983 resultados para Effetto Compton Inverso, Comptonizzazione, alte energie,scattering,


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Crowding is defined as the negative effect obtained by adding visual distractors around a central target which has to be identified. Some studies have suggested the presence of a marked crowding effect in developmental dyslexia (e.g. Atkinson, 1991; Spinelli et al., 2002). Inspired by Spinelli’s (2002) experimental design, we explored the hypothesis that the crowding effect may affect dyslexics’ response times (RTs) and accuracy in identification tasks dealing with words, pseudowords, illegal non-words and symbolstrings. Moreover, our study aimed to clarify the relationship between the crowding phenomenon and the word-reading process, in an inter-language comparison perspective. For this purpose we studied twenty-two French dyslexics and twenty-two Italian dyslexics (total forty-four dyslexics), compared to forty-four subjects matched for reading level (22 French and 22 Italians) and forty-four chronological age-matched subjects (22 French and 22 Italians). Children were all tested on reading and cognitive abilities. Results showed no differences between French and Italian participants suggesting that performances were homogenous. Dyslexic children were all significantly impaired in words and pseudowords reading compared to their normal reading controls. Regarding the identification task with which we assessed crowding effect, both accuracy and RTs showed a lexicality effect which meant that the recognition of words was more accurate and faster in words than pseudowords, non-words and symbolstrings. Moreover, compared to normal readers, dyslexics’ RTs and accuracy were impaired only for verbal materials but not for non-verbal material; these results are in line with the phonological hypothesis (Griffiths & Snowling, 2002; Snowling, 2000; 2006) . RTs revealed a general crowding effect (RTs in the crowding condition were slower than those recorded in the isolated condition) affecting all the subjects’ performances. This effect, however, emerged to be not specific for dyslexics. Data didn’t reveal a significant effect of language, allowing the generalization of the obtained results. We also analyzed the performance of two subgroups of dyslexics, categorized according to their reading abilities. The two subgroups produced different results regarding the crowding effect and type of material, suggesting that it is meaningful to take into account also the heterogeneity of the dyslexia disorder. Finally, we also analyzed the relationship of the identification task with both reading and cognitive abilities. In conclusion, this study points out the importance of comparing visual tasks performances of dyslexic participants with those of their reading level-matched controls. This approach may improve our comprehension of the potential causal link between crowding and reading (Goswami, 2003).

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La tesi consiste nell’implementare un software in grado a predire la variazione della stabilità di una proteina sottoposta ad una mutazione. Il predittore implementato fa utilizzo di tecniche di Machine-Learning ed, in particolare, di SVM. In particolare, riguarda l’analisi delle prestazioni di un predittore, precedentemente implementato, sotto opportune variazioni dei parametri di input e relativamente all’utilizzo di nuova informazione rispetto a quella utilizzata dal predittore basilare.

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In questa tesi è stato studiato l’effetto dell’esposizione della diatomea Skeletonema marinoi, una specie molto comune nel Nord Adriatico e importante per il suo annuale contributo alla produzione primaria, agli erbicidi maggiormente utilizzati nella pianura Padana e riscontrati in acque dolci e salmastre di zone limitrofe al mare Adriatico. Gli erbicidi scelti consistono in terbutilazina e metolachlor, i più frequentemente riscontrati sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee dell’area Padana, noti per avere un effetto di inibizione su vie metaboliche dei vegetali; inoltre è stato valutato anche l’effetto di un prodotto di degradazione della terbutilazina, la desetilterbutilazina, presente anch’esso in concentrazioni pari al prodotto di origine e su cui non si avevano informazioni circa la tossicità sul fitoplancton. L’esposizione delle microalghe a questi erbicidi può avere effetti che si ripercuotono su tutto l’ecosistema: le specie fitoplanctoniche, in particolare le diatomee, sono i produttori primari più importanti dell’ecosistema: questi organismi rivestono un ruolo fondamentale nella fissazione del carbonio, rappresentando il primo anello della catena alimentari degli ambienti acquatici e contribuendo al rifornimento di ossigeno nell’atmosfera. L’effetto di diverse concentrazioni di ciascun composto è stato valutato seguendo l’andamento della crescita e dell’efficienza fotosintetica di S. marinoi. Per meglio determinare la sensibilità di questa specie agli erbicidi, l’effetto della terbutilazina è stato valutato anche al variare della temperatura (15, 20 e 25°C). Infine, dal momento che gli organismi acquatici sono solitamente esposti a una miscela di composti, è stato valutato l’effetto sinergico di due erbicidi, entrambi somministrati a bassa concentrazione. Le colture di laboratorio esposte a concentrazioni crescenti di diversi erbicidi e, in un caso, anche a diverse temperature, indicano che l’erbicida al quale la microalga mostra maggiore sensibilità è la Terbutilazina. Infatti a parità di concentrazioni, la sensibilità della microalga alla Terbutilazina è risultata molto più alta rispetto al suo prodotto di degradazione, la Desetilterbutilazina e all’erbicida Metolachlor. Attraverso l’analisi di densità algale, di efficienza fotosintetica, di biovolume e di contenuto intracellulare di Carbonio e Clorofilla, è stato dimostrato l’effetto tossico dell’erbicida Terbutilazina che, agendo come inibitore del trasporto degli elettroni a livello del PS-II, manifesta la sua tossicità nell’inibizione della fotosintesi e di conseguenza sulla crescita e sulle proprietà biometriche delle microalghe. E’ stato visto come la temperatura sia un parametro ambientale fondamentale sulla crescita algale e anche sugli effetti tossici di Terbutilazina; la temperatura ideale per la crescita di S. marinoi è risultata essere 20°C. Crescendo a 15°C la microalga presenta un rallentamento nella crescita, una minore efficienza fotosintetica, variazione nei valori biometrici, mostrando al microscopio forme irregolari e di dimensioni inferiori rispetto alle microalghe cresciute alle temperature maggiori, ed infine incapacità di formare le tipiche congregazioni a catena. A 25° invece si sono rivelate difficoltà nell’acclimatazione: sembra che la microalga si debba abituare a questa alta temperatura ritardando così la divisione cellulare di qualche giorno rispetto agli esperimenti condotti a 15° e a 20°C. Gli effetti della terbutilazina sono stati maggiori per le alghe cresciute a 25°C che hanno mostrato un calo più evidente di efficienza fotosintetica effettiva e una diminuzione di carbonio e clorofilla all’aumentare delle concentrazioni di erbicida. Sono presenti in letteratura studi che attestano gli effetti tossici paragonabili dell’atrazina e del suo principale prodotto di degradazione, la deetilatrazina; nei nostri studi invece non sono stati evidenziati effetti tossici significativi del principale prodotto di degradazione della terbutilazina, la desetilterbutilazina. Si può ipotizzare quindi che la desetilterbutilazina perda la propria capacità di legarsi al sito di legame per il pastochinone (PQ) sulla proteina D1 all’interno del complesso del PSII, permettendo quindi il normale trasporto degli elettroni del PSII e la conseguente sintesi di NADPH e ATP e il ciclo di riduzione del carbonio. Il Metolachlor non evidenzia una tossicità severa come Terbutilazina nei confronti di S. marinoi, probabilmente a causa del suo diverso meccanismo d’azione. Infatti, a differenza degli enzimi triazinici, metolachlor agisce attraverso l’inibizione delle elongasi e del geranilgeranil pirofosfato ciclasi (GGPP). In letteratura sono riportati casi studio degli effetti inibitori di Metolachlor sulla sintesi degli acidi grassi e di conseguenza della divisione cellulare su specie fitoplanctoniche d’acqua dolce. Negli esperimenti da noi condotti sono stati evidenziati lievi effetti inibitori su S. marinoi che non sembrano aumentare all’aumentare della concentrazione dell’erbicida. E’ interessante notare come attraverso la valutazione della sola crescita non sia stato messo in evidenza alcun effetto mentre, tramite l’analisi dell’efficienza fotosintetica, si possa osservare che il metolachlor determina una inibizione della fotosintesi.

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Programa de doctorado: Ingeniería de Telecomunicación Avanzada.

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La crescente attenzione verso un utilizzo attento, sostenibile ed economicamente efficiente della risorsa idrica rende di primaria importanza il tema delle perdite idriche e della gestione efficiente dei sistemi idrici. La richiesta di controlli dell’uso dell’acqua è stata avanzata a livello mondiale. Il problema delle perdite idriche nei Paesi industrializzati è stato così affrontato con specifiche normative e procedure di best practice gestionale per avanzare una valutazione delle perdite idriche e una limitazione degli sprechi e degli usi impropri. In quest’ambito, la pressione gioca un ruolo fondamentale nella regolazione delle perdite reali. La regolazione delle pressioni nelle diverse ore del giorno consente, infatti, di poter agire su queste ultime perdite, che aumentano all’aumentare della pressione secondo una cosiddetta legge di potenza. La motivazione della presente tesi è originata dalla necessità di quantificare il livello di perdita idrica in un sistema acquedottistico in relazione alla pressione all’interno del sistema stesso. Per avere una stima realistica che vada al di là della legge della foronomia, si vuole valutare l’influenza della deformabilità della condotta in pressione fessurata sull’entità delle perdite idriche, con particolare attenzione alle fessurazioni di tipo longitudinale. Tale studio è condotto tramite l’introduzione di un semplice modello di trave alla Winkler grazie al quale, attraverso un’analisi elastica, si descrive il comportamento di una generica condotta fessurata longitudinalmente e si valuta la quantità d’acqua perduta. I risultati ottenuti in condizioni specifiche della condotta (tipo di materiale, caratteristiche geometriche dei tubi e delle fessure, etc.) e mediante l’inserimento di opportuni parametri nel modello, calibrati sui risultati forniti da una raffinata modellazione tridimensionale agli elementi finiti delle medesime condotte, verranno poi confrontati con i risultati di alcune campagne sperimentali. Gli obiettivi del presente lavoro sono, quindi, la descrizione e la valutazione del modello di trave introdotto, per stabilire se esso, nonostante la sua semplicità, sia effettivamente in grado di riprodurre, in maniera realistica, la situazione che si potrebbe verificare nel caso di tubo fessurato longitudinalmente e di fornire risultati attendibili per lo studio delle perdite idriche. Nella prima parte verrà approfondito il problema della perdite idriche. Nella seconda parte si illustrerà il semplice modello di trave su suolo elastico adottato per l’analisi delle condotte in pressione fessurate, dopo alcuni cenni teorici ai quali si è fatto riferimento per la realizzazione del modello stesso. Successivamente, nella terza parte, si procederà alla calibrazione del modello, tramite il confronto con i risultati forniti da un’analisi tridimensionale agli elementi finiti. Infine nella quarta parte verrà ricavata la relazione flusso-pressione con particolare attenzione all’esponente di perdita, il cui valore risulterà superiore a quello predetto dalla teoria della foronomia, e verrà verificata l’effettiva validità del modello tramite un confronto con i risultati sperimentali di cui è stata fatta menzione in precedenza.

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Il fitoplancton è costituito da organismi molto importanti per l'ambiente marino e molto diversificati sia dal punto di vista morfologico che fisiologico.Questi organismi sono normalmente soggetti ai cambiamenti stagionali e alle variazioni dell'ambiente dovute sia a fenomeni naturali che all'impatto antropico, sempre più rilevante. Con questa tesi si è voluto approfondire l'effetto di erbicidi comunemente usati dall'uomo in agricoltura su delle microalghe flagellate rappresentative del Mar Adriatico. L'inquinante scelto è la Terbutilazina, sostanza utilizzata per il diserbo del mais e diffusa in tutta l'area padano-venera, come dimostrano i dati dei campionamenti ARPA, che riportano la presenza di Terbutilazina e del suo prodotto di degradazione Desetil-Terbutilazina a concentrazioni superiori al limite fissato sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee. Anche in mare come riportato in letteratura (Carafa et. al 2009)è stato riscontrato a concentrazioni superiori al limite previsto dalla normativa vigente in Italia. In particolare il meccanismo d'azione di questo erbicida interferisce con la fotosintesi, agendo sulle proteine di membrana dei cloroplasti, rimpiazzando il chinone accettore di elettroni QB della proteina D1 del fotosistema II. Più specie di microalghe fatte crescere in colture 'batch' sono state testate a diverse concentrazioni di erbicida in condizione di luce nutrienti costanti. Questi esperimenti sono stati inoltre condotti a due diverse temperature (20 e 25°C) per studiare l'effetto di questo inquinante in correlazione con l'attuale aumento di temperatura in atto nel pianeta. In una prima fase di screening è stato valutato l'effetto della Terbutilazina su 9 specie di flagellate rappresentative dell'Adriatico, tramite misure dell'efficienza fotosintetica. Grazie a questa prima fase sono state individuate le microalghe e le relative concentrazioni di Terbutilazina da utilizzare negli esperimenti. Per gli esperimenti, sono state scelte le due specie algali Gonyaulax spinifera e Prorocentrum minimum sulle quali si è approfondito lo studio dell'effetto dell'inquinante alle due temperature, attraverso una serie di analisi volte ad individuare le risposte in termini di crescita e di fisiologia delle alghe quali: conteggio delle cellule, torbidità, efficienza fotosintetica, consumo di nutrienti, quantità di clorofilla e di polisaccaridi extracellulari prodotti. La scelta di queste microalghe è stata dettata dal fatto che Gonyaulax spinifera si è rivelata la microalga più sensibile a concentrazioni di erbicida più vicine a quelle ambientali fra tutte le alghe valutate, mentre Prorocentrum minimum è fra le dinoflagellate più frequenti e rappresentative del Mar Adriatico (Aubry et al. 2004), anche se non particolarmente sensibile; infatti P. minimum è stato testato ad una concentrazione di erbicida maggiore rispetto a quelle normalmente ritrovate in ambiente marino. Dai risultati riportati nella tesi si è visto come l'erbicida Terbutilazina sia in grado di influenzare la crescita e la fotosintesi di microalghe flagellate dell'Adriatico anche a concentrazioni pari a quelle rilevate in ambiente, e si è evidenziato che gli effetti sono maggiori alle temperature in cui le microalghe hanno una crescita meno efficiente. Questi studi hanno messo in evidenza anche l'utilità delle misure di fotosintesi tramite fluorimetro PAM nel valutare le risposte delle microalghe agli erbicidi triazinici. Inoltre la diversa risposta delle microalghe osservata, potrebbe avere conseguenze rilevanti sulle fioriture estive di fitoplancton in caso di presenza in mare di Terbutilazina, anche a concentrazioni non particolarmente elevate. Questo lavoro si inserisce in un contesto più ampio di ricerca volto alla modellizzazione della crescita algale in presenza di inquinanti ed in concomitanza con le variazioni di temperatura. Infatti i dati ottenuti insieme a misure di carbonio cellulare, non ancora effettuate, saranno utili per la messa a punto di nuove parametrizzazioni che si avvicinino maggiormente ai dati reali, per poi simulare i possibili scenari futuri variando le condizioni ambientali e le concentrazioni dell'inquinante studiato.

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Da 25 anni la letteratura scientifica internazionale riporta studi su varie specie di microcrostacei copepodi ciclopoidi dei generi Macrocyclops, Megacyclops e Mesocyclops predatori di larve di 1a e 2a età di culicidi. Si tratta di prove di predazione in laboratorio e in pieno campo, in diverse aree del pianeta nessuna delle quali riguarda l’Italia o il resto d’Europa, contro principalmente Aedes aegypti (L.), Ae. albopictus (Skuse) e altre specie del genere Anopheles e Culex. L’allevamento massale di copepodi ciclopoidi appare praticabile e questo, assieme alle buone prestazioni predatorie, rende tali ausiliari candidati assai interessanti contro le due principali specie di zanzare, Culex pipiens L. e Ae. albpopictus, che nelle aree urbane e periurbane italiane riescono a sfruttare raccolte d’acqua artificiali di volume variabile e a regime idrico periodico o permanente. Pertanto lo scopo dello studio è stato quello di arrivare a selezionare una o più specie di copepodi candidati per la lotta biologica e valutarne la possibilità applicativa nell’ambito dei programmi di controllo delle zanzare nocive dell’ambiente urbano. L’argomento del tutto nuovo per il nostro paese, è stato sviluppato attraverso varie fasi ciascuna delle quali propedeutica a quella successiva. •Indagine faunistica nell’area di pianura e costiera sulle specie di ciclopoidi associate a varie tipologie di raccolte d’acqua naturali e artificiali (fossi, scoline, canali, risaie e pozze temporanee). I campionamenti sono stati condotti con l’obiettivo di ottenere le specie di maggiori dimensioni (≥1 mm) in ristagni con diverse caratteristiche in termini di qualità dell’acqua e complessità biocenotica. •Prove preliminari di predazione in laboratorio con alcune specie rinvenute negli ambienti campionati, nei confronti delle larve di Ae. albopictus e Cx. pipiens. Le prestazioni di predazione sono state testate sottoponendo ai copepodi larve giovani di zanzare provenienti da allevamento e calcolato il numero giornaliero di larve attaccate. •Implementazione di un allevamento pilota della specie valutata più interessante, Macrocyclops albidus (Jurine) (Cyclopoida, Cyclopidae, Eucyclopinae), per i risultati ottenuti in laboratorio in termini di numero di larve predate/giorno e per le caratteristiche biologiche confacenti agli ambienti potenzialmente adatti ai lanci. Questa parte della ricerca è stata guidata dalla finalità di mettere a punto una tecnica di allevamento in scala in modo da disporre di stock di copepodi dalla primavera, nonchè da criteri di economicità nell’impianto e nella sua gestione. •Prove di efficacia in condizioni di semicampo e di campo in raccolte d’acqua normalmente colonizzate dai culicidi in ambito urbano: bidoni per lo stoccaggio di acqua per l’irrigazione degli orti e tombini stradali. In questo caso l’obiettivo principale è stato quello di ottenere dati sull’efficienza del controllo di M. albidus nei confronti della popolazione culicidica selvatica e sulla capacità del copepode di colonizzare stabilmente tali tipologie di focolai larvali. Risultati e conclusioni Indagine faunistica e prove di predazione in laboratorio L’indagine faunistica condotta nell’area costiera ferrarese, in quella ravennate e della pianura bolognese ha portato al rinvenimento di varie specie di ciclopoidi mantenuti in laboratorio per la conduzione delle prove di predazione. Le specie testate sono state: Acanthocyclops robustus (G. O. Sars), Macrocyclops albidus (Jurine), Thermocyclops crassus (Fischer), Megacyclops gigas (Claus). La scelta delle specie da testare è stata basata sulla loro abbondanza e frequenza di ritrovamento nei campionamenti nonché sulle loro dimensioni. Ciascuna prova è stata condotta sottoponendo a un singolo copepode, oppure a gruppi di 3 e di 5 esemplari, 50 larve di 1a età all’interno di contenitori cilindrici in plastica con 40 ml di acqua di acquedotto declorata e una piccola quantità di cibo per le larve di zanzara. Ciascuna combinazione “copepode/i + larve di Ae. albopictus”, è stata replicata 3-4 volte, e confrontata con un testimone (50 larve di Ae. albopictus senza copepodi). A 24 e 48 ore sono state registrate le larve sopravvissute. Soltanto per M. albidus il test di predazione è stato condotto anche verso Cx. pipiens. Messa a punto della tecnica di allevamento La ricerca è proseguita concentrando l’interesse su M. albidus, che oltre ad aver mostrato la capacità di predare a 24 ore quasi 30 larve di Ae. albopictus e di Cx. pipiens, dalla bibliografia risulta tollerare ampi valori di temperatura, di pH e alte concentrazioni di vari inquinanti. Dalla ricerca bibliografica è risultato che i ciclopoidi sono facilmente allevabili in contenitori di varia dimensione e foggia somministrando agli stadi di preadulto alghe unicellulari (Chlorella, Chilomonas), protozoi ciliati (Paramecium, Euplotes), rotiferi e cladoceri. Ciò presuppone colture e allevamenti in purezza di tali microrganismi mantenuti in parallelo, da utilizzare come inoculo e da aggiungere periodicamente nell’acqua di allevamento dei ciclopoidi. Nel caso di utilizzo di protozoi ciliati, occorre garantirne lo sviluppo che avviene a carico di flora batterica spontanea a sua volta cresciuta su di un substrato organico quale latte, cariossidi bollite di grano o soia, foglie di lattuga, paglia di riso bollita con cibo secco per pesci, lievito di birra. Per evitare il notevole impegno organizzativo e di manodopera nonché il rischio continuo di perdere la purezza della colonia degli organismi da utilizzare come cibo, le prove comparative di allevamento hanno portato ad un protocollo semplice ed sufficientemente efficiente in termini di copepodi ottenibili. Il sistema messo a punto si basa sull’utilizzo di una popolazione mista di ciliati e rotiferi, mantenuti nell'acqua di allevamento dei copepodi mediante la somministrazione periodica di cibo standard e pronto all’uso costituito da cibo secco per gatti. Prova di efficacia in bidoni da 220 l di capacità La predazione è stata studiata nel biennio 2007-2008 in bidoni da 220 l di capacità inoculati una sola volta in aprile 2007 con 100 e 500 esemplari di M. albidus/bidone e disposti all’aperto per la libera ovideposizione della popolazione culicidica selvatica. L’infestazione preimmaginale culicidica veniva campionata ogni due settimane fino ad ottobre, mediante un retino immanicato a maglia fitta e confrontata con quella dei bidoni testimone (senza copepodi). Nel 2007 il tasso di riduzione medio delle infestazioni di Ae. albopictus nei bidoni con copepodi, rispetto al testimone, è del 99,90% e del 100,00% rispettivamente alle dosi iniziali di inoculo di 100 e 500 copepodi/bidone; per Cx. pipiens L. tale percentuale media è risultata di 88,69% e di 84,65%. Similmente, nel 2008 si è osservato ad entrambe le dosi iniziali di inoculo una riduzione di Ae. albopictus del 100,00% e di Cx. pipiens del 73,3%. La dose di inoculo di 100 copepodi per contenitore è risultata sufficiente a garantire un rapido incremento numerico della popolazione che ha raggiunto la massima densità in agosto-settembre e un eccellente controllo delle popolazioni di Ae. albopictus. Prova di efficacia in campo in serbatoi per l’acqua irrigua degli orti La prova è stata condotta a partire dalla metà di agosto 2008 interessando 15 serbatoi di varia foggia e capacità, variabile tra 200 e 600 l, utilizzati per stoccare acqua orti famigliari nel comune di Crevalcore (BO). Ai proprietari dei serbatoi era chiesto di gestire il prelievo dell’acqua e i rifornimenti come da abitudine con l’unica raccomandazione di non svuotarli mai completamente. In 8 contenitori sono stati immessi 100 esemplari di M.albidus e una compressa larvicida a base di Bacillus thuringiensis var. israelensis (B.t.i.); nei restanti 7 è stata soltanto immessa la compressa di B.t.i.. Il campionamento larvale è stato settimanale fino agli inizi di ottobre. Dopo l’introduzione in tutti i serbatoi sono stati ritrovati esemplari di copepodi, nonostante il volume di acqua misurato settimanalmente sia variato da pochi litri, in qualche bidone, fino a valori della massima capacità, per effetto del prelievo e dell’apporto dell’acqua da parte dei gestori degli orti. In post-trattamento sono state osservate differenze significative tra le densità larvali nelle due tesi solo al 22 settembre per Ae.albopictus Tuttavia in termini percentuali la riduzione media di larve di 3a-4a età e pupe nei bidoni con copepodi, rispetto al testimone, è stata de 95,86% per Ae. albopictus e del 73,30% per Cx. pipiens. Prova di efficacia in tombini stradali Sono state condotte due prove in due differenti località, interessando 20 tombini (Marano di Castenaso in provincia di Bologna nel 2007) e 145 tombini (San Carlo in provincia di Ferrara nel 2008), quest’ultimi sottoposti a spurgo e pulizia completa nei precedenti 6 mesi l’inizio della prova. L’introduzione dei copepodi nei tombini è stata fatta all’inizio di luglio nella prova di Marano di Castenaso e alla fine di aprile e giugno in quelli di San Carlo, a dosi di 100 e 50 copepodi/tombino. Prima dell’introduzione dei copepodi e successivamente ogni 2 settimane per due mesi, in ogni tombino veniva campionata la presenza culicidica e dei copepodi con dipper immanicato. Nel 2007 dopo l’introduzione dei copepodi e per tutto il periodo di studio, mediamente soltanto nel 77% dei tombini i copepodi sono sopravvissuti. Nel periodo di prova le precipitazioni sono state scarse e la causa della rarefazione dei copepodi fino alla loro scomparsa in parte dei tombini è pertanto da ricercare non nell’eventuale dilavamento da parte della pioggia, quanto dalle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua. Tra queste innanzitutto la concentrazione di ossigeno che è sempre stata molto bassa (0÷1,03 mg/l) per tutta la durata del periodo di studio. Inoltre, a questo fattore probabilmente è da aggiungere l’accumulo, a concentrazioni tossiche per M. albidus, di composti organici e chimici dalla degradazione e fermentazione dell’abbondante materiale vegetale (soprattutto foglie) in condizioni di ipossia o anossia. Nel 2008, dopo il primo inoculo di M. albidus la percentuale di tombini che al campionamento presentano copepodi decresce in modo brusco fino a raggiungere il 6% a 2 mesi dall’introduzione dei copepodi. Dopo 40 giorni dalla seconda introduzione, la percentuale di tombini con copepodi è del 6,7%. Nell’esperienza 2008 è le intense precipitazioni hanno avuto probabilmente un ruolo determinante sul mantenimento dei copepodi nei tombini. Nel periodo della prova infatti le piogge sono state frequenti con rovesci in varie occasioni di forte intensità per un totale di 342 mm. Sotto questi livelli di pioggia i tombini sono stati sottoposti a un continuo e probabilmente completo dilavamento che potrebbe aver impedito la colonizzazione stabile dei copepodi. Tuttavia non si osservano influenze significative della pioggia nella riduzione percentuale dei tombini colonizzati da copepodi e ciò fa propendere all’ipotesi che assieme alla pioggia siano anche le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua a impedire una colonizzazione stabile da parte di M. albidus. In definitiva perciò si è dimostrato che i tombini stradali sono ambienti ostili per la sopravvivenza di M. albidus, anche se, dove il ciclopoide si è stabilito permanentemente, ha dimostrato un certo impatto nei confronti di Ae. albopictus e di Cx. pipiens, che tuttavia è risultato non statisticamente significativo all’analisi della varianza. Nei confronti delle larve di Culex pipiens il copepode non permette livelli di controllo soddisfacente, confermando i dati bibliografici. Nei confronti invece di Ae. albopictus la predazione raggiunge buoni livelli; tuttavia ciò non è compensato dalla percentuale molto alta di tombini che, dopo periodi di pioggia copiosa o singoli episodi temporaleschi o per le condizioni di anossia rimangono senza i copepodi. Ciò costringerebbe a ripetute introduzioni di copepodi i cui costi attualmente non sono inferiori a quelli per trattamenti con prodotti larvicidi. In conclusione la ricerca ha portato a considerare Macrocyclops albidus un interessante ausiliario applicabile anche nelle realtà urbane del nostro paese nell’ambito di programmi integrati di contrasto alle infestazioni di Aedes albopictus. Tuttavia il suo utilizzo non si presta a tutti i focolai larvali ma soltanto a raccolte di acqua artificiali di un certo volume come i bidoni utilizzati per stoccare acqua da impiegare per l’orto e il giardino familiare nelle situazioni in cui non è garantita la copertura ermetica, lo svuotamento completo settimanale o l’utilizzo di sostanze ad azione larvozanzaricida.

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High spectral resolution radiative transfer (RT) codes are essential tools in the study of the radiative energy transfer in the Earth atmosphere and a support for the development of parameterizations for fast RT codes used in climate and weather prediction models. Cirrus clouds cover permanently 30% of the Earth's surface, representing an important contribution to the Earth-atmosphere radiation balance. The work has been focussed on the development of the RT model LBLMS. The model, widely tested in the infra-red spectral range, has been extended to the short wave spectrum and it has been used in comparison with airborne and satellite measurements to study the optical properties of cirrus clouds. A new database of single scattering properties has been developed for mid latitude cirrus clouds. Ice clouds are treated as a mixture of ice crystals with various habits. The optical properties of the mixture are tested in comparison to radiometric measurements in selected case studies. Finally, a parameterization of the mixture for application to weather prediction and global circulation models has been developed. The bulk optical properties of ice crystals are parameterized as functions of the effective dimension of measured particle size distributions that are representative of mid latitude cirrus clouds. Tests with the Limited Area Weather Prediction model COSMO have shown the impact of the new parameterization with respect to cirrus cloud optical properties based on ice spheres.

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La forte crescita nella pescicoltura ha portato ad una significativa pressione ambientale di origine antropica nei sistemi costieri. Il bivalve locale Scrobicularia plana è stato usato come bioindicatore per valutare la qualità ambientale di un ecosistema affetto da scarichi di acque residuali di una piscifattoria nel braccio di mare Rio San Pedro (Spagna sud-occidentale). I bivalvi sono stati raccolti nei sedimenti intertidali nell'ottobre del 2010 da cinque siti del braccio di mare, seguendo un gradiente di inquinamento decrescente dall'effluente al sito di controllo. Per valutare l'esposizione e l'effetto di contaminanti legati alle acque residuali delle piscifattorie è stata selezionata una batteria di biomarker. Sono state misurate nei tessuti delle ghiandole digestive dei bivalvi: l'attività di enzimi del sistema di detossificazione della Fase I (etossiresorufina-O-deetilasi, EROD e dibenzilfluoresceina, DBF) l'attività di un enzima del sistema di detossificazione di Fase II (glutatione S-transferasi, GST), l'attività di enzimi antiossidanti (glutatione perossidasi, GPX e glutatione reduttasi, GR) e parametri di stress ossidativo (perossidazione lipidica, LPO, e danno al DNA). In parallelo sono state misurate in situ, nelle aree di studio, temperatura, pH, salinità e ossigeno disciolto nelle acque superficiali; nelle acque interstiziali sono stati misurati gli stessi parametri con l'aggiunta del potenziale redox. Sono state trovate differenze significative (p<0,05) tra siti di impatto e sito di controllo per quanto riguarda l'attività di EROD e GR, LPO e danno al DNA; è stato osservato un chiaro gradiente di stress riconducibile alla contaminazione, con alte attività di questi biomarker nell'area di scarico delle acque residuali della pescicoltura e livelli più bassi nel sito di controllo. È stata trovata inoltre una correlazione negativa significativa (p<0,01) tra la distanza alla fonte di inquinamento e l’induzione dei biomarker. Sono state analizzate le componenti abiotiche, inserendole inoltre in una mappa georeferenziata a supporto. Ossigeno disciolto, pH, salinità e potenziale redox mostrano valori bassi vicino alla fonte di inquinamento, aumentando man mano che ci si allontana da esso. I dati ottenuti indicano nel loro insieme che lo scarico di acque residuali dalle attività di pescicoltura nel braccio di mare del Rio San Pedro può indurre stress ossidativo negli organismi esposti che può portare ad un'alterazione dello stato di salute degli organismi.

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Oxidative DNA damages determine the activation of cell repair processes. These processes originate repair products, including the most studied one, 8-hydroxy-2’-deoxyguanosine (8-OH-dG). Several analytical techniques have been applied to measure urinary 8-OH-dG, but a discrepancy in basal urinary 8-OH-dG levels has been noted when comparing chromatographic techniques with immunoenzymatic assays (ELISA). Our laboratory has developed a fully validated, liquid chromatography-tandem mass spectrometry method presenting high sensitivity and specificity, which has participated in an inter-laboratory validation of assays for the measurement of urinary 8-OH-dG (ESCULA project). Mass Spectrometric techniques showed more accuracy and specificity than immunoenzymatic methods. Human spot urine samples were analyzed in order to investigate the possibility to correct urinary lesion measurements for creatinine and to evaluate the intra- and inter-day variability of 8-OH-dG excretion in urine. Our results confirm the opportunity to delve into these issues. Finally, we measured urinary 8-OH-dG in workers exposed to antineoplastic drugs and in a group of unexposed subjects to evaluate the relationship between occupational exposure and oxidative damage related to the internal dose. We found higher levels of 8-OH-dG in exposed nurses, but, as compared to the non-exposed subjects, the difference was not statistically significant, probably do to the very low level of exposure. The scientific literature is rapidly developing on the topic of DNA damage and related repair capacity. Nevertheless, further studies are needed to achieve a better understanding of the sources of DNA lesions in urine and their significance, both in clinical and occupational medicine.

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Lo sviluppo della medicina ha determinato un utilizzo sempre crescente di sostanze farmacologiche, le quali una volta escrete dagli organismi raggiungono le acque dei fiumi e dei laghi, per arrivare poi all’ambiente marino costiero, che ne risulta sempre maggiormente contaminato. Negli organismi non bersaglio esposti ai residui dei farmaci in ambiente, queste sostanze potrebbero indurre effetti simili a quelli specifici nel caso i bersagli molecolari siano stati conservati durante l’evoluzione, oppure avere effetti inattesi se i bersagli molecolari sono conservati ma hanno una differente funzione. Questo lavoro di tesi è volto a studiare i potenziali effetti indotti dalla fluoxetina (FX, farmaco antidepressivo inibitore dell’uptake della serotonina), e dal propranololo (PROP, farmaco bloccante sia dei recettori β-adrenergici che serotoninergici nell’uomo) nei mitili Mytilus galloprovincialis, esposti a tali sostanze, valutandone l’interazione con i meccanismi di trasduzione del segnale AMPc-dipendente. Sono stati valutati in particolare i livelli di AMPc e l’attività dell’enzima PKA, inoltre si è studiato se i farmaci influiscano con i meccanismi di regolazione del gene ABCB1, che codifica per la P-glicoproteina (Pgp), che ha il compito di estrudere all’esterno della cellula gli xenobiotici che vi sono entrati. Gli studi sono stati condotti dopo esposizione dei mitili in vivo ai due farmaci ed alla loro miscela per 7 giorni in acquario. I risultati hanno indicato che la FX causa una diminuzione statisticamente significativa dei livelli di AMPc, dell’attività della PKA e anche dell’espressione del gene ABCB1 rispetto al controllo, sia nel mantello che nella ghiandola digestiva. Nella ghiandola digestiva il PROP provoca una significativa riduzione dei livelli di AMPc, dell’attività della PKA e dell’espressione del gene ABCB1 rispetto ai valori di controllo. Nel mantello, invece, il PROP aumenta i livelli di AMPc e l’espressione del gene ABCB1, anche se non ha effetti significativi sull’attività della PKA. Per caratterizzare i recettori per la serotonina (5HT), e il possibile ruolo di antagonista giocato dal PROP, abbiamo inoltre trattato in vitro emociti di mitilo con la 5HT l’agonista fisiologico del recettore, usata da sola ed in presenza del PROP. I dati ottenuti dimostrano che negli emociti di mitilo sono espressi recettori 5HT1 accoppiati a proteine G inibitrici, e che il PROP blocca l’effetto della 5HT, agendo come antagonista dei recettori 5HT1. Nell’insieme i dati dimostrano che i farmaci possono avere effetti sugli organismi acquatici anche a concentrazioni molto basse come quelle ambientali. I dati della tesi non dimostrano che PROP e FX hanno effetti deleteri sulle popolazioni o le comunità dei molluschi, ma debbono essere considerati come indicatori della vulnerabilità degli animali a questi composti. Si è dimostrato per la prima volta che gli emociti di mitilo possiedono recettori di tipo 5HT1 correlati alla riduzione dei livelli intracellulari di AMPc, e soprattutto che il sistema AMPc/PKA è deputato alla regolazione dell’espressione dei geni ABCB1 codificanti per proteine del complesso Multi Xenobiotic Resistance.