936 resultados para RAFT biomedicale polimeri micelle FRET DLS
Resumo:
Le acque di vegetazione (AV) costituiscono un serio problema di carattere ambientale, sia a causa della loro elevata produzione sia per l’ elevato contenuto di COD che oscilla fra 50 e 150 g/l. Le AV sono considerate un refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’ambito dell’industria agroalimentare e la loro tossicità è determinata in massima parte dalla componente fenolica. Il presente lavoro si propone di studiare e ottimizzare un processo non solo di smaltimento di tale refluo ma anche di una sua valorizzazione, utlizzandolo come materia prima per la produzione di acidi grassi e quindi di PHA, polimeri biodegradabili utilizzabili in varie applicazioni. A tale scopo sono stati utilizzati due bioreattori anaerobici a biomassa adesa, di identica configurazione, con cui si sono condotti due esperimenti in continuo a diverse temperature e carichi organici al fine di studiare l’influenza di tali parametri sul processo. Il primo esperimento è stato condotto a 35°C e carico organico pari a 12,39 g/Ld, il secondo a 25°C e carico organico pari a 8,40 g/Ld. Si è scelto di allestire e mettere in opera un processo a cellule immobilizzate in quanto questa tecnologia si è rivelata vantaggiosa nel trattamento continuo di reflui ad alto contenuto di COD e carichi variabili. Inoltre si è scelto di lavorare in continuo poiché tale condizione, per debiti tempi di ritenzione idraulica, consente di minimizzare la metanogenesi, mediata da microrganismi con basse velocità specifiche di crescita. Per costituire il letto fisso dei due reattori si sono utilizzati due diversi tipi di supporto, in modo da poter studiare anche l’influenza di tale parametro, in particolare si è fatto uso di carbone attivo granulare (GAC) e filtri ceramici Vukopor S10 (VS). Confrontando i risultati si è visto che la massima quantità di VFA prodotta nell’ambito del presente studio si ha nel VS mantenuto a 25°C: in tale condizione si arriva infatti ad un valore di VFA prodotti pari a 524,668 mgCOD/L. Inoltre l’effluente in uscita risulta più concentrato in termini di VFA rispetto a quello in entrata: nell’alimentazione la percentuale di materiale organico presente sottoforma di acidi grassi volatili era del 54 % e tale percentuale, in uscita dai reattori, ha raggiunto il 59 %. Il VS25 rappresenta anche la condizione in cui il COD degradato si è trasformato in percentuale minore a metano (2,35 %) e questo a prova del fatto che l’acidogenesi ha prevalso sulla metanogenesi. Anche nella condizione più favorevole alla produzione di VFA però, si è riusciti ad ottenere una loro concentrazione in uscita (3,43 g/L) inferiore rispetto a quella di tentativo (8,5 g/L di VFA) per il processo di produzione di PHA, sviluppato da un gruppo di ricerca dell’università “La Sapienza” di Roma, relativa ad un medium sintetico. Si può constatare che la modesta produzione di VFA non è dovuta all’eccessiva degradazione del COD, essendo questa nel VS25 appena pari al 6,23%, ma piuttosto è dovuta a una scarsa concentrazione di VFA in uscita. Questo è di buon auspicio nell’ottica di ottimizzare il processo migliorandone le prestazioni, poiché è possibile aumentare tale concentrazione aumentando la conversione di COD in VFA che nel VS25 è pari a solo 5,87%. Per aumentare tale valore si può agire su vari parametri, quali la temperatura e il carico organico. Si è visto che il processo di acidogenesi è favorito, per il VS, per basse temperature e alti carichi organici. Per quanto riguarda il reattore impaccato con carbone attivo la produzione di VFA è molto ridotta per tutti i valori di temperatura e carichi organici utilizzati. Si può quindi pensare a un’applicazione diversa di tale tipo di reattore, ad esempio per la produzione di metano e quindi di energia.
Resumo:
Nel presente lavoro di tesi sono state messe a confronto le ATP sintasi wild-type e γM23-K in cromatofori del batterio fotosintetico Rhodobacter capsulatus sotto gli aspetti funzionale e regolatorio. Si pensava inizialmente che la mutazione, in base a studi riportati in letteratura condotti sull’omologa mutazione in E. coli, avrebbe indotto disaccoppiamento intrinseco nell’enzima. Il presente lavoro ha chiarito che il principale effetto della mutazione è un significativo aumento dell’affinità dell’enzima per l’ADP inibitorio, che ne determina il ridotto livello di ATP idrolisi e la rapidissima reinattivazione in seguito ad attivazione da forza protonmotiva. Il residuo 23 della subunità γ si trova posizionato in prossimità della regione conservata DEELSED carica negativamente della subunità β, e l’introduzione nel mutante di una ulteriore carica positiva potrebbe determinare una maggiore richiesta di energia per indurre l’apertura del sito catalitico. Un’analisi quantitativa dei dati di proton pumping condotta mediante inibizione parziale dell’idrolisi del wildtype ha inoltre mostrato come il grado di accoppiamento del mutante in condizioni standard non differisca sostanzialmente da quello del wild-type. D’altro canto, è stato recentemente osservato come un disaccoppiamento intrinseco possa venire osservato in condizioni opportune anche nel wild-type, e cioè a basse concentrazioni di ADP e Pi. Nel presente lavoro di tesi si è dimostrato come nel mutante l’osservazione del fenomeno del disaccoppiamento intrinseco sia facilitata rispetto al wild-type. È stato proprio nell’ambito delle misure condotte sul mutante che è stato possibile dimostrare per la prima volta il ruolo fondamentale della componente elettrica della forza protonmotiva nel mantenere lo stato enzimatico ad elevato accoppiamento. Tale ruolo è stato successivamente messo in luce anche nel wild-type, in parte anche grazie all’uso di inibitori specifici di F1 e di FO. Il disaccoppiamento intrinseco nel wild-type è stato ulteriormente esaminato anche nella sua dipendenza dalla rimozione di ADP e Pi; in particolare, oltre all’amina fluorescente ACMA, è stata utilizzata come sonda di ΔpH anche la 9-aminoacridina e come sonda di Δψ l’Oxonolo VI. In entrambi i casi il ruolo accoppiante di questi due ligandi è stato confermato, inoltre utilizzando la 9-aminoacridina è stato possibile calibrare il segnale di fluorescenza con salti acido-base, dando quindi una base quantitativa ai dati ottenuti. Noi riteniamo che il più probabile candidato strutturale coinvolto in questi cambiamenti di stato enzimatici sia la subunità ε, di cui è noto il coinvolgimento in processi di regolazione e in cambiamenti strutturali indotti da nucleotidi e dalla forza protonmotiva. In collaborazione con il Dipartimento di Chimica Fisica dell’Università di Friburgo è in atto un progetto per studiare i cambiamenti strutturali presumibilmente associati al disaccoppiamento intrinseco tramite FRET in singola molecola di complessi ATP-sintasici marcati con fluorofori sia sulla subunità ε che sulla subunità γ. Nell’ambito di questa tesi sono stati creati a questo fine alcuni doppi mutanti cisteinici ed è stato messo a punto un protocollo per la loro marcatura con sonde fluorescenti.
Resumo:
Il progresso nella tecnica di recupero e di rinforzo nelle strutture metalliche con i polimeri fibro-rinforzati FRP (fibre reinforced polymers). 1.1 Introduzione nelle problematiche ricorrenti delle strutture metalliche. Le strutture moderne di una certa importanza, come i grattacieli o i ponti, hanno tempi e costi di costruzione molto elevati ed è allora di importanza fondamentale la loro durabilità, cioè la lunga vita utile e i bassi costi di manutenzione; manutenzione intesa anche come modo di restare a livelli prestazionali predefiniti. La definizione delle prestazioni comprende la capacità portante, la durabilità, la funzionalità e l’aspetto estetico. Se il livello prestazionale diventa troppo basso, diventa allora necessario intervenire per ripristinare le caratteristiche iniziali della struttura. Strutture con una lunga vita utile, come per la maggior parte delle strutture civili ed edilizie, dovranno soddisfare esigenze nuove o modificate: i mezzi di trasporto ad esempio sono diventati più pesanti e più diffusi, la velocità dei veicoli al giorno d'oggi è aumentata e ciò comporta anche maggiori carichi di tipo dinamico.
Resumo:
The aspartic protease BACE1 (β-amyloid precursor protein cleaving enzyme, β-secretase) is recognized as one of the most promising targets in the treatment of Alzheimer's disease (AD). The accumulation of β-amyloid peptide (Aβ) in the brain is a major factor in the pathogenesis of AD. Aβ is formed by initial cleavage of β-amyloid precursor protein (APP) by β-secretase, therefore BACE1 inhibition represents one of the therapeutic approaches to control progression of AD, by preventing the abnormal generation of Aβ. For this reason, in the last decade, many research efforts have focused at the identification of new BACE1 inhibitors as drug candidates. Generally, BACE1 inhibitors are grouped into two families: substrate-based inhibitors, designed as peptidomimetic inhibitors, and non-peptidomimetic ones. The research on non-peptidomimetic small molecules BACE1 inhibitors remains the most interesting approach, since these compounds hold an improved bioavailability after systemic administration, due to a good blood-brain barrier permeability in comparison to peptidomimetic inhibitors. Very recently, our research group discovered a new promising lead compound for the treatment of AD, named lipocrine, a hybrid derivative between lipoic acid and the AChE inhibitor (AChEI) tacrine, characterized by a tetrahydroacridinic moiety. Lipocrine is one of the first compounds able to inhibit the catalytic activity of AChE and AChE-induced amyloid-β aggregation and to protect against reactive oxygen species. Due to this interesting profile, lipocrine was also evaluated for BACE1 inhibitory activity, resulting in a potent lead compound for BACE1 inhibition. Starting from this interesting profile, a series of tetrahydroacridine analogues were synthesised varying the chain length between the two fragments. Moreover, following the approach of combining in a single molecule two different pharmacophores, we designed and synthesised different compounds bearing the moieties of known AChEIs (rivastigmine and caproctamine) coupled with lipoic acid, since it was shown that dithiolane group is an important structural feature of lipocrine for the optimal inhibition of BACE1. All the tetrahydroacridines, rivastigmine and caproctamine-based compounds, were evaluated for BACE1 inhibitory activity in a FRET (fluorescence resonance energy transfer) enzymatic assay (test A). With the aim to enhancing the biological activity of the lead compound, we applied the molecular simplification approach to design and synthesize novel heterocyclic compounds related to lipocrine, in which the tetrahydroacridine moiety was replaced by 4-amino-quinoline or 4-amino-quinazoline rings. All the synthesized compounds were also evaluated in a modified FRET enzymatic assay (test B), changing the fluorescent substrate for enzymatic BACE1 cleavage. This test method guided deep structure-activity relationships for BACE1 inhibition on the most promising quinazoline-based derivatives. By varying the substituent on the 2-position of the quinazoline ring and by replacing the lipoic acid residue in lateral chain with different moieties (i.e. trans-ferulic acid, a known antioxidant molecule), a series of quinazoline derivatives were obtained. In order to confirm inhibitory activity of the most active compounds, they were evaluated with a third FRET assay (test C) which, surprisingly, did not confirm the previous good activity profiles. An evaluation study of kinetic parameters of the three assays revealed that method C is endowed with the best specificity and enzymatic efficiency. Biological evaluation of the modified 2,4-diamino-quinazoline derivatives measured through the method C, allow to obtain a new lead compound bearing the trans-ferulic acid residue coupled to 2,4-diamino-quinazoline core endowed with a good BACE1 inhibitory activity (IC50 = 0.8 mM). We reported on the variability of the results in the three different FRET assays that are known to have some disadvantages in term of interference rates that are strongly dependent on compound properties. The observed results variability could be also ascribed to different enzyme origin, varied substrate and different fluorescent groups. The inhibitors should be tested on a parallel screening in order to have a more reliable data prior to be tested into cellular assay. With this aim, preliminary cellular BACE1 inhibition assay carried out on lipocrine confirmed a good cellular activity profile (EC50 = 3.7 mM) strengthening the idea to find a small molecule non-peptidomimetic compound as BACE1 inhibitor. In conclusion, the present study allowed to identify a new lead compound endowed with BACE1 inhibitory activity in submicromolar range. Further lead optimization to the obtained derivative is needed in order to obtain a more potent and a selective BACE1 inhibitor based on 2,4-diamino-quinazoline scaffold. A side project related to the synthesis of novel enzymatic inhibitors of BACE1 in order to explore the pseudopeptidic transition-state isosteres chemistry was carried out during research stage at Università de Montrèal (Canada) in Hanessian's group. The aim of this work has been the synthesis of the δ-aminocyclohexane carboxylic acid motif with stereochemically defined substitution to incorporating such a constrained core in potential BACE1 inhibitors. This fragment, endowed with reduced peptidic character, is not known in the context of peptidomimetic design. In particular, we envisioned an alternative route based on an organocatalytic asymmetric conjugate addition of nitroalkanes to cyclohexenone in presence of D-proline and trans-2,5-dimethylpiperazine. The enantioenriched obtained 3-(α-nitroalkyl)-cyclohexanones were further functionalized to give the corresponding δ-nitroalkyl cyclohexane carboxylic acids. These intermediates were elaborated to the target structures 3-(α-aminoalkyl)-1-cyclohexane carboxylic acids in a new readily accessible way.