789 resultados para focus group
Resumo:
I rifiuti come oggetti impegnano tutte le istituzioni umane in una lotta di definizione del posto che occupano e quindi del valore che assumono. In tale dinamica la gestione dei rifiuti diventa un fatto sociale totale che coinvolge tutte le istituzioni umane in una lotta di definizione territorializzata. La storia del movimento ambientalista ci mostra come partendo dal disagio nei confronti dell’oggetto si è passati ad un disagio nei confronti delle idee che lo generano. Modernizzazione ecologica e modernizzazione democratica sembrano andare per un certo periodo d’accordo. Nei casi di conflittualità recente, e nello studio di caso approfondito di un piano provinciale della gestione rifiuti, il carattere anticipatore dell’attivismo ambientalista, sta rendendo sempre più costosi e incerti, investimenti e risultati strategici . Anche i principi delle politiche sono messi in discussione. La sostenibilità è da ricercare in una relativizzazione dei principi di policy e degli strumenti tecnici di valutazione (e.g. LCA) verso una maggiore partecipazione di tutti gli attori. Si propone un modello di governance che parta da un coordinamento amministrativo territoriale sulle reti logistiche, quindi un adeguamento geografico degli ATO, e un loro maggior ruolo nella gestione del processo di coordinamento e pianificazione. Azioni queste che devono a loro volta aprirsi ai flussi (ecologici ed economici) e ai loro attori di riferimento: dalle aziende multiutility agli ambientalisti. Infine è necessario un momento di controllo democratico che può avere una funzione arbitrale nei conflitti tra gli attori o di verifica. La ricerca si muove tra la storia e la filosofia, la ricerca empirica e la riflessione teorica. Sono state utilizzate anche tecniche di indagine attiva, come il focus group e l’intervista.
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Lo scopo di questa dissertazione è quello di costruire un modello di promozione della salute nel contesto di lavoro in relazione al consumo di sostanze psicoattive fra lavoratori, attraverso il confronto tra la situazione italiana e inglese. L’ipotesi di fondo rimanda all’idea che i luoghi di lavoro possano rappresentare setting d’elezione per i progetti di prevenzione non solo perché alcuni studi dimostrano l’esistenza di fattori di rischio connessi alla mansione rispetto alle condotte relative allo stile di vita, ma anche perché il consumo di alcol e droghe è altamente diffuso tra i lavoratori e questo comporta rischi per la sicurezza e la salute personale nonché quella dei colleghi di lavoro. Si tratta quindi di indagare il rapporto tra contesto lavorativo e utilizzo di sostanze al fine di suggerire alla luce degli studi internazionali in materia e delle riflessioni condotte dai soggetti coinvolti nella ricerca che si andrà a presentare linee guida e indicazioni operative per la realizzazione di interventi di promozione alla salute nei contesti professionali. A tal fine, saranno analizzati gli esiti di 13 focus group che hanno coinvolto esperti italiani e 6 interviste somministrate a esperti inglesi volti a definire la situazione attuale in Italia e Gran Bretagna in materia di prevenzione del consumo di alcol e droghe nei luoghi di lavoro. In particolare, l’analisi verterà sulle seguenti aree: - Percezione circa la diffusione dei consumi nei luoghi di lavoro - Presentazione delle politiche adottate, in logica comparativa, tra i due paesi. - Analisi critica degli interventi e problematiche aperte. L’analisi del materiale empirico permette di delineare due modelli costruiti sulla base dei focus group e delle interviste: - in Italia si può affermare che prevalga il cd. modello della sicurezza: di recente trasformazione, questo sistema enfatizza la dimensione del controllo, tanto che si parla di sorveglianza sanitaria. É orientato alla sicurezza concepita quale rimozione dei fattori di rischio. Il consumo di sostanze (anche sporadico) è inteso quale espressione di una patologia che richiede l’intervento sanitario secondo modalità previste dal quadro normativo: una procedura che annulla la discrezionalità sia del datore di lavoro sia del medico competente. Si connota inoltre per contraddizioni interne e trasversali rispetto alle categorie lavorative (i controlli non si applicano alle professioni associate a maggiore prestigio sociale sebbene palesemente associate a rischio, come per esempio i medici) e alle sostanze (atteggiamento repressivo soprattutto verso le droghe illegali); - in Gran Bretagna, invece, il modello si configura come responsabilità bilaterale: secondo questo modello, se è vero che il datore di lavoro può decidere in merito all’attuazione di misure preventive in materia di alcol e droghe nei luoghi di lavoro, egli è ritenuto responsabile della mancata vigilanza. D’altro canto, il lavoratore che non rispetta quanto previsto nella politica scritta può essere soggetto a licenziamento per motivi disciplinari. Questo modello, particolarmente attento al consumo di tutte le sostanze psicoattive (legali e illegali), considera il consumo quale esito di una libera scelta individuale attraverso la quale il lavoratore decide di consumare alcol e droghe così come decide di dedicarsi ad altre condotte a rischio. Si propone di ri-orientare le strategie analizzate nei due paesi europei presi in esame attraverso la realizzazione di un modello della promozione della salute fondato su alcuni punti chiave: – coinvolgimento di tutti i lavoratori (e non solo coloro che svolgono mansioni a rischio per la sicurezza) al fine di promuovere benessere secondo un approccio olistico di salute, orientato ad intervenire non soltanto in materia di consumo di sostanze psicoattive (legali e illegali), ma più in generale sulle condotte a rischio; – compartecipazione nelle diverse fasi (programmazione, realizzazione e valutazione del progetto) del lavoratore, datore di lavoro e medico competente secondo una logica di flessibilità, responsabilizzazione condivisa fra i diversi attori, personalizzazione e co-gestione dell’intervento; – azione volta a promuovere i fattori di protezione agendo simultaneamente sul contrasto dei fattori di rischio (stress, alienazione, scarso riconoscimento del ruolo svolto), attraverso interventi che integrano diverse strategie operative alla luce delle evidenze scientifiche (Evidence-Based Prevention); – ricorso a strumenti di controllo (drug testing) subordinato all’esigenza di tutelare l’incolumità fisica del lavoratore e dei colleghi, da attuarsi sempre e comunque attraverso prassi che non violino la privacy e attraverso strumenti in grado di verificare l’effettivo stato di alterazione psico-fisica sul luogo di lavoro; – demedicalizzazione delle situazioni di consumo che non richiedono un intervento prettamente sanitario, ma che al contrario potrebbero essere affrontate attraverso azioni incentrate sul care anziché la cure; – messa a disposizione di servizi ad hoc con funzione di supporto, counselling, orientamento per i lavoratori, non stigmatizzanti e con operatori di formazione non solamente sanitaria, sull’esempio degli EAPs (Employee Assistence Programs) statunitensi. Si ritiene che questo modello possa trasformare i contesti di lavoro da agenzie di controllo orientate alla sicurezza a luoghi di intervento orientati al benessere attraverso un’azione sinergica e congiunta volta a promuovere i fattori di protezione a discapito di quelli di rischio in modo tale da intervenire non soltanto sul consumo di sostanze psicotrope, ma più in generale sullo stile di vita che influenza la salute complessiva.
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L’argomento scelto riguarda l’adozione di standard privati da parte di imprese agro-alimentari e le loro conseguenze sulla gestione globale dell’azienda. In particolare, lo scopo di questo lavoro è quello di valutare le implicazioni dovute all’adozione del BRC Global Standard for Food Safety da parte delle imprese agro-alimentari italiane. La valutazione di tale impatto è basata sulle percezioni dei responsabili aziendali in merito ad aspetti economici, gestionali, commerciali, qualitativi, organizzativi. La ricerca ha seguito due passaggi fondamentali: innanzitutto sono state condotte 7 interviste in profondità con i Responsabili Qualità (RQ) di aziende agro-alimentari italiane certificate BRC Food. Le variabili estrapolate dall’analisi qualitativa del contenuto delle interviste sono state inserite, insieme a quelle rilevate in letteratura, nel questionario creato per la successiva survey. Il questionario è stato inviato tramite e-mail e con supporto telefonico ad un campione di aziende selezionato tramite campionamento random. Dopo un periodo di rilevazione prestabilito, sono stati compilati 192 questionari. L’analisi descrittiva dei dati mostra che i RQ sono in buona parte d’accordo con le affermazioni riguardanti gli elementi d’impatto. Le affermazioni maggiormente condivise riguardano: efficienza del sistema HACCP, efficienza del sistema di rintracciabilità, procedure di controllo, formazione del personale, miglior gestione delle urgenze e non conformità, miglior implementazione e comprensione di altri sistemi di gestione certificati. Attraverso l’analisi ANOVA fra variabili qualitative e quantitative e relativo test F emerge che alcune caratteristiche delle aziende, come l’area geografica, la dimensione aziendale, la categoria di appartenenza e il tipo di situazione nei confronti della ISO 9001 possono influenzare differentemente le opinioni degli intervistati. Successivamente attraverso un’analisi fattoriale sono stati estratti 8 fattori partendo da un numero iniziale di 28 variabili. Sulla base dei fattori è stata applicata la cluster analysis di tipo gerarchico che ha portato alla segmentazione del campione in 5 gruppi diversi. Ogni gruppo è stato interpretato sulla base di un profilo determinato dal posizionamento nei confronti dei vari fattori. I risultati oltre ad essere stati validati attraverso focus group effettuati con ricercatori ed operatori del settore, sono stati supportati anche da una successiva indagine qualitativa condotta presso 4 grandi retailer inglesi. Lo scopo di questa successiva indagine è stato quello di valutare l’esistenza di opinioni divergenti nei confronti dei fornitori che andasse quindi a sostenere l’ipotesi di un problema di asimmetria informativa che nonostante la presenza di standard privati ancora sussiste nelle principali relazioni contrattuali. Ulteriori percorsi di ricerca potrebbero stimare se la valutazione dell’impatto del BRC può aiutare le aziende di trasformazione nell’implementazione di altri standard di qualità e valutare quali variabili possono influenzare invece le percezioni in termini di costi dell’adozione dello standard.
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La tesi analizza il dialogo tra due prospettive disciplinari: pedagogia e scienze mediche aprendo ad una serie di riflessioni operative e metodologiche per lo sviluppo della competenza educativa in sanità. Si tratta di un lavoro di ricerca pedagogica articolata in due parti:una teoretica e una empirica. La prima parte pone l’attenzione in modo particolare all’epistemologia della cura sanitaria nella prospettiva della complessità e agli elementi che definiscono la competenza educativa degli operatori. La seconda parte presenta i dati di una indagine esplorativa realizzata tramite focus group che ha coinvolto medici, infermieri, ostetriche e fisioterapisti della provincia di Bologna e medici, infermieri e fisioterapisti del Canton Ticino, Svizzera per far emergere le esperienze, i vissuti e le opinioni legate alle azioni educative sanitarie
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Il tema generale del dottorato di ricerca è l'analisi delle politiche di attivazione in Italia durante la crisi economica. La combinazione di politiche attive e passive del lavoro viene interpretata ricorrendo al quadro teorico proposto da Amartya Sen e basato sul concetto di capability. Abbiamo considerato le misure nazionali e regionali nel quadro delle linee guida europee e analizzato le tendenze verso l'empowerment dei beneficiari di politiche del lavoro attraverso il concetto di capability proposto da Sen. La ricerca empirica ha utilizzato diversi strumenti per la raccolta dei dati: focus group, un questionario inviato ad un campione di 1.200 lavoratori, e interviste.
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La tesi affronta il tema dell'innovazione della scuola, oggetto di costante attenzione da parte delle organizzazioni internazionali e dei sistemi educativi nazionali, per le sue implicazioni economiche, sociali e politiche, e intende portare un contributo allo studio sistematico e analitico dei progetti e delle esperienze di innovazione complessiva dell'ambiente di apprendimento. Il concetto di ambiente di apprendimento viene approfondito nelle diverse prospettive di riferimento, con specifica attenzione al framework del progetto "Innovative Learning Environments" [ILE], dell’Organisation For Economic And Cultural Development [OECD] che, con una prospettiva dichiaratamente olistica, individua nel dispositivo dell’ambiente di apprendimento la chiave per l’innovazione dell’istruzione nella direzione delle competenze per il ventunesimo Secolo. I criteri presenti nel quadro di riferimento del progetto sono stati utilizzati per un’analisi dell’esperienza proposta come caso di studio, Scuola-Città Pestalozzi a Firenze, presa in esame perché nell’anno scolastico 2011/2012 ha messo in pratica appunto un “disegno” di trasformazione dell’ambiente di apprendimento e in particolare dei caratteri del tempo/scuola. La ricerca, condotta con una metodologia qualitativa, è stata orientata a far emergere le interpretazioni dei protagonisti dell’innovazione indagata: dall’analisi del progetto e di tutta la documentazione fornita dalla scuola è scaturita la traccia per un focus-group esplorativo attraverso il quale sono stati selezionati i temi per le interviste semistrutturate rivolte ai docenti (scuola primaria e scuola secondaria di primo grado). Per quanto concerne l’interpretazione dei risultati, le trascrizioni delle interviste sono state analizzate con un approccio fenomenografico, attraverso l’individuazione di unità testuali logicamente connesse a categorie concettuali pertinenti. L’analisi dei materiali empirici ha permesso di enucleare categorie interpretative rispetto alla natura e agli scopi delle esperienze di insegnamento/apprendimento, al processo organizzativo, alla sostenibilità. Tra le implicazioni della ricerca si ritengono particolarmente rilevanti quelle relative alla funzione docente.
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L’obiettivo principale di questa tesi è utilizzare le tecniche di gamification più importanti nella progettazione ed implementazione di un’interfaccia Human-Vehicle per creare un software che possa rendere la guida di un’automobile elettrica più efficace ed efficiente da parte del guidatore. Per lo sviluppo del software è stato svolto uno studio specifico sulla gamification, sulle interfacce Human-Vehicle e sulle macchine elettriche attualmente in produzione. Successivamente è stata svolta la fase di progettazione in cui sono stati creati dei mockup relativi all’interfaccia grafica ed è stato svolto un focus group. Infine è stato implementato il vero e proprio software di simulazione EcoGame ed è stato effettuato un test utenti.
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Between 2005 and 2006, we investigated vaginal practices in Yogyakarta, Indonesia; Tete, Mozambique; KwaZulu-Natal, South Africa; and Bangkok and Chonburi, Thailand. We sought to understand women's practices, their motivations for use and the role vaginal practices play in women's health, sexuality and sense of wellbeing. The study was carried out among adult women and men who were identified as using, having knowledge or being involved in trade in products. Further contacts were made using snowball sampling. Across the sites, individual interviews were conducted with 229 people and 265 others participated in focus group discussions. We found that women in all four countries have a variety of reasons for carrying out vaginal practices whose aim is to not simply 'dry' the vagina but rather decrease moisture that may have other associated meanings, and that they are exclusively "intravaginal" in operation. Practices, products and frequency vary. Motivations generally relate to personal hygiene, genital health or sexuality. Hygiene practices involve external washing and intravaginal cleansing or douching and ingestion of substances. Health practices include intravaginal cleansing, traditional cutting, insertion of herbal preparations, and application of substances to soothe irritated vaginal tissue. Practices related to sexuality can involve any of these practices with specific products that warm, dry, and/or tighten the vagina to increase pleasure for the man and sometimes for the woman. Hygiene and health are expressions of femininity connected to sexuality even if not always explicitly expressed as such. We found their effects may have unexpected and even undesired consequences. This study demonstrates that women in the four countries actively use a variety of practices to achieve a desired vaginal state. The results provide the basis for a classification framework that can be used for future study of this complex topic.
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Several studies have documented women's use of vaginal practices in South Africa to enhance their desirability to men. This article describes a little known practice of this kind among women in KwaZulu-Natal. It involves the use of small incisions in the genital area (and often abdomen and breasts) to introduce herbal substances, described as love medicines, into the body through the incisions. In-depth interviews were carried out with 20 key informants and 20 women, and eight focus group discussions with women and men, in a rural and urban site in 2005-06. A province-wide household survey was then conducted using a multi-stage cluster sample design among 867 women aged 18-60. Forty-two per cent of the women in the household survey had heard of genital incisions; only 3% had actually used them. The main motivation was the enhancement of sexual attractiveness and long-term partner commitment. It appears to be a very recent practice, but may be an extension of an older healing practice not involving the genitals. It was most prevalent among rural women aged 24-29 (although not significant), those with less education, and those who suspected their partners of having other partners. It is linked to the modern popularity of love medicines, which in turn illustrates the troubling state of gender relations in KwaZulu-Natal today.
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We conducted a qualitative, multicenter study using a focus group design to explore the lived experiences of persons with any kind of primary sleep disorder with regard to functioning and contextual factors using six open-ended questions related to the International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF) components. We classified the results using the ICF as a frame of reference. We identified the meaningful concepts within the transcribed data and then linked them to ICF categories according to established linking rules. The six focus groups with 27 participants yielded a total of 6986 relevant concepts, which were linked to a total of 168 different second-level ICF categories. From the patient perspective, the ICF components: (1) Body Functions; (2) Activities & Participation; and (3) Environmental Factors were equally represented; while (4) Body Structures appeared poignantly less frequently. Out of the total number of concepts, 1843 concepts (26%) were assigned to the ICF component Personal Factors, which is not yet classified but could indicate important aspects of resource management and strategy development of those who have a sleep disorder. Therefore, treatment of patients with sleep disorders must not be limited to anatomical and (patho-)physiological changes, but should also consider a more comprehensive view that includes patient's demands, strategies and resources in daily life and the contextual circumstances surrounding the individual.
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Vaginal practices in sub-Saharan Africa may increase HIV transmission and have important implications for development of microbicides and future HIV prevention technologies. It remains unclear which women undertake vaginal practices and what factors predict prevalence, practice type and choice of products. Using cross-sectional data from mixed research methods, we identify factors associated with vaginal practices among women in KwaZulu-Natal, South Africa. Data were gathered through focus group discussions, in-depth and key-informant interviews, followed by a province-wide, multi-stage cluster household survey, using structured questionnaires in face-to-face interviews with 867 women. This paper details six types of vaginal practices, which--despite their individual distinctiveness and diverse motivations--may be clustered into two broad groups: those undertaken for purposes of 'hygiene' (genital washing, douching and application) and those for 'sexual motivations' (application, insertion, ingestion and incisions). Multivariate analysis found significant associations between 'hygiene' practices and media access, religiosity and transactional sex. 'Sexual' practices were associated with partner concurrency, religiosity and use of injectable hormonal contraceptives. Future interventions relating to vaginal practices as well as microbicides need to reflect this characterisation of practices as sexual- and/or hygiene-related.
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Alternative livelihoods to pastoral and agro-pastoral livelihoods are increasingly gaining attention in rural development but few empirical evidence exist on how to go about supporting such initiatives. As pastoral and agro-pastoral production conditions change due to various factors including market conditions, climate variability and change, pastoralists and agro-pastoralists are increasingly faced with the challenge of finding alternative livelihoods. Bio-enterprises offer such alternatives or complementary activities for rural actors to adapt to changing socio-ecological conditions. This study examines the roles of bio-enterprise initiatives from a livelihood perspective and identifies the features important for such initiatives to reduce poverty and improve the adaptive capacities of pastoralists and agro-pastoralists. It draws on four different bio-enterprise initiatives on agro-pastoral and pastoral livelihoods and on improved natural resources management (NRM) in the drylands of Kenya. Data were collected through interviews, focus group discussions, informal discussions and the study of reports. Results shows among other factors that diversification into enterprises requires cooperation among the stakeholders with their varying experiences in development, NRM and business development. Other factors such as sustained financial support, capacity development to survive the market introduction phase, as well as quantity and quality of the product, are critical. Mentoring proved to be a driver of success in some initiatives.
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This thesis focuses on “The “great hunting” among the Baka pygmies of the Southeastern Cameroon. A contribution to Anthropology of environment. The problematic in the study is the confrontation of great hunting among the Baka with the institutional, socio-economic and ecological change in forest. The goal is to analyze the mechanisms of adaptation of this game against these changes that affect the Baka environment. The proposed hypothesis suggests that Baka Pygmies have restructured the preparatory ceremonies of the great hunting following changes that occurred in their environmental milieu. Certain ritual animals have been substituted. Hunting lands, tools, methods and periods were also modified. The great hunting is opened to Baka hunters and non Baka hunters. Qualitative techniques, including observation, interviews and focus group discussions were used for data collection. The observations allowed us to understand the reality of driving forces in the forest as well as tools for hunting, hunting land and even the species sought. Interviews and focus group discussions were consolidated data on the ancient practice of hunting for rituals like Jengi and Beka, on the current practice of this hunting and on the impact of the of the modification of this hunting practice on the Baka culture. The results of this research show that the Baka have taken important measure to adapt their great hunting to the changing time and space. But the restructuring of this hunting varies from one village to another. As and when we leave the depths of the forest to the city of Yokadouma the great hunting is practiced less and less. Baka use illegal hunting tools and even fully protected species in their great hunting and in rituals celebrations. The overexploitation of forest resources, the creation of protected areas, full protection of certain large mammals and the action of ecoguards are something of an obstacle to the ancient practice of hunting for ritual. In most of camp where hunting is no more existing, ritual ceremonies are less and less celebrated. The study is divided into five chapters. The first chapter is related to the literature review, the theoretical framework, the definition of concepts, the second focuses on the geographical presentation of the study area, the third chapter looks at factors affecting the great hunting, the fourth chapter deal with the changes observed in the Baka’s great hunting, and the fifth chapter examines consequences of the restriction or suppression of the hunt on the Baka socio culture.
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Using an epistemological and feminist lens, this thesis analyzes the political and social forces that actively construct both knowledge and ignorance around female sexual pleasure. It draws from interviews and a focus group, all conducted at Bucknell Unviersity to explore the journeys that women take to gain knowledge about sexual pleasure, and how the sources and cultural mores that women in the twenty-first century rely on or go up against in order to gain such knowledge are often limited, unauthorized or phallocentric. This aids in the construction and perpetuation of ignorance. This thesis looks at how women feel shame or enact self-censorship, regardless of their assertion of knowledge concerning their sexual appetites, which results in consequential ambivalence. For this reason, it concludes that more informed and educational conversations between peers, parents and partners need to take place. These conversations will help to ignite change and to raise awareness about the knowledge and ignorance surrounding female sexual pleasure, which would allow for more pleasurable experiences to take place generally and with a brief over view on Bucknell's campus specifically.
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The Great Lakes watershed is home to over 40 million people, and the health of the Great Lakes ecosystem is vital to the overall economic, societal, and environmental health of the U.S. and Canada. However, environmental issues related to them are sometimes overlooked. Policymakers and the public face the challenges of balancing economic benefits with the need to conserve and/or replenish regional natural resources to ensure long term prosperity. From the literature review, nine critical stressors of ecological services were delineated, which include pollution and contamination, agricultural erosion, non-native species, degraded recreational resources, loss of wetlands habitat, climate change, risk of clean water shortage, vanishing sand dunes, and population overcrowding; this list was validated through a series of stakeholder discussions and focus groups in Grand Rapids. Focus groups were conducted in Grand Rapids to examine the awareness of, concern with, and willingness to expend resources on these stressors. Stressors that the respondents have direct contact with tend to be the most important. The focus group results show that concern related to pollution and contamination is much higher than for any of the other stressors. Low responses to climate change result in recommendations for outreach programs.