1000 resultados para Condizioni rischio idraulico Ravenna
Resumo:
The general objective of this research is to explore theories and methodologies of sustainability indicators, environmental management and decision making disciplines with the operational purpose of producing scientific, robust and relevant information for supporting system understanding and decision making in real case studies. Several tools have been applied in order to increase the understanding of socio-ecological systems as well as providing relevant information on the choice between alternatives. These tools have always been applied having in mind the complexity of the issues and the uncertainty tied to the partial knowledge of the systems under study. Two case studies with specific application to performances measurement (environmental performances in the case of the K8 approach and sustainable development performances in the case of the EU Sustainable Development Strategy) and a case study about the selection of sustainable development indicators amongst Municipalities in Scotland, are discussed in the first part of the work. In the second part of the work, the common denominator among subjects consists in the application of spatial indices and indicators to address operational problems in land use management within the territory of the Ravenna province (Italy). The main conclusion of the thesis is that a ‘perfect’ methodological approach which always produces the best results in assessing sustainability performances does not exist. Rather, there is a pool of correct approaches answering different evaluation questions, to be used when methodologies fit the purpose of the analysis. For this reason, methodological limits and conceptual assumptions as well as consistency and transparency of the assessment, become the key factors for assessing the quality of the analysis.
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L’intento di questa tesi è fornire un andamento di alcune proprietà dei materiali compositi in fibra di carbonio, CFRP, utilizzati soprattutto nell’ambito aeronautico e navale, esposti quindi a condizioni ambientali specifiche di variazione ciclica della temperatura. Lo studio è effettuato sulle prove di caratterizzazione statica, di compressione, flessione in tre punti e taglio interlaminare, che generano risultati sulla resistenza delle fibre e della matrice e sul modulo elastico a compressione e trazione del composito.
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Un problema comune agli Ingegneri Gestionali è quello legato alla necessità di dover sempre spiegare in cosa consista veramente il proprio campo di studi. Amici, conoscenti e parenti non dimostrano mai, infatti, familiarità con il termine. Chi scrive è costretto addirittura ad ammettere di avere una madre che, a pochi giorni dalla discussione dalla Tesi Magistrale, continui ad affermare di non aver ancora capito quale lavoro andrà poi a fare il figlio. Medicina, Giurisprudenza ed Economia sono concetti facili da comprendere; “studiare con approccio quantitativo l'organizzazione e i processi produttivi delle imprese costruendo e applicando modelli per la soluzione dei loro problemi” in effetti lo è un po’ meno. Accade così che si debbano quindi aggiungere altri termini, spiegando l’ingegneria gestionale come insieme di altre discipline: produzione, logistica, marketing, economia aziendale, risorse umane, gestione, progetti... Si dà il caso che questo insieme di altre discipline coincida in larga parte con una branca ancora più oscura ai più: l’event management. Questo lavoro di Tesi è incentrato proprio sulla gestione di un evento: gli FPA Worlds 2012, i Mondiali di Frisbee Freestyle 2012 tenutisi a Riccione dal 2 al 5 agosto. L’autore, nell’ambito del suo percorso di Tirocinio, ne è stato l’event manager, ovvero il massimo responsabile e organizzatore, andando a far confluire esperienze, conoscenze e passioni personali con la coronazione degli studi universitari. L’intero progetto lo ha coinvolto dal luglio 2010 al settembre 2012, all’interno di un’azienda riminese con cui già collaborava dal 2009. La Tesi, di carattere prettamente sperimentale, va quindi ad esporre i processi gestionali “nascosti” dietro ad un evento che ha riscosso successo di pubblico e mediatico, affiancando in ognuno dei capitoli tematici modelli teorici e risultati pratici. La vastità di conoscenze, competenze e strumenti utilizzati ha reso quest’esperienza altamente stimolante, così come le numerose sfide che si sono succedute nel difficile percorso per organizzare il miglior Mondiale di Frisbee Freestyle di sempre.
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Background: Kasashima et al hanno individuato nella popolazione giapponese un sottogruppo di aneurismi aortici addominali (AAA) infiammatori con le caratteristiche clinico patologiche della Malattia autoimmune Sistemica IgG4 Correlata. La distinzione tra i diversi gruppi di AAA è clinicamente importante sia per il follow up che per il trattamento di questa patologia. Obiettivo dello studio era la valutazione della componente flogistica, vascolare e stromale della parete aortica aneurismatica, la ricerca di aneurismi infiammatori ed in particolare di AAA- IgG4 correlati anche nella popolazione caucasica. Materiali e metodi: Sono stati esaminati i dati relativi a 21 pazienti trattati chirurgicamente per AAA presso l’Unità Operativa di Chirurgia Vascolare di Ferrara. Sono state eseguite analisi immunoistochimiche di prelievi intraoperatori di parete aortica aneurismatica. Risultati: I dati emersi hanno identificato 3 sottopopolazioni di pazienti con AAA: aneurismi di tipo aterosclerotico con negatività ai markers infiammatori (AAAa), aneurismi infiammatori con positività ai markers infiammatori e negatività per le IgG4 (AAAI) ed infine aneurismi infiammatori con positività alle IgG4 (AAAI-IgG4). Conclusioni: Questo studio ha confermato l’ipotesi che la malattia aneurismatica IgG4 correlata è presente anche nella popolazione caucasica. Con il proseguimento del nostro studio sarà interessante verificare la conferma di questi dati anche in altri pazienti al fine di ricercare la miglior strategia terapeutica e minimizzare il rischio di complicanze.
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In questa tesi di laurea si affronta l’analisi di diversi modelli per il calcolo della capacità di un’intersezione a rotatoria: alcuni di questi sono di tipo empirico, altri invece sono di tipo teorico (teoria del gap acceptance). Innanzitutto si descrivono le caratteristiche di tutti i modelli studiati e si esaminano i risultati ottenuti nel calcolo della capacità al variare del flusso circolante, effettuato su un campione di venti rotatorie. In particolare si cerca di confrontare tra loro i vari modelli e di interpretare il significato dei parametri che compaiono nelle diverse formule. Successivamente si amplia l’analisi, utilizzando i dati raccolti come punto di partenza per una serie di altre elaborazioni ed interpolazioni. Alla base di questa seconda parte dello studio c’è l’idea di provare a vedere se sia possibile ricavare un nuovo modello, derivante da quelli studiati, che possa riassumerli in maniera semplice e aiutare a chiarire quali sono i parametri più importanti dai quali dipende il valore di capacità di una rotatoria. Questo nuovo modello dovrebbe eventualmente servire più che altro per interpretare i modelli studiati e per capire se uno di questi si comporti meglio degli altri in situazioni particolari oppure se sia più adatto in determinate condizioni di traffico piuttosto che in altre. Uno degli obiettivi principali di questo studio è infatti quello di provare a capire se la capacità di una rotatoria è influenzata maggiormente da aspetti geometrici, legati quindi alla forma e alle dimensioni della rotatoria stessa, oppure se un ruolo predominante è svolto da fattori comportamentali, legati quindi all’interazione tra i veicoli e ai processi di scelta degli utenti, che devono decidere se immettersi o meno nella rotatoria.
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Il presente lavoro di tesi è stato organizzato in tre parti principali: in prima analisi, è stato effettuato uno studio preliminare di patine reali prelevate da bronzi esposti all’aperto, al fine di verificare l’ipotesi che diverse geometrie di esposizione generano patine differenti nella morfologia e nella composizione sulla superficie della lega. In particolare, è stata posta l’attenzione sullo Sn, il quale esibisce un differente comportamento in aree esposte o riparate dalla pioggia battente. Successivamente quindi, mediante una prova di invecchiamento accelerato che riproduce l’azione della pioggia battente (dropping test) è stata quindi studiata l’efficienza dell’inibitore PropS-SH (3-mercapto-propil-trimetossi-silano), il quale si è dimostrato un possibile sostituto del BTA nell’inibizione della corrosione dei bronzi e tra i primi candidati nello studio dell’inibizione della corrosione nei bronzi dorati. Lo studio è stato effettuato impiegando il dropping test sia per la pre-patinazione (in modo da produrre un substrato rappresentativo di quello su cui si applica l’inibitore) che per l’esposizione vera e propria. I risultati ottenuti sono stati poi confrontati con quelli ottenuti in un lavoro precedente, in cui è stata studiata l’efficienza dello stesso inibitore in condizioni che simulano invece l’azione della pioggia stagnante. Infine, sono stati condotti studi preliminari sulla corrosione di campioni di bronzo dorato mediante invecchiamento accelerato in condizioni che simulano sia la pioggia battente che quella stagnante (wet&dry test).
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Le problematiche ambientali e socio – economiche legate alla costruzione di nuove infrastrutture viarie, impongono la progettazione e costruzione di strade che combinino ad elevati standard prestazionali, la riduzione dell’impatto ambientale in fase realizzativa e manutentiva. Quanto detto avvalora il crescente utilizzo di materiali bituminosi modificati con polimeri ed additivati con cere. I primi conferiscono alla miscela maggiore elastoplasticità, incrementandone la durabilità e la resistenza a fatica. Nei secondi la presenza del materiale paraffinico contribuisce a ridurre la viscosità del bitume, il che consente il notevole abbassamento della temperatura di produzione e stesa della miscela. Numerosi studi inoltre hanno dimostrato che le caratteristiche meccaniche della pavimentazione sono fortemente influenzate dal grado di ossidazione delle componenti organiche del bitume, ovvero dal fenomeno dell’invecchiamento o aging. Risulta pertanto fondamentale affiancare allo studio reologico del bitume, prove di simulazione dell’ invecchiamento nel breve e lungo termine. Nel corso della seguente ricerca si provvederà pertanto ad analizzare leganti modificati ed additivati secondo la teoria della viscoelasticità, simulando le reali condizioni di carico ed invecchiamento alle quali il bitume è sottoposto. Tutte le prove di caratterizzazione reologica avanzata prevederanno l’utilizzo del DSR (Dynamic Shear Rheometer) in varie configurazioni di prova e si simulerà l’invecchiamento a breve termine mediante RTFOT (Rolling thin film oven test). Si proporrà inoltre una nuova procedura di aging invecchiando il bitume alla temperatura di equiviscosità o Twork , ovvero a quel valore della temperatura tale per cui, in fase di messa in opera, si avrà una distribuzione molecolare omogenea del modificante all’interno del bitume. Verranno quindi effettuate ulteriori prove reologiche sui leganti invecchiati a tale temperatura. Si darà infine supporto ai risultati della ricerca effettuando prove chimiche con la tecnica analitica FTIR (Fourier Transform Infrared Spectroscopy), analizzando i cambiamenti molecolari avvenuti nel bitume a seguito dell’aggiunta del modificante e dell’invecchiamento.
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Lo studio condotto ha lo scopo di aumentare la vita in esercizio di motori idraulici a pistoni radiali a colonna di fluido, studiandone e migliorandone il comportamento tribologico. Questa tipologia di motori è adatta per generare alte coppie a basse velocità e si impiega in sistemi di movimentazione lenta per carichi pesanti. Il contatto in condizioni di strisciamento fra cilindri telescopici ed albero eccentrico rotante, può portare all’usura dei componenti coinvolti e quindi al trafilamento dell’olio che circola nel motore, causando cali di efficienza. Lo studio ha previsto un’indagine del tipo Failure Analysis su componenti del motore sottoposti a prove a banco. Successivamente, è stato condotto uno studio tribologico, al fine di valutare il comportamento del sistema e definire possibili modifiche ai componenti per il miglioramento del motore. Dalla Failure Analysis, è emerso che il meccanismo di usura prevalente risulta essere l’abrasione a due corpi. Le prove tribologiche di laboratorio, condotte in condizioni che hanno permesso di riprodurre i meccanismi di usura dominanti nelle prove a banco, hanno dato luogo a transizioni sia nell’attrito che nell’usura, il cui verificarsi dipende da: carico applicato, distanza di strisciamento, durezza dei materiali a contatto.
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Il patrimonio edilizio italiano è costituito in gran parte da costruzioni che utilizzano la muratura come struttura portante. Le conoscenze acquisite negli ultimi anni nel campo dell’ingegneria hanno reso evidente come le costruzioni in muratura siano state concepite, nel corso dei secoli, senza quegli accorgimenti che l’evoluzione delle tecniche moderne di analisi ha dimostrato essere necessari. Progettare un intervento edilizio su un edificio esistente, correlato anche alla valutazione di rischio sismico, e cercare di migliorare le prestazioni dello stesso edificio, richiede partire sempre dalla conoscenza delle caratteristiche statiche intrinseche che il materiale della muratura possiede. La conoscenza della patologia comporta l'indubbio vantaggio di mettere al corrente di cosa ci si può attendere nel futuro dal punto di vista strutturale, come ad esempio che il fenomeno non sarà eliminabile all'origine e che la fessura o lesione magari si riformerà sempre, a meno d’interventi statici rilevanti e di costi ingenti. Diventa quindi di fondamentale importanza eseguire uno studio approfondito dei fenomeni strutturali anomali di deterioramento, quali lesioni, fessurazioni e simili, legati spesso a fattori ambientali, attraverso specifiche indagini diagnostiche e di monitoraggio dello stato interno delle strutture, per definire le cause responsabili e il metodo più adeguato alla tutela dei beni storici [Mastrodicasa, 1993]. Il monitoraggio dei possibili parametri che influenzano tali processi può essere continuo nel tempo o per mezzo di metodologia discontinua che prevede l’utilizzo e la ripetizione di prove non distruttive. L’elevato costo di un eventuale processo continuo ha limitato significativamente la sua applicazione, riducendo lo studio all’analisi di pochi parametri derivanti dalle prove diagnostiche e spesso non del tutto adatti alla completa analisi della struttura. Il seguente lavoro di tesi è sviluppato all’interno del progetto SmooHS (Smart Monitoring of Historic Structures) nell’ambito del 7° Programma Quadro della Commissione Europea che si pone come obiettivo lo sviluppo di strumenti di monitoraggio innovativi ‘intelligenti’ e poco invasivi e modelli di degrado e la loro sperimentazione sul campo per verificarne l’effettiva efficacia attraverso il confronto con risultati di prove non distruttive. La normativa correlata a questo studio, “Norme Tecniche per le Costruzioni’ (D.M. 14/01/2008), evidenzia come ‘La conoscenza della costruzione storica in muratura è un presupposto fondamentale sia ai fini di un’attendibile valutazione della sicurezza sismica attuale sia per la scelta di un efficace intervento di miglioramento…. Si ha pertanto la necessità di affinare tecniche di analisi e interpretazione dei manufatti storici mediante fasi conoscitive dal diverso grado di attendibilità, anche in relazione al loro impatto. La conoscenza può, infatti, essere conseguita con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, delle ricerche storiche, e delle indagini sperimentali. Tali operazioni saranno funzione degli obiettivi preposti e andranno a interessare tutto o in parte l’edificio, secondo la tipologia dell’intervento previsto’. L’utilizzo di ‘Tecniche diagnostiche non distruttive di tipo indiretto, quali prove soniche e ultrasoniche’ è preferibile poiché molto promettenti e hanno il pregio di poter essere utilizzate in modo diffuso con un relativo impatto sulla costruzione e costi relativamente contenuti. La non identificazione di una procedura univoca di prove non distruttive per ciascuna tipologia edilizia rende necessario uno studio di fattibilità di diverse tecniche per valutarne l’effettiva efficacia in base al risultato atteso. L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato lo studio sperimentale di valutazione dell’efficacia di alcune tecniche soniche in trasmissione, tomografia e prove soniche dirette, nel monitoraggio di provini precedentemente realizzati ad hoc nei laboratori LISG (Laboratorio di Ingegneria Strutturale e Geotecnica) del DICAM dell’Università di Bologna caratterizzati da presenze di discontinuità (vacui o inclusioni di polistirolo) o materiali differenti in determinate posizioni di geometria e localizzazione nota e diverse tessiture murarie (muratura di laterizio tradizionale, muratura a sacco, inclusioni lapidee). Il capitolo 1 presenta una descrizione generale delle murature, le cause principali di deterioramento e conseguenti dissesti. Presenta inoltre una finestra sulle prove diagnostiche. Nel capitolo 2 sono riportati alcuni esempi di applicazioni di tomografia e prove soniche e sviluppi di ricerca su strutture storiche lignee e murarie eseguite recentemente. Nel capitolo 3 sono presentati i provini oggetto di studio, la loro geometria, i difetti, le sezioni. Il capitolo 4 descrive i principi fisici delle prove soniche e grandezze caratteristiche e presenta la procedura di acquisizione e relative strumentazioni. I capitoli 5 e 6 riguardano lo studio sperimentale vero e proprio ottenuto attraverso l’utilizzo di tomografia sonica e prove dirette, con descrizione delle stazioni di prova, visualizzazione dei dati in tabelle per una semplice interpretazione, loro elaborazione e susseguente analisi approfondita, con valutazione dei risultati ottenuti e debite conclusioni. Il capitolo 7 presenta un confronto delle analisi comuni a entrambe le tipologie di prove soniche, visualizzazioni di istogrammi di paragone e considerazioni deducibili.
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Elaborazione di un modello parametrico dei coefficienti della curva di Pacejka, al fine di rendere possibile la stima delle prestazioni dello pneumatico in tutte le condizioni di carico e di campanatura.
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During this internship, the α-alkylation of branched aldehydes was taken into consideration. An enantiopure Betti’s base derivative was used as catalyst, applying a new concept in catalysis: organocatalysis. The Betti’s base may be of particular interest for organic chemists working in the field of “reactions catalysed by enantiopure small organic molecules”, in particular for the ones interested in enantiopure primary amines. The potential of secondary amines as catalysts has certainly been known for years. It is indeed more innovative to conduct reactions using primary amine derivatives as catalyst. In this work, the efficacy of the primary amine was checked first. Then, the focus was set on finding optimal reaction conditions. Finally, to have a more complete picture of the structure of the compounds used in the project, experimental and computational IR spectra were compared, after the method was validated. Durante il periodo di tirocinio è stata presa in esame la reazione di α-alchilazione di aldeidi branched, utilizzando un derivato dell’ammina di Betti come catalizzatore enantiopuro ed applicando un nuovo tipo di catalisi: l’organocatalisi. Questi composti possono essere di particolare interesse per lavori in chimica organica, nel campo delle reazioni catalizzate da “piccole” molecole organiche, in particolare da ammine primarie a chiralità definita; la potenzialità delle ammine secondarie chirali come catalizzatori è certamente nota da anni, ma innovativo è condurre il tutto con l’impiego di un derivato amminico primario. Altri aspetti significativi sono gli apparenti e innumerevoli vantaggi, dal punto di vista economico ed ambientale, oltre che operativo e sintetico, derivanti dal nuovo tipo di catalisi. In un primo momento è stata verificata l’efficacia dell’ammina primaria sintetizzata nella reazione in progetto, quindi sono state individuate le condizioni di reazione ottimali. Infine, per un’analisi più completa di alcune molecole organiche e dopo un’opportuna validazione del metodo utilizzato, sono stati ottenuti a livello computazionale gli spettri IR delle molecole di sintesi prodotto e catalizzatore.
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L’ossidazione catalitica parziale (CPO) del metano è un processo di elevato interesse scientifico ed industriale, permettendo la produzione su piccola scala di H2 o la produzione di syngas con un rapporto H2/CO = 2, utile per la produzione di metanolo o la sintesi di Fischer-Tropsch di idrocarburi. Inoltre, si possono raggiungere elevate conversioni del metano e selettività in syngas operando a bassi valori del tempo di contatto, riducendo così le dimensioni dei reattori. Tuttavia, gli elevati flussi e le temperature raggiunte nel letto possono condurre rapidamente alla disattivazione del catalizzatore; pertanto, è necessario lo sviluppo di materiali non soltanto attivi, ma anche stabili nelle condizioni di reazione. Lo scopo di questo lavoro è stato lo sviluppo di catalizzatori a base di Rh e ceria, utilizzati sia come pellets che supportati su una schiuma metallica. In particolare, il lavoro è stato focalizzato sulla sintesi, caratterizzazione ed attività catalitica di materiali Rh-CeO2-Al2O3. La presenza di CeO2 può modificare la dispersione del Rh metallico e la sua stabilità nei confronti della sinterizzazione e della formazione del carbone, mentre la stabilità termica è favorita dalla presenza di Al2O3. Poiché queste proprietà e, di conseguenza, le prestazione catalitiche dipendono dalla dimensioni delle particelle di CeO2 sono stati preparati catalizzatori con diverso contenuto di CeO2 (10 e 20 p/p %) ed utilizzando differenti metodi di preparazione per modularne le proprietà. Le sintesi sono effettuate per coprecipitazione e per sintesi con urea per trattamento micronde-idrotermale. Le prestazione dei catalizzatori in pellets sono state analizzate in un impianto di laboratorio operando a bassi valori del tempo di contatto e modificando la temperatura e la concentrazione della miscela gassosa, i.e. sia in condizioni lontane dall’equilibrio termodinamico che in condizioni prossime a quelle industriali. Un catalizzatore con lo stesso contenuto di Rh ed ottenuto da precursori tipo idrotalcite (HT) è stato utilizzato come riferimento. Per incrementare ulteriormente le prestazioni catalitiche, in particolare il trasferimento del calore lungo il letto catalitico, la migliore composizione individuata delle prove precedenti è stata depositata su pellets di una schiuma metallica (FeCrAlloy). E’ stato utilizzato il metodo dell’elettrosintesi per la deposizione di idrossidi di Rh, Ce e Al, ottenendo dopo calcinazione catalizzatori strutturati. Si è valutato l’effetto dei parametri di sintesi, potenziale applicato e tempo, sulle proprietà catalitiche. Anche in questo caso i risultati sono stati confrontati quelli ottenuti con un catalizzatori di riferimento ottenuti da un precursore HT preparati per elettrosintesi.
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Oggigiorno le richieste di rilievi tridimensionali e di rappresentazioni 3D ad alta qualità i sono sempre più frequenti, e coinvolgono un numero sempre maggiore di discipline e ambiti applicativi, quali quello industriale, medico, archeologico, forense, museale, ecc., con ulteriori prospettive di allargamento per quanto riguarda la natura ed il numero delle realizzazioni. Il lavoro di ricerca svolto, di natura prevalentemente applicata, vuole andare ad investigare un settore, quello degli oggetti di medie, medio-piccole e soprattutto piccole dimensioni, che, a parere dell’autore, non è stato ancora investigato a fondo;di questo d’altra parte dà riscontro il numero relativamente limitato di lavori presenti in letteratura su questo tema. Sebbene la metodologia di lavoro non sia concettualmente diversa da quella che si adotta comunemente in ambito close range, le problematiche che sono state incontrate nel corso dei diversi casi di studio analizzati nel periodo di dottorato hanno evidenziato la necessità di soluzioni tecniche e metodologiche specifiche, anche in funzione dei requisiti di precisione che competono ad oggetti di piccole dimensioni. Nel corso degli anni, si è visto un allargamento della base di utenti che trovano nel prodotto 3D un importante strumento di lavoro; si pensi alla cinematografia, alla computer grafica, alle simulazioni virtuali a partire da modelli 3D realistici, ecc. Questo trend sembra, al giorno d’oggi, non trovare ancora una battuta d’arresto. Considerando il settore dei Beni Culturali, per esempio, si tratta di un campo di applicazione delle tecniche geomatiche abbastanza ristretto e sostanzialmente nuovo, in quanto le problematiche di documentazione e visualizzazione di beni mobili ed immobili sono in genere indirizzate prevalentemente ad oggetti a scala di edificio, porzione di edificio o elementi quali bassorilievi e statue, comunque con un ordine di grandezza che va da qualche metro alla decina di metri. Qualora, come detto in precedenza, si volesse aumentare ulteriormente la scala di indagine e di rappresentazione, devono essere adottate delle tecniche di rilievo che possano fornire un'adeguata precisione, con strumenti e tecnologie che possano adattarsi alle diverse configurazioni e caratteristiche geometriche. Nella tesi viene dunque affrontata la problematica del rilievo e della modellazione tridimensionale, con alto livello di dettaglio, di oggetti di dimensioni che variano da qualche decina a pochi centimetri; una situazione di questo tipo può aversi in svariati ambiti, che vanno da quello industriale e del design a quello biologico e medico, dall’archeologia ed alla musealizzazione virtuale alle indagini forensi, ecc. Concentrando l’analisi al campo dei Beni Culturali, oggi oggetto di importanti ricerche applicative che trovano impulso anche dallo sviluppo delle nuove tecnologie, sono molto numerose e varie le occasioni in cui operare con oggetti di altissimo valore e dimensioni molto ridotte: un esempio immediato è quello fornito dal rilievo di reperti archeologici, ma nell’ambito del restauro, dell’analisi dei materiali, delle indagini non distruttive, le potenzialità sono di grandissimo interesse.. Comunemente, fino a poco tempo fa, e soprattutto in ambito museale, la documentazione geometrica di un bene culturale mobile di piccole dimensioni si è limitata ad una rappresentazione fotografica, riportante magari elementi metrici minimali, come un righello posto di fianco all’oggetto, in grado di fornire una scala di lettura. Ciò che si è in genere tenuto in scarsa considerazione, ma in grado invece di dare al contenuto informativo quel qualcosa in più rispetto alla semplice fotografia, è l’adozione di metodologie per un rilievo rigoroso e metrico, metodologie che possono essere di grandissimo interesse non solo a fini di studio e divulgazione dell’oggetto (si pensi alla problematica della virtualizzazione della fruizione di beni museali) ma anche per scopi diversi quali la duplicazione e riproduzione di copie dell’oggetto (a scala identica al vero o a scala diversa). Di frequente infatti ci si trova di fronte a problematiche legate alla salvaguardia e conservazione dell’oggetto, in termini di accesso e visione da parte del pubblico, di mantenimento in particolari condizioni microclimatiche, di difficoltà di manipolazione a fini di studio e misura, ecc. Nella tesi sono state prese in considerazione le due tecniche geomatiche che si prestano a soddisfare nel miglior modo possibile i requisiti di correttezza metrica e radiometrica che un rilievo ad elevata precisione richiede. Tali tecniche, rappresentate dalla fotogrammetria digitale con ottiche Macro e dal laser a scansione, in particolare del tipo a triangolazione, sono state sperimentate sul campo , in modo da poter valutarne le potenzialità, non solo alla luce dei risultati finali ottenuti, ma anche considerando i problemi al contorno che esse comportano. Nel corso di numerose sperimentazioni in laboratorio e sul campo sono stati analizzati problemi quali la calibrazione di obiettivi macro e la realizzazione di reticoli speciali atti allo scopo, la qualità dei DSM di origine laser e fotogrammetrica, l’estrazione di caratteristiche morfologiche di microrilievo, le conseguenze della compressione dei dati immagine, la calibrazione radiometrica ed il filtraggio delle immagini digitali, l’allineamento di nuvole di punti con algoritmi ICP.
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In questo lavoro sono descritte le attività svolte a partire dal primo avviamento dell’impianto pilota di pirolisi di pneumatici, le ottimizzazioni impiantistiche e di processo effettuate, la caratterizzazione dei materiali di partenza e dei prodotti. Particolare attenzione è stata posta alla variabilità dei prodotti in uscita in funzione di parametri di processo quali operazioni preliminari, temperatura, pressione, quantità di materiale trattato e tempo di residenza, allo scopo di ottimizzare il processo e individuare le condizioni per l’ottenimento di specifici prodotti a livello quali- e quantitativo.
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La scarsità di informazioni sulle reazioni che intervengono nel processo di stiratura semipermanente dei capelli e la necessità di trovare prodotti alternativi all’uso della formaldeide ha portato a intraprendere questo lavoro di tesi. Esso si è svolto seguendo due linee principali: l’indagine sui possibili meccanismi di reazione che intervengono fra composti aventi gruppi aldeidici, quali formaldeide o acido gliossilico (particolarmente efficaci nel processo di stiratura), e alcuni amminoacidi presenti nei capelli da un lato, e uno studio sulle modificazioni che intervengono nella fibra attraverso spettroscopia Raman e ATR-FT-IR e microscopia elettronica a scansione (SEM) dall’altro. Partendo dall’ipotesi più plausibile di una addizione sull’atomo di carbonio carbonilico da parte di nucleofili presenti su alcuni residui amminoacidici della catena polipeptidica, sono stati presi in considerazioni tre gruppi funzionali presenti sugli amminoacidi che possono dar luogo ad addizione reversibile al carbonio carbonilico: il gruppo tiolico che comportandosi come nucleofilo allo zolfo potrebbe dare formazione di semitioacetali, il gruppo ossidrilico di amminoacidi come serina e treonina che potrebbe dare semiacetali, ed il gruppo amminico di amminoacidi basici che agendo da nucleofilo all’azoto potrebbe generare immine. Dopo aver indagato sulla reazione fra aldeide formica (o acido gliossilico) con cisteina e derivati, l’indagine è proseguita utilizzando come amminoacido basico modello N-acetil-L-lisina, dove il gruppo amminico in posizione alfa al carbossile è protetto per cercare di mimare la situazione nel polipeptide. Alcune prove sono state condotte facendo reagire questo substrato sia con una serie di aldeidi aromatiche in diverse condizioni sperimentali che con acido gliossilico. In seguito sono state svolte analisi mediante spettroscopia Raman e ATR-FT-IR su ciocche di pelo di yak nelle diverse fasi del trattamento più comunemente utilizzato nella stiratura semipermanente. Questo ha permesso di ottenere indicazioni sia sulle modificazioni della struttura secondaria subite dalla fibra che sul verificarsi di reazioni fra agente lisciante e residui amminoacidici presenti su di essa. Infine è stata svolta un’indagine SEM sia su fibre di yak che su capelli umani ricci per osservare le variazioni superficiali nei diversi stadi del trattamento.