960 resultados para Embryonal carcinoma
Resumo:
Scopo dello studio: Stabilire se cambiamenti della perfusione di una lesione target di epatocarcinoma (HCC), valutati quantitativamente mediante ecografia con contrasto (CE-US) alla settimana 2 e 4 di terapia con sorafenib, possono predire la progressione di malattia alla settimana 8, valutata con la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica con mezzo di contrasto (TC-RM) usando i criteri RECIST/RECIST modificati (response evaluation criteria in solid tumors). Pazienti e metodi: Il comitato etico ha approvato lo studio ed i pazienti hanno fornito un consenso informato scritto prima dell’arruolamento. Lo studio è stato effettuato su un campione di soggetti con epatocarcinoma avanzato o non suscettibile di trattamento curativo, in monoterapia con sorafenib. La valutazione della risposta tumorale è stata effettuata con TC o RM a 2 mesi usando i criteri RECIST/RECIST modificati. La CE-US è stata effettuata entro 1 settimana prima dell’inizio del trattamento con sorafenib e durante la terapia alla settimana 2, 4, 8, 16 e 32. I parametri quantitativi funzionali sono stati ottenuti impiegando un software dedicato. I cambiamenti dei valori dei parametri suddetti tra il tempo zero ed i punti temporali successivi sono stati confrontati con la risposta tumorale basata sui criteri RECIST/RECIST modificati. Risultati: La riduzione dei valori dei parametri relativi alla perfusione tumorale, in particolare di WiAUC e PE (parametri correlati con il volume ematico), al T2/T4 (settimana 2, 4), predice la risposta tumorale a 2 mesi, valutata secondo i criteri RECIST e RECIST modificati, risultata indicativa di malattia stabile (responders). Conclusione: L’ecografia con contrasto può essere impiegata per quantificare i cambiamenti della vascolarizzazione tumorale già alla settimana 2, 4 dopo la somministrazione di sorafenib nei pazienti con HCC. Questi precoci cambiamenti della perfusione tumorale possono essere predittivi della risposta tumorale a 2 mesi e possono avere un potenziale nella valutazione precoce dell'efficacia della terapia antiangiogenica nell’epatocarcinoma.
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The Notch signalling is a cellular pathway that results conserved from Drosophila to Homo sapiens controlling a wide range of cellular processes in development and in differentiated organs. It induces cell proliferation or differentiation, increased survival or apoptosis, and it is involved in stemness maintainance. These functions are conserved, but exerted with a high tissue and cellular context specificity. Signalling activation determs nuclear translocation of the receptor’s cytoplasmic domain and activation of target genes transcription. As many developmental pathway, Notch deregulation is involved in cancer, leading to oncogenic or tumour suppressive role depending on the functions exerted in normal tissue. Notch1 and Notch3 resulted aberrantly expressed in human hepatocellular carcinoma (HCC) that is the more frequent tumour of the liver and the sixth most common tumour worldwide. This thesis has the aim to investigate the role of the signalling in HCC, with particular attention to dissect common and uncommon regulatory pathways between Notch1 and Notch3 and to define the role of the signalling in HCC. Nocth1 and Notch3 were analysed on their regulation on Hes1 target and involvement in cell cycle control. They showed to regulate CDKN1C/p57kip2 expression through Hes1 target. CDKN1C/p57kip2 induces not only cell cycle arrest, but also senescence in HCC cell lines. Moreover, the involvement of Notch1 in cancer progression and epithelial to mesenchymal transition was investigated. Notch1 showed to induce invasion of HCC, regulating EMT and E- Cadherin expression. Moreover, Notch3 showed specific regulation on p53 at post translational levels. In vitro and ex vivo analysis on HCC samples suggests a complex role of both receptors in regulate HCC, with an oncogenic role but also showing tumour suppressive effects, suggesting a complex and deep involvement of this signalling in HCC.
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Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte nei paesi industrializzati. Le possibilità di trapianto ed intervento chirurgico risultano molto limitate pertanto lo standard di cura risulta essere la radioterapia, a volte abbinata alla chemioterapia. Sebbene trattando radioterapicamente il tumore si ottengano ottimi risultati, attualmente non esistono solide linee guida per la personalizzazione del trattamento al paziente. Il poter eseguire in laboratorio test radioterapici su un elevato numero di campioni risulterebbe un valido approccio sperimentale d’indagine, ma la carenza di materiale su cui poter condurre gli esperimenti limita questa possibilità. Tipicamente, per ovviare al problema vengono utilizzati sferoidi multicellulari tridimensionali creati in laboratorio partendo da singole cellule del tumore in esame. In particolare, l’efficacia del trattamento viene tipicamente correlata alla riduzione volumetrica media stimata utilizzando un set di sferoidi teoricamente identici. In questo studio vengono messe in discussione la validità delle affermazioni tipicamente sostenute attraverso l’analisi di volumi medi. Abbiamo utilizzando un set di circa 100 sferoidi creati in laboratorio partendo da singole cellule di carcinoma epidermoidale polmonare e trattati secondo sette differenti modalità di trattamento radioterapico (variando intensità di radiazione e numero di frazioni). In una prima fase abbiamo analizzato le singole immagini, acquisite al microscopio ottico circa ogni 48 ore, per identificare features morfometriche significative da affiancare all’analisi volumetrica. Sulla base dell’andamento temporale di queste features abbiamo suddiviso gli sferoidi in sottoclassi con evoluzioni completamente differenti che fanno supporre un differente “stato” biologico. Attraverso algoritmi di estrazione di features e classificazione e analizzando riduzione volumetrica, grado di frastagliatura del bordo e quantità di cellule liberate nel terreno di coltura abbiamo definito un protocollo per identificare in maniera automatica le sottopopolazioni di sferoidi. Infine, abbiamo ricercato con successo alcune features morfometriche in grado di predire, semplicemente analizzando immagini acquisite nei giorni seguenti all’ultimo trattamento, lo “stato di salute” del tumore a medio/lungo periodo. Gli algoritmi realizzati e le features identificate se opportunamente validate potrebbero risultare un importante strumento non invasivo di ausilio per il radioterapista per valutare nel breve periodo gli effetti a lungo periodo del trattamento e quindi poter modificare parametri di cura al fine di raggiungere uno stato desiderato del tumore.
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Obiettivi: Valutare la prevalenza dei diversi genotipi di HPV in pazienti con diagnosi di CIN2/3 nella Regione Emilia-Romagna, la persistenza genotipo-specifica di HPV e l’espressione degli oncogeni virali E6/E7 nel follow-up post-trattamento come fattori di rischio di recidiva/persistenza o progressione di malattia; verificare l’applicabilità di nuovi test diagnostici biomolecolari nello screening del cervicocarcinoma. Metodi: Sono state incluse pazienti con citologia di screening anormale, sottoposte a trattamento escissionale (T0) per diagnosi di CIN2/3 su biopsia mirata. Al T0 e durante il follow-up a 6, 12, 18 e 24 mesi, oltre al Pap test e alla colposcopia, sono state effettuate la ricerca e la genotipizzazione dell'HPV DNA di 28 genotipi. In caso di positività al DNA dei 5 genotipi 16, 18, 31, 33 e/o 45, si è proceduto alla ricerca dell'HPV mRNA di E6/E7. Risultati preliminari: Il 95.8% delle 168 pazienti selezionate è risultato HPV DNA positivo al T0. Nel 60.9% dei casi le infezioni erano singole (prevalentemente da HPV 16 e 31), nel 39.1% erano multiple. L'HPV 16 è stato il genotipo maggiormente rilevato (57%). Il 94.3% (117/124) delle pazienti positive per i 5 genotipi di HPV DNA sono risultate mRNA positive. Abbiamo avuto un drop-out di 38/168 pazienti. A 18 mesi (95% delle pazienti) la persistenza dell'HPV DNA di qualsiasi genotipo era del 46%, quella dell'HPV DNA dei 5 genotipi era del 39%, con espressione di mRNA nel 21%. Abbiamo avuto recidiva di malattia (CIN2+) nel 10.8% (14/130) a 18 mesi. Il pap test era negativo in 4/14 casi, l'HPV DNA test era positivo in tutti i casi, l'mRNA test in 11/12 casi. Conclusioni: L'HR-HPV DNA test è più sensibile della citologia, l'mRNA test è più specifico nell'individuare una recidiva. I dati definitivi saranno disponibili al termine del follow-up programmato.
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Background. Human small cell lung cancer (SCLC) accounting for approximately 15-20% of all lung cancers, is an aggressive tumor with high propensity for early regional and distant metastases. Although the initial tumor rate response to chemotherapy is very high, SCLC relapses after approximately 4 months in ED and 12 months in LD. Basal cell carcinoma (BCC) is the most prevalent cancer in the western world, and its incidence is increasing worldwide. This type of cancer rarely metastasizes and the death rate is extraordinary low. Surgery is curative for most of the patients, but for those that develop locally advanced or metastatic BCC there is currently no effective treatment. Both types of cancer have been deeply investigated and genetic alterations, MYCN amplification (MA) among the most interesting, have been found. These could become targets of new pharmacological therapies. Procedures. We created and characterized novel BLI xenograft orthotopic mouse models of SCLC to evaluate the tumor onset and progression and the efficacy of new pharmacological strategies. We compared an in vitro model with a transgenic mouse model of BCC, to investigate and delineate the canonical HH signalling pathway and its connections with other molecular pathways. Results and conclusions. The orthotopic models showed latency and progression patterns similar to human disease. Chemotherapy treatments improved survival rates and validated the in vivo model. The presence of MA and overexpression were confirmed in each model and we tested the efficacy of a new MYCN inhibitor in vitro. Preliminar data of BCC models highlighted Hedgehog pathway role and underlined the importance of both in vitro and in vivo strategies to achieve a better understanding of the pathology and to evaluate the applicability of new therapeutic compounds
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I microRNA sono una classe di piccole molecole di RNA non codificante che controllano la stabilità di numerosi RNA messaggeri, perciò sono considerati come “master regulator” dell’espressione genica. Ogni tumore è caratterizzato da un profilo di espressione alterato dei microRNA. Il miR-101 è un oncosoppressore represso nei tessuti tumorali ed è candidato come biomarcatore del cancro colon-rettale. È regolato da numerosi eventi fisiologici e patologici, come angiogenesi e carcinogenesi. Gli eventi molecolari coinvolti nella regolazione dell’espressione del miR-101 sono scarsamente conosciuti, poiché è trascritto da due loci genici non caratterizzati. L’obiettivo di questo lavoro è di caratterizzare i geni del miR-101 ed individuarne i regolatori molecolari coinvolti nella cancerogenesi colon-rettale.
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Myeloid cell leukemia-1 (Mcl-1) ist ein anti-apoptotisches Mitglied der Bcl-2-Proteinfamilie. Als solches ist es in der Lage, die mitochondriale Aktivierung während der Apoptose zu hemmen. Dadurch schützt es Zellen bei zellulärem Stress (wie z.B. Differenzierung, Proliferation oder Virusinfektion) vor Apoptoseinduktion. Aufgrund dieser Eigenschaft ist es unabkömmlich während der Embryogenese und in verschiedenen hämatopoetischen Zellpopulationen. Des Weiteren ist Mcl-1 als Protoonkogen in verschiedenen humanen Tumorentitäten verstärkt exprimiert und kann so zu einer verminderten Apoptosesensitivität von Tumorzellen beitragen. Auch primäre humane Hepatozyten können nach Mcl-1-Induktion durch Wachstumsfaktorbehandlung gegenüber CD95-vermittelter Apoptose geschützt werden. Daher sollte untersucht werden, welche Bedeutung Mcl-1 im hepatozellulären Karzinom (HCC) und in der gesunden Leber einnimmt. Hierzu wurde zunächst humanes HCC-Gewebe hinsichtlich der Expression von Mcl-1 untersucht. Es konnte gezeigt werden, dass Mcl-1 sowohl auf mRNA- als auch auf Protein-Ebene in HCC-Gewebe verstärkt exprimiert ist im Vergleich zu benachbartem Normalgewebe. Auch in verschiedenen HCC-Zelllinien konnte eine starke Mcl-1-Expression nachgewiesen werden. Diese war vor allem über den PI3K/Akt-Signalweg reguliert. Eine Hemmung dieses Signalwegs führte zu einer Reduktion der Mcl-1-Expression und so zu einer Sensitivierung der Zellen gegenüber verschiedenen Chemotherapeutika und zielgerichteten Therapien. Des Weiteren wurde die Mcl-1-Expression spezifisch durch RNA-Interferenz gehemmt. Auch hier konnte gezeigt werden, dass Zellen mit unterdrückter Mcl-1-Expression deutlich sensitiver gegenüber verschiedenen Apoptose-induzierenden Substanzen reagierten. Eine kombinierte Hemmung der Mcl-1-Expression und der PI3-Kinase führte schließlich zu einer nochmals verstärkten Sensitivierung. Im Gegensatz dazu führte eine Überexpression von Mcl-1 zu einer Hemmung der Apoptoseinduktion. Im zweiten Teil der Arbeit wurde eine Mauslinie etabliert, welche spezifisch in Hepatozyten kein Mcl-1 exprimiert, um so die Bedeutung von Mcl-1 für die Leber in vivo zu untersuchen. Es zeigte sich, dass Mcl-1flox/flox-AlbCre-Mäuse bereits im Alter von acht Wochen eine verminderte Lebergröße aufweisen. Dies wurde verursacht durch spontane Apoptoseinduktion in den Mcl-1 negativen Hepatozyten. Hierdurch kam es zu einer Leberschädigung, ersichtlich durch erhöhte Transaminasenwerte, erhöhte Caspase-3-Aktivierung, und Schädigung der Gewebsstruktur. Zudem war als kompensatorischer Effekt die Zellproliferation erhöht, ohne dass sich jedoch das Lebergewicht an das von Kontrolltieren anglich. Interessanterweise kam es in Mcl-1flox/flox-AlbCre-Mäusen als Folge der chronischen Leberschädigung zur Entwicklung einer Leberfibrose, ersichtlich durch eine verstärkte Collageneinlagerung. Weiterhin reagierten Mcl-1flox/flox-AlbCre-Mäuse wesentlich empfindlicher gegenüber Todesrezeptor-vermittelter Apoptose. Diese Daten zeigen zum einen, dass Mcl-1 zur Apoptoseresistenz von HCC-Zellen beitragen kann. Zielgerichtete Therapien, welche die Expression von Mcl-1 hemmen, könnten folglich für die Therapie des HCCs von Interesse sein. Des Weiteren konnte in dieser Arbeit zum ersten Mal gezeigt werden, dass Mcl-1 ein zentraler anti-apoptotischer Faktor für Hepatozyten in vivo ist.
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Obiettivo: valutare la tossicità ed il controllo di malattia di un trattamento radioterapico ipofrazionato ad alte dosi con tecnica ad intensità modulata (IMRT) guidata dalle immagini (IGRT) in pazienti affetti da carcinoma prostatico a rischio intermedio, alto ed altissimo di recidiva. Materiali e metodi: tutti i pazienti candidati al trattamento sono stati stadiati e sottoposti al posizionamento di tre “markers” fiduciali intraprostatici necessari per l’IGRT. Mediante tecnica SIB – IMRT sono stati erogati alla prostata 67,50 Gy in 25 frazioni (EQD2 = 81 Gy), alle vescichette 56,25 Gy in 25 frazioni (EQD2 = 60,35 Gy) e ai linfonodi pelvici, qualora irradiati, 50 Gy in 25 frazioni. La tossicità gastrointestinale (GI) e genitourinaria (GU) è stata valutata mediante i CTCAE v. 4.03. Per individuare una possibile correlazione tra i potenziali fattori di rischio e la tossicità registrata è stato utilizzato il test esatto di Fisher e la sopravvivenza libera da malattia è stata calcolata mediante il metodo di Kaplan-Meier. Risultati: sono stati arruolati 71 pazienti. Il follow up medio è di 19 mesi (3-35 mesi). Nessun paziente ha dovuto interrompere il trattamento per la tossicità acuta. Il 14% dei pazienti (10 casi) ha presentato una tossicità acuta GI G ≥ 2 e il 15% (11 pazienti) ha riportato una tossicità acuta GU G2. Per quanto riguarda la tossicità tardiva GI e GU G ≥ 2, essa è stata documentata, rispettivamente, nel 14% dei casi (9 pazienti) e nell’11% (7 pazienti). Non è stata riscontrata nessuna tossicità, acuta o cronica, G4. Nessun fattore di rischio correlava con la tossicità. La sopravvivenza libera da malattia a 2 anni è del 94%. Conclusioni: il trattamento radioterapico ipofrazionato ad alte dosi con IMRT-IGRT appare essere sicuro ed efficace. Sono comunque necessari ulteriori studi per confermare questi dati ed i presupposti radiobiologici dell’ipofrazionamento del carcinoma prostatico.
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Obiettivi. Valutare l’angiogenesi tumorale mediante la Microvessel density (MVD) come fattore predittivo di mortalità per tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) pT1aN0M0 trattato chirurgicamente. Metodi. I dati demografici, clinici e istopatologici sono stati registrati per 82 pazienti (60 maschi, 22 femmine) sottoposti a resezione chirurgica in due diverse Chirurgie Toraciche tra gennaio 2002 e dicembre 2007 per tumori polmonari non a piccole cellule pT1AN0M0. La MVD è stata valutata mediante il conteggio visivo dei microvasi positivi alla colorazione immunoistochimica con anticorpo monoclonale anti-CD31 e definita come il numero medio di microvasi per 1 mm2 di campo ottico. Risultati. Sono state eseguite 59 lobectomie (72%) e 23 resezioni sublobari (28%). Reperti istopatologici: 43 adenocarcinomi (52%) e 39 neoplasie non- adenocarcinoma (48%) pT1aN0M0; MVD media: 161 (CD31/mm2); mediana: 148; range 50-365, cut-off=150. Una MVD elevata (> 150 CD31/mm2) è stata osservata in 40 pazienti (49%), una MVD ridotta ( ≤ 150 CD31/mm2 ) in 42 pazienti (51%). Sopravvivenze a 5 anni: 70 % e 95%, rispettivamente per il gruppo ad elevata MVD vs il gruppo a ridotta MVD con una p = 0,0041, statisticamente significativa. Il tipo di resezione chirurgica, il diametro del tumore, le principali comorbidità e l’istotipo nono sono stati fattori predittivi significativi di mortalità correlata alla malattia. La MVD è risultata essere superiore nel gruppo “Adenocarcinoma” (MVD mediana=180) rispetto al gruppo “Non-Adenocarcinoma (MVD mediana=125), con un test di Mann-Whitney statisticamente significativo (p < 0,0001). Nel gruppo “Adenocarcinoma” la sopravvivenza a 5 anni è stata del 66% e 93 %, rispettivamente per i pazienti con MVD elevata e ridotta (p = 0.043. Conclusioni. Il nostro studio ha mostrato che la Microvessel density valutata con la colorazione immunoistochimica per CD31 ha un valore prognostico rilevante nel carcinoma polmonare in stadio precoce pT1aN0M0.
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Il carcinoma squamoso orale (CSO) è spesso preceduto da lesioni definite potenzialmente maligne tra cui la leucoplachia e il lichen ma una diagnosi precoce avviene ancora oggi in meno della metà dei casi. Inoltre spesso un paziente trattato per CSO svilupperà secondi tumori. Scopo del lavoro di ricerca è stato: 1) Studiare, mediante metodica di next generation sequencing, lo stato di metilazione di un gruppo di geni a partire da prelievi brushing del cavo orale al fine di identificare CSO o lesioni ad alto rischio di trasformazione maligna. 2) Valurare la relazione esistente tra sovraespressione di p16INK4A e presenza di HPV in 35 pazienti affetti da lichen 3) Valutare la presenza di marker istopatologici predittivi di comparsa di seconde manifestazioni tumorali 4) valutare la relazione clonale tra tumore primitivo e metastasi linfonodale in 8 pazienti mediante 2 metodiche di clonalità differenti: l’analisi di mtDNA e delle mutazioni del gene TP53. I risultati hanno mostrato: 1) i geni ZAP70 e GP1BB hanno presentato un alterato stato di metilazione rispettivamente nel 100% e nel 90,9% di CSO e lesioni ad alto rischio, mentre non sono risultati metilati nei controlli sani; ipotizzando un ruolo come potenziali marcatori per la diagnosi precoce nel CSO. 2)Una sovraespressione di p16INK4A è risultata in 26/35 pazienti affetti da lichen ma HPV-DNA è stato identificato in soli 4 campioni. Nessuna relazione sembra essere tra sovraespressione di p16INK4A e virus HPV. 3)L’invasione perineurale è risultato un marker predittivo della comparsa di recidiva locale e metastasi linfonodale, mentre lo stato dei margini chirurgici si è rilevato un fattore predittivo per la comparsa di secondi tumori primitivi 4) Un totale accordo nei risultati c’è stato tra analisi di mtDNA e analisi di TP53 e le due metodiche hanno identificato la presenza di 4 metastasi linfonodali non clonalmente correlate al tumore primitivo.
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Il carcinoma a cellule basali (BCC) costituisce l'80 peercento dei tumori cutanei non-melanoma, rappresentando dunque il tumore maligno della cute più frequente nella popolazione generale. Tuttavia, non esistono ad oggi studi epidemiologici ampi ed approfonditi condotti su scala nazionale su questo tipo di neoplasia, poichè i tumori cutanei non-melanoma sono esclusi dal registro statistico dei tumori. A tale scopo presso la Dermatologia dell'Università di Bologna sono stati raccolti di tutti i casi di carcinoma basocellulare osservati dal 1 gennaio 1990 sino al 31 dicembre 2014, e sono stati rielaborati statisticamente. Il criterio di inclusione adottato è stato la positività per BCC all’esame istologico, sia in caso di biopsia semplice, sia in caso di asportazione radicale. Il progetto è stato svolto presso l’ambulatorio di chirurgia oncologica della nostra UO, così come il follow-up dei pazienti nei casi di recidività multiple o di comparsa di nuovi tumori cutanei. Ad oggi, tale neoplasia è risultata essere quella di più frequente osservazione nella Unità Operativa di Dermatologia dell’Università di Bologna. Non solo, la nostra casistica rimane quella più numerosa fino ad ora riportata in tutta Italia negli ultimi 24 anni.
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Il presente lavoro di tesi ha l’obiettivo di sviluppare uno strumento di aiuto alla diagnosi tumorale basato sull’analisi dell’impedenza a diverse frequenze. L’impedenza di un tessuto è intesa come l’opposizione che esso offre nell’essere attraversato da un’eccitazione in corrente o in tensione, pertanto lo strumento prevede l’applicazione di una tensione mediante elettrodi e la conseguente lettura della corrente. Da un’analisi delle tecniche utilizzate per individuare l’impedenza si è scelta un’eccitazione sinusoidale e si è quindi progettata una catena analogica di acquisizione del segnale. Si è utilizzato un microcontrollore per l’elaborazione dei dati e per inserire sistemi di controllo nel circuito . Sono stati realizzati inoltre elettrodi ad hoc per lo strumento al fine di soddisfare esigenze di dimensioni e di adattamento al progetto circuitale. Per validare il dispositivo sono state realizzate prove in laboratorio al fine di ricercare l’accuratezza delle misure, inoltre sono previsti dei test sperimentali su pazienti a breve .
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We performed a histopathologic analysis to assess the extent of the extracapsular extension (ECE) beyond the capsule of metastatic lymph nodes (LN) in head and neck cancer to determine appropriate clinical target volume (CTV) expansions.
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Proteins of the lysyl oxidase (LOX) family are important modulators of the extracellular matrix. However, they have an important role in the tumour development as well as in tumour progression. To evaluate the diagnostic and prognostic value of the LOX protein in oral and oropharyngeal squamous cell carcinoma (OSCC) we performed QRT-PCR and immunohistochemical analysis on two tissue microarrays (622 tissue samples in total). Significantly higher LOX expression was detected in high grade dysplastic oral mucosa as well as in OSCC when compared to normal oral mucosa (P < 0.001). High LOX expression was correlated with clinical TNM stage (P = 0.020), lymph node metastases for the entire cohort (P < 0.001), as well as in the subgroup of small primary tumours (T1/T2, P < 0.001). Moreover, high LOX expression was correlated with poor overall survival (P = 0.004) and disease specific survival (P = 0.037). In a multivariate analysis, high LOX expression was an independent prognostic factor, predicting unfavourable overall survival. In summary, LOX expression is an independent prognostic biomarker and a predictor of lymph node metastasis in OSCC. Moreover, LOX overexpression may be an early phenomenon in the pathogenesis of OSCC and thus an attractive novel target for chemopreventive and therapeutic strategies.
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Small lymph nodes (LN) show evidence of extracapsular extension (ECE) in a significant number of patients. This study was performed to determine the impact of ECE in LN 7 mm as compared with ECE in larger LN.