942 resultados para Linoleic acid (LA)


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The present work is part of a larger project aimed at obtaining compounds of industrial interest from renewable sources. The work is particularly aimed to investigate the reactivity of 2,5-bis-hydroxymethylfuran (BHMF), an important building block of organic nature easily obtainable from biomass, with acid catalysis. Through the study of the reactivity of BHMF in water, in the presence of an heterogeneous acid catalyst (Amberlyst 15), has been developed a new synthetic method for the preparation of α-6-hydroxy-6-methyl-4-enyl-2H-pyran-3-one a derivative whose molecular skeleton is similar to that of natural products which are used in pharmaceutical chemistry. The product is obtained in milder conditions and with better selectivity with respect to the strongly oxidizing conditions with which it is prepared in the literature starting from different precursors containing furan ring.

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L’acido adipico (AA) è un importante intermedio chimico prodotto in quantità pari a circa tre milioni di tonnellate annue, i cui usi riguardano principalmente la produzione di Nylon-6,6. Tutti i processi industriali odierni per la produzione dell’AA hanno in comune lo stadio finale di ossidazione con acido nitrico dell’ultimo intermedio di sintesi, che in genere è una miscela di cicloesanolo e cicloesanone (KA Oil). Esistono diversi problemi riguardanti questo processo, come la pericolosità che deriva dall’uso di acido nitrico concentrato. Dal punto di vista ambientale, il problema principale riguarda la produzione di protossido di azoto e di altri ossidi di azoto durante l’ultima fase di ossidazione con HNO3, per questo motivo, tutte le aziende che producono AA devono essere munite per legge di sistemi di abbattimento quantitativi o di recupero degli ossidi di azoto, che però risultano essere molto incisivi sul costo del processo. A livello industriale, quindi, il problema riguarda principalmente la sostenibilità economica, ma poiché queste procedure hanno un prezzo in termini di materiali ed energia, si ha anche un forte legame con la sostenibilità ambientale. Gli studi riguardanti nuovi processi per la produzione di AA sono numerosi; alcuni hanno portato a vie più “green”, ma solo pochi esempi sono veramente sostenibili dal punto di vista sia ambientale che economico. Il presente lavoro di tesi è diviso in due parti, entrambe riguardanti vie di sintesi alternative per la produzione di AA. La prima parte riguarda lo studio del secondo passaggio di una via di sintesi in due step che parte da cicloesene e che ha come intermedio l’1,2-cicloesandiolo.Sono stati provati catalizzatori eterogenei a base di nanoparticelle di Au supportate su MgO per il cleavage ossidativo in fase liquida del diolo con O2 in ambiente basico. La seconda parte invece riguarda il processo di sintesi dell’AA a partire da cicloesanone mediante l’ossidazione con perossido di idrogeno a e- caprolattone e la successiva ossidazione ad AA. Nello specifico, è stato studiato il meccanismo di reazione del primo passaggio in quanto evidenze sperimentali ottenute nel corso di lavori precedenti avevano dimostrato la presenza di un cammino di reazione differente da quello tipico per un’ossidazione di Baeyer-Villiger. In questa parte, si è studiato l’effetto di alcuni catalizzatori eterogenei a base di acidi di Lewis sui prodotti ottenuti nel primo stadio ossidativo.

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Le terapie convenzionali per le malattie da aumentato riassorbimento osseo sono limitate dalla tossicità sistemica, bassa biodisponibilità farmacologica e scarsa aderenza alle terapie. In questo studio sono stati considerati approcci terapeutici innovativi basati su composti naturali e sintetici. I) Valutazione dell'attività biologica di composti naturali. Evidenze sperimentali hanno dimostrato l’attività antiproliferativa ed antiapoptotica di piante della Medicina ayurvedica. Queste proprietà sono sfruttabili nel trattamento di malattie da aumentato riassorbimento osseo, come l'osteoporosi. Per chiarire i possibili effetti terapeutici di questi composti, sono stati studiati i decotti di Rubia cordifolia, Hemidesmus indicus, Emblica officinalis, ed Asparagus racemosus. Hemidesmis indicus si è dimostrato il più efficace. II) Valutazione dell'attività biologica di composti sintetici. I bisfosfonati (BP) sono farmaci capaci di legarsi alle superfici minerali ossee e all’idrossiapatite, nei siti di rimodellamento osseo. Poiché i BP inibiscono la funzione degli osteoclasti, sono convenzionalmente impiegati nel trattamento di malattie da aumentato riassorbimento osseo, come l'osteoporosi. Tuttavia, gli elevati costi e gli effetti collaterali legati alla somministrazione determinano una scarsa aderenza al trattamento condizionandone l’efficacia. Scopo di questo studio è stato quello di valutare l'attività biologica di BP chimicamente innovativi, meno tossici e sintetizzati con strategie catalitiche semplificate ed ecocompatibili, in modo da ridurre i costi di produzione. È stato valutato l’effetto citotossico e antiosteoclastico dei composti e confrontato con quello dei BP comunemente impiegati in clinica (neridronato, pamidronato e alendronato). I risultati sono stati considerati raggiunti qualora fossero identificati BP di nuova sintesi non citotossici e capaci di conservare almeno il 90% della capacità dei substrati di base di inibire il riassorbimento osseo. Tutti i composti di nuova sintesi sono risultati meno tossici del BP convenzionale, anche a concentrazioni più elevate ed i più efficaci sono stati un BP coniugato con acido biliare, un BP aromatico contenente azoto ed un BP alifatico contenente zolfo.

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Questa tesi descrive lo sviluppo di un elettrodo modificato con un polimero isolante per la determinazione indiretta del radicale OH. I polimeri testati sono stati polifenolo, polipirrolo e polipirrolo sovraoossidato ed il primo è risultato quello con le migliori prestazioni. Il film di modificante è stato depositato per elettropolimerizzazione del fenolo in ambiente acido, su un elettrodo di carbone vetroso (GC) ed è risultato isolante e perfettamente adeso al GC, impedendo il trasferimento di carica alle più comuni sonde redox. L’attacco dei radicali OH, generati dalla reazione di Fenton o dalla fotolisi di H2O2, rimuove parzialmente il polimero dal GC, ripristinando parzialmente il comportamento conduttore dell’elettrodo. L’entità della degradazione del film polifenolico è stata valutata sfruttando la corrente relativa alla sonda redox Ru(NH3)63+, che rappresenta il segnale analitico per la determinazione del radicale OH. L’elettrodo è stato impiegato per stimare le prestazioni di foto catalizzatori a base di nanoparticelle di TiO2, ottenendo risultati correlati a quelli ricavati da un metodo HPLC. Inoltre esso è stato usato per sviluppare una nuova procedura per la determinazione della capacità di scavenging verso i radicali OH, che è stata applicata all’analisi di composti puri e campioni reali. I risultati erano confrontabili con quelli determinati con metodiche standardizzate, comunemente impiegate per la determinazione della capacità antiossidante. Inoltre è stato condotto uno studio riguardante la modifica di un elettrodo di platino con un idrossido misto a strati a base di cobalto e alluminio (LDH). In particolare si sono valutati gli effetti di diversi pretrattamenti del Pt sulle caratteristiche e prestazioni elettrocatalitiche del film di LDH nei confronti dell’ossidazione di anilina, fenolo e acido salicilico. Questi composti possono essere impiegati come molecole sonda per la determinazione del radicale OH e rivestono interesse da un punto di vista elettroanalitico perché portano facilmente alla passivazione della superficie di Pt.

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La presente tesi tratta della fabbricazione e del funzionamento di transistors elettrochimici organici (OECTs) composti da fi�lm sottili di poly(3,4-ethylenedioxythiophene) disperso con polystyrenesulfonic acid, o PEDOT:PSS, oltre che del loro possibile utilizzo come sensori. La trattazione si apre con una panoramica sui polimeri conduttivi, siano essi puri o drogati, e sulle loro caratteristiche chimiche ed elettriche: diversi metodi di drogaggio consentono il loro utilizzo come semiconduttori. Tra questi polimeri, il PEDOT �e uno dei pi�u utilizzati poich�e presenta accessibilit�a d'uso e ottima stabilit�a nel suo stato drogato, pur risultando insolubile in acqua; per ovviare a questo problema lo si polimerizza con PSS. Le propriet�a di questo composto sono poi ampiamente discusse, soprattutto in ambito di applicazioni tecniche, per le quali �e neccessario che il polimero in soluzione sia depositato su un substrato. A questo scopo vengono presentate le principali techiche che consentono la deposizione, permettendo di creare fil�lm sottili di materiale da utilizzarsi, nell'ambito di questa tesi, come gate e canale dei transistors elettrochimici. A seguire viene esposta la struttura degli OECTs e spiegato il loro funzionamento, modellizzando i dispositivi con un semplice circuito elettrico. Il confronto dei meno noti OECTs con i meglio conosciuti transistors a eff�etto campo semplifi�ca la comprensione del funzionamento dei primi, i quali sono rilevanti ai fi�ni di questa trattazione per il loro possibile funzionamento come sensori. In seguito alla spiegazione teorica, vengono illustrati i metodi seguiti per la deposizione di �film sottili di PEDOT:PSS tramite Spin Coating e per la fabbricazione degli OECTs su cui sono state eff�ettuate le misure, le quali sono state scelte e presentate in base ai risultati gi�a ottenuti in letteratura e a seconda dei dati ritenuti necessari alla caratterizzazione del transistor elettrochimico nell'ottica di un suo possibile utilizzo come sensore. Perci�o sono state eseguite misure amperometriche in funzione delle tensioni di gate e di drain, alternatamente tenendo costante una e variando l'altra, oltre che in funzione della concentrazione di elettrolita, dell'area del canale e del tempo. In conclusione sono presentati i dati sperimentali ottenuti ed una loro analisi.

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La labioschisi con o senza palatoschisi non-sindromica (NSCL/P) è tra le più frequenti alterazioni dello sviluppo embrionale, causata dall’interazione di fattori genetici e ambientali, moti dei quali ancora ignoti. L'obiettivo del mio progetto di Dottorato consiste nell’identificazione di fattori di rischio genetico in un processo a due stadi che prevede la selezione di geni candidati e la verifica del loro coinvolgimento nella determinazione della malformazione mediante studi di associazione. Ho analizzato alcuni polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) dei geni RFC1 e DHFR, appartenenti alla via metabolica dell’acido folico, evidenziando una debole associazione tra alcuni degli SNPs indagati e la NSCL/P nella popolazione italiana. Presso il laboratorio della Dott.ssa Mangold dell’Università di Bonn, ho valutato il ruolo di 15 diverse regioni cromosomiche nel determinare la suscettibilità alla malattia, evidenziando una significativa associazione per i marcatori localizzati in 8q24 e 1p22. Ho quindi rivolto la mia attenzione al ruolo del complesso Polycomb nell’insorgenza della schisi. Nell’uomo i due complessi Polycomb, PRC1 e PRC2, rimodellano la cromatina agendo da regolatori dei meccanismi trascrizionali alla base della differenziazione cellulare e dello sviluppo embrionale. Ho ipotizzato che mutazioni a carico di geni appartenenti a PRC2 possano essere considerati potenziali fattori di rischio genetico nel determinare la NSCL/P. Il razionale consiste nel fatto che JARID2, una proteina che interagisce con PRC2, è associata all’insorgenza della NSCL/P ed espressa a livello delle cellule epiteliali delle lamine palatine che si approssimano alla fusione. L’indagine condotta analizzando i geni di elementi o partner dei due complessi Polycomb, ha evidenziato un’associazione significativa con alcuni polimorfismi dei geni indagati, associazione ulteriormente confermata dall’analisi degli aplotipi. Le analisi condotte sui geni candidati mi hanno permesso di raccogliere dati interessanti sull’eziologia della malformazione. Studi indipendenti saranno necessari per poter validare l'associazione tra le varianti genetiche di questi geni candidati e la NSCL/P.

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L’accoppiamento di diverse operazioni unitarie può in certi casi portare ad una cosiddetta “intensificazione di processo”, cioè ad un aumento sostanziale delle rese, dell’efficienza e della sostenibilità. Nel presente lavoro sono state pertanto analizzate le potenzialità di accoppiamento della fotocatalisi, il più studiato tra i “processi di ossidazione avanzata”, sia con alcuni processi a membrana per la sintesi verde di aromi sia con l’ozonizzazione per la depurazione di acque. È stato dimostrato che in entrambi i casi l’ottenimento di una significativa intensificazione di processo dipende in gran parte dai parametri operativi, in particolare dal rapporto, delta, tra la velocità caratteristica di fotocatalisi e quella del processo accoppiato. Nel caso della sintesi di aromi, in cui la fotocatalisi viene accoppiata con la pervaporazione o con la dialisi ricircolando al reattore il retentato dalla cella con la membrana. Il parametro delta dipende dalla velocità di reazione, dalle proprietà di trasporto delle membrane e naturalmente dal volume del rettore e dall’area della membrana. La reazione fotocatalitica produce l’aroma, ad esempio vanillina da acido ferulico, per ossidazione parziale e grazie al recupero del prodotto se ne evita l’ulteriore ossidazione aumentandone pertanto la resa. L’operare in apparati separati offre diversi vantaggi come la possibilità di variare senza vincoli il rapporto tra area della membrana e volume del reattore, ma impone di considerare anche il grado effettivo di accoppiamento dei processi. In questo caso, come evidenziato dal modello matematico, un sufficientemente elevato rapporto di ricircolo consente comunque di integrare efficacemente i processi. Nell’ozonizzazione fotocatalitica si hanno due importanti vantaggi: l’aumento della velocità di degradazione grazie alla sinergia tra i processi e la capacità di controllare la formazione di prodotti pericolosi. La sinergia viene massimizzata ad un valore ottimale di delta, mentre la formazione dei prodotti indesiderati viene controllata operando secondo le procedure che sono state individuate.

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BACKGROUND AND OBJECTIVE: Protease inhibitors are highly bound to orosomucoid (ORM) (alpha1-acid glycoprotein), an acute-phase plasma protein encoded by 2 polymorphic genes, which may modulate their disposition. Our objective was to determine the influence of ORM concentration and phenotype on indinavir, lopinavir, and nelfinavir apparent clearance (CL(app)) and cellular accumulation. Efavirenz, mainly bound to albumin, was included as a control drug. METHODS: Plasma and cells samples were collected from 434 human immunodeficiency virus-infected patients. Total plasma and cellular drug concentrations and ORM concentrations and phenotypes were determined. RESULTS: Indinavir CL(app) was strongly influenced by ORM concentration (n = 36) (r2 = 0.47 [P = .00004]), particularly in the presence of ritonavir (r2 = 0.54 [P = .004]). Lopinavir CL(app) was weakly influenced by ORM concentration (n = 81) (r2 = 0.18 [P = .0001]). For both drugs, the ORM1 S variant concentration mainly explained this influence (r2 = 0.55 [P = .00004] and r2 = 0.23 [P = .0002], respectively). Indinavir CL(app) was significantly higher in F1F1 individuals than in F1S and SS patients (41.3, 23.4, and 10.3 L/h [P = .0004] without ritonavir and 21.1, 13.2, and 10.1 L/h [P = .05] with ritonavir, respectively). Lopinavir cellular exposure was not influenced by ORM abundance and phenotype. Finally, ORM concentration or phenotype did not influence nelfinavir (n = 153) or efavirenz (n = 198) pharmacokinetics. CONCLUSION: ORM concentration and phenotype modulate indinavir pharmacokinetics and, to a lesser extent, lopinavir pharmacokinetics but without influencing their cellular exposure. This confounding influence of ORM should be taken into account for appropriate interpretation of therapeutic drug monitoring results. Further studies are needed to investigate whether the measure of unbound drug plasma concentration gives more meaningful information than total drug concentration for indinavir and lopinavir.

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El propósito de este trabajo es obtener un antioxidante natural a partir de las semillas de uva (Vitis vinifera L.), para emplear en alimentos. Para ello se compararon distintos solventes para la extracción de fenoles de las semillas de la uva, de modo de obtener el extracto más concentrado en compuestos activos con la mínima degradación de su poder antioxidante durante el proceso de obtención. La concentración de fenoles totales de los extractos se determinó por el método Folin Ciocalteu. El poder reductor de los extractos se midió empleando el método de Oyaizu. Una vez seleccionado el solvente más adecuado para la extracción, se analizó la cinética de extracción, optimizando el tiempo de tratamiento. El extracto fue concentrado al vacío, y se veríficó la conservación del poder reductor en el extracto concentrado, por el método de Oyaizu. El extracto de semillas concentrado y sin concentrar se empleó en un sistema real sujeto a oxidación, tal como el jugo de manzanas. El grado de oxidación del jugo se midió por el método de Özoglu. El extracto concentrado fue deshidratado por secado en lecho de espuma y por liofilizado. En ambos casos se verificó el efecto del tratamiento de secado sobre el poder reductor. Finalmente, se evaluó la actividad antioxidante del extracto líquido concentrado de semillas de vid, respecto de otros antioxidantes comerciales como ácido ascórbico y dióxido de azufre. El sustrato oxidable fue el jugo de manzanas, y el grado de oxidación se midió por el método de Özoglu. El análisis estadístico de los datos se realizó mediante el análisis de la varianza; cuando no fue posible emplear el mencionado análisis, debido a que no se verificaban los supuestos básicos para su aplicación, se empleó la prueba de Kruskal –Wallis. En todos los casos, se utilizó el programa Statgraphics plus ®4.0. Para obtener un extracto antioxidante a partir de semillas de vid se utilizó una ex-tracción con agua a 90ºC, durante 4 horas. La relación sólido- líquido empleada fue de 1g de semillas enteras por 10 ml de solvente. El extracto obtenido presentaba una concentración de 12,587 mg de fenoles totales por gramo de semillas de uva extractadas y un poder reductor de 1,290 unidades. Como consecuencia del análisis de la cinética de extracción, el tiempo de tratamiento se redujo de 4 horas a 3 horas. La concentración del extracto se realizó al vacío a 60ºC, verificándose un aumen-to del poder reductor en el extracto concentrado, comprobado sobre jugo de manzanas. Comparando el extracto concentrado y el extracto sin concentrar se observa que la concentración de fenoles totales aumentó 29,57 veces, mientras que el poder reductor aumentó 37,39 veces. El deshidratado del extracto por medio del lecho de espuma permitió conservar el poder reductor del mismo, no ocurrió lo mismo en el deshidratado por liofilizado, donde se produjo un deterioro del poder reductor. Para un mismo contenido de fenoles totales agregado al jugo de manzanas, el ex-tracto líquido sin concentrar produjo un 28,4% de inhibición de la oxidación, mientras que el de extracto líquido concentrado produjo un 51,5 % de inhibición de la oxidación del jugo de manzanas. El extracto de semillas de vid, aplicado como antioxidante en jugo de manzanas, inhibió el desarrollo de la oxidación en un 31,51%, considerando 24 horas el tiempo de tratamiento. Este desempeño supera al ácido ascórbico, que en iguales condiciones, inhibió el desarrollo de la oxidación en un 2,6%. Pero en las condiciones de tra-bajo, el dióxido de azufre resulta mejor antioxidante que ambos, ya que logró inhibir el desarrollo de la oxidación en un 97,40 %.

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La conservación de alimentos por tecnología de barreras es una alternativa de procesamiento, en la cual se aplican las técnicas de conservación tradicionales pero de una manera menos intensa, mediante una combinación de obstáculos a fin de mantener las cualidades organolépticas en el producto final. El objetivo de este trabajo fue desarrollar un método de conservación de porotos con la aplicación de tecnología de bajo costo y de aceptabilidad comparable al método convencional (Método Appert). La metodología que se empleó en la elaboración de conservas de porotos por tecnologías de barrera fue la siguiente: selección, lavado, remojado durante 24 horas, escurrido, cocinado a presión en salmuera al 0,5% durante cinco minutos a 121°C. Posteriormente se envasaron en recipientes esterilizados, se agregó la solución de relleno en ebullición (vinagre 7,50%, ácido láctico 0,30%, ácido ascórbico 0,35%, ácido cítrico 0,35%, sal 1,00% y azúcar 0,50%. No se esterilizó y se dejó enfriar hasta alcanzar la temperatura ambiente. La determinación de la calidad de las conservas elaboradas se realizó a los seis meses de almacenadas realizando una evaluación microbiológica, físicoquímica y sensorial. La conserva obtenida es aceptable, inocua y puede ser preservada a temperatura ambiente.

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La reperfusión, luego de un período de isquemia miocárdica breve, puede desencadenar un daño paradojal, dentro del cual, se destacan las arritmias ventriculares. Existen estudios que reportan un efecto beneficioso del ácido acetilsalicílico (AAS) a nivel cardiovascular, pero se desconocen los efectos electrofisiológicos en el proceso de injuria por isquemia/reperfusión. El objetivo de este estudio es evaluar las propiedades electrofisiológicas del AAS, en especial si puede evitar las arritmias de reperfusión (AR) en forma independiente de su efecto antiplaquetario. Se trabajó con corazones aislados de rata Sprague Dawley según la técnica de Langendorff sometidos a 10 minutos de isquemia regional. Se realizaron 3 series esperimentales: 1) control (C, n=10); 2) , corazones perfundidos durante todo el protocolo con AAS 0.14 mM (AAS, n=10) y 3) corazones que recibieron la misma dosis de AAS sólo en los 3 primeros minutos de la reperfusión (AASR, n=9). Se analizaron la incidencia y severidad de las AR y su relación con el ECG y los potenciales de acción registrados simultáneamente. El 82% del grupo control presentó AR sostenidas, el 30 % con AAS y el 22% con AASR (ambas p<0.05 por χ2). En la reperfusión se observó que luego de los primeros tres minutos la duración del potencial de acción (DPA) fue mayor en el grupo AASR (81,5 ± 23,1) que en el grupo AAS (55,2 ± 10,0) p<0.05 por ANOVA I. Por lo tanto, la menor incidencia de AR en los grupos tratados podría asociarse al efecto de la aspirina sobre la DPA y que la droga estudiada tendría efectos sobre esta variable sólo al momento de reperfusión.

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En Mendoza, Argentina, no existen antecedentes respecto de la presencia de elementos trazas, totales y disponibles, relacionados con el uso de los suelos en los oasis irrigados. El objetivo del trabajo, en esta etapa, fue determinar los contenidos totales de plomo (Pb), cadmio (Cd), cinc (Zn) y cobre (Cu) en la capa superficial de suelos (0-25 cm), diferenciados en siete tipos según una clasificación utilitaria: suelos vírgenes (SV); suelos de banquina (SB); suelos vecinos a banquina (SVB); suelos de agricultura intensiva (SAI); suelos de agricultura protegidos por lucha antigranizo (SLAG); suelos afectados por actividad industrial (SI) y suelos urbanos (SU). Sobre un total de 200 muestras se efectuó una digestión ácida en caliente y en los extractos se determinaron los metales en su fracción total, mediante espectrofotometría de absorción atómica (AAS). El análisis estadístico de los datos muestra que los niveles más elevados de Cu y Cd se detectan en SAI, con medias de 39,3 y 2,5 mg kg-1 respectivamente. En SI se observan los mayores valores de Pb, con una media de 80,6 mg kg-1 y en SU los mayores tenores de Zn, con un valor medio de 740 mg kg-1. La Ciudad de Mendoza, con mayor densidad poblacional, presentó los mayores contenidos de Zn, Pb y Cd. Las concentraciones encontradas se ubican por debajo de las exigencias de la legislación argentina y la mayoría de los suelos pueden clasificarse como no contaminados (SNC) o ligeramente contaminados (SLC). Se prevé completar este estudio con la determinación de las fracciones disponibles de los elementos estudiados, correlacionándolos con variables edáficas físico-químicas como textura, pH y materia orgánica.

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La especie nativa Mutisia subspinosa es una enredadera perenne, resistente a heladas, con hermosas flores anaranjadas que presenta gran interés como ornamental. En trabajos previos de propagación a través de semillas o estacas se obtuvieron escasos resultados, lo que justificó el uso de la micropropagación. Para el establecimiento in vitro se utilizó el medio de Murashige Skoog (MS) diluido a la mitad. Se evaluó la adición de 6-bencilaminopurina (BAP) sola o en combinación con thidiazurón (TDZ) y un testigo sin hormonas. En la etapa de multiplicación se utilizó el mismo medio basal y se probaron dos auxinas: los ácidos indol butírico (AIB) y naftalén acético (ANA), además del uso de carbón activado. La composición del medio de cultivo más adecuada para el establecimiento fue la del testigo, mientras que para la multiplicación los mejores resultados se obtuvieron con la adición de 4 μmoles.L-1 de ANA. El agregado de 1 g.L-1 de carbón activado al medio de cultivo con 2,7 μmoles.L-1 mejoró la tasa de multiplicación y el enraizamiento.

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Enmarcada en el ámbito amplio del pensamiento posmoderno y, en lo literario, dentro del fenómeno que la crítica ha denominado posboom, Luis Britto García ha construido una de las obras más fascinantes de la literatura venezolana actual, donde predominan un humor ácido y corrosivo, una imaginación desbordada que no sabe de fronteras, una acentuada erudición y un agudo sentido crítico. Este artículo se centra en el análisis de las posibilidades genéricas de su obra Rajatabla, publicada a comienzos de la década del 70. Su particular modo de construcción a partir de la suma de breves enunciados, su polifacético diseño estructural y la amplitud semántica que logra un universo asfixiante y apocalíptico plantean una serie de problemas en torno a su posible clasificación genérica para el que resulta esclarecedor el concepto de minificción.

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La expresión de la intensidad del flavor en los bulbos de ajo (Allium sativum L.), depende tanto de factores genéticos como ambientales. Las características organolépticas se manifiestan por la presencia de compuestos organoazufrados, específicamente tiosulfinatos, siendo el representante mayoritario la allicina (diallil tiosulfinato). El ácido pirúvico constituye un producto secundario de la reacción enzimática generadora del flavor, por lo que su medición se asocia a la intensidad de pungencia en ajo. El objetivo del presente trabajo fue estudiar si la variabilidad en el contenido de allicina y pirúvico está más asociada a las características genéticas o a la influencia de las regiones de cultivo. Se seleccionaron cuatro cultivares (Castaño INTA, Sureño INTA, Lican INTA y Unión) pertenecientes al banco de germoplasma del Instituto Nacional de Tecnología Agropecuaria (INTA) La Consulta, Mendoza, Argentina, cultivados en diferentes zonas geográficas: La Consulta (Dpto. San Carlos, Mendoza), Esquel (Chubut) y Ushuaia (Tierra del Fuego). Se cuantificó la allicina mediante Cromatografía Líquida de Alta Resolución (HPLC) y pungencia mediante espectrofotometría. A partir del análisis estadístico de los valores obtenidos se puede inferir que existen diferencias significativas en el contenido de allicina y pirúvico entre distintas cultivares de una misma zona y en el contenido de allicina y pirúvico para la misma cultivar en distintas zonas.