878 resultados para epigraphic habit


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La Tesi Materiale epigrafico per la ricostruzione dei contatti nel Mediterraneo tra il 1200 a.C. e il 500 a.C. si propone di illustrare i complessi rapporti instauratisi tra i vari popoli che si affacciarono sulle rive del Mediterraneo e nelle sue vicinanze, tra il 1200 e il 500 a.C. circa, quali emergono dalle iscrizioni disponibili, principalmente greche e semitiche (soprattutto fenicie, ebraiche, aramaiche e assire), prendendo tuttavia in esame anche iscrizioni ittite, egiziane, frigie, etrusche e celtiche. Le date suddette riguardano due eventi cruciali, che sconvolsero il Mediterraneo: gli attacchi dei Popoli del Mare, che distrussero l'Impero Ittita e indebolirono l'Egitto, e le guerre Persiane. Le iscrizioni riportate sono 1546, quasi sempre traslitterate, tradotte, e accompagnate da un'immagine, da riferimenti bibliografici essenziali e da una breve motivazione del collegamento proposto. Il quadro che si delinea ben testimonia la complessità dei rapporti che si intrecciarono in quel periodo: si pensi alle centinaia di graffiti greci trovati a Naucrati, in Egitto, o alle decine di iscrizioni greche trovate a Gravisca. Anche le iscrizioni aramaiche e assire attestano gli stretti rapporti che si formarono tra Siria e Mesopotamia; ugualmente Iran e Arabia sono, direttamente o indirettamente, collegati a Etruria e Grecia; così troviamo un'iscrizione greca nel cuore dell'Impero Persiano, e un cratere laconico nel centro della Gallia. In realtà lo scopo di questo lavoro è anche quello di mettere in contatto due mondi sostanzialmente separati, ossia quello dei Semitisti e quello dei Grecisti, che solo apparentemente si conoscono e collaborano. Inoltre vorrei soavemente insinuare l'idea che la tesi di Joseph Naveh, che ipotizzò che gli alfabeti greci abbiano tratto origine in prima istanza dalle iscrizioni protocananaiche, nel XII sec. a.C., è valida, e che solo in un secondo tempo i Fenici abbiano dato il loro apporto.

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La tesi riguarda la concessione di spazi di proprietà pubblica a privati, intesi come singole persone o enti, quali ad esempio i collegi, da parte delle autorità cittadine. Le fonti a disposizione per indagare tale pratica burocratica sono quasi totalmente di natura epigrafica, per lo più attestanti l’espressione locus datus decreto decurionum, variamente abbreviata, o formule similari. Questo aspetto della vita civica è stata cursoriamente oggetto di studio in diversi contributi, ma si tratta di articoli che circoscrivono il tema, analizzandolo in relazione a ristrette aree geografiche, oppure considerandone determinati aspetti (ad esempio l’ambito sacro o quello funerario). Si è perciò ritenuto utile proseguire questa linea di ricerca affrontando uno studio di più ampio raggio, che comprenda la documentazione epigrafica dell’intero territorio italico (costituito dalle undici regioni augustee ad esclusione di Roma), per tutte le tipologie testuali (iscrizioni sacre, funerarie, onorarie, su opera pubblica, exempla decreti), allo scopo di formulare osservazioni più precise e puntuali sulla procedura burocratica in esame, pur con tutti i limiti noti a chi affronti questo genere di indagine. Tra le conclusioni raggiunte, è emerso come durante il I-II sec. d.C. vi fosse la tendenza a concedere, sporadicamente, dei loca sepulturae extraurbani a membri delle famiglie delle élites cittadine, anche donne e fanciulli, mentre il foro e le altre aree pubbliche interne alla città erano soprattutto utilizzate direttamente dai decurioni per l’elevazione di dediche e statue. Nel corso del II sec. d.C., con massima diffusione nell’età antonina e poi in quella severiana, prese invece piede l’uso privato a scopo onorario degli spazi pubblici siti all’interno delle città, ovvero in aree prima pressoché precluse all’intervento di singoli cittadini: familiari e liberti, collegi e altri organismi commissionavano statue dedicate prevalentemente agli amministratori locali, magistrati cittadini spesso divenuti anche cavalieri.

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La ricerca riguarda lo studio del cantiere edilizio protobizantino, con particolare riferimento al ciclo della lavorazione del marmo. Quest’ultimo viene analizzato sotto il profilo amministrativo, tecnico, sociale ed artigianale. L’elemento guida della ricerca sono i marchi dei marmorari, sigle apposte da funzionari e maestranze durante il processo produttivo. Dapprima, fonti letterarie ed epigrafiche, tra cui le sigle di cava e officina su marmo, vengono esaminate per ricostruire il sistema alto-imperiale di amministrazione delle cave e di gestione dei flussi marmorei, nonché l’iter tecnico-artigianale adottato per la produzione dei manufatti. Il confronto con i dati disponibili per la tarda antichità, con particolare riferimento alle cave di Proconneso, evidenzia una sostanziale continuità della prassi burocratico-amministrativa, mentre alcuni cambiamenti si riscontrano nell’ambito produttivo-artigianale. Il funzionamento degli atelier marmorari viene approfondito attraverso lo studio dei marchi dei marmorari. Si tratta di caratteri greci singoli, multipli o monogrammi. Una ricognizione sistematica delle sigle dalla pars Orientalis dell’impero, reperite in bibliografia o da ricognizioni autoptiche, ha portato alla raccolta di circa 2360 attestazioni. Per esse si propone una classificazione tipologica tra sigle di cava, stoccaggio, officina. Tra le sigle di cava si annoverano sigle di controllo, destinazione/committenza, assemblaggio/posizionamento. Una particolare attenzione è riservata alle sigle di officina, riferibili ad un nome proprio di persona, ovvero al πρωτομαΐστωρ, il capo-bottega che supervisionava il lavoro dei propri artigiani e fungeva da garante del prodotto consegnato alla committenza. Attraverso lo studio comparato delle sigle reperite a Costantinopoli e in altri contesti si mette in luce la prassi operativa adottata dagli atelier nei processi di manifattura, affrontando anche il problema delle maestranze itineranti. Infine, sono analizzate fonti scritte di varia natura per poter collocare il fenomeno del marmo in un contesto socio-economico più ampio, con particolare riferimento alle figure professionali ed artigianali coinvolte nei cantieri e al problema della committenza.

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Tra il V ed il VI secolo, la città di Ravenna, per tre volte capitale, emerge fra i più significativi centri dell’impero, fungendo da cerniera tra Oriente e Occidente, soprattutto grazie ai mosaici parietali degli edifici di culto, perfettamente inseriti in una koinè culturale e artistica che ha come comune denominatore il Mar Mediterraneo, nel contesto di parallele vicende storiche e politiche. Rispetto ai ben noti e splendidi mosaici ravennati, che insieme costituiscono senza dubbio un unicum nel panorama artistico dell’età tardoantica e altomedievale, nelle decorazioni musive parietali dei coevi edifici di culto dei diversi centri dell’impero d’Occidente e d’Oriente, e in particolare in quelli localizzati nelle aree costiere, si possono cogliere divergenze, ma anche simmetrie dal punto di vista iconografico, iconologico e stilistico. Sulla base della letteratura scientifica e attraverso un poliedrico esame delle superfici musive parietali, basato su una metodologia interdisciplinare, si è cercato di chiarire l’articolato quadro di relazioni culturali, ideologiche ed artistiche che hanno interessato e interessano tuttora Ravenna e i vari centri della tarda antichità, insistendo sulla pluralità, sulla complessità e sulla confluenza di diverse esperienze artistiche sui mosaici di Ravenna. A tale scopo, i dati archeologici e artistici sono stati integrati con quelli storici, agiografici ed epigrafici, con opportuni collegamenti all’architettura, alla scultura, alle arti decorative e alle miniature, a testimonianza dell’unità di intenti di differenti media artistici, orientati, pur nella diversità, verso le medesime finalità dogmatiche, politiche e celebrative. Si tratta dunque di uno studio di revisione e di sintesi sui mosaici parietali mediterranei di V e VI secolo, allo scopo di aggiungere un nuovo tassello alla già pur vasta letteratura dedicata all’argomento.

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Kolumnare Apfelbäume (Malus x domestica) stellen aufgrund ihres auffälligen Phänotyps eine ökonomisch interessante Wuchsform dar. Diese extreme Form des Kurztriebwuchses zeichnet sich durch einen insgesamt sehr schlanken, säulenförmigen Habitus aus, welcher eine dichte Pflanzung und damit einhergehend Ertragssteigerungen im Vergleich zu normalwüchsigen Bäumen ermöglicht. Verursacht wird der Phänotyp durch die Anwesenheit eines einzelnen, dominanten Allels des Columnar (Co)-Gens. Bis auf die approximative Lokalisation des Gens auf Chromosom 10 ist über mögliche Identität und Funktion bislang nichts bekannt.rnIn der vorliegenden Arbeit wurde ein erster Versuch unternommen, mit Hilfe von Next Generation Sequencing (NGS) Technologien und RNA-Seq Einblicke in das Transkriptom des Sprossapikalmeristems (SAM) kolumnarer Apfelbäume zu gewinnen. So konnte gezeigt werden, dass unabhängig vom Zeitpunkt der Entnahme des Materials mehrere hundert Gene differentiell reguliert werden. Diese lassen sich funktional in mehrere überrepräsentierte Kategorien gruppieren, von denen sich einige wiederum mit dem kolumnaren Phänotyp assoziieren lassen. Durch den Einsatz weiterer Expressionsstudien (Microarrays, qRT-PCR) konnten frühere Ergebnisse bezüglich des Hormonhaushalts auf Genebene bestätigt und neue Erkenntnisse gewonnen werden, die eine mögliche Erklärung für den Phänotyp darstellen. Weiterhin ergab der Vergleich aller durchgeführten Expressionsstudien eine Anreicherung signifikant differentiell regulierter Gene auf Chromosom 10, was auf einen „selective sweep“ hindeutet. Eine potentielle epigenetische Regulation dieser Gene durch das Genprodukt von Co könnte daher möglich sein. Mehr als die Hälfte dieser Gene lassen sich darüber hinaus aufgrund ihrer Funktion direkt mit dem kolumnaren Phänotyp assoziieren.rnDiese Ergebnisse zeigen, dass die Anwesenheit des Co-Allels massive Veränderungen in der Genregulation des SAMs mit sich bringt, wobei einige dieser differentiell regulierten Gene mit großer Wahrscheinlichkeit an der Etablierung des kolumnaren Phänotyps beteiligt sind. Auch wenn die Funktion des Co-Genproduktes nicht abschließend geklärt werden konnte, sind doch anhand der Resultate schlüssige Hypothesen diesbezüglich möglich.rn

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The general aim of this dissertation was to uncover the association between psychosocial factors and rehabilitation outcome after stroke. METHOD. A sample of patients with stroke (n=40) and their caregivers (n=36) were assessed at admission to and six months after discharge from rehabilitation hospital, using the following instruments: Structured Clinical Interview for DSM-IV, structured interview based on Diagnostic Criteria for Psychosomatic Research, Symptom Questionnaire, Psychosocial Index, Psychological Well-Being Scales, and Family Assessment Device. 40 subjects from the general population underwent the same psychological assessment. In addition, patients' functional status was measured using the Functional Independence Measure. RESULTS. Stroke survivors reported lower education and higher alcohol consumption than controls. No significant differences emerged between the two groups in the prevalence of psychiatric diagnoses or psychosomatic syndromes, however patients reported significantly higher levels of anxiety, depression, somatic symptoms, and lower autonomy than controls. Caregivers reported significantly higher scores in anxiety, depression, and somatic symptoms compared to normative data, while no impairments emerged in psychological well-being and family functioning. At six-month follow-up, in patients a significant decrease in smoking habit and an increase in DSM diagnoses were reported. Both stroke survivors and caregivers showed significant reductions in anxiety, with patients displaying also a decrease in somatic symptoms, an increase in stress and a deterioration in quality of life. Significant deteriorations in several aspects of family functioning was perceived only by patients. An association between patients' functional recovery in the cognitive domain and family behavior control emerged. For caregivers, family functioning significantly predicted hostility and somatic symptoms were associated with family affective involvement. CONCLUSIONS. These data highlight the utility in the Italian setting of the adoption of a psychosocial assessment and a family-systems approach in stroke rehabilitation, in order to development interventions properly targeted to the characteristics of patients and their family members.

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This doctorate was funded by the Regione Emilia Romagna, within a Spinner PhD project coordinated by the University of Parma, and involving the universities of Bologna, Ferrara and Modena. The aim of the project was: - Production of polymorphs, solvates, hydrates and co-crystals of active pharmaceutical ingredients (APIs) and agrochemicals with green chemistry methods; - Optimization of molecular and crystalline forms of APIs and pesticides in relation to activity, bioavailability and patentability. In the last decades, a growing interest in the solid-state properties of drugs in addition to their solution chemistry has blossomed. The achievement of the desired and/or the more stable polymorph during the production process can be a challenge for the industry. The study of crystalline forms could be a valuable step to produce new polymorphs and/or co-crystals with better physical-chemical properties such as solubility, permeability, thermal stability, habit, bulk density, compressibility, friability, hygroscopicity and dissolution rate in order to have potential industrial applications. Selected APIs (active pharmaceutical ingredients) were studied and their relationship between crystal structure and properties investigated, both in the solid state and in solution. Polymorph screening and synthesis of solvates and molecular/ionic co-crystals were performed according to green chemistry principles. Part of this project was developed in collaboration with chemical/pharmaceutical companies such as BASF (Germany) and UCB (Belgium). We focused on on the optimization of conditions and parameters of crystallization processes (additives, concentration, temperature), and on the synthesis and characterization of ionic co-crystals. Moreover, during a four-months research period in the laboratories of Professor Nair Rodriguez-Hormedo (University of Michigan), the stability in aqueous solution at the equilibrium of ionic co-crystals (ICCs) of the API piracetam was investigated, to understand the relationship between their solid-state and solution properties, in view of future design of new crystalline drugs with predefined solid and solution properties.

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La ricerca sulla comunicazione e gestione multilingue della conoscenza in azienda si è sinora concentrata sulle multinazionali o PMI in fase di globalizzazione. La presente ricerca riguarda invece le PMI in zone storicamente multilingui al fine di studiare se l’abitudine all’uso di lingue diverse sul mercato locale possa rappresentare un vantaggio competitivo. La tesi illustra una ricerca multimetodo condotta nel 2012-2013 in Alto Adige/Südtirol. Il dataset consiste in 443 risposte valide a un questionario online e 23 interviste con manager e imprenditori locali. Le domande miravano a capire come le aziende altoatesine affrontino la sfida del multilinguismo, con particolare attenzione ai seguenti ambiti: comunicazione multilingue, documentazione, traduzione e terminologia. I risultati delineano un quadro generale delle strategie di multilinguismo applicate in Alto Adige, sottolineandone punti di forza e punti deboli. Nonostante la presenza di personale multilingue infatti il potenziale vantaggio competitivo che ne deriva non è sfruttato appieno: le aziende si rivolgono ai mercati in cui si parla la loro stessa lingua (le imprese a conduzione italiana al mercato nazionale, quelle di lingua tedesca ad Austria e Germania). La comunicazione interna è multilingue solo nei casi in sia imprescindibile. Le “traduzioni fai-da-te” offrono l’illusione di gestire lingue diverse, ma il livello qualitativo rimane limitato. I testi sono sovente tradotti da personale interno privo di competenze specifiche. Anche nella cooperazione con i traduttori esterni si evidenza la mancata capacità di ottenere il massimo profitto dagli investimenti. La tesi propone delle raccomandazioni pratiche volte a ottimizzare i processi attuali e massimizzare la resa delle risorse disponibili per superare la sfida della gestione e comunicazione multilingue. Le raccomandazioni non richiedono investimenti economici di rilievo e sono facilmente trasferibili anche ad altre regioni multilingui/di confine, come ad altre PMI che impiegano personale plurilingue. Possono dunque risultare utili per un elevato numero di imprese.

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Scegliere di consumare in modo sostenibile significa passare ad un nuovo modello di consumo. Tale modello richiede una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte dei consumatori, unite all'adozione di nuovi stili di vita e di scelte d’acquisto, che permettano il raggiungimento di elevati livelli di benessere nel rispetto dell'ambiente. Un notevole sforzo è stato compiuto recentemente dai policy maker per incoraggiare il consumo sostenibile quali implementazioni dello sviluppo sostenibile. Ancora lunga, tuttavia, è la strada da percorrere per raggiungere pienamente questo obiettivo. Tra i prodotti sostenibili, il biologico si è rivelato di gran lunga il più rappresentativo: le statistiche di questo mercato mostrano, infatti, tendenze positive, sebbene il consumo risulti ancora eterogeneo e contenuto rispetto al consumo di alimenti convenzionali. Ciò mostra che il comportamento dei consumatori non è ancora abbastanza reattivo alle suddette politiche. Il presente studio si propone di contribuire alla ricerca sul consumo sostenibile approfondendo i fattori che incoraggiano o impediscono il consumo di prodotti alimentari biologici in Italia. Adottando un nuovo approccio si cerca di capire come i diversi segmenti di diete alimentari affrontino gli alimenti biologici in termini di consumi e di atteggiamenti. Un'analisi multivariata a più fasi è stata condotta su un campione di 3.004 consumatori. Un’analisi delle componenti principali non lineare è stata applicata alle variabili ordinali che misurano il consumo di ventuno categorie di alimenti. Successivamente è stata applicata la cluster analysis che ha dato luogo a quattro segmenti di abitudini alimentari. I prodotti biologici sono diventati parte delle abitudini alimentari in Italia in quasi un terzo della popolazione. Il consumo sembra essersi affermato soprattutto nel segmento con abitudini alimentari sane. Una scarsa attenzione ad una dieta sana, gli stili di vita, il reddito, l'accessibilità, la mancanza di consapevolezza condizionano le abitudini alimentari a scapito di un consumo più sostenibile.

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Das Kolumnarwachstum beim Apfel (Malus x domestica) geht auf eine in den frühen 1960er Jahren entdeckte Zufallsmutation zurück. Die daraus resultierende Sprossmutante ist von großem wirtschaftlichem Interesse, da diese sehr kompakte Wuchsform unter anderem zu einer enormen Ertragssteigerung durch eine hohe Pflanzdichte der Bäume führt. Das Ziel der Arbeit ist die Entschlüsselung der molekularen Ursache dieser Mutation, die bisher weitgehend ungeklärt ist. Die Analyse wurde durch die Erstellung einer Referenzsequenz der Co-Zielregion einer kolumnaren Apfelsorte sowie durch die Konstruktion eng gekoppelter molekularer Marker realisiert. Durch die Konstruktion von genomischen Apfel-BAC-Bibliotheken mit mehrfacher Genomabdeckung und die Erstellung geeigneter Sonden wurde die Co-Region kloniert und deren Sequenz bestimmt. In Kombination zu dieser klassischen positionellen Klonierungsstrategie wurden genomische Illumina „mate pair“-Bibliotheken erstellt, sequenziert und bioinformatisch analysiert, um die genomische Region vollständig zu annotieren. Somit wurde eine vollständige genomische Referenz der Co-Region einer kolumnaren Apfelsorte erstellt, die die Grundlage für weitere Analysen bildet. Auf Basis dieser Referenz konnte die Co-Mutation in Form der Integration des LTR-Retrotransposons Gypsy-44 im kolumnaren Chromosom an Position 18,79 Mbp auf Chromosom 10 lokalisiert werden. Darüber hinaus konnten Transposon-basierende molekulare Marker erstellt werden, die eine verlässliche Genotypisierung von Apfelbäumen in Bezug auf das Kolumnarwachstum ermöglichen und dies unabhängig von der verwendeten Apfelsorte. Der genaue Wirkmechanismus von Gypsy-44, der zur Ausprägung dieses extremen Phänotyps führt, ist bislang unklar. Zusammenfassend lässt sich sagen, dass die molekulare Ursache für das kolumnare Wachstum aufgeklärt werden konnte und zudem die ersten molekularen Marker erstellt wurden, die eine sortenunabhängige Differenzierung zwischen kolumnaren und nicht kolumnaren Apfelbäumen ermöglichen.

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The columnar growth habit of apple is interesting from an economic point of view as the pillar-like trees require little space and labor. Genetic engineering could be used to speed up breeding for columnar trees with high fruit quality and disease resistance. For this purpose, this study dealt with the molecular causes of this interesting phenotype. The original bud sport mutation that led to the columnar growth habit was found to be a novel nested insertion of a Gypsy-44 LTR retrotransposon on chromosome 10 at 18.79 Mb. This subsequently causes tissue-specific differential expression of nearby downstream genes, particularly of a gene encoding a 2OG-Fe(II) oxygenase of unknown function (dmr6-like) that is strongly upregulated in developing aerial tissues of columnar trees. The tissue-specificity of the differential expression suggests involvement of cis-regulatory regions and/or tissue-specific epigenetic markers whose influence on gene expression is altered due to the retrotransposon insertion. This eventually leads to changes in genes associated with stress and defense reactions, cell wall and cell membrane metabolism as well as phytohormone biosynthesis and signaling, which act together to cause the typical phenotype characteristics of columnar trees such as short internodes and the absence of long lateral branches. In future, transformation experiments introducing Gypsy-44 into non-columnar varieties or excising Gypsy-44 from columnar varieties would provide proof for our hypotheses. However, since site-specific transformation of a nested retrotransposon is a (too) ambitious objective, silencing of the Gypsy-44 transcripts or the nearby genes would also provide helpful clues.

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Au Piémont quatre minorités linguistiques historiques sont protégées par la loi: occitane, française, provençale et walser. Les municipalités francophones du Piémont sont vingt-huit, dont la plupart se trouve sur un territoire appelé « vallées vaudoises ». Le français est parlé comme un dialecte régional et il peut être considéré comme une variété de la langue, car il diffère du français de France pour son vocabulaire et sa prononciation. Le but de cette étude est celui d’examiner le degré de diffusion du français dans les vallées vaudoises, vérifier la présence d’initiatives de protection et l’engagement de la population. La présente étude est composée par sept parties. Le Chapitre 1 et 2 présentent l’état des recherches et définissent la méthode et le but de l’étude. Le Chapitre 3 présente un aperçu de l’histoire linguistique de la région, examine la situation linguistique actuelle notamment des minorités linguistiques historiques et du dialecte régional et analyse les lois qui protègent les minorités. Le Chapitre 4 décrit le territoire habité par la minorité française et présente un aperçu sur les événements historiques qui ont fait de ce territoire une communauté multilingue. Le Chapitre 5 analyse les compétences de la population, le degré de diffusion et les traits sociolinguistiques de la minorité. Le Chapitre 6 décrit les raisons de l’importance de la préservation du français dans les vallées vaudoises et présente un aperçu des initiatives de protection. La Conclusion présente les résultats et les possibles évolutions futures de l’étude. Afin d’atteindre l’objectif de l’étude, un sondage en ligne et plusieurs interviews ont été effectués ; ceux-ci ont permis d’obtenir des données ensuite analysées d’un point de vue statistique. En général, ce patrimoine est aujourd’hui très fragile ; cependant, un procès de revitalisation a commencé.

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Ponds are ubiquitous in the Maithil region of Nepal, and they figure prominently in folk narratives and ceremonial paintings produced by women there. I argue that in Maithil women's folktales, as in their paintings, the trope of ponds shifts the imaginative register toward women's perspectives and the importance of women's knowledge and influence in shaping Maithil society, even as this register shift occurs within plots featuring male protagonists. I argue further that in the absence of a habit of exegesis in their expressive arts, and given the cross-referential, dialogic nature of expressive practices, a methodology that draws into interpretive conversation the multitude of expressive forms exercised by Maithil women enhances analytical access to Maithil women's collective perspectives on their social and cosmological worlds.

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A new species of dioecious Solanum from the Australian “Dioicum Complex” of Solanum subgenus Leptostemonum is described. Solanum cowiei Martine sp. nov., is allied with other members of this problematic lineage, but differs in its slender leaves, limited armature and diminutive habit. The species was first segregated by botanists at the Northern Territory Herbarium as Solanum sp. Litchfield (I.D. Cowie 1428); and specimens representing this species have also been referred to by Symon as Solanum sp. Fitzmaurice River. Collections suggest that this is an endemic of the sub-arid tropical zone of the Northern Territory. SEM images support initial assumptions that the new species is cryptically dioecious via production of inaperturate pollen grains in morphologically hermaphrodite flowers.

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The present study analyzed history of smoking and willingness to quit smoking in patients referred for diagnosis and treatment of different oral mucosal lesions. Prior to the initial clinical examination, patients filled in a standardized questionnaire regarding their current and former smoking habits and willingness to quit. Definitive diagnoses were classified into three groups (benign/reactive lesions, premalignant lesions and conditions, and malignant diseases) and correlated with the self-reported data in the questionnaires. Of the 980 patients included, 514 (52%) described themselves as never smokers, 202 (21%) as former smokers, and 264 (27%) as current smokers. In the group of current smokers, 23% thought their premalignant lesions/conditions were related to their smoking habit, but only 15% of the patients with malignant mucosal diseases saw that correlation. Only 14% of the smokers wanted to commence smoking cessation within the next 30 days. Patients with malignant diseases (31%) showed greater willingness to quit than patients diagnosed with benign/reactive lesions (11%). Future clinical studies should attempt (1) to enhance patients' awareness of the negative impact of smoking on the oral mucosa and (2) to increase willingness to quit in smokers referred to a dental/oral medicine setting.