639 resultados para olio RTIL voltammetria ciclica microelettrodo platino frodi alimentari
Resumo:
L’obesità è la patologia cronica più diffusa tra gli adulti e rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale. Il trattamento di questa patologia è fondamentale per il miglioramento della qualità della vita e per la riduzione dello sviluppo di complicanze nei i soggetti che ne sono affetti. Gli interventi nutrizionali tradizionali per l'obesità si sono sempre concentrati su strategie che promuovono la perdita di peso attraverso la restrizione dietetica, dimostratasi però inefficace per il mantenimento del peso perso a lungo termine. Per questo motivo, negli ultimi anni sono emersi approcci “non dieting” che generalmente utilizzano concetti di mindfulness in risposta alla fame interna, sazietà, alle “voglie” e all'appetito, in contrapposizione alla restrizione calorica o al contenimento cognitivo. Data l’evidenza in letteratura, del beneficio nell’utilizzo di interventi basati sulla mindfulness, come il mindful eating, per il trattamento del paziente con obesità; la SSD Nutrizione Clinica e Metabolismo dell’Ospedale Sant’Orsola ha progettato e svolto un corso di mindful eating con la finalità di migliorare la consapevolezza dei pazienti rispetto ai propri comportamenti alimentari. Per valutare l’efficacia di questo trattamento, ai pazienti sono stati somministrati dei questionari all’inizio e alla fine del corso: il K-10, l’EOQ, il MEQ, il BES e un questionario per la autovalutazione delle competenze acquisite. Purtroppo, a causa del ridotto numero di pazienti nel campione, è stato possibile effettuare solo delle valutazioni di tipo qualitativo, senza potere attribuire ad esse significatività statistica. Il corso è stato gradito dai pazienti e i parametri valutati dai questionari hanno subito un miglioramento a breve termine, pertanto, è opportuno continuare con questa modalità di trattamento e valutarne l’efficacia in un campione più grande, anche a lungo termine.
Resumo:
L’obesità ad oggi è considerata un’epidemia globale ed è tutt’ora in rapido aumento insieme a tutte le comorbidità ad essa associate. Il gold standard per il trattamento di questa patologia è la terapia dietetico-comportamentale. Tuttavia, essa frequentemente si rivela non sufficiente nei quadri di obesità severa; in questo caso è possibile valutare la farmacoterapia, seppur sempre accostata alle indicazioni alimentari. Un’altra opzione è la chirurgia bariatrica, ritenuta una delle più efficaci forme di terapia per la cura dell’obesità severa. Molto importante per l’inquadramento clinico del paziente è la rilevazione delle abitudini alimentari, eseguita tramite diversi strumenti, quali l’Indagine Alimentare, il Recall delle 24 ore e il Diario Alimentare. Recentemente sono stati formulati diversi Food Frequency Questionnaires, ovvero questionari compilati direttamente del paziente con l’obiettivo di indagare sul consumo abituale dei principali prodotti alimentari suddivisi in categorie. Obiettivo: l’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’appropriatezza di un Food Frequency Questionnaire composto da un totale di 7 categorie e 31 prodotti alimentari nella rilevazione delle abitudini di una popolazione di pazienti con diagnosi di obesità. Metodo: sono stati contattati telefonicamente 70 pazienti, suddivisi in due sottogruppi, ai quali sono state fornite istruzioni per la compilazione di un Diario Alimentare di tre giorni e del Food Frequency Questionnaire. Risultati: è stata considerata accettabile una differenza inferiore al 10% tra i valori derivanti dai due strumenti: su un campione totale di 52 pazienti, tale differenza è stata rilevata in 35 soggetti per quanto riguarda l’intake energetico, in 17 pazienti per i glucidi, in 7 partecipanti per l’apporto di proteine e in 13 casi per i lipidi. Conclusioni: i risultati confermano l’ipotesi che il Food Frequency Questionnaire fornisca valutazioni sovrapponibili a quelle derivanti dal Diario Alimentare.
Resumo:
La malattia policistica epatorenale autosomica dominante (ADPKD), patologia genetica ereditaria che coinvolge primariamente il rene, è una condizione cronica, caratterizzata dalla crescita lenta, graduale e progressiva di cisti nei reni, in concomitanza a diverse comorbidità renali ed extrarenali. Colpisce 12,5 milioni di persone di ogni etnia nel mondo e causa di più del 10% di tutte le insufficienze renali croniche terminali (ESRD). Lo studio prende in esame dietoterapia, attività fisica e qualità di vita, tre aspetti di fondamentale importanza nella gestione dei pazienti affetti da ADPKD. L’obiettivo è quello di capire quali sono le evidenze più recenti in materia, approfondire le relazioni tra questi differenti ambiti e come questi possano influenzare la gestione clinica e terapeutica dei pazienti affetti dalla patologia. Per raggiungere questo obiettivo molteplici ricerche sono state svolte interrogando i database di Scopus, Pubmed e Google Scholar. I risultati della ricerca ribadiscono l’importanza del trattamento multidisciplinare nell’ADPKD in cui il ruolo del dietista assume una grande importanza poiché emergono interessanti prospettive riguardo alle potenzialità date dall’adozione e dal mantenimento di specifici regimi alimentari e di uno stile di vita attivo in ADPKD nel contrasto dello sviluppo cistico, il tutto senza mai trascurare la condizione psicologica e sociale del paziente, fattore fondamentale per il mantenimento della compliance sia alla terapia medica che ad una corretta alimentazione e stile di vita.
Resumo:
Il salmone atlantico (Salmo salar), grazie alle proprie caratteristiche sensoriali e nutrizionali, è una specie ittica ad alto valore commerciale, oggetto di numerose ricerche volte a migliorare l’efficienza del suo allevamento e la qualità dei suoi prodotti trasformati. Ad oggi, l’affumicatura a freddo (< 30°C) è il processo più comunemente applicato per valorizzare il salmone ed estenderne la shelf-life (SL), ma l’esposizione all’ossigeno atmosferico durante suddetta operazione favorisce l’ossidazione dei lipidi e la perdita di valore nutrizionale. Lo scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di valutare l’effetto di un processo innovativo di crio- affumicatura sulla SL di filetti di salmone atlantico. A tal fine, dei filetti sono stati affumicati a 5 e 22 °C attraverso un prototipo che sfrutta l'azoto liquido come fluido di raffreddamento e l’azoto gassoso come carrier dei fumi e sono stati confrontati con filetti affumicati a 22°C in aria (affumicatura a freddo convenzionale) per lo stesso tempo (3 ore). Una volta disidratati osmoticamente, affumicati e confezionati sottovuoto, i campioni sono stati sottoposti alle determinazioni di colore, texture, sale, contenuto lipidico, aw, umidità, pH, fenoli e indici di ossidazione lipidica durante 32 giorni di conservazione refrigerata. L’evoluzione della qualità microbiologica dei filetti è stata invece valutata fino a 45 giorni. Dai risultati è emerso che, a parità di durata del trattamento, l’utilizzo della crio-affumicatura in azoto ha permesso di ridurre l’entità della perossidazione lipidica e ottenere una SL microbiologica maggiore rispetto all’affumicatura a freddo in azoto, probabilmente in ragione del mantenimento della catena del freddo. Inoltre, a seguito dell’utilizzo di azoto come gas carrier al posto dell’aria, l’assorbimento dei fenoli è risultato minore, fatto che probabilmente ha determinato una minore inibizione della crescita microbica e, pertanto, una SL microbiologica più breve.
Resumo:
In questo lavoro di tesi,è stato descritto come le tecniche di pesca che da sempre consentono l’approvvigionamento di risorse da mari, laghi e fiumi siano state sempre più sviluppate nel tempo ed adattate per soddisfare le esigenze sempre più crescenti dei consumatori di tutto il mondo; è stato fatto un inquadramento generali sulle varie tecniche ed è stato descritto anche come però spesso tali tecniche siano dannose per l’ambiente circostante e arrechino spesso danni irreparabili ad interi ecosistemi, è stato poi riportato come abbiano causato un impoverimento delle risorse e come, se non opportunamente gestite potrebbero negli anni causare il collasso e l’estinzione di intere specie di animali. Sono state riportate le pratiche della pesca sostenibile e le soluzioni attualmente attuate per tutelare le varie specie, con riferimento particolare al caso del Tonno Rosso. È stato poi descritto come l’acquacoltura sia una pratica che tenta di contrastare, in maniera seppur marginale, il destino a cui sembrano essere condannati ambienti marini, fluviali e lacustri, è stato descritto come anche tale pratica abbia avuto un’evoluzione costante fin da tempi antichissimi e come sia stata migliorata per andare incontro alle richieste dei consumatori senza però venir meno ai principi morali e umani nei confronti degli animali, sono state illustrate le varianti di questa pratica mettendone singolarmente in luce pregi e difetti. Sostanzialmente è infine stato concluso che acquacoltura e pesca sostenibile sono le uniche pratiche che potrebbero di fatto permettere di proseguire con l’approvvigionamento di materie prime ittiche senza necessariamente rimodulare completamente le abitudini alimentari, permettendo una collaborazione tra gli habitat marini, fluviali e lacustri e le nostre necessità.
Resumo:
Le colture starter sono preparazioni comprendenti una o più specie microbiche aggiunte per condurre i processi fermentativi, con risvolti positivi sulle caratteristiche tecnologiche e igienico-sanitarie dei prodotti ottenuti. Questa tesi si inserisce in un progetto europeo volto a sfruttare la biodiversità microbica di salumi dell'area del Mediterraneo, utilizzandoli come fonte di isolamento di batteri lattici (LAB) da proporre come nuove colture starter e/o bioprotettive. Prove preliminari hanno permesso di selezionare un numero ridotto di LAB, considerati sicuri, che in questa tesi sono stati studiati per il loro potenziale tecnologico (cinetiche di crescita a 20°C) per valutarne l’attitudine ad essere utilizzati in salami prodotti a livello industriale. Sulla base di queste prove effettuate in laboratorio, 4 ceppi (Latilactobacillus sakei 2M7 e SWO10, Lactiplantibacillus paraplantarum BPF2, Latilactobacillus curvatus KN55) sono stati utilizzati per la produzione di salami a livello industriale, confrontando le loro performances con uno starter commerciale utilizzato comunemente in azienda. I risultati hanno mostrato come tutti i ceppi siano stati in grado di sviluppare nella matrice con cinetiche simili, anche se questa acidificazione non ha limitato il contenuto di enterobatteri, ad eccezione del campione controllo, dove tuttavia i LAB hanno mostrato una ridotta capacità di persistenza. Il ceppo BPF2 ha ridotto significativamente il contenuto di tiramina nel prodotto finito. L’analisi dei metaboliti volatili ha evidenziato un diverso accumulo di prodotti derivanti dallo sviluppo dei LAB (es. acidi, aldeidi), anche se tali differenze erano difficilmente percepibili a livello olfattivo e tutti i salami presentavano un odore gradevole. Ulteriori prove saranno necessarie per garantire la qualità microbiologica del prodotto finito (controllo degli enterobatteri) e per effettuare anche test sensoriali, al fine anche di favorire la differenziazione dei prodotti.
Resumo:
I campi elettrici pulsati (PEF) rappresentano una tecnologia emergente che di anno in anno va acquisendo una popolarità sempre maggiore nel campo della trasformazione e conservazione degli alimenti. Tuttavia, l’applicazione di questa tecnica nel settore dei prodotti ittici è ad oggi ancora scarsamente utilizzata. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’effetto dell’applicazione dei campi elettrici pulsati come pretrattamento ad una leggera salagione sulla shelf-life di filetti di branzino confezionati in atmosfera protettiva (MAP). I filetti sono stati sottoposti a campi elettrici pulsati ad intensità di 0.6 kV/cm e successivamente immersi in una salamoia al 5% di NaCl per 24 ore. Dopodiché, i filetti pretrattati sono stati confezionati e stoccati a 4°C per 8 giorni, durante i quali sono state eseguite le determinazioni analitiche volte a valutare lo sviluppo microbico e le principali caratteristiche qualitative. I risultati hanno dimostrato che l’utilizzo dei PEF come pretrattamento alla salagione può incrementare significativamente la concentrazione di sale nei filetti, probabilmente grazie ad una distribuzione più omogenea di NaCl nel tessuto muscolare. In aggiunta, sono state riscontrate alcune differenze significative nella riduzione del peso dei filetti in seguito al trattamento PEF, il quale è risultato inferiore nei filetti trattati, fenomeno che potrebbe essere riconducibile alla capacità dei campi elettrici pulsati di aumentare la capacità di ritenzione idrica (WHC). Inoltre, al di là di un leggerissimo aumento dell’indice di ossidazione lipidica nei filetti sottoposti ai PEF nei tempi immediatamente successivi al trattamento, non sono state riscontrate altre differenze significative nei restanti parametri considerati. Pertanto, il pretrattamento con PEF risulta promettente per rendere più efficiente il successivo processo di salagione, senza influire negativamente sulla shelf-life del prodotto finale confezionato.
Resumo:
Negli ultimi decenni, la filiera ittica sta subendo una grande espansione grazie al miglioramento delle tecniche di pesca, allevamento, conservazione, e trasformazione. Di pari passo, però, si assiste ad un accumulo di scarti e sottoprodotti per i quali è necessario trovare soluzioni sostenibili al fine di ridurre al minimo il loro impatto sull’ambiente e sull’economia. Risulta pertanto indispensabile trovare tecnologie che possano valorizzare le componenti ancora presenti in questi scarti, come ad esempio l'utilizzo di processi biotecnologici che sfruttano microrganismi selezionati. Questo progetto di tesi si è focalizzato sull’utilizzo di lieviti e batteri, con attività proteolitica e lipolitica, per l’estrazione di composti funzionali tramite fermentazione da scarti di pesce. Gli idrolizzati sono stati caratterizzati in termini di contenuto in peptidi, attività antiossidante e profilo in composti volatili. I ceppi di Yarrowia lipolytica testati sono stati quelli che hanno prodotto il più alto quantitativo di peptidi, la maggiore attività antiossidante e la produzione di alcoli (isoamilico e feniletilico) o acidi (acetico, butirrico e isovalerico) in base all'assenza o presenza di glucosio nel mezzo di crescita.
Resumo:
Il miele è un prodotto alimentare da sempre conosciuto e, in virtù delle note proprietà salutistiche e degli innumerevoli utilizzi ai quali si presta è sempre più spesso oggetto di studi. Nello specifico, questo elaborato di tesi si focalizza sul miele di Manuka della Nuova Zelanda, un prodotto unico nel suo genere, ma ancora poco conosciuto in Italia. Questa unicità è essenzialmente attribuibile alla composizione chimica peculiare, per il quale è noto come “superfood”, vantando numerose attività interessanti legate a composti minori bioattivi tra cui: capacità antimicrobica, antibiotica, antiossidante, cicatrizzante. Queste proprietà lo hanno reso oggetto di un gran numero di brevetti e ciò ha contribuito ad aumentare “la corsa al miele di Manuka”, con aumento del prezzo sul mercato e, di conseguenza, gli immancabili fenomeni di frode e adulterazione. La messa a punto di metodologie analitico-strumentali affidabili basate sull’identificazione di traccianti di autenticità approvati dal Ministero delle Industrie Primarie della Nuova Zelanda può offrire maggiori garanzie in tal senso; si rendono comunque necessari ulteriori studi per determinare l’efficacia e la sicurezza del miele di Manuka, oltre che per identificare con precisione i meccanismi responsabili delle sue attività biologiche.
Resumo:
In Italia ogni anno vengono consumati circa 3 milioni di tonnellate di agrumi, dei quali circa il 30% viene destinato all’industria di trasformazione, generando scarti, principalmente bucce e semi, che tuttavia possono essere considerati a tutti gli effetti una fonte potenziale di composti nutritivi e bioattivi. In questo contesto, il presente elaborato di tesi si è occupato di descrivere le principali caratteristiche e i processi di trasformazione tradizionali degli agrumi, successivamente sono state descritte caratteristiche e proprietà degli scarti che derivano dalla lavorazione primaria e infine i possibili riutilizzi dei sottoprodotti dell’industria agrumaria. Lo smaltimento tradizionale degli scarti e dei sottoprodotti dell’industria agrumaria comporta alte emissioni di CO2 che contribuiscono all’inquinamento ambientale; pertanto, focalizzarsi sul riutilizzo degli scarti porta non solo ad una diminuzione degli stessi ma anche ad una notevole diminuzione dell’inquinamento ambientale, entrambi punti cardine della ricerca attuale e dei decenni a venire. Dall’analisi svolta in questo elaborato è risultato evidente come, oltre alle tradizionali applicazioni degli scarti agrumari nell’alimentazione animale o per la produzione di ammendate, si stanno affiancando applicazioni più innovative, basate sulle biotecnologie, che includono la produzione di acido polilattico, biomateriali sempre più utilizzati in sostituzione alle classiche materie prime, cellulosa batterica, utilizzata per la produzione di packaging alimentari, ed enzimi utilizzabili in svariati processi industriali come l’industria alimentare e della cellulosa.
Resumo:
In questa tesi sperimentale verranno mostrati e discussi i risultati dell’analisi svolta in Spagna presso l’Università di Granada. L’obbiettivo è stato quello di determinare la presenza di composti bioattivi a partire da cinque campioni di oli di oliva aromatizzati prodotti presso le strutture del Campus di Scienze degli Alimenti di Cesena. Per la precisione, si sono valutati tre oli ottenuti mediante aromatizzazione per co-estrazione di olive con arance, sottoprodotti di arance e pepe nero e due campioni di controllo ottenuti per frangitura delle sole olive utilizzate anche per le co-frangiture. Sotto la supervisione di un gruppo di docenti dell’Università di Granada, i campioni sopra citati sono stati sottoposti ad una prima fase di estrazione in soluzione idro-alcolica e ad una successiva analisi esplorativa qualitativa mediante UPLC-DAD-ESI-TOF-MS. I risultati sono stati commentati in relazione alla presenza nell’olio aromatizzato di molecole a struttura fenolica e polifenolica, note per potere esplicare anche in vivo attività salutistiche, che si sono ripartite dalle materie prime vegetali impiegate in co-frangitura all’olio ottenuto. Nello specifico, è emersa la presenza di composti bioattivi peculiari dei frutti dell’olivo, in particolar modo secoiridoidi e derivati, in netta minoranza rispetto ai composti non identificati ipoteticamente derivanti dalle matrici vegetali impiegate in co-estrazione.
Resumo:
Nei paesi in via di sviluppo la protezione delle indicazioni geografiche (IG) è considerata uno strumento utile e necessario per sostenere i prodotti di origine e per rafforzare i sistemi di produzione agroalimentare. Queste, infatti, grazie all’utilizzo di disciplinari di produzione e all’imposizione di determinati criteri riguardanti le tecniche di coltivazione, lavorazione e trasformazione del prodotto, permettono di rispettare standard qualitativi elevati. Ciò non determina solamente una maggiore qualità dei prodotti, e conseguente prestigio di questi, ma comporta anche una serie di benefici a livello economico, umanitario e di sviluppo. Infatti, grazie alla tutela conferita dalle IG i produttori sono in grado di ottenere una maggior consapevolezza riguardo ai sistemi di produzione, di migliorare le condizioni dei propri lavoratori/lavoratrici e, ottenendo un marchio di qualità, sono in grado di ricavare un prezzo di vendita più elevato, riscuotendo un maggiore guadagno. Sono pertanto stati presi in esame due prodotti che hanno già ottenuto una IG, Poivre de Penja e Rooibos, al fine di valutare i benefici e vantaggi ottenuti in seguito a tali certificazioni tramite una descrizione dello stato dell’arte dei loro disciplinari ed articoli.
The Green Gold Experience. Chef internazionali alla scoperta dell’Olio EVO nel cuore verde d’Italia.
Resumo:
Il progetto The Green Gold Experience ha lo scopo di promuovere e valorizzare l'olio extra vergine di oliva di eccellenza della regione Umbria ad una clientela elitaria come quella degli chef stellati. L'esperienza, dalla durata di più giorni, viene promossa da A.I.R.O., Associazione Internazionale Ristoranti dell'Olio, e si svolge interamente in Umbria tra strutture ricettive di eccellenza ed aziende olivicole selezionate. L'associazione contatta direttamente gli chef stellati esteri per invitarli a prendere parte a questo servizio dove verranno loro presentati e spiegati, tramite attività e corsi specifici di degustazione e abbinamento, gli oli che caratterizzano maggiormente la regione. Le aziende olivicole umbre grazie a questa esperienza riescono ad entrare in contatto con dei possibili clienti che, utilizzando l'olio EVO nei loro ristoranti, riescono a valorizzare il prodotto esaltando la sua importanza.
Resumo:
Un forno è un oggetto costituito da una camera vuota, definita cavità, che espone in maniera controllata i materiali posti al suo interno ad un ambiente caldo. Esistono diversi tipi di forni (a gas, elettrici, a microonde, a legna) e sono utilizzati con diversi scopi a seconda delle dimensioni e di come generano il calore. Il prodotto alimentare viene cotto in forno attraverso la trasmissione di calore per irraggiamento, per convezione o per una combinazione di entrambi. Questo processo di riscaldamento richiede un elevato dispendio di energia, di cui solo il 20-25% è utilizzato per riscaldare il cibo in preparazione. I forni nello specifico sono responsabili di circa il 10-12% dell’impatto ambientale complessivo degli edifici civili, collocandosi tra i peggiori elettrodomestici in termini di efficienza energetica. A ragione di ciò, l’industria dei forni è stimolata a sviluppare tecnologie sempre più efficienti, attraverso la ricerca di un miglior controllo della temperatura interna del forno. Sono state redatte due normative europee, EN 60350 e EN 50304, che stabiliscono procedure di raccolta dati e calcolo dell’efficienza energetica di un forno per guidare i costruttori verso una progettazione a minor impatto energetico, che permetta loro di restare competitivi sul mercato. L’obiettivo del seguente lavoro bibliografico è stato quello di descrivere in maniera dettagliata le normative inerenti la determinazione dell’efficienza energetica dei forni domestici. Inoltre, è stata redatta una rassegna sistematica degli studi scientifici riguardanti la valutazione del consumo energico mediante modelli matematici.
Resumo:
Il Parmigiano Reggiano è un formaggio a Denominazione d’Origine Protetta (DOP), a pasta dura, cotta, granulosa, a lunga stagionatura, prodotto con latte crudo, parzialmente scremato, proveniente da vacche alimentate prevalentemente con foraggi della zona d’origine. La trasformazione del latte in questo formaggio DOP è ancora basata su una tecnologia artigianale legata all’esperienza empirica dei casari e tutelata dal Consorzio del Parmigiano Reggiano. L’obiettivo della tesi è stato quello di analizzare l’attività dell’acqua e la texture di 14 punte di formaggio “Parmigiano Reggiano”, provenienti da diverse realtà casearie nelle provincie di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova, alla destra del fiume Po aderenti al consorzio di tutela; al fine di trarre conclusioni sulla struttura di tali campioni. In dettaglio, per valutare in modo sistematico e comprensivo la texture dei campioni è stata valutata mediante i test di Taglio, Texture Profile Analysis (TPA) e Three Point Bending. Al fine di valutare l’effetto della temperatura, le medesime analisi di texture sono state anche effettuate su alcuni campioni di formaggio condizionati alle temperature di 8, 20, 25 e 30°C. I campioni di Parmigiano Reggiano provenienti da diversi caseifici hanno presentato alcune differenze significative in termini di attività dell’acqua, durezza di taglio, elasticità, coesività, gommosità, forza massima, distanza lineare e fratturabilità. Queste variabilità potrebbero essere attribuite a diversità e peculiarità nel processo produttivo e nell’esperienza dei singoli caseari. Inoltre, è stato evidenziato un ruolo significativo delle temperature dei campioni alla quale si effettuano le analisi di texture. In particolare, i campioni condizionati a 8°C rispetto alle altre temperature hanno presentato differenze significative in tutti i parametri di texture analizzati eccetto che per quelli di elasticità e gommosità determinati con il test TPA.