891 resultados para gruppi di omotopia di ordine superiore cobordismo con framing gruppi di omotopia delle sfere


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Questa tesi ha permesso di osservare e analizzare le strategie risolutive che gli studenti italiani utilizzano quando si cimentano nello svolgimento delle prove di matematica nazionali INVALSI (Sistema Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione). L'osservazione è stata svolta durante le ore di tirocinio curriculare effettuate nell'anno accademico 2014/2015 presso il liceo scientifico e delle scienze umane "Albert Bruce Sabin" di Bologna. L'interesse per l'esperimento è nato dalla constatazione dei risultati deludenti degli studenti italiani nelle prove di matematica rispetto all'andamento internazionale. Pertanto,in collaborazione con il prof Giorgio Bolondi, relatore dell'elaborato, e della prof.ssa Valeria Vesi insegnante di matematica delle classi prime seguite durante il tirocinio, è stato realizzato un test di domande estrapolate dalle prove INVALSI svolte negli anni precedenti, sottoposto a un campione di 12 studenti (14-15 anni) frequentanti le classi 1M, 1O e 1R.Il lavoro d'indagine è stato realizzato in due diverse fasi: soluzione del test e intervista-colloquio registrata. Le registrazioni, apparse fin da subito molto interessanti, rivelano importanti informazioni che permettono di evidenziare le diverse difficoltà che i nostri studenti incontrano nel risolvere le prove di matematica. Per meglio interpretare i loro comportamenti durante la messa in atto dei processi risolutivi è stato svolto uno studio e una ricerca riguardanti gli studi e le teorie che interessano il problem-solving, oltre a fornire una panoramica sulle ricerche nel campo della valutazione.

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Il presente lavoro di tesi è stato stilato dopo aver svolto un tirocinio curriculare presso l’azienda Robopac S.p.A. nello stabilimento di Villa Verucchio (Rn). Sono partito dal lavoro di raccolta e sintesi degli indici di produzione e delle scorte di magazzino fatto nel periodo di tirocinio, focalizzandomi poi sull’aspetto della gestione delle scorte. Da quest’ultima analisi è emerso che la gestione delle merci ha portato ad avere un alto valore economico del magazzino per cui l’obbiettivo di questo lavoro di tesi è stato fornire un modello per la determinazione della scorta ottimale che porti ad una riduzione del valore totale del magazzino. Inizialmente è stato affrontato il tema generale della logistica industriale, in particolare analizzando il sistema logistico attraverso le sue caratteristiche e funzioni e sono state descritte le tipologie di magazzini industriali secondo i diversi sistemi di stoccaggio. Successivamente è stato introdotto l’argomento principale, ossia i problemi e i modelli di gestione delle scorte. E' stata dapprima descritta e classificata la scorta, per poi analizzarne i modelli di gestione come il modello di Wilson, utilizzato per il questo lavoro, con particolare attenzione alla scorta di sicurezza. Infine è stato formulato l’indice di rotazione e l’analis ABC di Lorentz-Pareto. L'ultimo capitolo descrive l’azienda Robopac con attenzione sul magazzino, attraverso la rappresentazione del percorso delle merci all’interno dello stabilimento e della fase di estrazione del materiale, aprendo una finestra sulla gestione degli approvvigionamenti dell’azienda Robopac. Nella seconda parte si arriva ad affrontare l’argomento centrale di tale elaborato, la definizione di un modello per determinare la scorta ottimale a magazino e vengono evidenziati i risultati ottenuti.

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Il progetto parte da un’indagine preliminare relativa alla città di Bogotà, capitale della Colombia che, a causa della rapida urbanizzazione a cui è andata incontro nel corso degli anni, presenta un tessuto urbano frammentario e disorganizzato. In seguito all'aumento spropositato della popolazione, la storia della Colombia documenta un sempre più crescente bisogno di abitazioni ed è proprio da questa situazione che si sviluppa il presente elaborato. Occorre ricucire il tessuto urbano esistente ridefinendo un nuovo sistema di aree residenziali, servizi primari, pubblici, sanitari e aree per la collettività che siano in grado di regolare i futuri insediamenti urbani. La localidad Usme si colloca a Sud di Bogotà, si tratta di una delle localidades più povere e prive di servizi, il cui suolo urbano è interamente ricoperto di abitazioni di piccole dimensioni insalubri e insicure. In questa zona periferica rurale, accanto alle tipiche viviendas informales, si stanno sviluppando le nuove costruzioni collettive edificate ad opera di “MetroVivienda” . Questa società realizza dei massicci blocchi edilizi sfruttando al massimo lo spazio a disposizione senza rispettare le preesistenze o gli spazi aperti, deturpando il contesto in cui si inseriscono e l’assetto originale della città. Il punto di partenza per la comprensione della realtà urbana di Usme è rappresentato dallo studio del rigido schema a griglia dell' assetto urbano, tipico delle fondazioni coloniali della Capitale, che sarà la base generatrice del progetto di ricucitura del tessuto. Lo scopo di questo lavoro è lo sviluppo di un progetto che si adatti al contesto, valorizzando il paesaggio e la naturalità del luogo, per mezzo della riqualificazione del tessuto esistente e che sia in grado di integrare il vecchio con il nuovo.

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Negli ultimi anni le tecnologie informatiche sono state al centro di uno sviluppo esponenziale. Fra le incalcolabili innovazioni presentate, ha preso sempre più campo il paradigma per la programmazione ad agenti, che permette la realizzazione di sistemi software complessi, i quali, nell'informatica moderna, ricoprono un ruolo di fondamentale importanza. Questi sistemi, denominati autonomi, mostrano caratteristiche interessanti per scenari dinamici; essi infatti devono essere robusti e resistenti, in grado di adattarsi al contesto ambientale e quindi reagire a determinate modifiche che si verificano nell'ambiente, comportandosi di conseguenza. Indicano perciò la pro-attività dell'entità presa in considerazione. In questa tesi saranno spiegate queste tipologie di sistemi, introdotte le loro caratteristiche e mostrate le loro potenzialità. Tali caratteristiche permettono di responsabilizzare i soggetti, rendendo il sistema auto-organizzato, con una migliore scalabilità e modularità, riducendo quindi le elevate esigenze di calcolo. L'organizzazione di questo documento prevede i primi capitoli atti a introdurre il mondo dei sistemi autonomi, partendo dalle definizioni di autonomia e di agenti software, concludendo con i sistemi multi-agenti, allo scopo di permettere al lettore una comprensione adatta ed esaustiva. I successivi capitoli riguardano le fasi di progettazione delle entità prese in esame, le loro forme di standardizzazione e i modelli che possono adottare, tra i quali il più conosciuto, il modello BDI. Ne seguono due diverse metodologie per l'ingegneria del software orientata agli agenti. Si conclude con la presentazione dello stato dell'arte degli ambienti di sviluppo conosciuti, contenente un'esauriente introduzione ad ognuno di essi ed una visione nel mondo del lavoro del loro apporto negli applicativi in commercio. Infine la tesi terminerà con un capitolo di conclusioni e di riflessioni sui possibili aspetti futuri.

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Lo streaming è una tecnica per trasferire contenuti multimediali sulla rete globale, utilizzato per esempio da servizi come YouTube e Netflix; dopo una breve attesa, durante la quale un buffer di sicurezza viene riempito, l'utente può usufruire del contenuto richiesto. Cisco e Sandvine, che con cadenza regolare pubblicano bollettini sullo stato di Internet, affermano che lo streaming video ha, e avrà sempre di più, un grande impatto sulla rete globale. Il buon design delle applicazioni di streaming riveste quindi un ruolo importante, sia per la soddisfazione degli utenti che per la stabilità dell'infrastruttura. HTTP Adaptive Streaming indica una famiglia di implementazioni volta a offrire la migliore qualità video possibile (in termini di bit rate) in funzione della bontà della connessione Internet dell'utente finale: il riproduttore multimediale può cambiare in ogni momento il bit rate, scegliendolo in un insieme predefinito, adattandosi alle condizioni della rete. Per ricavare informazioni sullo stato della connettività, due famiglie di metodi sono possibili: misurare la velocità di scaricamento dei precedenti trasferimenti (approccio rate-based), oppure, come recentemente proposto da Netflix, utilizzare l'occupazione del buffer come dato principale (buffer-based). In questo lavoro analizziamo algoritmi di adattamento delle due famiglie, con l'obiettivo di confrontarli su metriche riguardanti la soddisfazione degli utenti, l'utilizzo della rete e la competizione su un collo di bottiglia. I risultati dei nostri test non definiscono un chiaro vincitore, riconoscendo comunque la bontà della nuova proposta, ma evidenziando al contrario che gli algoritmi buffer-based non sempre riescono ad allocare in modo imparziale le risorse di rete.

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1944/1945 wurde in Cham-Hagendorn eine Wassermühle ausgegraben, die dank ihrer aussergewöhnlich guten Holzerhaltung seit langem einen prominenten Platz in der Forschung einnimmt. 2003 und 2004 konnte die Kantonsarchäologie Zug den Platz erneut archäologisch untersuchen. Dabei wurden nicht nur weitere Reste der Wassermühle, sondern auch Spuren älterer und jüngerer Anlagen geborgen: eine ältere und eine jüngere Schmiedewerkstatt (Horizont 1a/Horizont 3) sowie ein zweiphasiges Heiligtum (Horizonte 1a/1b). All diese Anlagen lassen sich nun in das in den neuen Grabungen erkannte stratigraphische Gerüst einhängen (s. Beil. 2). Dank der Holzerhaltung können die meisten Phasen dendrochronologisch datiert werden (s. Abb. 4.1/1a): Horizont 1a mit Schlagdaten zwischen 162(?)/173 und 200 n. Chr., Horizont 1b um 215/218 n. Chr. und Horizont 2 um 231 n. Chr. Ferner konnten in den neuen Grabungen Proben für mikromorphologische und archäobotanische Untersuchungen entnommen werden (Kap. 2.2; 3.11). In der vorliegenden Publikation werden der Befund und die Baustrukturen vorgelegt, (Kap. 2), desgleichen sämtliche stratifizierten Funde und eine umfassende Auswahl der 1944/1945 geborgenen Funde (Kap. 3). Dank anpassender Fragmente, sog. Passscherben, lassen sich diese zum Teil nachträglich in die Schichtenabfolge einbinden. Die mikromorphologischen und die archäobotanischen Untersuchungen (Kap. 2.2; 3.11) zeigen, dass der Fundplatz in römischer Zeit inmitten einer stark vom Wald und dem Fluss Lorze geprägten Landschaft lag. In unmittelbarer Nähe können weder eine Siedlung noch einzelne Wohnbauten gelegen haben. Die demnach nur gewerblich und sakral genutzten Anlagen standen an einem Bach, der vermutlich mit jenem Bach identisch ist, der noch heute das Groppenmoos entwässert und bei Cham-Hagendorn in die Lorze mündet (s. Abb. 2.4/1). Der antike Bach führte wiederholt Hochwasser ─ insgesamt sind fünf grössere Überschwemmungsphasen auszumachen (Kap. 2.2; 2.4). Wohl anlässlich eines Seehochstandes durch ein Überschwappen der Lorze in den Bach ausgelöst, müssen diese Überschwemmungen eine enorme Gewalt entwickelt haben, der die einzelnen Anlagen zum Opfer fielen. Wie die Untersuchung der Siedlungslandschaft römischer Zeit rund um den Zugersee wahrscheinlich macht (Kap. 6 mit Abb. 6.2/2), dürften die Anlagen von Cham-Hagendorn zu einer in Cham-Heiligkreuz vermuteten Villa gehören, einem von fünf grösseren Landgütern in diesem Gebiet. Hinweise auf Vorgängeranlagen fehlen, mit denen die vereinzelten Funde des 1. Jh. n. Chr. (Kap. 4.5) in Verbindung gebracht werden könnten. Diese dürften eher von einer der Überschwemmungen bachaufwärts weggerissen und nach Cham-Hagendorn eingeschwemmt worden sein. Die Nutzung des Fundplatzes (Horizont 1a; s. Beil. 6) setzte um 170 n. Chr. mit einer Schmiedewerkstatt ein (Kap. 2.5.1). Der Fundanfall, insbesondere die Schmiedeschlacken (Kap. 3.9) belegen, dass hier nur hin und wieder Geräte hergestellt und repariert wurden (Kap. 5.2). Diese Werkstatt war vermutlich schon aufgelassen und dem Verfall preisgegeben, als man 200 n. Chr. (Kap. 4.2.4) auf einer Insel zwischen dem Bach und einem Lorzearm ein Heiligtum errichtete (Kap. 5.3). Beleg für den sakralen Status dieser Insel ist in erster Linie mindestens ein eigens gepflanzter Pfirsichbaum, nachgewiesen mit Pollen, einem Holz und über 400 Pfirsichsteinen (Kap. 3.11). Die im Bach verlaufende Grenze zwischen dem sakralen Platz und der profanen Umgebung markierte man zusätzlich mit einer Pfahlreihe (Kap. 2.5.3). In diese war ein schmaler Langbau integriert (Kap. 2.5.2), der an die oft an Temenosmauern antiker Heiligtümer angebauten Portiken erinnert und wohl auch die gleiche Funktion wie diese gehabt hatte, nämlich das Aufbewahren von Weihegaben und Kultgerät (Kap. 5.3). Das reiche Fundmaterial, das sich in den Schichten der ersten Überschwemmung fand (s. Abb. 5./5), die um 205/210 n. Chr. dieses Heiligtum zerstört hatte, insbesondere die zahlreiche Keramik (Kap. 3.2.4), und die zum Teil auffallend wertvollen Kleinfunde (Kap. 3.3.3), dürften zum grössten Teil einst in diesem Langbau untergebracht gewesen sein. Ein als Glockenklöppel interpretiertes, stratifiziertes Objekt spricht dafür, dass die fünf grossen, 1944/1945 als Stapel aufgefundenen Eisenglocken vielleicht auch dem Heiligtum zuzuweisen sind (Kap. 3.4). In diesen Kontext passen zudem die überdurchschnittlich häufig kalzinierten Tierknochen (Kap. 3.10). Nach der Überschwemmung befestigte man für 215 n. Chr. (Kap. 4.2.4) das unterspülte Bachufer mit einer Uferverbauung (Kap. 2.6.1). Mit dem Bau eines weiteren, im Bach stehenden Langbaus (Kap. 2.6.2) stellte man 218 n. Chr. das Heiligtum auf der Insel in ähnlicher Form wieder her (Horizont 1b; s. Beil. 7). Von der Pfahlreihe, die wiederum die sakrale Insel von der profanen Umgebung abgrenzte, blieben indes nur wenige Pfähle erhalten. Dennoch ist der sakrale Charakter der Anlage gesichert. Ausser dem immer noch blühenden Pfirsichbaum ist es ein vor dem Langbau aufgestelltes Ensemble von mindestens 23 Terrakottafigurinen (s. Abb. 3.6/1), elf Veneres, zehn Matres, einem Jugendlichen in Kapuzenmantel und einem kindlichen Risus (Kap. 3.6; s. auch Kap. 2.6.3). In den Sedimenten der zweiten Überschwemmung, der diese Anlage um 225/230 n. Chr. zum Opfer gefallen war, fanden sich wiederum zahlreiche Keramikgefässe (Kap. 3.2.4) und zum Teil wertvolle Kleinfunde wie eine Glasperle mit Goldfolie (Kap. 3.8.2) und eine Fibel aus Silber (Kap. 3.3.3), die wohl ursprünglich im Langbau untergebracht waren (Kap. 5.3.2 mit Abb. 5/7). Weitere Funde mit sicherem oder möglichem sakralem Charakter finden sich unter den 1944/1945 geborgenen Funden (s. Abb. 5/8), etwa ein silberner Fingerring mit Merkurinschrift, ein silberner Lunula-Anhänger, eine silberne Kasserolle (Kap. 3.3.3), eine Glasflasche mit Schlangenfadenauflage (Kap. 3.8.2) und einige Bergkristalle (Kap. 3.8.4). Im Bereich der Terrakotten kamen ferner mehrere Münzen (Kap. 3.7) zum Vorschein, die vielleicht dort niedergelegt worden waren. Nach der zweiten Überschwemmung errichtete man um 231 n. Chr. am Bach eine Wassermühle (Horizont 2; Kap. 2.7; Beil. 8; Abb. 2.7/49). Ob das Heiligtum auf der Insel wieder aufgebaut oder aufgelassen wurde, muss mangels Hinweisen offen bleiben. Für den abgehobenen Zuflusskanal der Wassermühle verwendete man mehrere stehen gebliebene Pfähle der vorangegangenen Anlagen der Horizonte 1a und 1b. Obwohl die Wassermühle den 28 jährlichen Überschwemmungshorizonten (Kap. 2.2) und den Funden (Kap. 4.3.2; 4.4.4; 45) zufolge nur bis um 260 n. Chr., während gut einer Generation, bestand, musste sie mindestens zweimal erneuert werden – nachgewiesen sind drei Wasserräder, drei Mühlsteinpaare und vermutlich drei Podeste, auf denen jeweils das Mahlwerk ruhte. Grund für diese Umbauten war wohl der weiche, instabile Untergrund, der zu Verschiebungen geführt hatte, so dass das Zusammenspiel von Wellbaum bzw. Sternnabe und Übersetzungsrad nicht mehr funktionierte und das ganze System zerbrach. Die Analyse von Pollen aus dem Gehhorizont hat als Mahlgut Getreide vom Weizentyp nachgewiesen (Kap. 3.11.4). Das Abzeichen eines Benefiziariers (Kap. 3.3.2 mit Abb. 3.3/23,B71) könnte dafür sprechen, dass das verarbeitete Getreide zumindest zum Teil für das römische Militär bestimmt war (s. auch Kap. 6.2.3). Ein im Horizont 2 gefundener Schreibgriffel und weitere stili sowie eine Waage für das Wägen bis zu 35-40 kg schweren Waren aus dem Fundbestand von 1944/1945 könnten davon zeugen, dass das Getreide zu wägen und zu registrieren war (Kap. 3.4.2). Kurz nach 260 n. Chr. fiel die Wassermühle einem weiteren Hochwasser zum Opfer. Für den folgenden Horizont 3 (Beil. 9) brachte man einen Kiesboden ein und errichtete ein kleines Gebäude (Kap. 2.8). Hier war wohl wiederum eine Schmiede untergebracht, wie die zahlreichen Kalottenschlacken belegen (Kap. 3.9), die im Umfeld der kleinen Baus zum Vorschein kamen. Aufgrund der Funde (Kap. 4.4.4; 4.5) kann diese Werkstatt nur kurze Zeit bestanden haben, höchstens bis um 270 n. Chr., bevor sie einem weiteren Hochwasser zum Opfer fiel. Von der jüngsten Anlage, die wohl noch in römische Zeit datiert (Horizont 4; Beil. 10), war lediglich eine Konstruktion aus grossen Steinplatten zu fassen (Kap. 2.9.1). Wozu sie diente, muss offen bleiben. Auch der geringe Fundanfall spricht dafür, dass die Nutzung des Platzes, zumindest für die römische Zeit, allmählich ein Ende fand (Kap. 4.5). Zu den jüngsten Strukturen gehören mehrere Gruben (Kap. 2.9.2), die vielleicht der Lehmentnahme dienten. Mangels Funden bleibt ihre Datierung indes ungewiss. Insbesondere wissen wir nicht, ob sie noch in römische Zeit datieren oder jünger sind. Spätestens mit der fünften Überschwemmung, die zur endgültigen Verlandung führte und wohl schon in die frühe Neuzeit zu setzen ist, wurde der Platz aufgelassen und erst mit dem Bau der bestehenden Fensterfabrik Baumgartner wieder besetzt.

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Nel sesso maschile il carcinoma della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente ed è tra le prime cause di morte per tumore. Ad oggi, sono disponibili diverse strategie terapeutiche per il trattamento del CaP, ma, come comprovato dall’ancora alta mortalità, spesso queste sono inefficaci, a causa soprattutto dello sviluppo di fenomeni di resistenza da parte delle cellule tumorali. La ricerca si sta quindi focalizzando sulla caratterizzazione di tali meccanismi di resistenza e, allo stesso tempo, sull’individuazione di combinazioni terapeutiche che siano più efficaci e capaci di superare queste resistenze. Le cellule tumorali sono fortemente dipendenti dai meccanismi connessi con l’omeostasi proteica (proteostasi), in quanto sono sottoposte a numerosi stress ambientali (ipossia, carenza di nutrienti, esposizione a chemioterapici, ecc.) e ad un’aumentata attività trascrizionale, entrambi fattori che causano un accumulo intracellulare di proteine anomale e/o mal ripiegate, le quali possono risultare dannose per la cellula e vanno quindi riparate o eliminate efficientemente. La cellula ha sviluppato diversi sistemi di controllo di qualità delle proteine, tra cui gli chaperon molecolari, il sistema di degradazione associato al reticolo endoplasmatico (ERAD), il sistema di risposta alle proteine non ripiegate (UPR) e i sistemi di degradazione come il proteasoma e l’autofagia. Uno dei possibili bersagli in cellule tumorali secretorie, come quelle del CaP, è rappresentato dal reticolo endoplasmatico (RE), organello intracellulare deputato alla sintesi, al ripiegamento e alle modificazioni post-traduzionali delle proteine di membrana e secrete. Alterazioni della protestasi a livello del RE inducono l’UPR, che svolge una duplice funzione nella cellula: primariamente funge da meccanismo omeostatico e di sopravvivenza, ma, quando l’omeostasi non è più ripristinabile e lo stimolo di attivazione dell’UPR cronicizza, può attivare vie di segnalazione che conducono alla morte cellulare programmata. La bivalenza, tipica dell’UPR, lo rende un bersaglio particolarmente interessante per promuovere la morte delle cellule tumorali: si può, infatti, sfruttare da una parte l’inibizione di componenti dell’UPR per abrogare i meccanismi adattativi e di sopravvivenza e dall’altra si può favorire il sovraccarico dell’UPR con conseguente induzione della via pro-apoptotica. Le catechine del tè verde sono composti polifenolici estratti dalle foglie di Camellia sinesis che possiedono comprovati effetti antitumorali: inibiscono la proliferazione, inducono la morte di cellule neoplastiche e riducono l’angiogenesi, l’invasione e la metastatizzazione di diversi tipi tumorali, tra cui il CaP. Diversi studi hanno osservato come il RE sia uno dei bersagli molecolari delle catechine del tè verde. In particolare, recenti studi del nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come il Polyphenon E (estratto standardizzato di catechine del tè verde) sia in grado, in modelli animali di CaP, di causare un’alterazione strutturale del RE e del Golgi, un deficit del processamento delle proteine secretorie e la conseguente induzione di uno stato di stress del RE, il quale causa a sua volta l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR. Nel presente studio su due diverse linee cellulari di CaP (LNCaP e DU145) e in un nostro precedente studio su altre due linee cellulari (PNT1a e PC3) è stato confermato che il Polyphenon E è capace di indurre lo stress del RE e di determinare l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR, le quali possono fungere da meccanismo di sopravvivenza, ma anche contribuire a favorire la morte cellulare indotta dalle catechine del tè verde (come nel caso delle PC3). Considerati questi effetti delle catechine del tè verde in qualità di induttori dell’UPR, abbiamo ipotizzato che la combinazione di questi polifenoli bioattivi e degli inibitori del proteasoma, anch’essi noti attivatori dell’UPR, potesse comportare un aggravamento dell’UPR stesso tale da innescare meccanismi molecolari di morte cellulare programmata. Abbiamo quindi studiato l’effetto di tale combinazione in cellule PC3 trattate con epigallocatechina-3-gallato (EGCG, la principale tra le catechine del tè verde) e due diversi inibitori del proteasoma, il bortezomib (BZM) e l’MG132. I risultati hanno dimostrato, diversamente da quanto ipotizzato, che l’EGCG quando associato agli inibitori del proteasoma non produce effetti sinergici, ma che anzi, quando viene addizionato al BZM, causa una risposta simil-antagonistica: si osserva infatti una riduzione della citotossicità e dell’effetto inibitorio sul proteasoma (accumulo di proteine poliubiquitinate) indotti dal BZM, inoltre anche l’induzione dell’UPR (aumento di GRP78, p-eIF2α, CHOP) risulta ridotta nelle cellule trattate con la combinazione di EGCG e BZM rispetto alle cellule trattate col solo BZM. Gli stessi effetti non si osservano invece nelle cellule PC3 trattate con l’EGCG in associazione con l’MG132, dove non si registra alcuna variazione dei parametri di vitalità cellulare e dei marcatori di inibizione del proteasoma e di UPR (rispetto a quelli osservati nel singolo trattamento con MG132). Essendo l’autofagia un meccanismo compensativo che si attiva in seguito all’inibizione del proteasoma o allo stress del RE, abbiamo valutato che ruolo potesse avere tale meccanismo nella risposta simil-antagonistica osservata in seguito al co-trattamento con EGCG e BZM. I nostri risultati hanno evidenziato, in cellule trattate con BZM, l’attivazione di un flusso autofagico che si intensifica quando viene addizionato l’EGCG. Tramite l’inibizione dell’autofagia mediante co-somministrazione di clorochina, è stato possibile stabilire che l’autofagia indotta dall’EGCG favorisce la sopravvivenza delle cellule sottoposte al trattamento combinato tramite la riduzione dell’UPR. Queste evidenze ci portano a concludere che per il trattamento del CaP è sconsigliabile associare le catechine del tè verde con il BZM e che in futuri studi di combinazione di questi polifenoli con composti antitumorali sarà importante valutare il ruolo dell’autofagia come possibile meccanismo di resistenza.

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Negli ultimi anni i modelli VAR sono diventati il principale strumento econometrico per verificare se può esistere una relazione tra le variabili e per valutare gli effetti delle politiche economiche. Questa tesi studia tre diversi approcci di identificazione a partire dai modelli VAR in forma ridotta (tra cui periodo di campionamento, set di variabili endogene, termini deterministici). Usiamo nel caso di modelli VAR il test di Causalità di Granger per verificare la capacità di una variabile di prevedere un altra, nel caso di cointegrazione usiamo modelli VECM per stimare congiuntamente i coefficienti di lungo periodo ed i coefficienti di breve periodo e nel caso di piccoli set di dati e problemi di overfitting usiamo modelli VAR bayesiani con funzioni di risposta di impulso e decomposizione della varianza, per analizzare l'effetto degli shock sulle variabili macroeconomiche. A tale scopo, gli studi empirici sono effettuati utilizzando serie storiche di dati specifici e formulando diverse ipotesi. Sono stati utilizzati tre modelli VAR: in primis per studiare le decisioni di politica monetaria e discriminare tra le varie teorie post-keynesiane sulla politica monetaria ed in particolare sulla cosiddetta "regola di solvibilità" (Brancaccio e Fontana 2013, 2015) e regola del GDP nominale in Area Euro (paper 1); secondo per estendere l'evidenza dell'ipotesi di endogeneità della moneta valutando gli effetti della cartolarizzazione delle banche sul meccanismo di trasmissione della politica monetaria negli Stati Uniti (paper 2); terzo per valutare gli effetti dell'invecchiamento sulla spesa sanitaria in Italia in termini di implicazioni di politiche economiche (paper 3). La tesi è introdotta dal capitolo 1 in cui si delinea il contesto, la motivazione e lo scopo di questa ricerca, mentre la struttura e la sintesi, così come i principali risultati, sono descritti nei rimanenti capitoli. Nel capitolo 2 sono esaminati, utilizzando un modello VAR in differenze prime con dati trimestrali della zona Euro, se le decisioni in materia di politica monetaria possono essere interpretate in termini di una "regola di politica monetaria", con specifico riferimento alla cosiddetta "nominal GDP targeting rule" (McCallum 1988 Hall e Mankiw 1994; Woodford 2012). I risultati evidenziano una relazione causale che va dallo scostamento tra i tassi di crescita del PIL nominale e PIL obiettivo alle variazioni dei tassi di interesse di mercato a tre mesi. La stessa analisi non sembra confermare l'esistenza di una relazione causale significativa inversa dalla variazione del tasso di interesse di mercato allo scostamento tra i tassi di crescita del PIL nominale e PIL obiettivo. Risultati simili sono stati ottenuti sostituendo il tasso di interesse di mercato con il tasso di interesse di rifinanziamento della BCE. Questa conferma di una sola delle due direzioni di causalità non supporta un'interpretazione della politica monetaria basata sulla nominal GDP targeting rule e dà adito a dubbi in termini più generali per l'applicabilità della regola di Taylor e tutte le regole convenzionali della politica monetaria per il caso in questione. I risultati appaiono invece essere più in linea con altri approcci possibili, come quelli basati su alcune analisi post-keynesiane e marxiste della teoria monetaria e più in particolare la cosiddetta "regola di solvibilità" (Brancaccio e Fontana 2013, 2015). Queste linee di ricerca contestano la tesi semplicistica che l'ambito della politica monetaria consiste nella stabilizzazione dell'inflazione, del PIL reale o del reddito nominale intorno ad un livello "naturale equilibrio". Piuttosto, essi suggeriscono che le banche centrali in realtà seguono uno scopo più complesso, che è il regolamento del sistema finanziario, con particolare riferimento ai rapporti tra creditori e debitori e la relativa solvibilità delle unità economiche. Il capitolo 3 analizza l’offerta di prestiti considerando l’endogeneità della moneta derivante dall'attività di cartolarizzazione delle banche nel corso del periodo 1999-2012. Anche se gran parte della letteratura indaga sulla endogenità dell'offerta di moneta, questo approccio è stato adottato raramente per indagare la endogeneità della moneta nel breve e lungo termine con uno studio degli Stati Uniti durante le due crisi principali: scoppio della bolla dot-com (1998-1999) e la crisi dei mutui sub-prime (2008-2009). In particolare, si considerano gli effetti dell'innovazione finanziaria sul canale dei prestiti utilizzando la serie dei prestiti aggiustata per la cartolarizzazione al fine di verificare se il sistema bancario americano è stimolato a ricercare fonti più economiche di finanziamento come la cartolarizzazione, in caso di politica monetaria restrittiva (Altunbas et al., 2009). L'analisi si basa sull'aggregato monetario M1 ed M2. Utilizzando modelli VECM, esaminiamo una relazione di lungo periodo tra le variabili in livello e valutiamo gli effetti dell’offerta di moneta analizzando quanto la politica monetaria influisce sulle deviazioni di breve periodo dalla relazione di lungo periodo. I risultati mostrano che la cartolarizzazione influenza l'impatto dei prestiti su M1 ed M2. Ciò implica che l'offerta di moneta è endogena confermando l'approccio strutturalista ed evidenziando che gli agenti economici sono motivati ad aumentare la cartolarizzazione per una preventiva copertura contro shock di politica monetaria. Il capitolo 4 indaga il rapporto tra spesa pro capite sanitaria, PIL pro capite, indice di vecchiaia ed aspettativa di vita in Italia nel periodo 1990-2013, utilizzando i modelli VAR bayesiani e dati annuali estratti dalla banca dati OCSE ed Eurostat. Le funzioni di risposta d'impulso e la scomposizione della varianza evidenziano una relazione positiva: dal PIL pro capite alla spesa pro capite sanitaria, dalla speranza di vita alla spesa sanitaria, e dall'indice di invecchiamento alla spesa pro capite sanitaria. L'impatto dell'invecchiamento sulla spesa sanitaria è più significativo rispetto alle altre variabili. Nel complesso, i nostri risultati suggeriscono che le disabilità strettamente connesse all'invecchiamento possono essere il driver principale della spesa sanitaria nel breve-medio periodo. Una buona gestione della sanità contribuisce a migliorare il benessere del paziente, senza aumentare la spesa sanitaria totale. Tuttavia, le politiche che migliorano lo stato di salute delle persone anziane potrebbe essere necessarie per una più bassa domanda pro capite dei servizi sanitari e sociali.

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Le formiche svolgono un importante ruolo all’interno degli ecosistemi ed alcune specie sono considerate keystone in quanto in grado di modificare la componente biotica e/o abiotica dell’ecosistema stesso. Sono animali ubiquitari che hanno colonizzato molteplici ambienti, compresi gli agroecosistemi. Negli agroecosistemi spesso svolgono un ruolo impattante determinando la diffusione o il regresso di specie di artropodi, alcune delle quali dannose alle colture. La presente ricerca tiene conto di un’ampia visione dei rapporti ecoetologici intercorrenti tra le formiche e la componente biotica di un ecosistema, utilizzando il concetto di rete multitrofica. In quest’ottica, si è pensato di costruire un sistema multitrofico costituito da una specie vegetale di interesse agrario (Cucumis sativus), dai suoi fitofagi naturali, divisi in fitomizi (afidi) (Aphis gossypii e Myzus persicae) e fitofagi masticatori (bruchi del lepidottero Mamestra brassicae), formiche (Formica pratensis) e predatori afidofagi (Aphidolets aphidimyza). Il sistema multitrofico è stato utilizzato sia per studiare l’aggressività delle formiche, sia per verificare l’esistenza di una comunicazione interspecifica tra le formiche e le piante (allelochimici). Gli studi sull’aggressività sono consistiti nel: • Verificare il livello di aggressività delle formiche nei confronti di un fitofago masticatore, competitore degli afidi nello sfruttare la pianta ospite. • Verificare se la presenza di afidi mutualisti fa variare il livello di aggressività delle formiche verso il competitore. • Verificare se esiste aggressività verso un predatore di afidi, i quali, secondo il paradigma della trofobiosi, dovrebbero essere difesi dalle formiche in cambio della melata. • Verificare se il predatore ha evoluto strategie volte ad eludere il controllo delle formiche sugli insetti che si approcciano alla colonia di afidi. Gli studi sui rapporti piante-formiche sono stati effettuati mediante olfattometro, osservando la risposta delle formiche alle sostanze volatili provenienti da piante infestate in modo differente con i fitofagi del sistema. Attraverso il trappolaggio e l’analisi gas-cromatografica delle sostanze prodotte dalle piante oggetto di studio abbiamo quindi individuato tipo e quantità di ogni composto volatile. Oltre alle piante di cetriolo, per questi esperimenti sono state utilizzate anche piante di patata (Solanum tuberosum). Dagli esperimenti sull’aggressività è risultato che le formiche manifestano un elevato potenziale predatorio, eradicando completamente la presenza dei bruchi sulle piante. Questo livello di aggressività tuttavia non cresce con la presenza degli afidi mutualisti che dovrebbero essere difesi dai competitori. Le formiche inoltre non sono in grado di sopprimere i predatori afidofagi che ipotizziamo riescano ad effettuare un camuffamento chimico, assumendo gli odori degli afidi dei quali si nutrono. I risultati degli esperimenti in olfattometro mostrano una chiara risposta positiva delle formiche verso gli odori di alcune delle piante infestate. Vi sono delle differenze nella risposta in funzione della specie di fitofago presente e della specie di pianta utilizzata. Nei trattamenti in cui erano presenti le piante di C. sativus, gli esperimenti in olfattometro hanno mostrato che le formiche rispondono in modo significativo agli odori emessi dalle piante in cui vi era la presenza del fitofago masticatore M. brassicae, solo o in associazione con A. gossypii. La presenza dei soli afidi, sia mutualisti (A. gossypii) sia non mutualisti (M. persicae), non ha invece indotto una risposta significativa nelle formiche rispetto agli odori delle piante non infestate. Nei trattamenti in cui erano presenti le piante di S. tuberosum la scelta delle formiche è stata significativa verso gli odori emessi dalle piante infestate con ciascuna delle singole specie di erbivori rispetto alle piante non infestate. Gli esperimenti sull’analisi delle sostanze volatili emesse dalle piante hanno confermato che gli organismi vegetali sono una vera centrale di produzione biochimica, infatti ben 91 composti volatili diversi sono stati individuati dall’analisi gas-cromatografica delle piante di cetriolo e 85 in quelle di patata. Dalle elaborazioni effettuate, rispettivamente 27 e 4 di essi sono prodotti esclusivamente dalle piante attaccate dai fitofagi. In generale, il cambiamento più consistente è dato dalla quantità di alcune sostanze volatili emesse dalle piante infestate rispetto a quelle integre che determina un cambiamento nei rapporti tra le sostanze che compongono i volatiles. E’ probabile che l’effetto attrattivo esercitato sulle formiche sia dato da un Blend di sostanze più che dai singoli composti presenti

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O trabalho estuda a reclamação como instrumento de controle de precedentes do Supremo Tribunal Federal e do Superior Tribunal de Justiça. O estudo se inicia com a análise do desenvolvimento do instituto desde sua origem correicional, passando por sua constitucionalização até sua previsão no novo Código de Processo Civil, que generaliza seu cabimento como meio de controle da eficácia vinculante dos precedentes. Em seguida, passamos à análise do sistema brasileiro de respeito aos precedentes, fazendo uma breve comparação com países do common law, e concluímos que, no Brasil, o efeito vinculante, assim entendida a força que torna obrigatória a observância da norma extraível das decisões judiciais, só existe se houver previsão expressa na Constituição ou na lei. Também constatamos que o sistema adotou a reclamação a ser ajuizada diretamente perante o STF e o STJ como instrumento processual de controle da observância dessa força vinculante. Verificamos que, além de valorizar a segurança jurídica, a isonomia e a justiça das decisões, a adoção de um sistema de respeito a precedentes no Brasil tem como confessado objetivo a otimização do serviço judiciário e a redução dos processos pendentes nos tribunais superiores. Todavia, a utilização da reclamação como meio de controle da eficácia vinculante dos precedentes vai de encontro àqueles objetivos, pois reatomiza os litígios sem que isso signifique maior respeito à obrigatoriedade dos precedentes.

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Etant enfant, j'ai été bercée par des contes que mes grands-parents aimaient me relater. Ces magnifiques histoires sur le comment et le pourquoi certaines créatures existaient au monde. En grandissant, je suis entrée en contact avec la Bible et certaines de ses histoires ressemblaient beaucoup aux contes de mon enfance. J'ai donc décidé de faire certaines recherches et comprendre mieux certains aspects culturels liés. Da bambina, sono stata cullata da storie che i miei nonni adoravano raccontarmi. Questi bellissimi racconti sul come e sul perché esistevano certe creature al mondo. Diventata grande, sono entrata in contatto con la Bibbia e alcune delle sue storie somigliavano molto ai racconti della mia infanzia. Ho quindi deciso di fare delle ricerche per capire meglio alcuni aspetti culturali collegati.

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Lo scopo del presente lavoro è analizzare le scelte traduttive adottate nel doppiaggio in italiano della serie televisiva americana “How to get away with murder”, distribuita in Italia con il nome “Le regole del delitto perfetto”. L’analisi verterà sulla resa italiana del lessico giuridico americano. Verranno descritte le caratteristiche principali del sistema di common law americano, con attenzione verso il sistema giudiziario, il sistema precedente giudiziale e il sistema di risoluzione delle controversie. Tale parte del lavoro è volta a dare l’idea, anche solo generale, di come è il sistema giuridico statunitense e dei suoi tratti caratteristici. In seguito si andranno a evidenziare le sostanziali differenze tra i due ordinamenti giuridici, quello statunitense e quello italiano, in modo da definire al meglio ciò che li contraddistingue. Si passerà poi all’analisi della resa italiana del lessico giuridico presente nella serie televisiva. Verrà analizzata, pur nei limiti di un lavoro di tesina triennale, la resa in italiano di alcuni termini giuridici riscontrati in alcuni episodi della serie televisiva, ponendo particolare attenzione al loro significato, al significato del termine usato per tradurli e all’effetto che tale traduzione potrebbe produrre sul pubblico.

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Il lavoro è suddiviso in tre parti, tutte e tre con la cucina come filo conduttore. La prima parte è un'analisi del rapporto tra cucina e cultura e delle caratteristiche comuni a cucina e linguaggio in quanto elementi fondamentali di una cultura. La seconda è un'introduzione alla cucina slovacca, con una visione d'insieme delle sue basi, dei suoi piatti principali e ingredienti base, e delle ragioni storiche e geografiche che hanno influenzato tale tradizione culinaria. La terza parte è un'analisi traduttologica del testo culinario e delle sue caratteristiche peculiari, con commento traduttologico alla traduzione effettuata dal candidato di testi culinari (ricette) dallo slovacco in italiano.

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Questa tesi si propone di investigare sul rapporto che Wikipedia ha con la traduzione dei suoi articoli. Nella tesi si osserva il fenomeno Wikipedia come paradosso e metodo globale efficiente di diffusione delle informazioni grazie al NPOV, del crowdsourcing con le sue implicazioni etiche per i volontari, i professionisti e i clienti, e della traduzione degli articoli del sito da parte di volontari. Si tratterà del rapporto del traduttore con la grande rete di Wikipedia e con le 280 lingue in cui il sito si può consultare, con una proposta di traduzione del paragrafo “Recursos Humanos” della pagina Wikipedia “El Corte Inglés” spagnola tradotta verso l’italiano.

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Lo scopo di questa trattazione è quindi di illustrare il lavoro svolto nel tentativo di classificare le reazioni emozionali ad immagini con una forte carica emozionale, sia positiva che negativa. A tale scopo sono stati acquisiti i segnali EEG di diversi soggetti durante l’esposizione ad immagini di vario contenuto, insieme alla loro reazione dichiarata alle immagini stesse. Queste sono state immagazzinate, elaborate utilizzando diversi metodi di estrazione delle informazioni, ed infine si è tentato di effettuare un riconoscimento di pattern sui segnali tramite algoritmi di apprendimento supervisionato; i dati sono stati quindi divisi tra dati di “training”, utilizzati per la strutturazione dell’algoritmo, e dati di test, necessari per la verifica dell’affidabilità dell’algoritmo.