1000 resultados para Solare termico, Struttura alberghiera
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From the late 1980s, the automation of sequencing techniques and the computer spread gave rise to a flourishing number of new molecular structures and sequences and to proliferation of new databases in which to store them. Here are presented three computational approaches able to analyse the massive amount of publicly avalilable data in order to answer to important biological questions. The first strategy studies the incorrect assignment of the first AUG codon in a messenger RNA (mRNA), due to the incomplete determination of its 5' end sequence. An extension of the mRNA 5' coding region was identified in 477 in human loci, out of all human known mRNAs analysed, using an automated expressed sequence tag (EST)-based approach. Proof-of-concept confirmation was obtained by in vitro cloning and sequencing for GNB2L1, QARS and TDP2 and the consequences for the functional studies are discussed. The second approach analyses the codon bias, the phenomenon in which distinct synonymous codons are used with different frequencies, and, following integration with a gene expression profile, estimates the total number of codons present across all the expressed mRNAs (named here "codonome value") in a given biological condition. Systematic analyses across different pathological and normal human tissues and multiple species shows a surprisingly tight correlation between the codon bias and the codonome bias. The third approach is useful to studies the expression of human autism spectrum disorder (ASD) implicated genes. ASD implicated genes sharing microRNA response elements (MREs) for the same microRNA are co-expressed in brain samples from healthy and ASD affected individuals. The different expression of a recently identified long non coding RNA which have four MREs for the same microRNA could disrupt the equilibrium in this network, but further analyses and experiments are needed.
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La ricerca ha per oggetto il progetto del Foro Bonaparte a Milano redatto da Giovanni Antonio Antolini a seguito del decreto del 23 giugno 1800 che stabiliva l’abbattimento delle mura del Castello Sforzesco. Si affronta il tema dell’architettura avendo come obiettivo una lettura critica di tale progetto servendosi dell’analisi compositiva come strumento in grado di stabilire i rapporti che intercorrono tra la città, l’architettura e il tipo. Attraverso lo studio del progetto urbano la ricerca conferma l’ipotesi per la quale la grande forma totalizzante, perentoria e assoluta è capace di mutare la struttura urbana, offrendo un nuovo modello con cui rinnovare la città. L’ambizione di Antolini di veder realizzata l’opera è destinata a svanire nell’arco di pochi anni, ma il progetto per il Foro Bonaparte continuerà per lungo tempo ad evocare la sua idea innovativa fino ai giorni nostri. Sebbene l’opera sia destinata a rimanere un’architettura solo disegnata, le varie pubblicazioni continuano a circolare nelle accademie prima e nelle università successivamente, costituendo un importante patrimonio di studio e di ricerca per generazioni di architetti, fino alla riscoperta avvenuta con Aldo Rossi e Manfredo Tafuri negli anni sessanta del secolo scorso. Dalle lezioni formulate nelle architetture del passato è possibile avanzare nuove ipotesi e alimentare riflessioni e dibattiti sul ruolo dell’architettura nella città contemporanea. La ricerca si occupa del progetto d’architettura per offrire un ulteriore contributo al tema, attraverso una lettura di carattere compositivo, supportata da una serie di schemi e disegni di studio necessari per completare il testo e per verificare i concetti esposti. Dopo aver raccolto, catalogato ed analizzato il materiale iconografico relativo al progetto per il Foro Bonaparte si è scelto di basare il ridisegno sulla raccolta di disegni conservati presso la Biblioteca Nazionale di Francia.
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Per Viollet-le-Duc lo “stile” «è la manifestazione di un ideale fondato su un principio» dove per principio si intende il principio d’ordine della struttura, quest’ultimo deve rispondere direttamente alla Legge dell’”unità” che deve essere sempre rispettata nell’ideazione dell’opera architettonica. A partire da questo nodo centrale del pensiero viollettiano, la presente ricerca si è posta come obiettivo quello dell’esplorazione dei legami fra teoria e prassi nell’opera di Viollet-le-Duc, nei quali lo “stile” ricorre come un "fil rouge" costante, presentandosi come una possibile inedita chiave di lettura di questa figura protagonista della storia del restauro e dell’architettura dell’Ottocento. Il lavoro di ricerca si é dunque concentrato su una nuova lettura dei documenti sia editi che inediti, oltre che su un’accurata ricognizione bibliografica e documentaria, e sullo studio diretto delle architetture. La ricerca archivistica si é dedicata in particolare sull’analisi sistematica dei disegni originali di progetto e delle relazioni tecniche delle opere di Viollet-le- Duc. A partire da questa prima ricognizione, sono stati selezionati due casi- studio ritenuti particolarmente significativi nell’ambito della tematica scelta: il progetto di restauro della chiesa della Madeleine a Vézelay (1840-1859) e il progetto della Maison Milon in rue Douai a Parigi (1857-1860). Attraverso il parallelo lavoro di analisi dei casi-studio e degli scritti di Viollet- le-Duc, si è cercato di verificare le possibili corrispondenze tra teoria e prassi operativa: confrontando i progetti sia con le opere teoriche, sia con la concreta testimonianza degli edifici realizzati.
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La messa a punto di tecniche come il patch clamp e la creazione di doppi strati lipidici artificiali (artificial bilayers) ha permesso di effettuare studi su canali ionici per valutarne la permeabilità, la selettività ionica, la dipendenza dal voltaggio e la cinetica, sia in ambito di ricerca, per analizzarne il funzionamento specifico, sia in quello farmaceutico, per studiare la risposta cellulare a nuovi farmaci prodotti. Tali tecniche possono essere inoltre impiegate nella realizzazione di biosensori, combinando così i vantaggi di specificità e sensibilità dei sistemi biologici alla veloce risposta quantitativa degli strumenti elettrochimici. I segnali in corrente che vengono rilevati con questi metodi sono dell’ordine dei pA e richiedono perciò l’utilizzo di strumentazioni molto costose e ingombranti per amplificarli, analizzarli ed elaborarli correttamente. Il gruppo di ricerca afferente al professor Tartagni della facoltà di ingegneria di Cesena ha sviluppato un sistema miniaturizzato che possiede molte delle caratteristiche richieste per questi studi. L’obiettivo della tesi riguarda la caratterizzazione sperimentale di tale sistema con prove di laboratorio eseguite in uno spazio ridotto e senza l’impiego di ulteriori strumentazioni ad eccezione del PC. In particolare le prove effettuate prevedono la realizzazione di membrane lipidiche artificiali seguita dall’inserimento e dallo studio del comportamento di due particolari canali ionici comunemente utilizzati per questa tipologia di studi: la gramicidina A, per la facilità d’inserimento nella membrana e per la bassa conduttanza del singolo canale, e l’α-emolisina, per l’attuale impiego nella progettazione e realizzazione di biosensori. Il presente lavoro si sviluppa in quattro capitoli di seguito brevemente riassunti. Nel primo vengono illustrate la struttura e le funzioni svolte dalla membrana cellulare, rivolgendo particolare attenzione ai fosfolipidi e alle proteine di membrana; viene inoltre descritta la struttura dei canali ionici utilizzati per gli esperimenti. Il secondo capitolo comprende una descrizione del metodo utilizzato per realizzare i doppi strati lipidici artificiali, con riferimento all’analogo elettrico che ne risulta, ed una presentazione della strumentazione utilizzata per le prove di laboratorio. Il terzo e il quarto capitolo sono dedicati all’elaborazione dei dati raccolti sperimentalmente: in particolare vengono prima analizzati quelli specifici dell’amplificatore, quali quelli inerenti il rumore che si somma al segnale utile da analizzare e la variabilità inter-prototipo, successivamente si studiano le prestazioni dell’amplificatore miniaturizzato in reali condizioni sperimentali e dopo aver inserito i canali proteici all’interno dei bilayers lipidici.
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L'alluminio e le sue leghe sono fra i materiali più importanti nell’ambito dell'ingegneria meccanica e trovano spazio in tutti i principali settori dell’industria aerospaziale e motoristica. La loro versatilità è legata principalmente all’elevata resistenza specifica indotta dal trattamento termico, all’ottima resistenza alla corrosione e all’elevata conducibilità elettrica e termica. Purtroppo l’effetto di rinforzo indotto del trattamento termico viene ad essere compromesso nel caso di applicazioni delle leghe a temperature superiori ai 200°C. Negli ultimi anni, al fine di aumentare l’efficienza e la potenza dei motori endotermici, le temperature a cui questi sono sottoposti si sono innalzate. Per tale ragione si stanno sviluppando e studiando leghe che, attraverso l’aggiunta di opportuni elementi, possano mantenere alte proprietà meccaniche anche a temperature superiori ai 200°C. L’obiettivo della presente ricerca è valutare l’influenza della microstruttura sulle proprietà meccaniche in temperatura di due leghe di alluminio per applicazioni in fonderia, C355 e A354, aventi come elementi principali di lega Si, Cu e Mg.
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Scopo del presente progetto di ricerca è indagare i lineamenti degli studi teatrali in Italia negli anni Novanta e Duemila. La tesi, tuttavia, configura piani di indagine più ampi, sia in senso temporale che geografico: prendendo in considerazione il rapporto fra la teatrologia italiana post-novecentesca e la sua tradizione disciplinare, da un lato, e, dall'altro, le esperienze nel medesimo campo di altre culture teatrali occidentali. La tesi si struttura in tre parti: nella prima vengono analizzati i processi di rifondazione (anni Sessanta e Settanta) e di consolidamento (anni Settanta e Ottanta) degli studi teatrali italiani; nella seconda si presentano i caratteri della teatrologia post-novecentesca (anni Novanta e Duemila); nella terza, essi vengono indagati attraverso la lente di uno specifico aspetto che si propone di assumere per descrivere il paradigma disciplinare a quest'altezza: quello del progetto di ricomposizione che sembra manifestarsi negli studi teatrali come messa in dialogo di alcune coppie di polarità oppositive tradizionalmente determinanti (teoria/storia, teoria/pratica, ecc.). Ciascuna delle parti si articola nella ricostruzione storica delle vicende occorse alla disciplina (tenendo conto anche dei loro rapporti con i coevi accadimenti in altri campi artistici, del sapere e socio-culturali) e nell'analisi della produzione scientifica di un determinato periodo. In ogni capitolo, infine, tali elementi vengono messi in relazione sia con le tendenze in atto sui più ampi scenari teatrologici internazionali, che con la tradizione di studio. Il progetto di ricerca si è sviluppato attraverso un'ampia ricognizione bibliografica della produzione scientifica del settore, all'interno di cui è stato dato ampio rilievo al ruolo di quegli ambienti di lavoro teatrologico coagulatisi intorno alle maggiori riviste del campo di studio; si è avvalso inoltre di un intenso programma di ricerca sul campo, che è consistito in una serie di incontri con alcuni dei protagonisti della rifondazione e dello sviluppo della nuova teatrologia italiana.
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Nella seguente tesi sono stati affrontati differenti protocolli di purificazione di componenti della DNA polimerasi III di Escherichia coli, previamente sovraespressi nel microrganismo. A distanza di oltre 20 anni dall’identificazione della DNA polimerasi III quale enzima responsabile della replicazione del genoma di E. coli, sono stati fatti progressi riguardo la sua conoscenza. Tuttavia molti sono gli aspetti rimasti incogniti riguardo al meccanismo d’azione dell’enzima, così come il ruolo svolto dalle sue subunità e parte della loro struttura. Al fine di migliorare la comprensione di questo enzima, è necessario insistere sulla diffrattometria di raggi X, per la quale è indispensabile l’isolamento di cristalli delle proteine. Si intuisce la necessità di sviluppare metodi appropriati che consentano di ottenere una resa il più possibile elevata dei suoi componenti. Una metodica generale per la sovraespressione del core catalitico e della singola subunità α, deputata all’attività polimerasica a carico di entrambi i filamenti di DNA, era già stata perfezionata presso il laboratorio ospitante. Con il presente lavoro sono stati sperimentati alcuni procedimenti, volti ad aumentare la resa di purificazione, adottando differenti soluzioni. In primo luogo, si è cercato di recuperare le proteine contenute nel flow through eluito da una colonna cromatografica Q-Sepharose, alla quale non erano riuscite a legarsi durante il primo stadio di purificazione. Inoltre, sono stati sperimentati metodi alternativi di lisi cellulare di estrazione delle proteine. In sintesi, il contenuto della tesi potrebbe agevolare la valutazione di diverse strategie per incrementare la resa di purificazione della subunità α e del core polimerasico della DNA Polimerasi III di E. coli.
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Il presente lavoro è stato svolto presso la struttura di Radioterapia del Policlinico S. Orsola - Malpighi e consiste nella caratterizzazione di un sistema di acquisizione per immagini portali (EPID) come dosimetro relativo bidimensionale da usare nei controlli di qualità sui LINAC. L’oggetto di studio è il sistema di acquisizione di immagini portali OPTIVUE 1000ST (Siemens), dispositivo flat panel di silicio amorfo (a-Si) assemblato all’acceleratore lineare Siemens Oncor. La risposta dell’EPID è stata analizzata variando i parametri di consegna della dose, mantenendo fissa la distanza fuoco-rivelatore. Le condizioni di stabilità, ottimali per lavorare, si hanno intorno alle 50 U.M. Dalle curve dei livelli di grigio ottenute risulta evidente che in diverse condizioni d’irraggiamento il sistema risponde con curve di Dose-Risposta differenti, pur restando nello stesso range di dose. Lo studio include verifiche sperimentali effettuate con l’OPTIVUE e usate per espletare alcuni controlli di qualità di tipo geometrico come la coincidenza campo luminoso – campo radiante e la verifica del corretto posizionamento delle lamelle del collimatore multilamellare. Le immagini portali acquisite verranno poi confrontate con quelle ottenute irraggiando tradizionalmente una CR (computed radiography), per la coincidenza e una pellicola radiocromica EBT 3, per l’MLC. I risultati ottenuti mostrano che, per il primo controllo, in entrambi i modi, si è avuta corrispondenza tra campo radiante e campo luminoso; il confronto fra le due metodiche di misura risulta consistente entro i valori di deviazioni standard calcolati, l’OPTIVUE può essere utilizzato efficacemente in tale controllo di qualità. Nel secondo controllo abbiamo ottenuto differenze negli errori di posizionamento delle lamelle individuati dai due sistemi di verifica dell’ordine di grandezza dei limiti di risoluzione spaziale. L’OPTIVUE è in grado di riconoscere errori di posizionamento preesistenti con un’incertezza che ha come limite la dimensione del pixel. Il sistema EPID, quindi, è efficace, affidabile, economico e rapido.
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Gli scintillatori organici contenenti C6D6 (benzene deuterato) sono ampiamente utilizzati per misure ad altra precisione di sezioni d'urto di cattura neutronica presso le facility che sfruttano la tecnica del tempo di volo. In particolare il loro uso nell'ambito della facility n_ToF al CERN di Ginevra ha richiesto la costruzione di nuovi rivelatori con una minore sensibilità ai neutroni di quelli presenti in commercio. In questa tesi si è studiato il nuovo prototipo di C6D6 realizzati dal gruppo italiano di n_ToF descrivendone la struttura e confrontandolo con i precedenti rivelatori realizzati nell'ambito del progetto n_ToF e le controparti commerciali evidenziandone i miglioramenti. Inoltre viene presentato lo studio, effettuato alla facility GELINA, della sensibilità ai neutroni del nuovo C6D6 e la ricerca di difetti costruttivi. Infine è mostrato come i nuovi rivelatori hanno una sezione d'urto per la cattura di nutrono molto bassa e una presenza minima di contaminanti dovuti ai materiali che li compongono.
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In questo lavoro di tesi è stato studiato lo spettro di massa invariante del sistema J/psi pi+ pi-, m(J/psi pi+ pi-), in collisioni protone-protone a LHC, con energia nel centro di massa sqrt(s)) pari a 8 TeV, alla ricerca di nuovi stati adronici. Lo studio è stato effettuato su un campione di dati raccolti da CMS in tutto il 2012, corrispondente ad una luminosità integrata di 18.6 fb-1. Lo spettro di massa invariante m(J/psi pi+ pi-), è stato ricostruito selezionando gli eventi J/psi->mu+ mu- associati a due tracce cariche di segno opposto, assunte essere pioni, provenienti da uno stesso vertice di interazione. Nonostante l'alta statistica a disposizione e l'ampia regione di massa invariante tra 3.6 e 6.0 GeV/c^2 osservata, sono state individuate solo risonanze già note: la risonanza psi(2S) del charmonio, lo stato X(3872) ed una struttura più complessa nella regione attorno a 5 GeV/c^2, che è caratteristica della massa dei mesoni contenenti il quark beauty (mesoni B). Al fine di identificare la natura di tale struttura, è stato necessario ottenere un campione di eventi arricchito in adroni B. È stata effettuata una selezione basata sull'elevata lunghezza di decadimento, che riflette la caratteristica degli adroni B di avere una vita media relativamente lunga (ordine dei picosecondi) rispetto ad altri adroni. Dal campione così ripulito, è stato possibile distinguere tre sottostrutture nello spettro di massa invariante in esame: una a 5.36 GeV/c^2, identificata come i decadimenti B^0_s-> J/psi pi+ pi-, un'altra a 5.28 GeV/c^2 come i candidati B^0-> J/psi pi+ pi- e un'ultima allargata tra 5.1 e 5.2 GeV/c^2 data da effetti di riflessione degli scambi tra pioni e kaoni. Quest'ultima struttura è stata identificata come totalmente costituita di una combinazione di eventi B^0-> J/psi K+ pi- e B^0_s-> J/psi K+ K-.
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La presente ricerca consiste nel validare ed automatizzare metodiche di Adaptive Radiation Therapy (ART), che hanno come obiettivo la personalizzazione continua del piano di trattamento radioterapico in base alle variazioni anatomiche e dosimetriche del paziente. Tali variazioni (casuali e/o sistematiche) sono identificabili mediante l’utilizzo dell’imaging diagnostico. Il lavoro svolto presso la struttura di Fisica Medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria del Policlinico di Modena, si inserisce in un progetto del Ministero della Salute del bando Giovani Ricercatori dal titolo: “Dose warping methods for IGRT and ADAPTIVERT: dose accumulation based on organ motion and anatomical variations of the patients during radiation therapy treatments”. Questa metodica si sta affermando sempre più come nuova opportunità di trattamento e, per tale motivo, nasce l’esigenza di studiare e automatizzare processi realizzabili nella pratica clinica, con un utilizzo limitato di risorse. Si sono sviluppati script che hanno permesso l’automazione delle operazioni di Adaptive e deformazioni, raccogliendo i dati di 51 pazienti sottoposti a terapia mediante Tomotherapy. L’analisi delle co-registrazioni deformabili delle strutture e delle dosi distribuite, ha evidenziato criticità del software che hanno reso necessario lo sviluppo di sistemi di controllo dei risultati, per facilitare l’utente nella revisione quotidiana dei casi clinici. La letteratura riporta un numero piuttosto limitato di esperienze sulla validazione e utilizzo su larga scala di questi tools, per tale motivo, si è condotto un esame approfondito della qualità degli algoritmi elastici e la valutazione clinica in collaborazione di fisici medici e medici radioterapisti. Sono inoltre stati sviluppati principi di strutturazione di reti Bayesiane, che consentono di predirre la qualità delle deformazioni in diversi ambiti clinici (H&N, Prostata, Polmoni) e coordinare il lavoro quotidiano dei professionisti, identificando i pazienti, per i quali sono apprezzabili variazioni morfo-dosimetriche significative. Da notare come tale attività venga sviluppata automaticamente durante le ore notturne, sfruttando l’automation come strumento avanzato e indipendente dall’operatore. Infine, il forte sviluppo, negli ultimi anni della biomeccanica applicata al movimento degli organi (dimostrato dalla numerosa letteratura al riguardo), ha avuto come effetto lo sviluppo, la valutazione e l’introduzione di algoritmi di deformazione efficaci. In questa direzione, nel presente lavoro, si sono analizzate quantitivamente le variazioni e gli spostamenti delle parotidi, rispetto all’inizio del trattamento, gettando le basi per una proficua linea di ricerca in ambito radioterapico.
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Recentemente, sempre più attenzione è stata rivolta all' utilizzo di coloranti organici come assorbitori di luce per la preparazione di strati fotoattivi in celle solari organiche (OPV). I coloranti organici presentano un'elevata abilità nella cattura della luce solare grazie all'elevato coefficiente di estinzione molare e buone proprietà fotofisiche. Per questi motivi sono eccellenti candidati per l'incremento della conversione fotoelettrica in OPV. In questa tesi viene descritta una nuova strategia per l'incorporazione di derivati porfirinici in catena laterale a copolimeri tiofenici. Gli studi svolti hanno dimostrato che poli(3-bromoesil)tiofene può essere variamente funzionalizzato con idrossitetrafenilporfirina (TPPOH), per l'ottenimento di copolimeri utilizzabili come materiali p-donatori nella realizzazione di OPV. I copolimeri poli[3-(6-bromoesil)tiofene-co-(3-[5-(4-fenossi)-10,15,20-trifenilporfirinil]esil tiofene] P[T6Br-co-T6TPP] contenenti differenti quantità di porfirina, sono stati sintetizzati sia con metodi non regiospecifici che regiospecifici, con lo scopo di confrontarene le proprietà e di verificare se la strutture macromolecolare che presenta una regiochimica di sostituzione sempre uguale, promuove o meno il trasporto della carica elettrica, migliorando di conseguenza l'efficienza. E' stato inoltre effettuato un ulteriore confronto tra questi derivati e derivati simili P[T6H-co-T6TPP] che non contengono l'atomo di bromo in catena laterale con lo scopo di verificare se l'assenza del gruppo reattivo, migliora o meno la stabilità termica e chimica dei film polimerici, agendo favorevolmete sulle performance dei dispositivi fotovoltaici. Tutti i copolimeri sono stati caratterizzati con differenti tecniche: spettroscopia NMR, FT-IR e UV-Vis, analisi termiche DSC e TGA, e GPC. Le celle solari Bulk Heterojunction, preparate utilizzando PCBM come materiale elettron-accettore e i copolimeri come materilai elettron-donatori, sono state testate utilizzando un multimetro Keithley e il Solar Simulator.
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Negli ultimi decenni nell’Alto Adriatico, in particolare lungo la costa dell’Emilia-Romagna, si sono verificati fenomeni eutrofici con lo svilupparsi di “red tides”, con frequenza e intensità tali da aver assunto un aspetto cronico. Da questi episodi è nata l’esigenza sia di un efficiente monitoraggio dell’area, che viene svolto dal 1976 dalla Struttura Oceanografica Daphne (ARPA), sia di ricercare e studiare i meccanismi che guidano il processo. Questa zona è sotto stretta osservazione anche nell’ambito Direttiva europea 2008/56/CE, Marine Strategy Framework Directive (MSFD), in quanto l’alto Adriatico rappresenta la zona maggiormente a rischio per i fenomeni di eutrofizzazione e di bloom algali. Il lavoro di questa tesi nasce dalla necessità di approfondire diversi aspetti sollevati dalla MSFD che non vengono soddisfatti da una normale attività di monitoraggio. La frequenza e l’enorme mole di dati raccolti spesso non permette nè di riunire insieme per un unico sito tutti i parametri biotici e abiotici indicativi dello stato dell’ambiente, né di fare elaborazioni statistiche approfondite. Per fare questo sono state condotte in due siti prospicienti la località di Marina di Ravenna (costa emiliano-romagnola): DIGA SUD e GEOMAR, distanti rispettivamente 1.5 Km e 12 Km dalla costa, analisi quali-quantitative dei popolamenti fitoplanctonici presenti e concomitanti analisi dei parametri chimico-fisici (nutrienti, temperatura e salinità) dell’acqua. Il campionamento bimensile è iniziato ad aprile del 2013 ed è terminato ad ottobre dello stesso anno. Dai dati ottenuti dalle suddette analisi, avvalendosi di diversi strumenti statistici, si è cercato di capire se c’è differenza fra i due siti oggetto di studio in termini di variabili abiotiche ambientali e di popolazione fitoplanctonica dovuta ad effetto geografico (distanza dalla costa). Inoltre si è cercato di individuare come le variabili ambientali vadano ad influenzare la distribuzione dei diversi taxa fitoplanctonici e di segnalare l’eventuale presenza di specie microalgali potenzialmente tossiche e/o dannose.
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Il continuo sdoppiamento e la riverberazione sono le matrici di sviluppo di questa tesi, in cui le ricerche di Grotowski legate al Parateatro e al Teatro delle Fonti sono indagate e interpretate a partire da un pensiero polivalente che prende avvio nella sociologia della cultura e si radica in un terreno antropologico. La ricerca si configura come un’interpretazione possibile delle scelte operate da Grotowski e, complessivamente, dal Teatro Laboratorio, nel contesto delle trasformazioni socio-culturali successive agli anni Sessanta verificando come nel periodo dal '70 all'82 le scelte stesse rispecchino i valori culturali dell’epoca.La ricerca ricorre alla categoria della “festa” - intesa come realtà quotidiana elevata alla forma rituale, attraverso gli elementi culturali e identitari del gruppo di appartenenza - e, a partire da essa, sovrappone criticamente la logica dell’“identità in performance” con la nozione di “Incontro” elaborata da Grotowski. Questa logica è, successivamente, problematizzata attraverso il “diamante culturale”, un dispositivo di analisi della sociologia della culturache, a sua volta, è discusso eridimensionato a partire dalpresuppostodi “Decostruzione” e dall’idea di “Decondizionamento”legata al lavoro del Performer, inteso come individuo.Tre immagini e un’incognita rivelano i campi d’azioneed i principi che permeano l’intera ricerca raddoppiandosi e congiungendo l’immagine del Performer come individuo riflessivo. L’immagine riflessa si configura nel contrasto fra apparenza e presenza: nella domanda posta da Grotowski “che si può fare con la propria solitudine?” si evidenzia uno dei problemi a cui deve far fronte l’individuo in una determinata struttura culturale e, al contempo, viene suggerita una possibilità di amplificazione della percezione di “se stesso” da parte dell’Attore-Performer come Individuo.
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La tesi è una rassegna storica e tecnica del Sistema Operativo Android, che parte da eventi del 1999 fino ad arrivare ai giorni nostri. É presente un'analisi della sua struttura del sistema e dell'anatomia di un'applicazione e si sviluppa fino agli usi alternativi di questo sistema operativo.