse). La troisième et dernière section propose quelques pistes de réflexion destinées à améliorer la mobilité académique des étudiants et des enseignants ; dans ce cadre seront donc évoquées les questions de l’égalité face à la mobilité étudiante, de la préparation nécessitée par celleci, et de la prise de conscience interculturelle. Dans un premier chapitre, Javier Mato et Bego