988 resultados para UniBo Motorsport, mozzi ruota, Formula SAE, Progettazione


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The Euler obstruction of a function f can be viewed as a generalization of the Milnor number for functions defined on singular spaces. In this work, using the Euler obstruction of a function, we establish several Lê–Greuel type formulas for germs f:(X,0)→(C,0) and g:(X,0)→(C,0). We give applications when g is a generic linear form and when f and g have isolated singularities.

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Universidad de Las Palmas de Gran Canaria. Facultad de Ciencias del Mar. Final assignment for the Marine Science Degree ; 2013-2014

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La ricerca presentata è un’ampia esplorazione delle possibili applicazioni di concetti, metodi e procedure della Fuzzy Logic all’Ingegneria dei Materiali. Tale nuovo approccio è giustificato dalla inadeguatezza dei risultati conseguiti con i soli metodi tradizionali riguardo alla reologia ed alla durabilità, all’utilizzo di dati di laboratorio nella progettazione e alla necessità di usare un linguaggio (informatizzabile) che consenta una valutazione congiunta degli aspetti tecnici, culturali, economici, paesaggistici della progettazione. – In particolare, la Fuzzy Logic permette di affrontare in modo razionale l’aleatorietà delle variabili e dei dati che, nel settore specifico dei materiali in opera nel costruito dei Beni Culturali, non possono essere trattati con i metodi statistici ordinari. – La scelta di concentrare l’attenzione su materiali e strutture in opera in siti archeologici discende non solo dall’interesse culturale ed economico connesso ai sempre più numerosi interventi in questo nuovo settore di pertinenza dell’Ingegneria dei Materiali, ma anche dal fatto che, in tali contesti, i termini della rappresentatività dei campionamenti, della complessità delle interazioni tra le variabili (fisiche e non), del tempo e quindi della durabilità sono evidenti ed esasperati. – Nell’ambito di questa ricerca si è anche condotto un ampio lavoro sperimentale di laboratorio per l’acquisizione dei dati utilizzati nelle procedure di modellazione fuzzy (fuzzy modeling). In tali situazioni si è operato secondo protocolli sperimentali standard: acquisizione della composizione mineralogica tramite diffrazione di raggi X (XRD), definizione della tessitura microstrutturale con osservazioni microscopiche (OM, SEM) e porosimetria tramite intrusione forzata di mercurio (MIP), determinazioni fisiche quali la velocità di propagazione degli ultrasuoni e rotoviscosimetria, misure tecnologiche di resistenza meccanica a compressione uniassiale, lavorabilità, ecc. – Nell’elaborazione dei dati e nella modellazione in termini fuzzy, la ricerca è articolata su tre livelli: a. quello dei singoli fenomeni chimico-fisici, di natura complessa, che non hanno trovato, a tutt’oggi, una trattazione soddisfacente e di generale consenso; le applicazioni riguardano la reologia delle dispersioni ad alto tenore di solido in acqua (calci, cementi, malte, calcestruzzi SCC), la correlazione della resistenza a compressione, la gelività dei materiali porosi ed alcuni aspetti della durabilità del calcestruzzo armato; b. quello della modellazione della durabilità dei materiali alla scala del sito archeologico; le applicazioni presentate riguardano i centri di cultura nuragica di Su Monte-Sorradile, GennaMaria-Villanovaforru e Is Paras-Isili; c. quello della scelta strategica costituita dalla selezione del miglior progetto di conservazione considerando gli aspetti connessi all’Ingegneria dei Materiali congiuntamente a quelli culturali, paesaggistici ed economici; le applicazioni hanno riguardato due importanti monumenti (Anfiteatro e Terme a Mare) del sito Romano di Nora-Pula.

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Durante il periodo di dottorato, l’attività di ricerca di cui mi sono occupato è stata finalizzata allo sviluppo di metodologie per la diagnostica e l’analisi delle prestazioni di un motore automobilistico. Un primo filone di ricerca è relativo allo sviluppo di strategie per l’identificazione delle mancate combustioni (misfires) in un motore a benzina. La sperimentazione si è svolta nella sala prove della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna, nei quali è presente un motore Fiat 1.200 Fire, accoppiato ad un freno a correnti parassite, e comandato da una centralina virtuale, creata mediante un modello Simulink, ed interfacciata al motore tramite una scheda di input/output dSpace. Per quanto riguarda la campagna sperimentale, sono stati realizzati delle prove al banco in diverse condizioni di funzionamento (sia stazionarie, che transitorie), durante le quali sono stati indotti dei misfires, sia singoli che multipli. Durante tali test sono stati registrati i segnali provenienti sia dalla ruota fonica usata per il controllo motore (che, nel caso in esame, era affacciata al volano), sia da quella collegata al freno a correnti parassite. Partendo da tali segnali, ed utilizzando un modello torsionale del sistema motoregiunto-freno, è possibile ottenere una stima sia della coppia motrice erogata dal motore, sia della coppia resistente dissipata dal freno. La prontezza di risposta di tali osservatori è tale da garantirci la possibilità di effettuare una diagnosi misfire. In particolare, si è visto che l’indice meglio correlato ala mancata combustione risultaessere la differenza fra la coppia motrice e la coppia resistente; tale indice risulta inoltre essere quello più semplice da calibrare sperimentalmente, in quanto non dipende dalle caratteristiche del giunto, ma solamente dalle inerzie del sistema. Una seconda attività della quale mi sono occupato è relativa alla stima della coppia indicata in un motore diesel automobilistico. A tale scopo, è stata realizzata una campagna sperimentale presso i laboratori della Magneti Marelli Powertrain (Bologna), nella quale sono state effettuati test in molteplici punti motori, sia in condizioni di funzionamento “nominale”, sia variando artificiosamente alcuni dei fattori di controllo (quali Start of Injection, pressione nel rail e, nei punti ove è stato possibile, tasso di EGR e pressione di sovralimentazione), sia effettuando degli sbilanciamenti di combustibile fra un cilindro e l’altro. Utilizzando il solo segnale proveniente da una ruota fonica posta sul lato motore, e sfruttando un modello torsionale simile a quello utilizzato nella campagna di prove relativa alla diagnosi del misfire, è possibile correlare la componente armonica con frequenza di combustione della velocità all’armonica di pari ordine della coppia indicata; una volta stimata tale componente in frequenza, mediante un’analisi di tipo statistico, è possibile eseguire una stima della coppia indicata erogata dal motore. A completamento dell’algoritmo, sfruttando l’analisi delle altre componenti armoniche presenti nel segnale, è possibile avere una stima dello sbilanciamento di coppia fra i vari cilindri. Per la verifica dei risultati ottenuti, sono stati acquisiti i segnali di pressione provenienti da tutti e quattro i cilindri del motore in esame.

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Negli impianti utilizzati per la produzione di energia elettrica che sfruttano l'energia solare, quali la tecnologia solare a concentrazione (Solare Termodinamico) sviluppata da ENEA, per minimizzare le dispersioni di calore è necessaria una elevata selettività spettrale. Per ottimizzare l'efficienza dell'impianto è quindi necessario lo sviluppo di materiali innovativi, in grado di minimizzare la quantità di energia dispersa per riflessione. In questo studio, per incrementare la trasmittanza solare dei componenti in vetro presenti nei tubi ricevitori dell'impianto, sono state utilizzate tipologie diverse di rivestimenti antiriflesso (multistrato e a singolo strato poroso). I rivestimenti sono stati ottenuti mediante via umida, con tecnica di sol-gel dip-coating. I sol coprenti sono stati preparati da alcossidi o sali metallici precursori degli ossidi che costituiscono il rivestimento. Sono state approfondite sia la fase di sintesi dei sol coprenti, sia la fase di deposizione sul substrato, che ha richiesto la progettazione e realizzazione di una apparecchiatura prototipale, ossia di un dip-coater in grado di garantire un accurato controllo della velocità di emersione e dell'ambiente di deposizione (temperatura e umidità). Il materiale multistrato applicato su vetro non ha migliorato la trasmittanza del substrato nell'intervallo di lunghezze d'onda dello spettro solare, pur presentando buone caratteristiche antiriflesso nell'intervallo dell'UV-Vis. Al contrario, l'ottimizzazione del rivestimento a base di silice porosa, ha portato all'ottenimento di indici di rifrazione molto bassi (1.15 to 1.18) e ad un incremento della trasmittanza solare dal 91.5% al 96.8%, efficienza superiore agli attuali rivestimenti disponibili in commercio.

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L’utilizzo degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) nel campo dell’ingegneria civile riguarda essenzialmente il settore del restauro delle strutture degradate o danneggiate e quello dell’adeguamento statico delle strutture edificate in zona sismica; in questi settori è evidente la difficoltà operativa alla quale si va in contro se si volessero utilizzare tecniche di intervento che sfruttano materiali tradizionali. I motivi per cui è opportuno intervenire con sistemi compositi fibrosi sono: • l’estrema leggerezza del rinforzo, da cui ne deriva un incremento pressoché nullo delle masse sismiche ed allo stesso tempo un considerevole aumento della duttilità strutturale; • messa in opera senza l’ausilio di particolari attrezzature da un numero limitato di operatori, da cui un minore costo della mano d’opera; • posizionamento in tempi brevi e spesso senza interrompere l’esercizio della struttura. Il parametro principale che definisce le caratteristiche di un rinforzo fibroso non è la resistenza a trazione, che risulta essere ben al di sopra dei tassi di lavoro cui sono soggette le fibre, bensì il modulo elastico, di fatti, più tale valore è elevato maggiore sarà il contributo irrigidente che il rinforzo potrà fornire all’elemento strutturale sul quale è applicato. Generalmente per il rinforzo di strutture in c.a. si preferiscono fibre sia con resistenza a trazione medio-alta (>2000 MPa) che con modulo elastico medio-alto (E=170-250 GPa), mentre per il recupero degli edifici in muratura o con struttura in legno si scelgono fibre con modulo di elasticità più basso (E≤80 GPa) tipo quelle aramidiche che meglio si accordano con la rigidezza propria del supporto rinforzato. In questo contesto, ormai ampliamente ben disposto nei confronti dei compositi, si affacciano ora nuove generazioni di rinforzi. A gli ormai “classici” FRP, realizzati con fibre di carbonio o fibre di vetro accoppiate a matrici organiche (resine epossidiche), si affiancano gli FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), i TRM (Textile Reinforced Mortars) e gli SRG (Steel Reinforced Grout) che sfruttano sia le eccezionali proprietà di fibre di nuova concezione come quelle in PBO (Poliparafenilenbenzobisoxazolo), sia un materiale come l’acciaio, che, per quanto comune nel campo dell’edilizia, viene caratterizzato da lavorazioni innovative che ne migliorano le prestazioni meccaniche. Tutte queste nuove tipologie di compositi, nonostante siano state annoverate con nomenclature così differenti, sono però accomunate dell’elemento che ne permette il funzionamento e l’adesione al supporto: la matrice cementizia

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Tra i temi di attualità, quello del risparmio energetico è tra i più dibattuti negli ultimi anni; tale tema è strettamente correlato al problema del riscaldamento globale, infatti, mentre sul prossimo esaurimento delle risorse energetiche tradizionali non vi sono ancora certezze assolute, per quanto riguarda l’azione nociva dei gas serra, la Comunità Scientifica Internazionale si ritrova d’accordo su una netta presa di posizione contro l’emissione di tali sostanze, provocata in larga parte dall’utilizzo dei combustibili fossili. In questo contesto, l’Unione Europea sta promuovendo la diffusione di tecnologie che non prevedano l’utilizzo di gas, petrolio o carbone, soprattutto per il settore dell’edilizia, ove una corretta progettazione e l’utilizzo di tecnologie non convenzionali può portare alla riduzione anche dell’80% dei consumi, con conseguente abbattimento delle emissioni. Tra questi interventi innovativi, il più comune e conosciuto è sicuramente quello del solare termico e fotovoltaico; ma ne esistono anche di altri, ancora non molto pubblicizzati in Italia, ma ampiamente conosciuti e utilizzati in altri paesi dell’Unione. Tra questi, vi è il sistema di riscaldamento analizzato in questa tesi: la pompa di calore geotermica. Tale sistema, come verrà spiegato nell’elaborato di laurea, ha indubbi vantaggi economici, energetici ed ambientali, a fronte di una non trascurabile spesa iniziale. Attualmente, nel Nord Italia, si incominciano a vedere impianti di questo tipo, sulla scia del successo riscontrato nei paesi confinanti (in particolare Austria e Svizzera). La progettazione si basa attualmente su modelli statici, sviluppati dall’Università Svizzera del Canton Ticino, per l’utilizzo della pompa di calore nel territorio alpino. Obiettivo della tesi, è la verifica di tali modelli, di cui si è venuto a conoscenza grazie alla collaborazione con l’Università SUPSI, sulle condizioni idrogeologiche della Pianura Padana, soffermandosi su alcuni parametri fondamentali della progettazione di una pompa di calore geotermica, quali la conduttività e la capacità termica volumetrica dei terreni incontrati, la presenza di falde, ed i parametri geometrici del pozzo, al fine di dare una valutazione tecnica ed economica dell’impianto. Tali analisi è stata infatti fino ad ora affrontata in maniera sommaria dai perforatori, che eseguono generalmente sempre lo stesso modello di pozzo geotermico, sulla base degli esempi consolidati di Svizzera e Germania. Alcune misure di temperatura in situ sono state rilevate in collaborazione con la società Geotermia SRL di Mantova, ditta specializzata nella perforazione di pozzi geotermici (tale esperienza è parte centrale dell’estratto “Laboratorio di Tesi Ls”), mentre la parte modellistica della tesi è stata sviluppata in collaborazione con lo studio di progettazione Studio Seta SRL di Faenza, il cui stabile è climatizzato in parte con una pompa di calore geotermica.

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The ideal approach for the long term treatment of intestinal disorders, such as inflammatory bowel disease (IBD), is represented by a safe and well tolerated therapy able to reduce mucosal inflammation and maintain homeostasis of the intestinal microbiota. A combined therapy with antimicrobial agents, to reduce antigenic load, and immunomodulators, to ameliorate the dysregulated responses, followed by probiotic supplementation has been proposed. Because of the complementary mechanisms of action of antibiotics and probiotics, a combined therapeutic approach would give advantages in terms of enlargement of the antimicrobial spectrum, due to the barrier effect of probiotic bacteria, and limitation of some side effects of traditional chemiotherapy (i.e. indiscriminate decrease of aggressive and protective intestinal bacteria, altered absorption of nutrient elements, allergic and inflammatory reactions). Rifaximin (4-deoxy-4’-methylpyrido[1’,2’-1,2]imidazo[5,4-c]rifamycin SV) is a product of synthesis experiments designed to modify the parent compound, rifamycin, in order to achieve low gastrointestinal absorption while retaining good antibacterial activity. Both experimental and clinical pharmacology clearly show that this compound is a non systemic antibiotic with a broad spectrum of antibacterial action, covering Gram-positive and Gram-negative organisms, both aerobes and anaerobes. Being virtually non absorbed, its bioavailability within the gastrointestinal tract is rather high with intraluminal and faecal drug concentrations that largely exceed the MIC values observed in vitro against a wide range of pathogenic microorganisms. The gastrointestinal tract represents therefore the primary therapeutic target and gastrointestinal infections the main indication. The little value of rifaximin outside the enteric area minimizes both antimicrobial resistance and systemic adverse events. Fermented dairy products enriched with probiotic bacteria have developed into one of the most successful categories of functional foods. Probiotics are defined as “live microorganisms which, when administered in adequate amounts, confer a health benefit on the host” (FAO/WHO, 2002), and mainly include Lactobacillus and Bifidobacterium species. Probiotic bacteria exert a direct effect on the intestinal microbiota of the host and contribute to organoleptic, rheological and nutritional properties of food. Administration of pharmaceutical probiotic formula has been associated with therapeutic effects in treatment of diarrhoea, constipation, flatulence, enteropathogens colonization, gastroenteritis, hypercholesterolemia, IBD, such as ulcerative colitis (UC), Crohn’s disease, pouchitis and irritable bowel syndrome. Prerequisites for probiotics are to be effective and safe. The characteristics of an effective probiotic for gastrointestinal tract disorders are tolerance to upper gastrointestinal environment (resistance to digestion by enteric or pancreatic enzymes, gastric acid and bile), adhesion on intestinal surface to lengthen the retention time, ability to prevent the adherence, establishment and/or replication of pathogens, production of antimicrobial substances, degradation of toxic catabolites by bacterial detoxifying enzymatic activities, and modulation of the host immune responses. This study was carried out using a validated three-stage fermentative continuous system and it is aimed to investigate the effect of rifaximin on the colonic microbial flora of a healthy individual, in terms of bacterial composition and production of fermentative metabolic end products. Moreover, this is the first study that investigates in vitro the impact of the simultaneous administration of the antibiotic rifaximin and the probiotic B. lactis BI07 on the intestinal microbiota. Bacterial groups of interest were evaluated using culture-based methods and molecular culture-independent techniques (FISH, PCR-DGGE). Metabolic outputs in terms of SCFA profiles were determined by HPLC analysis. Collected data demonstrated that rifaximin as well as antibiotic and probiotic treatment did not change drastically the intestinal microflora, whereas bacteria belonging to Bifidobacterium and Lactobacillus significantly increase over the course of the treatment, suggesting a spontaneous upsurge of rifaximin resistance. These results are in agreement with a previous study, in which it has been demonstrated that rifaximin administration in patients with UC, affects the host with minor variations of the intestinal microflora, and that the microbiota is restored over a wash-out period. In particular, several Bifidobacterium rifaximin resistant mutants could be isolated during the antibiotic treatment, but they disappeared after the antibiotic suspension. Furthermore, bacteria belonging to Atopobium spp. and E. rectale/Clostridium cluster XIVa increased significantly after rifaximin and probiotic treatment. Atopobium genus and E. rectale/Clostridium cluster XIVa are saccharolytic, butyrate-producing bacteria, and for these characteristics they are widely considered health-promoting microorganisms. The absence of major variations in the intestinal microflora of a healthy individual and the significant increase in probiotic and health-promoting bacteria concentrations support the rationale of the administration of rifaximin as efficacious and non-dysbiosis promoting therapy and suggest the efficacy of an antibiotic/probiotic combined treatment in several gut pathologies, such as IBD. To assess the use of an antibiotic/probiotic combination for clinical management of intestinal disorders, genetic, proteomic and physiologic approaches were employed to elucidate molecular mechanisms determining rifaximin resistance in Bifidobacterium, and the expected interactions occurring in the gut between these bacteria and the drug. The ability of an antimicrobial agent to select resistance is a relevant factor that affects its usefulness and may diminish its useful life. Rifaximin resistance phenotype was easily acquired by all bifidobacteria analyzed [type strains of the most representative intestinal bifidobacterial species (B. infantis, B. breve, B. longum, B. adolescentis and B. bifidum) and three bifidobacteria included in a pharmaceutical probiotic preparation (B. lactis BI07, B. breve BBSF and B. longum BL04)] and persisted for more than 400 bacterial generations in the absence of selective pressure. Exclusion of any reversion phenomenon suggested two hypotheses: (i) stable and immobile genetic elements encode resistance; (ii) the drug moiety does not act as an inducer of the resistance phenotype, but enables selection of resistant mutants. Since point mutations in rpoB have been indicated as representing the principal factor determining rifampicin resistance in E. coli and M. tuberculosis, whether a similar mechanism also occurs in Bifidobacterium was verified. The analysis of a 129 bp rpoB core region of several wild-type and resistant bifidobacteria revealed five different types of miss-sense mutations in codons 513, 516, 522 and 529. Position 529 was a novel mutation site, not previously described, and position 522 appeared interesting for both the double point substitutions and the heterogeneous profile of nucleotide changes. The sequence heterogeneity of codon 522 in Bifidobacterium leads to hypothesize an indirect role of its encoded amino acid in the binding with the rifaximin moiety. These results demonstrated the chromosomal nature of rifaximin resistance in Bifidobacterium, minimizing risk factors for horizontal transmission of resistance elements between intestinal microbial species. Further proteomic and physiologic investigations were carried out using B. lactis BI07, component of a pharmaceutical probiotic preparation, as a model strain. The choice of this strain was determined based on the following elements: (i) B. lactis BI07 is able to survive and persist in the gut; (ii) a proteomic overview of this strain has been recently reported. The involvement of metabolic changes associated with rifaximin resistance was investigated by proteomic analysis performed with two-dimensional electrophoresis and mass spectrometry. Comparative proteomic mapping of BI07-wt and BI07-res revealed that most differences in protein expression patterns were genetically encoded rather than induced by antibiotic exposure. In particular, rifaximin resistance phenotype was characterized by increased expression levels of stress proteins. Overexpression of stress proteins was expected, as they represent a common non specific response by bacteria when stimulated by different shock conditions, including exposure to toxic agents like heavy metals, oxidants, acids, bile salts and antibiotics. Also, positive transcription regulators were found to be overexpressed in BI07-res, suggesting that bacteria could activate compensatory mechanisms to assist the transcription process in the presence of RNA polymerase inhibitors. Other differences in expression profiles were related to proteins involved in central metabolism; these modifications suggest metabolic disadvantages of resistant mutants in comparison with sensitive bifidobacteria in the gut environment, without selective pressure, explaining their disappearance from faeces of patients with UC after interruption of antibiotic treatment. The differences observed between BI07-wt e BI07-res proteomic patterns, as well as the high frequency of silent mutations reported for resistant mutants of Bifidobacterium could be the consequences of an increased mutation rate, mechanism which may lead to persistence of resistant bacteria in the population. However, the in vivo disappearance of resistant mutants in absence of selective pressure, allows excluding the upsurge of compensatory mutations without loss of resistance. Furthermore, the proteomic characterization of the resistant phenotype suggests that rifaximin resistance is associated with a reduced bacterial fitness in B. lactis BI07-res, supporting the hypothesis of a biological cost of antibiotic resistance in Bifidobacterium. The hypothesis of rifaximin inactivation by bacterial enzymatic activities was verified by using liquid chromatography coupled with tandem mass spectrometry. Neither chemical modifications nor degradation derivatives of the rifaximin moiety were detected. The exclusion of a biodegradation pattern for the drug was further supported by the quantitative recovery in BI07-res culture fractions of the total rifaximin amount (100 μg/ml) added to the culture medium. To confirm the main role of the mutation on the β chain of RNA polymerase in rifaximin resistance acquisition, transcription activity of crude enzymatic extracts of BI07-res cells was evaluated. Although the inhibition effects of rifaximin on in vitro transcription were definitely higher for BI07-wt than for BI07-res, a partial resistance of the mutated RNA polymerase at rifaximin concentrations > 10 μg/ml was supposed, on the basis of the calculated differences in inhibition percentages between BI07-wt and BI07-res. By considering the resistance of entire BI07-res cells to rifaximin concentrations > 100 μg/ml, supplementary resistance mechanisms may take place in vivo. A barrier for the rifaximin uptake in BI07-res cells was suggested in this study, on the basis of the major portion of the antibiotic found to be bound to the cellular pellet respect to the portion recovered in the cellular lysate. Related to this finding, a resistance mechanism involving changes of membrane permeability was supposed. A previous study supports this hypothesis, demonstrating the involvement of surface properties and permeability in natural resistance to rifampicin in mycobacteria, isolated from cases of human infection, which possessed a rifampicin-susceptible RNA polymerase. To understand the mechanism of membrane barrier, variations in percentage of saturated and unsaturated FAs and their methylation products in BI07-wt and BI07-res membranes were investigated. While saturated FAs confer rigidity to membrane and resistance to stress agents, such as antibiotics, a high level of lipid unsaturation is associated with high fluidity and susceptibility to stresses. Thus, the higher percentage of saturated FAs during the stationary phase of BI07-res could represent a defence mechanism of mutant cells to prevent the antibiotic uptake. Furthermore, the increase of CFAs such as dihydrosterculic acid during the stationary phase of BI07-res suggests that this CFA could be more suitable than its isomer lactobacillic acid to interact with and prevent the penetration of exogenous molecules including rifaximin. Finally, the impact of rifaximin on immune regulatory functions of the gut was evaluated. It has been suggested a potential anti-inflammatory effect of rifaximin, with reduced secretion of IFN-γ in a rodent model of colitis. Analogously, it has been reported a significant decrease in IL-8, MCP-1, MCP-3 e IL-10 levels in patients affected by pouchitis, treated with a combined therapy of rifaximin and ciprofloxacin. Since rifaximin enables in vivo and in vitro selection of Bifidobacterium resistant mutants with high frequency, the immunomodulation activities of rifaximin associated with a B. lactis resistant mutant were also taken into account. Data obtained from PBMC stimulation experiments suggest the following conclusions: (i) rifaximin does not exert any effect on production of IL-1β, IL-6 and IL-10, whereas it weakly stimulates production of TNF-α; (ii) B. lactis appears as a good inducer of IL-1β, IL-6 and TNF-α; (iii) combination of BI07-res and rifaximin exhibits a lower stimulation effect than BI07-res alone, especially for IL-6. These results confirm the potential anti-inflammatory effect of rifaximin, and are in agreement with several studies that report a transient pro-inflammatory response associated with probiotic administration. The understanding of the molecular factors determining rifaximin resistance in the genus Bifidobacterium assumes an applicative significance at pharmaceutical and medical level, as it represents the scientific basis to justify the simultaneous use of the antibiotic rifaximin and probiotic bifidobacteria in the clinical treatment of intestinal disorders.

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La tecnica di ozonolisi viene applicata ai fanghi biologici derivanti da impianti di depurazione acque reflue urbane, e consiste nell'ottenere, grazie all'ozono, una minor massa fangosa da smaltire e una miglior trattabilità del fango residue. In questo elaborato si prendono in esame le sperimentazioni effettuate a Marina di Ravenna e si estraggono le prime conclusioni gestionali, economiche e ambientali sull'applicabilità del metodo a questo tipo di fango.

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In questa tesi si è voluta porre l’attenzione sulla suscettibilità alle alte temperature delle resine che li compongono. Lo studio del comportamento alle alte temperature delle resine utilizzate per l’applicazione dei materiali compositi è risultato un campo di studio ancora non completamente sviluppato, nel quale c’è ancora necessità di ricerche per meglio chiarire alcuni aspetti del comportamento. L’analisi di questi materiali si sviluppa partendo dal contesto storico, e procedendo successivamente ad una accurata classificazione delle varie tipologie di materiali compositi soffermandosi sull’ utilizzo nel campo civile degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) e mettendone in risalto le proprietà meccaniche. Considerata l’influenza che il comportamento delle resine riveste nel comportamento alle alte temperature dei materiali compositi si è, per questi elementi, eseguita una classificazione in base alle loro proprietà fisico-chimiche e ne sono state esaminate le principali proprietà meccaniche e termiche quali il modulo elastico, la tensione di rottura, la temperatura di transizione vetrosa e il fenomeno del creep. Sono state successivamente eseguite delle prove sperimentali, effettuate presso il Laboratorio Resistenza Materiali e presso il Laboratorio del Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali, su dei provini confezionati con otto differenti resine epossidiche. Per valutarne il comportamento alle alte temperature, le indagini sperimentali hanno valutato dapprima le temperature di transizione vetrosa delle resine in questione e, in seguito, le loro caratteristiche meccaniche. Dalla correlazione dei dati rilevati si sono cercati possibili legami tra le caratteristiche meccaniche e le proprietà termiche delle resine. Si sono infine valutati gli aspetti dell’applicazione degli FRP che possano influire sul comportamento del materiale composito soggetto alle alte temperature valutando delle possibili precauzioni che possano essere considerate in fase progettuale.

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La tesi tratta di strumenti finalizzati alla valutazione dello stato conservativo e di supporto all'attività di manutenzione dei ponti, dai più generali Bridge Management Systems ai Sistemi di Valutazione Numerica della Condizione strutturale. Viene proposto uno strumento originale con cui classificare i ponti attraverso un Indice di Valutazione Complessiva e grazie ad esso stabilire le priorità d'intervento. Si tara lo strumento sul caso pratico di alcuni ponti della Provincia di Bologna. Su un ponte in particolare viene realizzato un approfondimento specifico sulla determinazione approssimata dei periodi propri delle strutture da ponte. Si effettua un confronto dei risultati di alcune modellazioni semplificate in riferimento a modellazioni dettagliate e risultati sperimentali.

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In the present study, a new pushover procedure for 3D frame structures is proposed, based on the application of a set of horizontal force and torque distributions at each floor level; in order to predict the most severe configurations of an irregular structure subjected to an earthquake, more than one pushover analysis has to be performed. The proposed method is validated by a consistent comparison of results from static pushover and dynamic simulations in terms of different response parameters, such as displacements, rotations, floor shears and floor torques. Starting from the linear analysis, the procedure is subsequently extended to the nonlinear case. The results confirm the effectiveness of the proposed procedure to predict the structural behaviour in the most severe configurations.