711 resultados para Thermotolerant yeasts


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The grain of the self-pollinating diploid barley species offers two modes of producing recombinant enzymes or other proteins. One uses the promoters of genes with aleurone-specific expression during germination and the signal peptide code for export of the protein into the endosperm. The other uses promoters of the structural genes for storage proteins deposited in the developing endosperm. Production of a protein-engineered thermotolerant (1, 3–1, 4)-β-glucanase with the D hordein gene (Hor3–1) promoter during endosperm development was analyzed in transgenic plants with four different constructs. High expression of the enzyme and its activity in the endosperm of the mature grain required codon optimization to a C+G content of 63% and synthesis as a precursor with a signal peptide for transport through the endoplasmic reticulum and targeting into the storage vacuoles. Synthesis of the recombinant enzyme in the aleurone of germinating transgenic grain with an α-amylase promoter and the code for the export signal peptide yielded ≈1 μg⋅mg−1 soluble protein, whereas 54 μg⋅mg−1 soluble protein was produced on average in the maturing grain of 10 transgenic lines with the vector containing the gene for the (1, 3–1, 4)-β-glucanase under the control of the Hor3–1 promoter.

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The Schizosaccharomyces pombe spo20-KC104 mutation was originally isolated in a screen for sporulation-deficient mutants, and the spo20-KC104 mutant exhibits temperature-sensitive growth. Herein, we report that S. pombe, spo20+ is essential for fission yeast cell viability and is constitutively expressed throughout the life cycle. We also demonstrate that the spo20+ gene product is structurally homologous to Saccharomyces cerevisiae Sec14, the major phosphatidylinositol transfer protein of budding yeast. This structural homology translates to a significant degree of functional relatedness because reciprocal complementation experiments demonstrate that each protein is able to fulfill the essential function of the other. Moreover, biochemical experiments show that, like Sec14, Spo20 is a phosphatidylinositol/phosphatidylcholine-transfer protein. That Spo20 is required for Golgi secretory function in vegetative cells is indicated by our demonstration that the spo20-KC104 mutant accumulates aberrant Golgi cisternae at restrictive temperatures. However, a second phenotype observed in Spo20-deficient fission yeast is arrest of cell division before completion of cell separation. Consistent with a direct role for Spo20 in controlling cell septation in vegetatively growing cells, localization experiments reveal that Spo20 preferentially localizes to the cell poles and to sites of septation of fission yeast cells. We also report that, when fission yeasts are challenged with nitrogen starvation, Spo20 translocates to the nucleus. This nuclear localization persists during conjugation and meiosis. On completion of meiosis, Spo20 translocates to forespore membranes, and it is the assembly of forespore membranes that is abnormal in spo20-KC104 cells. In such mutants, a considerable fraction of forming prespores fail to encapsulate the haploid nucleus. Our results indicate that Spo20 regulates the formation of specialized membrane structures in addition to its recognized role in regulating Golgi secretory function.

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Riassunto La spettrometria di massa (MS) nata negli anni ’70 trova oggi, grazie alla tecnologia Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Flight (MALDI-TOF), importanti applicazioni in diversi settori: biotecnologico (per la caratterizzazione ed il controllo di qualità di proteine ricombinanti ed altre macromolecole), medico–clinico (per la diagnosi di laboratorio di malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici mirati), alimentare ed ambientale. Negli ultimi anni, questa tecnologia è diventata un potente strumento anche per la diagnosi di laboratorio in microbiologia clinica, rivoluzionando il flusso di lavoro per una rapida identificazione di batteri e funghi, sostituendo l’identificazione fenotipica convenzionale basata su saggi biochimici. Attualmente mediante MALDI-TOF MS sono possibili due diversi approcci per la caratterizzazione dei microrganismi: (1) confronto degli spettri (“mass spectra”) con banche dati contenenti profili di riferimento (“database fingerprints”) e (2) “matching” di bio-marcatori con banche dati proteomiche (“proteome database”). Recentemente, la tecnologia MALDI-TOF, oltre alla sua applicazione classica nell’identificazione di microrganismi, è stata utilizzata per individuare, indirettamente, meccanismi di resistenza agli antibiotici. Primo scopo di questo studio è stato verificare e dimostrare l’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF MS mediante approccio di comparazione degli spettri di differenti microrganismi di interesse medico per i quali l’identificazione risultava impossibile a causa della completa assenza o presenza limitata, di spettri di riferimento all’interno della banca dati commerciale associata allo strumento. In particolare, tale scopo è stato raggiunto per i batteri appartenenti a spirochete del genere Borrelia e Leptospira, a miceti filamentosi (dermatofiti) e protozoi (Trichomonas vaginalis). Secondo scopo di questo studio è stato valutare il secondo approccio identificativo basato sulla ricerca di specifici marcatori per differenziare parassiti intestinali di interesse medico per i quali non è disponibile una banca dati commerciale di riferimento e la sua creazione risulterebbe particolarmente difficile e complessa, a causa della complessità del materiale biologico di partenza analizzato e del terreno di coltura nei quali questi protozoi sono isolati. Terzo ed ultimo scopo di questo studio è stata la valutazione dell’applicabilità della spettrometria di massa con tecnologia MALDI-TOF per lo studio delle resistenze batteriche ai carbapenemi. In particolare, è stato messo a punto un saggio di idrolisi dei carbapenemi rilevata mediante MALDI-TOF MS in grado di determinare indirettamente la produzione di carbapenemasi in Enterobacteriaceae. L’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF mediante l’approccio di comparazione degli spettri è stata dimostrata in primo luogo per batteri appartenenti al genere Borrelia. La banca dati commerciale dello strumento MALDI-TOF MS in uso presso il nostro laboratorio includeva solo 3 spettri di riferimento appartenenti alle specie B. burgdorferi ss, B. spielmani e B. garinii. L’implementazione del “database” con specie diverse da quelle già presenti ha permesso di colmare le lacune identificative dovute alla mancanza di spettri di riferimento di alcune tra le specie di Borrelia più diffuse in Europa (B. afzelii) e nel mondo (come ad esempio B. hermsii, e B. japonica). Inoltre l’implementazione con spettri derivanti da ceppi di riferimento di specie già presenti nel “database” ha ulteriormente migliorato l’efficacia identificativa del sistema. Come atteso, il ceppo di isolamento clinico di B. lusitaniae (specie non presente nel “database”) è stato identificato solo a livello di genere corroborando, grazie all’assenza di mis-identificazione, la robustezza della “nuova” banca dati. I risultati ottenuti analizzando i profili proteici di ceppi di Borrelia spp. di isolamento clinico, dopo integrazione del “database” commerciale, indicano che la tecnologia MALDI-TOF potrebbe essere utilizzata come rapida, economica ed affidabile alternativa ai metodi attualmente utilizzati per identificare ceppi appartenenti a questo genere. Analogamente, per il genere Leptospira dopo la creazione ex-novo della banca dati “home-made”, costruita con i 20 spettri derivati dai 20 ceppi di riferimento utilizzati, è stata ottenuta una corretta identificazione a livello di specie degli stessi ceppi ri-analizzati in un esperimento indipendente condotto in doppio cieco. Il dendrogramma costruito con i 20 MSP-Spectra implementati nella banca dati è formato da due rami principali: il primo formato dalla specie non patogena L. biflexa e dalla specie a patogenicità intermedia L. fainei ed il secondo che raggruppa insieme le specie patogene L. interrogans, L. kirschneri, L. noguchii e L. borgpetersenii. Il secondo gruppo è ulteriormente suddiviso in due rami, contenenti rispettivamente L. borgpetersenii in uno e L. interrogans, L. kirschneri e L. noguchii nell’altro. Quest’ultimo, a sua volta, è suddiviso in due rami ulteriori: il primo comprendente la sola specie L. noguchii, il secondo le specie L. interrogans e L. kirshneri non separabili tra loro. Inoltre, il dendrogramma costruito con gli MSP-Spectra dei ceppi appartenenti ai generi Borrelia e Leptospira acquisiti in questo studio, e appartenenti al genere Brachyspira (implementati in un lavoro precedentemente condotto) mostra tre gruppi principali separati tra loro, uno per ogni genere, escludendo possibili mis-identificazioni tra i 3 differenti generi di spirochete. Un’analisi più approfondita dei profili proteici ottenuti dall’analisi ha mostrato piccole differenze per ceppi della stessa specie probabilmente dovute ai diversi pattern proteici dei distinti sierotipi, come confermato dalla successiva analisi statistica, che ha evidenziato picchi sierotipo-specifici. È stato, infatti, possibile mediante la creazione di un modello statistico dedicato ottenere un “pattern” di picchi discriminanti in grado di differenziare a livello di sierotipo sia i ceppi di L. interrogans sia i ceppi di L. borgpetersenii saggiati, rispettivamente. Tuttavia, non possiamo concludere che i picchi discriminanti da noi riportati siano universalmente in grado di identificare il sierotipo dei ceppi di L. interrogans ed L. borgpetersenii; i picchi trovati, infatti, sono il risultato di un’analisi condotta su uno specifico pannello di sierotipi. È stato quindi dimostrato che attuando piccoli cambiamenti nei parametri standardizzati come l’utilizzo di un modello statistico e di un programma dedicato applicato nella routine diagnostica è possibile utilizzare la spettrometria di massa MALDI-TOF per una rapida ed economica identificazione anche a livello di sierotipo. Questo può significativamente migliorare gli approcci correntemente utilizzati per monitorare l’insorgenza di focolai epidemici e per la sorveglianza degli agenti patogeni. Analogamente a quanto dimostrato per Borrelia e Leptospira, l’implementazione della banca dati dello spettrometro di massa con spettri di riferimento di miceti filamentosi (dermatofiti) si è rilevata di particolare importanza non solo per l’identificazione di tutte le specie circolanti nella nostra area ma anche per l’identificazione di specie la cui frequenza nel nostro Paese è in aumento a causa dei flussi migratori dalla zone endemiche (M. audouinii, T. violaceum e T. sudanense). Inoltre, l’aggiornamento del “database” ha consentito di superare la mis-identificazione dei ceppi appartenenti al complesso T. mentagrophytes (T. interdigitale e T. mentagrophytes) con T. tonsurans, riscontrata prima dell’implementazione della banca dati commerciale. Il dendrogramma ottenuto dai 24 spettri implementati appartenenti a 13 specie di dermatofiti ha rivelato raggruppamenti che riflettono quelli costruiti su base filogenetica. Sulla base dei risultati ottenuti mediante sequenziamento della porzione della regione ITS del genoma fungino non è stato possibile distinguere T. interdigitale e T. mentagrophytes, conseguentemente anche gli spettri di queste due specie presentavano picchi dello stesso peso molecoalre. Da sottolineare che il dendrogramma costruito con i 12 profili proteici già inclusi nel database commerciale e con i 24 inseriti nel nuovo database non riproduce l’albero filogenetico per alcune specie del genere Tricophyton: gli spettri MSP già presenti nel database e quelli aggiunti delle specie T. interdigitale e T. mentagrophytes raggruppano separatamente. Questo potrebbe spiegare le mis-identificazioni di T. interdigitale e T. mentagrophytes con T. tonsurans ottenute prima dell’implementazione del database. L’efficacia del sistema identificativo MALDI-TOF è stata anche dimostrata per microrganismi diversi da batteri e funghi per i quali la metodica originale è stata sviluppata. Sebbene tale sistema identificativo sia stato applicato con successo a Trichomonas vaginalis è stato necessario apportare modifiche nei parametri standard previsti per l’identificazione di batteri e funghi. Le interferenze riscontrate tra i profili proteici ottenuti per i due terreni utilizzati per la coltura di questo protozoo e per i ceppi di T. vaginalis hanno, infatti, reso necessario l’utilizzo di nuovi parametri per la creazione degli spettri di riferimento (MSP-Spectra). L’importanza dello sviluppo del nuovo metodo risiede nel fatto che è possibile identificare sulla base del profilo proteico (e non sulla base di singoli marcatori) microorganismi cresciuti su terreni complessi che potrebbero presentare picchi nell'intervallo di peso molecolare utilizzato a scopo identificativo: metaboliti, pigmenti e nutrienti presenti nel terreno possono interferire con il processo di cristallizzazione e portare ad un basso punteggio identificativo. Per T. vaginalis, in particolare, la “sottrazione” di picchi dovuti a molecole riconducibili al terreno di crescita utilizzato, è stata ottenuta escludendo dall'identificazione l'intervallo di peso molecolare compreso tra 3-6 kDa, permettendo la corretta identificazione di ceppi di isolamento clinico sulla base del profilo proteico. Tuttavia, l’elevata concentrazione di parassita richiesta (105 trofozoiti/ml) per una corretta identificazione, difficilmente ottenibile in vivo, ha impedito l’identificazione di ceppi di T. vaginalis direttamente in campioni clinici. L’approccio identificativo mediante individuazione di specifici marcatori proteici (secondo approccio identificativo) è stato provato ed adottato in questo studio per l’identificazione e la differenziazione di ceppi di Entamoeba histolytica (ameba patogena) ed Entamoeba dispar (ameba non patogena), specie morfologiacamente identiche e distinguibili solo mediante saggi molecolari (PCR) aventi come bersaglio il DNA-18S, che codifica per l’RNA della subunità ribosomiale minore. Lo sviluppo di tale applicazione ha consentito di superare l’impossibilità della creazione di una banca dati dedicata, a causa della complessità del materiale fecale di partenza e del terreno di coltura impiagato per l’isolamento, e di identificare 5 picchi proteici in grado di differenziare E. histolytica da E. dispar. In particolare, l’analisi statistica ha mostrato 2 picchi specifici per E. histolytica e 3 picchi specifici per E. dispar. L’assenza dei 5 picchi discriminanti trovati per E. histolytica e E. dispar nei profili dei 3 differenti terreni di coltura utilizzati in questo studio (terreno axenico LYI-S-2 e terreno di Robinson con e senza E. coli) permettono di considerare questi picchi buoni marcatori in grado di differenziare le due specie. La corrispondenza dei picchi con il PM di due specifiche proteine di E. histolytica depositate in letteratura (Amoebapore A e un “unknown putative protein” di E. histolytica ceppo di riferimento HM-1:IMSS-A) conferma la specificità dei picchi di E. histolytica identificati mediante analisi MALDI-TOF MS. Lo stesso riscontro non è stato possibile per i picchi di E. dispar in quanto nessuna proteina del PM di interesse è presente in GenBank. Tuttavia, va ricordato che non tutte le proteine E. dispar sono state ad oggi caratterizzate e depositate in letteratura. I 5 marcatori hanno permesso di differenziare 12 dei 13 ceppi isolati da campioni di feci e cresciuti in terreno di Robinson confermando i risultati ottenuti mediante saggio di Real-Time PCR. Per un solo ceppo di isolamento clinico di E. histolytica l’identificazione, confermata mediante sequenziamento della porzione 18S-rDNA, non è stata ottenuta mediante sistema MALDI-TOF MS in quanto non sono stati trovati né i picchi corrispondenti a E. histolytica né i picchi corrispondenti a E. dispar. Per questo ceppo è possibile ipotizzare la presenza di mutazioni geno/fenotipiche a livello delle proteine individuate come marcatori specifici per E. histolytica. Per confermare questa ipotesi sarebbe necessario analizzare un numero maggiore di ceppi di isolamento clinico con analogo profilo proteico. L’analisi condotta a diversi tempi di incubazione del campione di feci positivo per E. histolytica ed E. dipar ha mostrato il ritrovamento dei 5 picchi discriminanti solo dopo 12 ore dall’inoculo del campione nel terreno iniziale di Robinson. Questo risultato suggerisce la possibile applicazione del sistema MALDI-TOF MS per identificare ceppi di isolamento clinico di E. histolytica ed E. dipar nonostante la presenza di materiale fecale che materialmente può disturbare e rendere difficile l’interpretazione dello spettro ottenuto mediante analisi MALDI-TOF MS. Infine in questo studio è stata valutata l’applicabilità della tecnologia MALDI-TOF MS come saggio fenotipico rapido per la determinazione di ceppi produttori di carbapenemasi, verificando l'avvenuta idrolisi del meropenem (carbapeneme di riferimento utilizzato in questo studio) a contatto con i ceppi di riferimento e ceppi di isolamento clinico potenzialmente produttori di carbapenemasi dopo la messa a punto di un protocollo analitico dedicato. Il saggio di idrolisi del meropenem mediante MALDI-TOF MS ha dimostrato la presenza o l’assenza indiretta di carbapenemasi nei 3 ceppi di riferimento e nei 1219 (1185 Enterobacteriaceae e 34 non-Enterobacteriaceae) ceppi di isolamento clinico inclusi nello studio. Nessuna interferenza è stata riscontrata per i ceppi di Enterobacteriaceae variamente resistenti ai tre carbapenemi ma risultati non produttori di carbapenemasi mediante i saggi fenotipici comunemente impiegati nella diagnostica routinaria di laboratorio: nessuna idrolisi del farmaco è stata infatti osservata al saggio di idrolisi mediante MALDI-TOF MS. In un solo caso (ceppo di K. pneumoniae N°1135) è stato ottenuto un profilo anomalo in quanto presenti sia i picchi del farmaco intatto che quelli del farmaco idrolizzato. Per questo ceppo resistente ai tre carbapenemi saggiati, negativo ai saggi fenotipici per la presenza di carbapenemasi, è stata dimostrata la presenza del gene blaKPC mediante Real-Time PCR. Per questo ceppo si può ipotizzare la presenza di mutazioni a carico del gene blaKPC che sebbene non interferiscano con il suo rilevamento mediante PCR (Real-Time PCR positiva), potrebbero condizionare l’attività della proteina prodotta (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia negativi) riducendone la funzionalità come dimostrato, mediante analisi MALDI-TOF MS, dalla presenza dei picchi relativi sia all’idrolisi del farmaco sia dei picchi relativi al farmaco intatto. Questa ipotesi dovrebbe essere confermata mediante sequenziamento del gene blaKPC e successiva analisi strutturale della sequenza amminoacidica deducibile. L’utilizzo della tecnologia MALDI-TOF MS per la verifica dell’avvenuta idrolisi del maropenem è risultato un saggio fenotipico indiretto in grado di distinguere, al pari del test di Hodge modificato impiegato comunemente nella routine diagnostica in microbiologia, un ceppo produttore di carbapenemasi da un ceppo non produttore sia per scopi diagnostici che per la sorveglianza epidemiologica. L’impiego del MALDI-TOF MS ha mostrato, infatti, diversi vantaggi rispetto ai metodi convenzionali (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia) impiegati nella routine diagnostica di laboratorio i quali richiedono personale esperto per l’interpretazione del risultato e lunghi tempi di esecuzione e di conseguenza di refertazione. La semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questa tecnica un metodo accurato e rapido. Inoltre, il metodo risulta conveniente dal punto di vista economico, con un costo totale stimato di 1,00 euro per ceppo analizzato. Tutte queste considerazioni pongono questa metodologia in posizione centrale in ambito microbiologico anche nel caso del rilevamento di ceppi produttori di carbapenemasi. Indipendentemente dall’approccio identificativo utilizzato, comparato con i metodi convenzionali il MALDI-TOF MS conferisce in molti casi un guadagno in termini di tempo di lavoro tecnico (procedura pre-analititca per la preparazione dei campioni) e di tempo di ottenimento dei risultati (procedura analitica automatizzata). Questo risparmio di tempo si accentua quando sono analizzati in contemporanea un maggior numero di isolati. Inoltre, la semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questo un metodo di identificazione accurato e rapido risultando più conveniente anche dal punto di vista economico, con un costo totale di 0,50 euro (materiale consumabile) per ceppo analizzato. I risultati ottenuti dimostrano che la spettrometria di massa MALDI-TOF sta diventando uno strumento importante in microbiologia clinica e sperimentale, data l’elevata efficacia identificativa, grazie alla disponibilità sia di nuove banche dati commerciali sia di aggiornamenti delle stesse da parte di diversi utenti, e la possibilità di rilevare con successo anche se in modo indiretto le antibiotico-resistenze.

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Na propriedade rural, onde o leite cru refrigerado fica armazenado até a captação pelo caminhão tanque em coleta a granel, o mesmo é mantido a temperatura de refrigeração entre 1 a 4ºC por longos períodos (até 96 horas), os microrganismos psicrotróficos encontram condições favoráveis para sua multiplicação, produzindo enzimas proteolíticas e lipolíticas termotolerantes, podendo provocar alterações indesejáveis no leite e nos seus derivados. Quando estes microrganismos estão presentes em elevadas populações, pode ser indicativo de baixa qualidade do leite e insatisfatória condições sanitárias para o processamento. Devido a necessidade da melhora da qualidade dos produtos lácteos, objetivou-se a execução desta pesquisa realizando levantamentos sobre o cumprimento dos padrões microbiológicos exigidos pela atual legislação brasileira IN 62 (BRASIL, 2011), pesquisas sobre os microrganismos psicrotróficos, Pseudomonas spp. e produção de enzimas proteolítica e lipolítica por Pseudomonas spp. As coletas foram realizadas em 10 propriedades do Estado de São Paulo na Regional Agrícola do Escritório de Desenvolvimento Rural - EDR Limeira - SP, sendo, 5 propriedades com ordenha manual e 5 propriedades com ordenha mecânica, nos períodos de chuva e seca e em vários pontos durante a obtenção do leite cru refrigerado e também do leite com intervalo de 24 horas até a captação deste leite pelo caminhão. As médias das populações dos microrganismos mesófilos na ordenha manual, foi diferente estatisticamente significativo no leite recém ordenhado (1,52×106 UFC.mL-1) para o leite com 24 horas de armazenamento (2,67×107 UFC.mL-1) no período chuvoso, e na ordenha mecânica, o encontrado foi uma diferença estatisticamente significativa no leite recém ordenhado (3,87×106 UFC.mL-1) para o leite com 24 horas de armazenamento (9,82×108 UFC.mL-1) também no período chuvoso. Nas populações dos microrganismos psicrotróficos, suas médias diferiram estatisticamente na ordenha manual no período da chuva no leite recém ordenhado (1,48×104 UFC.mL-1) para o leite com 48 horas de armazenamento (1,49×105 UFC.mL-1) e na ordenha mecânica, o leite recém ordenhado (8,74×103 UFC.mL-1), com 24 horas de armazenamento (4,33×104 UFC.mL-1) não diferiram entre si e foram diferentes estatisticamente do leite com 48 horas de armazenamento (3,46×105 UFC.mL-1) apresentaram valor elevado, principalmente quando o leite cru refrigerado permanece por longos períodos de armazenamento na propriedade rural, que pode ser um sério fator de comprometimento pela produção de lipases ou proteases principalmente pelas Pseudomonas spp. onde em todos os pontos amostrados foram isolados este microrganismo produzindo enzimas (lipase e/ou protease). A maior porcentagem de atividade lipolítica foi verificada no período seco, já a maior porcentagem de atividade proteolítica foi verificada no período chuvoso. Contudo, deve-se intensificar as medidas de autocontrole para minimizar os efeitos dos microrganismos mesófilos e psicrotróficos sobre a qualidade do leite cru refrigerado e, consequentemente, de seus derivados.

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O consumo de plantas medicinais no país tem aumentado de maneira significativa nas últimas décadas. Dados da Organização mundial de Saúde estimam que 80% da população mundial usam plantas medicinais como alternativa terapêutica. No entanto, pouca informação se encontra disponível sobre os constituintes dos mesmos, bem como sobre o potencial de riscos à saúde humana. Assim, questões relacionadas à qualidade dessas drogas apresentam fundamental importância. Em função de sua origem, a carga microbiana detectada em drogas vegetais pode ser considerada normalmente elevada, oferecendo riscos potenciais ao usuário. Desta forma, a avaliação de sua qualidade sanitária bem como a utilização de processos descontaminantes constituem-se em etapas importantes no que se refere ao aspecto de segurança ao consumidor. Portanto o objetivo deste trabalho foi a determinação dos níveis de contaminação, a pesquisa de indicadores patogênicos; além da eficácia da exposição de 30 e 60 minutos ao gás óxido de etileno, a determinação de residuais tóxicos e a verificação de possíveis alterações nos níveis de marcadores em amostras de Matricaria recutita L., Cynara scolimus L., Paulinia cupana H.B.K. e Ginkgo biloba L. proveniente de três fornecedores diferentes. Todas as drogas vegetais analisadas continham elevados níveis de bactérias e fungos, na ordem de 105 ufc/g, além de terem sido detectados microrganismos patogênicos nas amostras estudadas. Entretanto após a exposição destas por 30 e 60 minutos ao gás óxido de etileno, observou-se a eliminação de cerca de 90% e 99,8% respectivamente. No que se refere aos patógenos específicos a exposição de 30 minutos foi capaz de eliminá-los completamente. Os níveis residuais de óxido de etileno nas drogas vegetais analisadas, foram reduzidos a índices aceitáveis após 14 dias de aeração ambiental, já os níveis de etilenoglicol e etilenocloridrina mantiveram-se dentro do limite da sensibilidade do método adotado. Com relação à análise de principios ativos naturais, não houve alteração nas concentrações dos marcadores das drogas vegetais camomila, ginkgo biloba e guaraná analisadas mesmo após ciclo de exposição de 60 minutos ao gás óxido de etileno. Sendo assim verifica-se a necessidade da adoção de métodos de descontaminação microbiana com o intuito de fornecer um produto mais seguro para o consumo humano visto que estes são por vezes consumidos por enfermos, idosos e crianças com a saúde comprometida. Pode-se concluir também que o processo de descontaminação de drogas vegetais por óxido de etileno é um processo eficaz e seguro, desde que sejam adotados os requisitos de segurança necessários que infelizmente, nem sempre são adotadas no mercado nacional

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As contaminações por leveduras selvagens e por bactérias no processo de produção de etanol combustível no Brasil causam prejuízos ao rendimento fermentativo e aumento de custos pelo uso de biocidas. No entanto, poucos estudos tem focado no efeito das contaminações conjuntas de leveduras selvagens e bactérias e as possíveis interações entre os micro-organismos, especialmente em função dos diferentes substratos de fermentação e das formas de controle. Este trabalho teve por objetivos verificar o efeito do substrato (caldo de cana e melaço) sobre o desenvolvimento das contaminações pela levedura da espécie Dekkera bruxellensis e pela bactéria Lactobacillus fermentum, em co-culturas com Saccharomyces cerevisiae (linhagem industrial PE-2) e possíveis formas de controle do crescimento dos contaminantes (pelo uso de metabissulfito de potássio e adição de etanol ao tratamento ácido) sem afetar a levedura do processo. Os testes foram realizados em condições de crescimento (substrato com 4 °Brix, culturas agitadas) e fermentação com reciclo celular (substrato com 16 °Brix, culturas estáticas). Houve interação entre as leveduras e a bactéria quando crescidas em caldo de cana 4 °Brix. A levedura industrial não foi afetada pela presença dos micro-organismos contaminantes, no entanto, para D. bruxellensis a presença de L. fermentum interferiu positivamente no crescimento, com aumento no número de UFC, e consequentemente inibição do crescimento da bactéria. Em melaço, houve um estímulo ao crescimento de L. fermentum quando em co-cultura com S. cerevisiae. Houve influência das contaminações sobre os parâmetros avaliados no experimento (pH, açúcar redutor total, etanol, glicerol e crescimento das células) e a contaminação conjunta de L. fermentum e D. bruxellensis potencializou o efeito das contaminações pelos micro-organismos isoladamente, tanto em caldo quanto em melaço. A adição de 13% de etanol à solução de ácido sulfúrico pH 2,0 no tratamento celular resultou em uma diminuição significativa no número de UFC de D. bruxellensis (entre 90-99%). A levedura PE-2 foi pouco afetada pelo tratamento proposto. A bactéria L. fermentum teve seu crescimento afetado em todas as combinações testadas. Como os experimentos foram feitos em co-culturas, verificouse que pode haver influência de um micro-organismo sobre a viabilidade do outro, dependendo da reação ao tratamento ácido-etanol. O metabissulfito de potássio (MBP), no intervalo entre 200-400 mg/L, foi eficaz para controlar o crescimento de D. bruxellensis dependendo do meio de cultura e linhagem. Quando adicionado (250 mg/L) à solução ácida (pH 2,0) no tratamento celular, um efeito significativo foi observado nas culturas mistas, pois ocorreu a inativação do SO2 pela S. cerevisiae e uma provável proteção das células de D. bruxellensis, não sendo essa levedura prejudicada pelo MBP. A resposta fisiológica de S. cerevisiae na presença de MBP pode explicar a diminuição significativa na produção de etanol. Quando o MBP foi adicionado ao meio de fermentação, resultou no controle da D. bruxellensis mas não em sua morte, com efeito menos intensivo sobre a eficiência fermentativa. Em cocultura com a adição de MBP, a eficiência fermentativa foi significativamente menor do que na ausência de MBP.

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Pouco se sabe sobre o efeito do substrato e a interação entre as leveduras selvagens e bactérias do gênero Lactobacillus na fermentação alcoólica, pois os estudos tem se concentrado na avaliação dos efeitos da contaminação por um ou outro contaminante separadamente. Diante disso, este trabalho teve como objetivos estudar o efeito do substrato e das condições de tratamento do fermento sobre as fermentações contaminadas com ambos os micro-organismos, leveduras S. cerevisiae selvagens (três linhagens apresentando colônias rugosas e células dispostas em pseudohifas) e Lactobacillus fermentum, tendo a linhagem industrial de S. cerevisiae PE-2 como levedura do processo. Foram realizadas fermentações em batelada em mosto de caldo e de melaço, sem reciclo e com reciclo celular, utilizando tanto a cultura pura da linhagem PE-2 quanto as culturas mistas com as linhagens rugosas e ou L. fermentum. Foram avaliadas modificações no tratamento ácido do fermento, visando o controle do crescimento dos contaminantes sem afetar a levedura do processo. Em seguida, foram conduzidas fermentações contaminadas e não contaminadas submetidas ao tratamento ácido combinado com adição de etanol, tanto em caldo quanto em melaço, utilizando-se PE-2, uma das linhagens rugosas e L. fermentum. A atividade da invertase extracelular foi também avaliada em ambos os substratos para os micro-organismos estudados, em condições de crescimento. Concluiu-se que o tipo de substrato de fermentação, caldo de cana ou melaço, influenciou o desempenho da linhagem industrial PE-2 assim como afetou o desenvolvimento das contaminações com as leveduras rugosas S. cerevisiae na presença ou ausência da bactéria L. fermentum, em fermentações sem reciclo celular. O efeito da contaminação foi mais evidente quando se utilizou caldo de cana do que melaço como substrato, no caso da contaminação com leveduras rugosas, e o inverso no caso da contaminação com L. fermentum. O efeito da contaminação sobre a eficiência fermentativa foi maior na presença da levedura rugosa do que com a bactéria, e a contaminação dupla (tanto com a levedura rugosa quanto com a bactéria) não teve efeito maior sobre a eficiência fermentativa do que a contaminação simples, por um ou por outro micro-organismo isoladamente, especialmente na fermentação em batelada com reciclo celular, independentemente do substrato. Nas fermentações com reciclo de células, o efeito do substrato foi menos evidente. O controle do crescimento das linhagens rugosas pode ser realizado modificando o tratamento ácido normalmente realizado na indústria, seja pela adição de etanol à solução ácida ou pelo abaixamento do pH, dependendo da linhagem rugosa. O tratamento combinado baixo pH (2,0) + 13% etanol afetou a fisiologia da linhagem industrial, trazendo prejuízos à fermentação com reciclo celular, com pequeno controle sobre o crescimento da levedura rugosa e causando morte celular à L. fermentum. A diferença na atividade invertásica entre as linhagens rugosas e industrial de S. cerevisiae pode ser a responsável pela fermentação lenta apresentada pelas linhagens rugosas quando presentes na fermentação, sendo não significativa a influência do substrato sobre a atividade dessa enzima.

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A levedura Yarrowia lipolytica tem sido muito investigada, especialmente por ser um microrganismo oleaginoso, ou seja, capaz de acumular grandes quantidades de lipídios, o que ocorre majoritariamente em organelas denominadas partículas lipídicas. Estes lipídios apresentam várias potenciais aplicações biotecnológicas, como por exemplo na produção de óleo microbiano (single cell oil) e na produção de biodiesel. Durante este projeto de mestrado, objetivou-se estudar a fisiologia de duas linhagens da levedura Y. lipolytica, sendo uma tradicionalmente estudada pela comunidade científica internacional (linhagem w29) e outra isolada da Baía da Guanabara, no Rio de Janeiro (linhagem IMUFRJ 50682). Foram realizados cultivos em frascos agitados tipo Erlenmeyer com defletores tampados com algodão (volume total 500 mL, volume de meio 100 mL, 28 oC e 200 rotações por minuto), durante os quais foi possível: 1) escolher um meio de cultivo de composição totalmente definida, com tiamina como único fator de crescimento, adequado a estudos de fisiologia quantitativa com esta levedura; 2) verificar que Y. lipolytica não é capaz de crescer com sacarose ou xilose como única fonte de carbono; 3) verificar que Y. lipolytica cresce com velocidade específica de crescimento máxima (Máx) de 0,49 h-1 num meio complexo contendo glicose, extrato de levedura e peptona (meio YPD), 0,31 h-1 em meio definido com glicose como única fonte de carbono e 0,35 h-1 no mesmo meio, mas com glicerol como única fonte de carbono, sem excreção de metabólitos para o meio de cultivo; 4) verificar que ocorreu limitação por oxigênio nos cultivos em frasco agitado, sendo este o motivo pelo qual as células deixaram de crescer exponencialmente; 5) verificar que o uso de ureia, em vez de sulfato de amônio, como fonte de nitrogênio, contribui para uma variação menor do pH durante os cultivos, sem prejuízo ao crescimento da levedura; 6) observar que, ao se restringir a oferta de nitrogênio à levedura (aumento da relação C/N inicial no meio de 12,6 para 126), as células têm sua morfologia alterada e apresentam maior quantidade de partículas lipídicas; 7) determinar uma composição elementar para a biomassa de Y. lipolytica (CH1,98O0,58N0,13), em que os átomos de carbono encontram-se em média mais reduzidos do que na biomassa de leveduras como Saccharomyces cerevisiae e Dekkera bruxellensis. Foram também realizados cultivos em biorreator em batelada (1 L de volume útil, 28 oC, aerobiose plena e pH controlado em 5,0), durante os quais foi possível: a) estabelecer um protocolo de cultivo para Y. lipolytica em biorreator (que envolvem agitação mecânica, aeração e uso de anti-espumante, entre outras diferenças em relação aos cultivos em frasco); b) confirmar os valores dos principais parâmetros fisiológicos apresentados por esta levedura, anteriormente obtidos a partir de cultivos em frasco; c) confirmar que o fator de conversão de substrato a células (Yx/s) é maior para cultivos realizados com glicerol como fonte única de carbono (0,53 g/g para a linhagem IMUFRJ 50682), do que com glicose (0,48 g/g para a mesma linhagem). Finalmente, cultivos realizados em quimiostato com glicerol como fonte de carbono e energia, limitados por amônio (fonte de nitrogênio, relação C/N 126), às vazões específicas de 0,25 h-1 e 0,15 h-1, permitiram observar que o número de partículas lipídicas por célula de Y. lipolytica permaneceu em torno de 2 em ambas as situações e houve uma diminuição no teor de nitrogênio nas células quando a velocidade específica de crescimento diminuiu de 0,25 para 0,15 h-1.

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Toll-like receptors (TLRs) are expressed by haematopoietic stem and progenitor cells (HSPCs), and may play a role in haematopoiesis in response to pathogens during infection. We have previously demonstrated that (i) inactivated yeasts of Candida albicans induce in vitro differentiation of HSPCs towards the myeloid lineage, and (ii) soluble TLR agonists induce in vivo their differentiation towards macrophages. In this work, using an in vivo model of HSPCs transplantation, we report for the first time that HSPCs sense C. albicans in vivo and subsequently are directed to produce macrophages by a TLR2-dependent signalling. Purified lineage-negative cells (Lin−) from bone marrow of C57BL/6 mice (CD45.2 alloantigen) were transplanted into B6Ly5.1 mice (CD45.1 alloantigen), which were then injected with viable or inactivated C. albicans yeasts. Transplanted cells were detected in the spleen and in the bone marrow of recipient mice, and they differentiate preferentially to macrophages, both in response to infection or in response to inactivated yeasts. The generation of macrophages was dependent on TLR2 but independent of TLR4, as transplanted Lin− cells from TLR2−/− mice did not give rise to macrophages, whereas Lin− cells from TLR4−/− mice generated macrophages similarly to control cells. Interestingly, the absence of TLR2, or in a minor extent TLR4, gives Lin− cells an advantage in transplantation assays, as increases the percentage of transplanted recovered cells. Our results indicatethat TLR-mediated recognition of C. albicans by HSPCs may help replace and/or increase cells that constitute the first line of defence against the fungus, and suggest that TLR-mediated signalling may lead to reprogramming early progenitors to rapidly replenishing the innate immune system and generate the most necessary mature cells to deal with the pathogen.

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Abstract of the poster presented at the Microbiotec’15 Congress, 10-12 December 2015, University of Évora, Portugal.

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Sediment samples collected during the expedition "Arctic Ocean '96" with the Swedish ice-breaker ODEN were investigated to estimate for the first time heterotrophic activity and total microbial biomass (size range from bacteria to small metazoans) from the perennially ice-covered central Arctic Ocean. Benthic activities and biomass were evaluated analysing a series of biogenic sediment compounds (i.e. bacterial exoenzymes, total adenylates, DNA, phospholipids, particulate proteins). In contrast to the very time-consuming sorting, enumeration and weight determination, analyses of biochemical sediment parameters may represent a useful method for obtaining rapid information on the ecological situation in a given benthic system. Bacterial cell numbers and biomass were estimated for comparison with biochemically determined biomass data, to evaluate the contribution of the bacterial biomass to the total microbial biomass. It appeared that bacterial biomass made up only 8-31% (average of all stations = 20%) of the total microbial biomass, suggesting a large fraction of other small infaunal organisms within the sediment samples (most probably fungi, yeasts, protozoans such as flagellates, ciliates or amoebae, as well as a fraction of small metazoans). Activity and biomass values determined within this study were generally extremely low, and often even slightly lower than those given for other deep oceanic regions, thus characterizing the seafloor of the central Arctic Ocean as a "benthic desert". Nevertheless, some clear trends in the data could be found, e.g. generally sharply decreasing values within the sediment column, a vague tendency for declining values with increasing water depth of sampling stations, and also differences between various Arctic deep-sea regions.

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[Cont.] The grape leaf-hopper (Bulletin no.198), by H. J. Quayle, 1908 -- Selection from Imperial Valley settlers' crop manual (pp.193-212) (Bulletin no.210), 1911?

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Cell-mediated immunity is important for anti-Candida host defence in mucosal tissues. In this study we used cytokine-specific gene knockout mice to investigate the requirement for T helper type 1 (Th1) and Th2 cytokines in recovery from oral candidiasis. Knockout mice used in this study included interleukin-4 (IL-4), IL-10, IL-12p40, interferon-gamma (IFN-gamma), and tumour necrosis factor (TNF). The mice were challenged either orally or systemically with Candida albicans yeasts, and levels of colonization were determined. IL-12p40 knockout mice developed chronic oropharyngeal candidiasis, but were not more susceptible to systemic challenge. On the other hand, TNF knockout mice displayed increased susceptibility to both oral and systemic challenge, but only in the acute stages of infection. TNF apparently has a protective effect in the acute stages of both oral and systemic candidiasis, whereas IL-12p40 is essential for recovery from oral but not systemic candidiasis. The role of IL-12p40, and its relation to T-cell-mediated responses remain to be determined.

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Three distinct isolates of Candida albicans were used to establish systemic and oral infections in inbred mice that are genetically resistant or susceptible to tissue damage. Patterns of infection differed significantly between both yeasts and mouse strains. Systemic infection conferred significant protection against re-challenge with the homologous, but not the heterologous yeast; however, the protective effect was more evident in the tissue-susceptible CBA/CaH mice than in the resistant BALB/c strain. In contrast, oral infection induced protection against both homologous and heterologous oral challenge, although this was significant only in the CBA/CaH mice. CBA/CaH mice produced antibodies of both IgG1 and IgG2a subclasses, whereas BALB/c mice produced predominantly IgG1. Western blotting demonstrated considerable differences between epitopes recognised by serum antibodies from mice of both strains after immunisation with each of the three yeasts. Thus, different strains of yeast show considerable specificity in antibody responses elicited by either systemic or oral infection. (c) 2005 Elsevier SAS. All rights reserved.

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Neutrophils and macrophages were generated in vitro from mice that display either high or low tissue susceptibilities to Candida albicans infection and their ability to phagocytose and kill three isolates of the yeast with different virulence characteristics was evaluated. In the absence of opsonization, phagocytosis by BALB/c and CBA/CaH neutrophils was comparable, but the killing was very poor. Opsonization with normal serum slightly decreased phagocytosis, but it had markedly different effects on killing, either enhancing or inhibiting candidacidal activity, depending on the combination of yeast isolate and mouse strain. In contrast, BALB/c macrophages showed high levels of phagocytosis and killing of both unopsonized yeasts and opsonized yeasts; whereas killing of unopsonized yeasts by CBA/CaH macrophages was poor, it was markedly enhanced by opsonization.